23/02/2017
Eleonora Cimbro
Vezzali, La Marca, Gnecchi, Melilla, Paola Boldrini, Ciracì, D'Incecco, Zan, Martelli, Carloni, Gribaudo, Fabbri, Taricco, Capozzolo, Fitzgerald Nissoli, Allasia, Fontanelli, Paola Bragantini, Montroni, Cassano, Quaranta, Zappulla, Placido, Cominelli, Chaouki, Giuseppe Guerini, Guerra, Lauricella, Scanu, Amato, Ascani, Bersani, Damiano, Marco Di Stefano, Misiani, Prina, Raciti, Rampi, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Rabino, Lainati, Ragosta, Librandi
2-01678

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   da circa tre anni, il repentino alternarsi di gruppi dirigenti e di manager differenti all'interno del gruppo TIM ha comportato la modifica continua delle priorità e dei progetti, spesso aventi però un unico fine: la compressione dei costi;
   nel marzo 2013 sono stati firmati accordi particolarmente pesanti per i lavoratori ma aventi come obbiettivo l'aumento di produttività ai fini della salvaguardia del perimetro occupazionale e della stabilizzazione a medio – lungo termine dei volumi lavorati in azienda;
   ad ottobre 2015 con accordo separato alcune organizzazioni sindacali hanno firmato nuovi contratti di solidarietà che hanno avuto inizio da gennaio 2016 e dureranno fino a gennaio 2018. Nel primo semestre 2016 si insedia la nuova dirigenza a seguito del passaggio del controllo azionario di TIM al gruppo francese. Il nuovo amministratore delegato Cattaneo, al suo insediamento, ha espresso la volontà di procedere a un taglio dei costi di 1,6 miliardi di euro nei successivi tre anni, riducendo gli sprechi, ma dichiarando altresì che non avrebbe tagliato i costi del lavoro;
   il 6 ottobre 2016 l'azienda ha disdettato unilateralmente gli accordi collettivi del 14 e 15 maggio 2008, che racchiudono una parte della normativa di secondo livello e frutto di anni di mediazione sindacale, disegnando così un progetto aziendale di organizzazione del lavoro che va a minare inesorabilmente le fondamenta del contratto collettivo nazionale di lavoro;
   contro tale progetto i lavoratori del gruppo TIM iniziano un periodo di mobilitazione che culmina con lo sciopero nazionale del gruppo TIM del 13 dicembre 2016. L'obbiettivo è contrastare tale scelta aziendale, che ha previsto un aumento di ore lavoro legato ad alta flessibilità, ad una diminuzione dei salari e a demansionamento. Lo sciopero ha registrato un'adesione di oltre il 70 per cento con punte diffuse del 90 per cento in alcuni settori e sedi;
   il 1o febbraio i lavoratori TIM hanno partecipato ad uno sciopero nazionale di settore delle telecomunicazioni per il mancato rinnovo del contratto nazionale, per protestate contro la volontà manifestata dalla proprietà di spostare unilateralmente il gruppo « Staff», dalle attuali sedi di Torino e Milano verso Roma, coinvolgendo 56 lavoratrici e lavoratori;
   il 6 febbraio 2017 l'azienda ha disposto unilateralmente lo spostamento di attività e persone del gruppo « Staff» dalle sedi di Milano e Torino per un totale definitivo di 265 lavoratrici e lavoratori, molti di loro con più di cinquant'anni di età. La scelta della gestione accentrata delle attività è stata motivata con il presunto efficientamento connesso alla gestione «su più sedi». Tale motivazione, in un contesto che abbraccia talune realtà ormai consolidate come quella dello smartworking, suona quantomeno obsoleta. Il trasferimento collettivo forzoso dei lavoratori, inoltre, comporterebbe inevitabilmente un depauperamento dei territori di provenienza;
   l'11 febbraio 2017, in occasione del festival di Sanremo, i lavoratori della TIM hanno fatto sentire nuovamente la loro voce protestando contro le politiche aziendali;
   migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'organizzazione del lavoro significa investire sulla professionalità e sulla motivazione delle lavoratrici e dei lavoratori di TIM – peraltro altamente qualificati –, cogliendo le sfide dell'innovazione per rilanciare e aumentare la competitività commerciale, tecnologica, dei servizi, delle offerte dell'azienda, puntando alla re-internazionalizzazione dell'impresa. Si rende allora utile e doveroso chiedere chiarimenti alla nuova società rispetto alle decisioni prese, a fronte di un piano di rilancio industriale condiviso con tutte le parti in gioco, soprattutto se le parti hanno già dovuto affrontare sacrifici, come in questo caso –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta;
   se il Governo intenda convocare in tempi celeri un tavolo di confronto con proprietà e rappresentanze sindacali.