08/01/2015
Paolo Cova
Coccia, Casati, Crimì, Fragomeli, Amato, Coppola, Sbrollini, Castricone, Zanin, Prina, Romanini, Arlotti, Albini,Cenni, Casellato, Fossati, D'Ottavio, Cominelli, Nicoletti, Manfredi, Monaco, Carra, Mattiello, Crivellari, Fregolent, Chaouki,Scanu, Gasparini, Richetti, Malpezzi, Manzi
2-00801

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che: 
da notizie apparse sulla stampa si apprende che nei 18 mesi che precedettero l'Olimpiade di Londra 38 atleti della FIDAL – che avevano l'obbligo di segnalare la propria reperibilità per i controlli antidoping a sorpresa – avevano ripetutamente disatteso a questo obbligo impedendo in questo modo la possibilità di essere sottoposti a controlli out of competition; 
l'intero sistema antidoping ha la sua punta di forza nei controlli a sorpresa effettuati sugli atleti ma, per effettuare questo genere di controlli, c’è la necessità da parte degli atleti di segnalare la reperibilità giorno per giorno. Una mancata segnalazione (prevista trimestralmente dalla WADA) comporta che tali controlli non si possano effettuare. Se qualcuno accumula in 18 mesi tre ritardi nell'invio del form con le informazioni (la cosiddetta «mancata o ritardata notifica»), o se salta untest per tre volte senza motivi validi, viene squalificato. Questo è quanto previsto dal Codice mondiale della Wada. È un punto tassativo; 
l'indagine condotta dai Nas e dai Ros, su mandato della procura di Bolzano, ha evidenziato che l'Agenzia CONI-NADO, pur riscontrando ripetute mancate segnalazioni delle reperibilità da parte degli atleti, non si sia mai attivata per la contestazione delle infrazioni e per la prevista squalifica compiendo una grave violazione del codice WADA soprattutto sul fronte delle «mancate reperibilità». Finora è emerso il caso dei 38 atleti della FIDAL, ma gli inquirenti di Bolzano hanno informato che in molte altre federazioni sportive la situazione è identica; 
la Commissione controlli antidoping del Coni, per un elevato numero di atleti di diversi sport, non avrebbe potuto effettuare esami antidoping a sorpresa, perché non era a conoscenza dei loro luoghi di reperibilità; 
la legge n. 376 del 14 dicembre 2000 «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping» prevede all'articolo 4, comma 4, che: «A decorrere dalla data della stipulazione delle convenzioni di cui al comma 1, e comunque a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano le attività del CONI in materia di controllo sul laboratorio di analisi operante presso il Comitato medesimo»; 
inoltre la stessa legge n. 376 del 2000 prevede all'articolo 3, comma 1-b), che la Commissione di vigilanza determini «... i casi, i criteri e le metodologie dei controlli ed individua le competizioni e le attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori di cui all'articolo 4, comma 1, tenuto conto delle caratteristiche delle competizioni e delle attività sportive stesse...»; 
la presenza dell'Agenzia CONI-NADO in seno al CONI, a giudizio degli interpellanti disattende quanto previsto dalla legge n. 376 del 2000 che evidenzia con assoluta chiarezza la necessità di un organo terzo rispetto al CONI. L'attuale presenza dell'Agenzia presso il CONI si configura come una forma di sistema «controllore/controllato» che non garantisce l'indipendenza dei controlli e accertamenti sugli atleti, in particolare quelli di vertice ed inseriti nelle competizioni olimpiche e mondiali e, inoltre, non ottempera alle indicazioni della WADA che raccomanda la costituzione di Agenzie nazionali indipendenti rispetto al sistema sportivo; 
in occasione dell'Assemblea nazionale del mese di ottobre 2014, l'Associazione Libera con UISP, US ACLI, CSI e ACSI ha presentato il documento «Libera lo sport» in cui viene ribadita la necessità di separare chi controlla da chi è controllato con l'istituzione di una agenzia ad hoc; 
le vicende giudiziarie avvenute negli anni scorsi in relazione ai controlli incompleti ed irregolari sui giocatori di calcio, avevano già evidenziato la necessità di separare gli organi di controllo dai controllati che sono gli atleti delle stesse federazioni sportive facenti parte del CONI. A dimostrazione dei ciò, la positività dell'atleta Schwazer è stata rilevata da un organo terzo (WADA) e non dagli organi deputati al controllo del CONI; 
come riportato dai giornali, Damiano Tommasi presidente dell'Associazione italiana calciatori, sottolinea la premialità di finanziamenti alle Federazioni che ottengono successi sportivi. Questo meccanismo di premialità rischierebbe di costituire un vero e proprio stimolo per le Federazioni sportive a ricercare in ogni modo prestazioni sportive migliori, anche ricorrendo aldoping; 
occorre inoltre tenere presente l'importanza fondamentale dell'informazione al fine di prevenire il doping tra i giovani praticanti. A tale riguardo, la relazione annuale della commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive per l'anno 2013 al Parlamento italiano inizia dichiarando che «Nel corso del 2013, la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive ha proseguito nel suo impegno finalizzato alla lotta ed alla prevenzione della diffusione del fenomeno doping nella popolazione giovanile e nei settori sportivi amatoriali, promuovendo iniziative in tema di ricerca e formazione superiore, al fine di incrementare le conoscenze sul fenomeno, quale base per lo sviluppo di nuove e mirate strategie di intervento a tutela della salute dei praticanti l'attività sportiva» –: 
per quale motivo la Commissione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive non abbia affrontato il tema del conflitto tra controllore e controllato denunciando agli organi competenti la funzione di controllore del CONI; 
per quale motivo la stessa Commissione operi, vigili ed agisca solo sul contrasto al fenomeno del doping nella popolazione giovanile e nei settori amatoriali, mentre non le viene dato modo di vigilare e controllare su tutte le competizioni, anche quelle professionistiche e di vertice dove è maggiore il conflitto controllore/controllato; 
per quale motivo il sistema di controllo degli atleti di vertice sia monopolio assoluto del CONI e non venga affidato ad una struttura indipendente; 
se il Governo non ritenga opportuno per una maggiore e concreta tutela della salute degli atleti di alto livello e di tutte le persone che praticano sport assumere iniziative per istituire un organismo indipendente di controllo come è avvenuto da tempo nella maggior parte dei Paesi europei. 
 

Seduta del 16 gennaio 2015 illustrazione di Paolo Cova, risposta del governo di Vito De Filippo, sottosegretario alla Salute, replica di Laura Coccia.

Illustrazione: Grazie Presidente, onorevoli colleghi, gentile sottosegretario, credo che sia opportuno fare due premesse prima di iniziare l'illustrazione di questa interpellanza. Lo faccio soprattutto per sgombrare il campo da dei dubbi o dei fraintendimenti che potrebbero sorgere per chi ascolta, per tutte le persone che ci stanno ascoltando, ma anche per i rappresentanti del CONI e del Governo. La prima premessa è questa: non vogliamo parlare del doping e di questi mancati controlli, perché vogliamo cambiare solo delle caselle, vogliamo cambiare qualcuno al vertice, vogliamo cambiare delle persone. Non è una questione di cambio di persone che stanno dirigendo questa situazione. No, non è questo. Non basta una semplice spolverata, perché non è questo il momento. Questa sarebbe solo una politica vecchia, quella del calamaio e della carta assorbente, noi siamo nella politica 2.0, per cui non basta una spolverata. 
  Il secondo aspetto che mi sembra importante sottolineare come premessa è che questo sistema non ha funzionato. In tutti questi anni questo sistema non ha funzionato, lo dico solo all'inizio e poi andrò a spiegare il perché. La dimostrazione è il caso dei trentotto atleti che abbiamo segnalato, che hanno mancato i controlli o non hanno segnalato la propria reperibilità. Ma dico di più, questo sistema non ha funzionato per quello che è avvenuto ieri, quando il CONI ha comunicato che ascolterà sessantacinque atleti, arriverà ad ascoltarli, vuol dire che qualcosa non funziona in questo sistema. 
  Perché allora questa è questione importante ? Voglio entrare proprio nel tema dell'interpellanza. Questa è una questione seria ed è importante perché riguarda il tema della salute, riguarda la salute delle persone, degli atleti e in modo particolare di tutte le persone che fanno sport, gli amatori, i professionisti, le semplici persone, a cui il sistema del doping, dell'uso illecito, o in modo sbagliato, del farmaco, porta a dei danni al loro sistema sanitario e ha una ricaduta sui giovani, perché è l'esempio che noi andiamo a trasmettere. Questo Stato, questo Governo, devono dare un buon esempio, etico, soprattutto ai giovani, a chi partecipa a delle competizioni in modo sano, confrontandosi solo sulle proprie capacità e non sull'alterazione dei risultati o partendo avvantaggiato. 
  È vero che in Italia siamo riusciti a vedere anche una competizione dove un saltatore è riuscito a trovarsi una prestazione maggiore di quella che aveva fatta. Siamo riusciti a fare anche questo ! E questo è avvenuto in una competizione mondiale. È una competizione che deve vedere mettere le persone alla pari. 
  C’è poi tutto il tema del commercio illegale dei farmaci dietro al doping, e non solo dei farmaci ma anche di tutte le sostanze stupefacenti. La stessa associazione Libera è intervenuta su questo tema, ha fatto dei convegni e si preoccupa, proprio perché, accanto a questo tema del doping, c’è tutto un tema che riguarda la malavita che interviene in questo sistema. 
  C’è però una legge: è stata fatta una legge nel 2000, la legge n. 376. È una legge chiara, è una legge netta, è una legge che non lascia dubbi su tutto il sistema dell’antidoping, per cui è una legge che va solo messa in pratica e va rispettata. Voglio leggere e citare l'articolo 4, comma 1, anche perché tutti sappiano che cosa c’è scritto: «e comunque a decorrere dal 180o giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano le attività del CONI in materia di controllo sul laboratorio di analisi operante presso il Comitato medesimo». 
  La legge dice che «cessano» entro 180 giorni. Noi abbiamo attualmente l'agenzia dell’antidoping, che si chiama CONI-Nado e che è in seno al CONI. Per cui non c’è questa separazione. È vero, questo è avvenuto, perché c’è stato un protocollo di intesa. C’è stato un atto formalizzato tra il Ministero della salute e il CONI il 16 ottobre del 2007. Questo atto, questo protocollo di intesa, ha dato la possibilità al CONI di vigilare sulle competizioni agonistiche, nazionali e internazionali, quindi sugli atleti di vertice, di livello e professionisti, mentre alla Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la salute, in seno al Ministero della salute, ha lasciato solo le competizioni non agonistiche e le competizioni agonistiche, ma non di interesse nazionale. 
  È vero che c’è questo atto d'intesa, ma la legge dice altro. Questo atto non rispetta quello che è stato previsto dalla legge. Oltretutto voglio dire che anche il regolamento internazionale previsto dalla WADA, il sistema antidoping internazionale, prevede un'agenzia esterna alle federazioni. Allora questo atto annulla completamente l'articolo 4. Perché non basta anche una spolverata ? Come accennavo prima, ci sono questi casi di questi 38 atleti che hanno mancato i controlli oppure che non hanno segnalato la propria reperibilità. Il regolamento è chiaro ed è netto: ogni atleta di vertice, ogni atleta professionista o inserito in un determinato elenco degli atleti di vertice, deve segnalare in anticipo ogni trimestre la propria reperibilità, per potere consentire che la struttura antidoping possa eseguire i controlli antidoping
  La procura di Bolzano ha segnalato che 38 atleti dal primo trimestre 2011 fino al secondo trimestre 2012 non hanno segnalato la propria reperibilità o hanno mancato dei test, una volta o più volte. Il regolamento è anche netto: un atleta che non segnala o manca un test antidoping per tre volte nell'arco di diciotto mesi deve essere squalificato. Questo non è avvenuto. Ci sono atleti, da quello che abbiamo potuto verificare dalle agenzie, che hanno mancato il controllo o non hanno segnalato la propria presenza per 3, 4, 5, 6, 7, 8 e qualcuno 9 volte ! Io voglio anche sottolineare un aspetto, che credo non sia da sottovalutare. Il periodo interessato è quello che va dal primo trimestre del 2011 al secondo trimestre 2012. Noi abbiamo avuto le Olimpiadi nell'estate del 2012. Era il momento in cui gli atleti di vertice erano nel massimo impegno, erano nella massima preparazione, era il momento del loro potenziamento, era il momento in cui si stavano preparando per partecipare alle competizioni: trentotto atleti solo per l'atletica leggera, poi ci sono tutti gli altri, quelli di altre federazioni, di cui non sappiamo niente e sui quali forse è opportuno intervenire.  Per questi atleti è mancato il controllo a sorpresa. Infatti, il controllo a sorpresa è la vera lotta al doping, perché avviene quando l'atleta non se lo aspetta, quando magari non è ancora stata sospesa l'assunzione del farmaco dopante, perché l'atleta non sa quando avviene. È il controllo più mirato, è il controllo più preciso. Inoltre, il controllo a sorpresa avviene quando lo stesso atleta non ha messo in atto tutte quelle procedure che possono far decantare l'uso dei farmaci. La procura interviene, i tecnici dell'antidoping possono andare a verificare con questo controllo a sorpresa. Questo non è avvenuto.  Posso anche dire, un po’ a discapito, ma anche lasciando dei dubbi, che è vero che sono stati fatti dei controlli. La commissione segnala che sono stati eseguiti circa 10 mila campioni antidoping, ma non sono avvenuti a sorpresa e soprattutto non sono stati eseguiti in alcuni periodi, soprattutto nel maggior momento in cui ci dovevano essere attenzione e vigilanza.  Lo dico al sottosegretario, ma lo dico anche alla commissione di vigilanza: sarebbe anche curioso e interessante vedere anche quanti dei 10 mila campioni che sono stati eseguiti effettivamente non sono arrivati stressati. Su quanti di questi 10 mila campioni – sarebbe interessante saperlo – era possibile effettuare realmente la prova dell'EPO ? Infatti, se il campione non era refrigerato, se il campione non era tenuto in determinate condizioni, sono stati eseguiti gli esami, ma la titolazione dell'EPO non sarebbe stata possibile.  Allora, chi era deputato al controllo non ha controllato. Doveva segnalare che alcuni atleti non avevano mandato la propria reperibilità. Non è stato svolto il controllo. Ma questo perché è avvenuto ? Io ipotizzo adesso che è avvenuto per il meccanismo che si è adottato. Il CONI è l'insieme delle federazioni, le federazioni fanno parte del CONI. Le federazioni, che sono quelle che sono controllate, eleggono il CONI, ricevono i finanziamenti dal CONI. Leggo sulle agenzie che addirittura più medaglie si vincono e più finanziamenti si prendono. Allora il CONI-NADO, che è in seno al CONI, doveva vigilare e non ha vigilato, perché non ha mandato i controlli, non ha potuto effettuare le verifiche, ha dimostrato di non essere capace di controllare e il caso era eclatante davanti a tutti.  Allora, voglio entrare nel secondo punto: perché questo sistema non ha funzionato ? Questo sistema non ha funzionato, perché anche la procura antidoping e il sistema antidoping intervengono, ma fanno passare tre, quattro anni senza muoversi. Sapevano che alcuni atleti avevano superato i tre controlli e non hanno fatto niente.  Ma dico ancora di più. La procura di Bolzano ha segnalato questi fatti alla procura antidoping, se non sbaglio, a settembre e non è successo niente. Allora, io resto un po’ stupito. Perché non è intervenuta immediatamente ? Se voleva dimostrare la propria alterità, la propria terzietà rispetto alle federazioni e agli atleti e voleva dimostrare di essere veramente esterna a questo sistema e un'agenzia indipendente, doveva intervenire subito.   Scopro e scopriamo che ieri sono stati convocati sessantacinque atleti, solo ieri. Io voglio sperare e credo che non sia così perché oggi c’è questa interpellanza. Veramente immagino che era un processo già in atto e non è successo perché oggi bisognava dare una risposta in Aula. Infatti, dopo quattro anni, la procura antidoping si è accorta che c'erano questi casi. Dopo quattro mesi dall'assegnazione della procura, si è accorta cosa stava avvenendo. Perché non è intervenuta prima ? Noi qui vediamo i limiti di questo sistema. Questo è il grande limite.  Ma voglio dire di più, andando a concludere: non accade sempre così, perché uno può dire che è la lentezza del sistema statale. No, perché io ho sperimentato che le federazioni e, in particolare, la FIDAL, quando deve mandare una sospensione a un atleta master che partecipa a una gara che non è autorizzata dalla FIDAL medesima, ti manda la sospensione, non aspetta anni, non aspetta quattro anni, non aspetta quattro mesi. Ti avvisa anche in anticipo e te la manda immediatamente. Allora, quando vuole interviene, altrimenti non interviene. Questo meccanismo non funziona.  Appare chiaro, signor sottosegretario, Presidente, come esiste questo conflitto di interessi: chi è controllato è anche il controllore. La legge non lascia dubbio, è chiara. Noi dobbiamo solo rispettare la legge, per cui dobbiamo intervenire. La struttura del CONI e delle federazioni ha dimostrato di non garantire. Serve allora una struttura esterna. Noi l'abbiamo già fatta, questo Governo l'ha già fatta.Vado a concludere. È successo con Expo, con il caso di Cantone, dove abbiamo messo un ente esterno che ha voluto cambiare. Cerchiamo di cambiare passo, di dare una svolta, di dare un segnale chiaro a tutto il sistema dell'atletica sportiva, soprattutto quella amatoriale e pulita. È forse meglio avere meno medaglie sul petto, ma avere più valore etico e più medaglie pulite.

Risposta del Governo

Signor Presidente, onorevole Cova, la legge 14 dicembre 2000, n. 376, recante «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping», ha istituito, presso il Ministero della salute, la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. Questa Commissione è chiamata a svolgere una serie di competenze, elencate proprio all'articolo 3, comma 1, tra le quali la determinazione, anche in conformità con le indicazioni del CIO e di altri organismi ed istituzioni competenti, dei casi, dei criteri e delle metodologie dei controlli antidoping e l'individuazione delle competizioni e delle attività sportive per le quali il controllo sanitario è effettuato dai laboratori accreditati dai competenti organismi internazionali e l'effettuazione dei controlli antidoping e di quelli di tutela della salute, in gara e fuori gara.  Queste competenze sono state poi specificate anche dall'articolo 8 del decreto del Ministero salute del 31 ottobre 2001, n. 440, recante il regolamento concernente l'organizzazione ed il funzionamento della Commissione. La Commissione ha, quindi, esercitato le sue funzioni in materia di controllo antidoping, identificando le manifestazioni sportive sul territorio nazionale su cui svolgere il controllo, secondo quanto previsto dalla legge n. 376 del 2000 fino agli anni 2006 e parte del 2007. 
  In ambito internazionale, il Governo italiano ha sottoscritto la Dichiarazione sulla lotta al doping nello sport a Copenaghen nel 2003, con la quale gli Stati firmatari si obbligavano ad adeguare la propria normativa al codice mondiale antidoping adottato dalla WADA, che lei ha più volte citato, ed ad identificare l'organizzazione nazionale antidoping (NADO), cui è affidato il ruolo centrale nelle attività di contrasto al doping a livello nazionale e di interlocutore anche a livello internazionale. Il codice prevede come clausola di salvaguardia che, qualora gli Stati firmatari non identificassero espressamente la propria organizzazione antidoping nazionale, le funzioni sarebbero state svolte dal Comitato olimpico nazionale. 
  Il Governo italiano, non avendo effettuato a suo tempo una scelta diversa, ha di fatto affidato il ruolo di NADO al CONI, confermando tale indicazione anche successivamente, in occasione della firma della Convenzione internazionale contro il dopingnello sport, adottata a Parigi nella XXXIII Conferenza generale dell'UNESCO, il 19 ottobre 2005, entrata in vigore il 2 febbraio 2007 e di seguito anche ratificata con la legge 26 novembre 2007, n. 230.  Si segnala che, in virtù del decreto legislativo dell'8 gennaio 2004, n. 15, il CONI «cura nell'ambito dell'ordinamento sportivo, anche d'intesa con la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita ai sensi dell'articolo 3 della legge 14 dicembre 2000, la già citata n. 376, l'adozione di misure di prevenzione e repressione dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive».   E presso lo stesso CONI opera, sin dal 1995, anche una Commissione antidoping, che detta i principi per prevenire e reprimere l'uso di sostanze e di metodi che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività agonistico-sportive per prevenire e reprimere l'uso delle sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività agonistico-sportive, anche in collaborazione con le autorità preposte alla vigilanza e al controllo sul doping e per la tutela della salute nelle stesse attività. 

Per migliorare l'azione di coordinamento degli interventi in materia di prevenzione e contrasto al doping, tra gli organismi competenti a livello nazionale, anche al fine di evitare duplicazioni o sovrapposizioni, in particolare nell'attività di controllo antidoping sulle manifestazioni sportive, in data 4 settembre 2007 il Ministro della salute, il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e il Presidente del CONI hanno sottoscritto un atto di intesa con cui si concordava di considerare le attività sportive non agonistiche e le attività sportive agonistiche non aventi rilevo nazionale oggetto prevalente dell'attività antidoping della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive ex lege n. 376 del 2000 e di considerare altresì le attività sportive agonistiche di livello nazionale e internazionale (delegate dagli organismi sportivi internazionale) oggetto prevalente dell'attività antidoping per l'appunto proprio del CONI. 
  Questa ripartizione è stata poi confermata dal decreto del Ministero della salute del 14 febbraio 2012, attuativo della legge n. 376 del 2000, che riconosce espressamente il CONI quale organizzazione nazionale antidoping (all'articolo 1),nonché definisce l'ambito di competenza in materia di controlli fra la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping ed il CONI stesso. 
  Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), è, quindi, oggi l'autorità che disciplina, regola e gestisce le attività sportive in Italia, nonché cura l'adozione delle misure di prevenzione e repressione del doping nell'ambito dell'ordinamento sportivo con la funzione di Organizzazione nazionale antidoping (più volte citata con l'acronimo NADO). 
  Il CONI-NADO opera, in attuazione del programma nazionale antidoping, attraverso delle strutture autonome e indipendenti che svolgono le funzioni proprie della NADO in base a quanto previsto dal codice WADA. 
  Il CONI, quindi, adotta le norme sportive antidoping (NSA) quale documento tecnico attuativo del codice WADA e sono le uniche norme, nell'ambito dell'ordinamento sportivo italiano attuale, che disciplinano la materia dell'antidoping e le condizioni cui attenersi nell'esecuzione dell'attività sportiva. 
  Secondo gli ultimi dati proprio forniti dal CONI-NADO, nel corso dell'anno 2014, e precisamente dal 1o gennaio 2014 al 30 novembre 2014, sono stati disposti dal CONI-NADO ed effettuati un totale di 6.120 controlli antidoping, di cui 4.623 in competizione e 1.497 fuori competizione. 
  I casi di positività a sostanze vietate sono stati 28, oltre 2 riguardanti atleti del Comitato italiano paralimpico. I dati del 2014 sono, secondo la comunicazione che abbiamo ricevuto, in linea con quelli del 2013. 
  Se confrontiamo i dati 2013 a livello internazionale si rileva che, secondo i dati statistici pubblicati dalla WADA (i cui dati 2014 verranno pubblicati intorno al mese di maggio o giugno prossimi), il CONI nel 2013 è stata la quinta NADO al mondo come numero di controlli (dopo la Russia, la Germania, la Cina e gli Stati Uniti), mentre sempre nel 2013 l'Italia (CONI e CVD) è stato il terzo Paese al mondo come percentuale di positività riscontrate. 
  Il Comitato esenzioni ai fini terapeutici ha trattato complessivamente oltre 800 pratiche, suddivise tra pareri scientifici resi e domande di esenzione. L'ufficio procura antidoping dal luglio al novembre 2014 ha proceduto a formulare 103 deferimenti innanzi al tribunale nazionale antidoping, contestando 167 violazioni disciplinari. Il tribunale nazionale antidoping, nel corso dell'anno 2014, ha rubricato e celebrato circa 200 procedimenti disciplinari (188 la prima sezione, 14 la seconda sezione). 
  Per quanto attiene all'indagine della procura di Bolzano, peraltro ancora in corso, come citava l'onorevole Cova, si evidenzia che in riguardo alle presunte inadempienze relative alle informazioni sulla reperibilità primo trimestre 2011-secondo trimestre 2012 – sulla base degli atti trasmessi dalla stessa procura della Repubblica – ha proceduto ad oggi ad aprire nei confronti di 65 atleti altrettanti procedimenti per violazione delle norme sportive antidoping, attualmente in fase di istruttoria con riserva di procedere, all'esito delle risultanze istruttorie, ad ulteriori verifiche nei confronti di soggetti tesserati per altre federazioni sportive. 
  Si ritiene di dover comunque segnalare che l'Italia è uno dei pochissimi Paesi al mondo in cui si effettuano i controlli non solo nei confronti degli atleti di interesse nazionale o internazionale, ma anche degli atleti dei settori amatoriali e giovanili. Tali controlli sono finalizzati innanzitutto alla tutela della salute degli sportivi e hanno fatto emergere in maniera statisticamente rilevante un preoccupante fenomeno di uso di sostanze vietate per doping, ma anche di abuso di sostanze non vietate per doping (cosiddetto fenomeno della medicalizzazione dell'atleta). Fenomeni che sicuramente necessitano, oltre che di una azione deterrente attraverso i controlli, di un maggiore impegno e coordinamento fra le istituzioni competenti, per incrementare la realizzazione di campagne informative e di prevenzione rivolte, in particolare, alla popolazione scolastica e sportiva giovanile. 
  Il Governo è pronto, quindi, a lavorare insieme agli altri soggetti competenti al fine di individuare i possibili miglioramenti dell'attuale sistema, che ho voluto descrivere anche in maniera forse troppo puntuale, e, in tal senso, una prima occasione per avviare tale confronto sarà sicuramente il convegno nazionale «La tutela della salute nelle attività sportive e la lotta al doping», che la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping sta organizzando insieme all'Istituto superiore di sanità con il coordinamento e la supervisione della stessa Presidenza del Consiglio. Si spera che da quella occasione possa partire un'azione coordinata, che deve in primo luogo portare il sistema a prevenire gli abusi e a sanzionarli in maniera ancora più efficace per avere uno sport – come diceva l'onorevole Cova – sano, che ama competere lealmente e che denuncia chi adotta pratiche illegali.

Replica

Grazie, Presidente, la risposta è stata molto articolata, quindi diciamo che ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Dico questo perché apprezziamo molto l'apertura del Governo, a far sì che soprattutto venga fatta luce su quello che è avvenuto. 
Io vorrei riportare un po’ quest'Aula indietro nel tempo alla conferenza stampa di Alex Schwazer alla vigilia dei giochi olimpici, nel momento in cui ha ammesso di aver fatto uso di sostanze dopanti. In quella conferenza stampa disse una frase che mi colpì molto e credo che colpisce molti di noi: «Sarebbe bastato che Carolina non avesse aperto la porta e che avesse detto che io non ero in casa e che, invece che in Germania, ero a casa mia».  Mi chiedo e mi sono chiesta in questi mesi: quante altre volte è successo ? Quante altre volte, quanti altri atleti non hanno aperto la porta ? Tutte queste mancate segnalazioni, tutte queste mancate squalifiche... mancare un controllo antidoping non vuol dire essere dopati, e questo è chiaro, ma mancare più volte un controllo antidoping fa sorgere più di un sospetto. Allora, io credo che noi dobbiamo essere chiari come Governo, come Governo del Paese, ma anche gli organismi sportivi non devono lasciare adito a nessun tipo di dubbio, perché un Paese che si vuole candidare ad ospitare i giochi olimpici nel 2024 deve anche essere un Paese in grado di fare luce sulle ombre del proprio passato e far sì che si migliori per il futuro, che i controlli avvengano veramente a sorpresa. Perché, Presidente, un atleta che manca un controllo sa che, prima o poi, gli arriva il secondo, e allora, a quel punto, magari sta anche più attento.  Ora, leggendo gli atti dell'inchiesta di Bolzano qualche dubbio sorge; dalle intercettazioni telefoniche, insomma, dall'inchiesta esce fuori un quadro molto inquietante di quelli che sono e sono stati i rapporti, le omissioni, le mancate segnalazioni. Noi questa interpellanza urgente l'abbiamo presentata per un motivo molto semplice, perché il doping non va solamente ad alterare una prestazione sportiva, non è solamente l'inganno che un atleta fa nei confronti di tutti gli altri atleti, prendendosi un aiutino; il doping ha effetti nocivi sulla salute che possono essere mortali. Ora, io credo sia un atto dovuto da parte del Parlamento affrontare la questione, nel momento in cui si apprende che dei cittadini di questo Paese, che avrebbero dovuto essere controllati, non hanno subito i controlli nel modo dovuto; ecco, visto che, appunto, il doping fa male, può portare a delle malattie mortali, dobbiamo porci delle domande, dobbiamo avere delle risposte, ma soprattutto dobbiamo lavorare insieme. Per questo sono soddisfatta dell'apertura del Governo, perché veramente dobbiamo dare seguito a quella che è stata la campagna dell'AIFA degli ultimi mesi in cui si diceva che ai bambini bisogna dare i farmaci giusti; i bambini non sono piccoli adulti ai quali basta dare mezza dose del farmaco per gli adulti per farli guarire. Ecco, il doping è la stessa identica cosa, non si possono assumere farmaci se non se ne ha la necessità, perché questo vuol dire non solamente truffare, non solamente alterare le prestazioni sportive, ma vuol dire anche farsi del male e, quindi, avere poi una ricaduta sul sistema sanitario nazionale.   Quindi, auspico che la convocazione degli atleti che la Federazione Italiana di Atletica Leggera ha annunciato ieri, così come l'annuncio che si sarebbe costituita parte civile al processo, possano essere i primi passi in avanti verso un sistema antidoping più funzionale.  E, se necessario, come abbiamo chiesto, anche attraverso la costituzione di un organismo terzo che possa certificare il corretto svolgimento dei controlli antidoping. Questo è veramente fondamentale per tutelare anche le prossime generazioni. Infatti, un'atleta che veste la maglia della nazionale – ed io, che ho avuto questo onore, so cosa vuol dire – ha anche la responsabilità di essere un esempio per tutti coloro, soprattutto giovani, che fanno sport, soprattutto se praticano la stessa disciplina sportiva. Quindi, sarebbe opportuno che le federazioni comincino a pensare che, se un atleta viene sospeso per doping, egli non debba più indossare la maglia della nazionale. Infatti, Presidente, lo scandalo doping, che ha investito Alex Schwazer, ha posto un'ombra su quella che è stata la sua medaglia d'oro alle Olimpiadi di Pechino, una medaglia che ha fatto inorgoglire tutti noi, perché la 50 chilometri di marcia è una delle gare più dure. Allora, penso che un bambino che guarda una gara, che si appassiona e che si identifica in un atleta, e poi quell'atleta viene scoperto a fare uso illecito di farmaci, quello stesso bambino deve sapere che il suo atleta di riferimento, che ha sbagliato, paga, pagherà, e soprattutto che quello non deve più essere un esempio, perché chi si dopa non è furbo: chi si dopa macchia tutto il mondo dello sport. Non è possibile assistere a competizioni, come è avvenuto negli scorsi anni, sopratutto nel ciclismo, in cui si arriva ad avere un vincitore e, dopo qualche anno, la classifica scorre perché arrivano squalifiche. Noi dobbiamo far fare un passo in avanti al nostro Paese e andare ancora avanti nella lotta al doping, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).