08/05/2019
Roberto Morassut
Sensi, Fiano
2-00373

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   l'Inps ha ripreso, dopo circa 15 anni di sospensione, il processo di dismissione del proprio patrimonio immobiliare residenziale, dopo la prima operazione di dismissione, interrottasi ai primi anni del 2000;

   successivamente, la legge n. 14 del 27 febbraio 2009, ha prescritto il rientro in possesso degli immobili residuati dalla cartolarizzazione agli enti previdenziali, stabilendo che, nel proseguo del processo di dismissione, si dovessero comunque garantire i diritti già stabiliti dalla legge n. 410 del 2001, sia in relazione al prezzo di vendita, sia per quanto attiene alle tutele per coloro che, a causa dei bassi redditi o per condizione di età o situazione di grave infermità, non possono procedere all'acquisto;

   la legge ha altresì stabilito le condizioni e le modalità attraverso le quali gli occupanti senza titolo o coloro che presentano un titolo irregolare, possono procedere a regolarizzare la propria situazione;

   tali disposizioni sono state più volte confermate in occasione di dibattiti parlamentari, relativi a norme varate, ordini del giorno approvati o risposte a interrogazioni parlamentari;

   per la ripresa del processo di dismissione, però, l'Inps, a quanto risulta agli interroganti, ha deciso, unilateralmente, di negare agli inquilini le tutele per chi non può comprare (redditi fino a 19 mila euro, nuclei con portatori di handicap grave, malati terminali) a suo tempo previste dal comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001 e ribadite dalla richiamata legge n. 14 del 2009, fornendo, invece, solo una generica disponibilità di discutere di eventuali tutele, solo al termine del processo di dismissione;

   tale decisione è secondo gli interpellanti del tutto arbitraria in quanto, come è evidente, la volontà espressa dal legislatore, più volte reiterata, è quella del mantenimento delle tutele già previste, anche dopo il reingresso degli immobili nella proprietà degli enti previdenziali;

   questo processo di dismissione è concentrato in aree metropolitane, in particolare a Roma, con una residenza costituita ormai esclusivamente da ceti popolari e con una situazione di sofferenza abitativa che certo non ha bisogno che l'Inps getti benzina sul fuoco alla luce di una «emergenza sfratti» già drammatica;

   per chi non compra c'è la previsione legislativa della vendita all'asta dell'alloggio in cui vive e, togliendo l'ombrello di protezione del rinnovo dei 9 anni del contratto di locazione, il rischio reale è quello dell'accensione di una nuova miccia pronta a far deflagrare la mina di centinaia di nuovi sfratti;

   l'Inps ha altresì deciso di modificare la procedura, adottata nel precedente processo di dismissione, vincolando la regolarizzazione dei cosiddetti «senza titolo» o con «titolo irregolare» alla corresponsione di un canone arretrato parametrato sugli affitti di libero mercato, invece che su quelli degli accordi territoriali;

   in questo modo, si determina una inaccettabile differenza di trattamento con la precedente regolarizzazione relativa al primo programma di dismissione immobiliare che fu realizzata sulla base dei canoni previsti dagli accordi territoriali e si mettono le famiglie nell'impossibilità di mettersi in regola;

   secondo gli interpellanti si tratta di un calcolo doppiamente sbagliato, perché iniquo socialmente e anche insostenibile economicamente da parte delle famiglie e l'Inps rischia di coniugare, pertanto, un comportamento socialmente iniquo con una negativa performance economica;

   sarebbero altre le misure utili a garantire la tutela sociale per le famiglie e un adeguato incasso da parte dell'istituto –:

   se non ritenga necessario adottare urgentemente iniziative presso l'Inps affinché:

    a) venga effettuata una immediata correzione delle lettere di opzione inviate agli inquilini, con l'esplicitazione della sussistenza delle tutele previste per le fasce deboli dal richiamato comma 4 dell'articolo 3 della legge n. 410 del 2001, eventualmente elevandone i limiti economici, essendo trascorsi ben 18 anni dal suo varo;

    b) vengano date istruzioni affinché la regolarizzazione degli occupanti senza titolo o con titolo irregolare venga effettuata sulla base dei canoni degli accordi territoriali, ferma restando la prevista prescrizione quinquennale;

   se non ritenga opportuno, al fine di favorire l'accesso alla proprietà della prima casa e la tutela delle fragilità, assumere iniziative per:

    a) prevedere la possibilità per le famiglie di accedere ai mutui agevolati, anche autorizzando l'Inps medesima a farsene carico;

    b) prevedere la possibilità per gli anziani di acquistare l'usufrutto dell'alloggio in cui vivono ratealmente, con un importo rapportato al canone in essere;

    c) prevedere la possibilità di individuare ulteriori forme di flessibilità che favoriscano l'accesso alla prima casa di proprietà, pur mantenendo il diritto di abiezione, in particolare a favore degli anziani;

    d) favorire l'intervento di regioni ed enti locali per le residuali situazioni sociali per le quali gli interventi agevolativi non possono comunque risultare efficaci.

Seduta del 10 maggio 2019

Illustrazione di Roberto Morassut, risposta del governo di Stefano Candiani, Sottosegretario di Stato per l'Interno, replica di Filippo Sensi

Illustrazione

Presidente, questa interpellanza riguarda il tema della dismissione del patrimonio immobiliare dell'INPS, quindi degli enti previdenziali pubblici. Il tema della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali è un grande capitolo del tema dell'emergenza abitativa, soprattutto nelle grandi città, Roma in particolare, dove c'è un grande patrimonio realizzato nel tempo, sia di enti previdenziali pubblici che di enti previdenziali cosiddetti privatizzati sulla base delle normative introdotte nel lontano 1994. Questo processo di dimissione è andato avanti negli anni in forme diversificate. Per quanto riguarda la specifica situazione dell'INPS, la legge di riferimento, la fonte normativa di riferimento che ha guidato questo lungo processo è la legge n. 410 del 2001. Questo processo di dismissione però ha subito un'interruzione, o meglio varie interruzioni, o “distorsioni”, perché si è interrotto quindici anni fa, quando furono costituite le famose SCIP (la SCIP 1 e la SCIP 2), dentro le quali fu versato sostanzialmente il patrimonio INPS e poi INPDAP e di tutti gli enti previdenziali pubblici che poi sono confluiti in INPS. È noto il percorso non propriamente virtuoso della vicenda delle SCIP. Poi questo patrimonio è tornato all'INPS, che, a seguito di numerosi dibattiti parlamentari, sollecitazioni e mobilitazioni, ha ripreso, dopo 15 anni, il processo di dismissione del patrimonio immobiliare. Sulla base di quale indirizzo?

Inevitabilmente sulla base dell'indirizzo stabilito nella legge n. 410, ma che prevedeva tutta una serie di tutele per le fasce deboli e per le modalità di dismissione di questo patrimonio che non elenco qui, perché sono materia nota a tutti o comunque cristallizzate negli atti parlamentari e nei documenti ufficiali. La cosa che è importante rilevare è che nel corso di questo complicato percorso, la legge, sostanzialmente il “milleproroghe” del 2008, che poi è divenuto la legge n. 14 nel febbraio 2009, prescrisse, con il rientro in possesso degli immobili degli enti previdenziali all'INPS che erano passati alla SCIP, che si dovessero garantire i diritti stabiliti - come ho detto - dalla legge n. 410, sia in base al prezzo di vendita (cioè il 30 più 15 eccetera) sia - questa è la cosa importante per questa interpellanza - per quanto attiene alle tutele per coloro che, a causa di bassi redditi o di condizioni di età o situazioni di grave infermità non potessero procedere all'acquisto. La legge ha stabilito altresì le condizioni e le modalità attraverso le quali gli occupanti senza titolo, cioè tutti coloro che senza un titolo regolare però sono entrati in uso di unità immobiliari e hanno regolarmente pagato un'indennità di occupazione stabilità dall'INPS, che non corrisponde a un vero e proprio affitto ma a un'indennità di occupazione, potessero rientrare nelle tutele stabilite dalla legge.

Queste disposizioni tutelanti sono state più volte ribadite, come ho detto, in tanti atti parlamentari, interrogazioni, da ultimo nel “milleproroghe” del 2005, che ha stabilito per la ripresa del processo di vendita il reintegro delle suddette tutele, soprattutto per le categorie che non fanno parte di coloro che hanno un regolare contratto. Qui abbiamo a che fare con una platea - molto concentrata a Roma; a Roma circa 10 mila famiglie e altre diverse migliaia in giro per l'Italia, ma con una forte presenza a Roma -, che ha varie categorie: una categoria sono chi ha un contratto normale, quindi può comprare sulla base dei prezzi e delle modalità di calcolo dei prezzi stabiliti dalla legge, poi ci sono quelli che non possono comprare e quindi debbono rimanere in affitto, e bisogna capire cosa fare, poi ci sono gli occupanti senza titolo e poi ci sono le persone fragili, gli anziani o chi è portatore di un grave handicap fisico.

Che cosa accade? Accade che nell'avvio di questo processo, finalmente, dopo anni, arrivano delle lettere agli inquilini, e c'è un primo problema, per questo noi chiediamo ai Ministeri vigilanti di verificare con l'INPS come sta procedendo questo percorso. Il primo problema che emerge è che il calcolo dei prezzi, per chi ha un regolare contratto e quindi acquista con le tutele e con gli abbattimenti previsti dalla legge, non sembra corrispondere al reale valore degli appartamenti: ci sono discrasie, ci sono differenze tra appartamenti, ci sono differenze tra appartamenti delle stesse superfici con prezzi differenziati, quindi emerge un allarme da parte dei cittadini. Secondo: c'è il problema di chi non può comprare, e l'appartamento, secondo gli indirizzi dell'INPS, verrebbe messo all'asta. Comprendiamo che l'INPS non è un'agenzia immobiliare, anzi è giusto che l'INPS si liberi di questo patrimonio e svolga le sue funzioni istituzionali, ma nello stesso tempo l'INPS è un istituto di previdenza sociale, quindi dire a chi non può acquistare perché non ha le risorse necessarie che il suo appartamento verrà messo all'asta sul mercato, cioè verrà comprato da un privato che poi lo venderà a un terzo, significa aprire un ulteriore problema di emergenza abitativa, che va in contraddizione con le finalità istituzionali dell'INPS, anche se l'INPS non è un'agenzia immobiliare. C'è poi il problema degli occupanti senza titolo. Come viene calcolato l'arretrato, che è sostanzialmente riferibile al delta, cioè alla differenza, tra l'indennità di occupazione versata e il regolare affitto? Viene calcolato sulla base degli indici di mercato, cioè sulla base del calcolo fatto dall'OMI, quindi si chiede un canone di mercato.

Stiamo parlando di alloggi in quartieri popolari e con una grande vetustà, con un'antica vetustà, cioè sono immobili vecchi, dove la manutenzione è stata anche relativamente puntuale e quindi rispetto a questo calcolo di affitto di mercato che si discosta dall'indennità pagata c'è un arretrato molto alto, sicuramente non alla portata delle famiglie, che sono famiglie di ceto medio-basso e che non tiene conto però che il patrimonio dismesso, per il quale si chiede un affitto di mercato, è un patrimonio vecchio e maltenuto. Tutti questi aspetti vanno in contraddizione con gli indirizzi della legge perché la legge del 2001 stabiliva delle tutele e si è detto che quelle tutele debbono continuare: lo si è detto nel 2009, lo si è detto nel 2015. Quindi la nostra sensazione è che l'INPS stia applicando la legge non perfettamente sulla base dello spirito delle norme che in essa sono contenute. Quindi chiediamo in primo luogo che i Ministeri si rivolgano all'INPS per verificare come sta procedendo il processo di dismissione, che si verifichi un attento esame delle modalità di calcolo dei prezzi per gli acquisti e per chi può comprare e ha già fatto l'opzione d'acquisto; in secondo luogo, che si verifichi con attenzione il tema delle modalità di vendita di chi non può comprare, considerando anche la possibilità di interloquire con gli enti locali per introdurre forme di calmierazione degli affitti e, nello stesso tempo, di trasmissione di questo patrimonio se è possibile; terzo, ovviamente la questione dell'attenzione agli occupanti senza titolo. Chi ha occupato senza titolo e non è soggetto a misure penali, quindi è libero da misure penali, e ha pagato l'indennità di occupazione deve naturalmente pagare un arretrato ma l'arretrato va calcolato secondo indirizzi di legge, cioè non si può applicare un affitto di mercato su immobili che sicuramente sono fuori mercato. L'INPS è un istituto, è un'organizzazione, nel vasto complesso della pubblica amministrazione italiana, che persegue finalità di previdenza sociale e di tutela sociale e ha un patrimonio immobiliare in dismissione: bisogna cercare le modalità più rapide e più efficaci per l'istituto per incamerare le risorse necessarie attraverso la vendita del patrimonio e utilizzarle per le finalità sociali ma è anche necessario percorrere la strada della dismissione del patrimonio con finalità sociali, evitando di aprire nuovi aggravi nella già grave emergenza abitativa che grava sulla città soprattutto in quartieri popolari e in famiglie che sono di ceto medio-basso.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti per l'interpellanza urgente che consente anche di approfondire un tema a cui teniamo particolarmente. Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rivolgono chiarimenti al Governo in merito al processo di dismissione del patrimonio residenziale di proprietà dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. È evidente a tutti che il tema assume una spiccata rilevanza sociale, anche soprattutto in ragione del fatto che molte famiglie risiedono in questi immobili. Appare tuttavia doveroso svolgere una piccola premessa al fine di ricostruire il quadro normativo di riferimento per la tematica di cui oggi si discute. In seguito all'entrata in vigore dell'articolo 38, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017, l'INPS ha adottato varie determinazioni presidenziali con le quali ha definito i criteri generali di investimento e disinvestimento immobiliare funzionali ai successivi piani di investimento e disinvestimento del patrimonio immobiliare non strumentale dai quali è scaturito, con determinazione presidenziale 2 agosto 2017, n. 131, il regolamento degli investimenti e disinvestimenti immobiliari. La norma sopra richiamata, nel prevedere la completa dismissione del patrimonio immobiliare nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili, ivi compresi quelli derivanti dal decreto-legge n. 351 del 2001, consente la vendita diretta ai conduttori ai quali, quindi, è riconosciuto il diritto di opzione, prelazione e prezzo ai sensi dell'articolo 3, commi 3, 5 e 7 dello stesso decreto. Tra i criteri generali di dismissione è prevista la possibilità sulla base di quanto stabilito dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 203 del 2005, di riconoscere i diritti di opzione prelazione e prezzo anche agli occupanti senza titolo purché in possesso dei requisiti ivi previsti applicando, nei limiti della prescrizione quinquennale, il valore minimo per la tipologia di riferimento rilevato dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle entrate nel semestre precedente la data di inizio dell'occupazione, oltre gli aggiornamenti Istat e gli oneri accessori.

Tale criterio è stato individuato al fine di garantire l'omogeneità di trattamento tra le posizioni di diversi inquilini e certezza giuridica nei rapporti con gli aventi diritto, con l'obiettivo di assicurare una rapida definizione delle regolarizzazioni finalizzata al celere avvio delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare su tutto il territorio nazionale. In merito alla mancata applicazione delle tutele di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 410 del 2001, ove era previsto che qualora l'originario contratto di locazione non sia stato formalmente rinnovato ma ricorrano comunque le condizioni previste dal primo periodo del comma 6, il rinnovo del contratto di locazione per un periodo di nove anni decorre dalla data successiva al trasferimento dell'unità immobiliare alla società di cui al comma 1 dell'articolo 2, in cui sarebbe scaduto il contratto di locazione se fosse stato rinnovato. Si rappresenta che, ad oggi, non risulta possibile l'applicazione di tale comma, tenuto conto che la citata disposizione normativa consentiva di salvaguardare il diritto all'abitazione di determinate categorie protette di conduttori nel solo periodo di tempo ritenuto utile al completamento dell'operazione di cartolarizzazione da parte di SCIP Srl.

Voglio però evidenziare il fatto che, al fine di prevenire possibili situazioni di disagio sociale, l'istituto può procedere alla cessione delle unità immobiliari inoptate dai conduttori agli enti pubblici territoriali, dunque a regioni o comuni, affinché siano questi ultimi a gestire le dismissioni attutendo in tal modo i problemi di disagio abitativo eventualmente presenti a livello locale. L'obiettivo dell'Esecutivo non è dunque impoverire le famiglie certamente, né tanto meno quello di essere insensibile alla grave tematica del disagio abitativo. La credibilità di una forza politica è data infatti dai provvedimenti normativi che concretamente si è capaci di adottare. In questa prospettiva voglio brevemente ricordare le misure già adottate in materia di lavoro e di politiche sociali: mi riferisco al decreto dignità, con il quale abbiamo dichiarato guerra al precariato disincentivando il ricorso a contratti a tempo determinato attraverso la riduzione del numero delle proroghe; al reddito di cittadinanza, grazie al quale si è facilitato l'incontro tra domanda e offerta di lavoro per aumentare l'occupazione e contrastare la povertà e le diseguaglianze. Per questi motivi sono fiducioso che il Governo possa trovare soluzioni congiunte con tutti i soggetti istituzionali competenti in materia affinché si possano dare nel più breve tempo possibile adeguate rassicurazioni alle famiglie domiciliate in questi immobili, in special modo quelle che vivono una situazione di maggiore difficoltà sociale.

Replica

Grazie, Presidente. Le rispondo subito, sottosegretario, no, non siamo soddisfatti della sua risposta. Lo dico oltre il gioco delle parti che ci costringe, che ci vincola noi a chiederle conto, lei a leggere la nota preparata dai suoi uffici e chi s'è visto s'è visto. E però c'è un “però”: in queste scartoffie, nelle chiacchiere parlamentari che restano agli atti che si impileranno alla prossima seduta su quello scaffale, scorre la vita delle persone - non dimentichiamolo mai - la vita delle persone e dei cittadini italiani (come era? Prima gli italiani). Guardi, sottosegretario, che così - sempre per il suo tramite, Presidente - che così come la percezione della sicurezza, su cui in particolare il suo partito lucra da tempo il proprio consenso soffiando irresponsabilmente sul fuoco del disagio, talvolta della rabbia, anche il tema della casa entra nella vita delle persone, con una centralità se si vuole tutta italiana, che poche altre questioni riescono a trovare. Quello che abbiamo chiesto con la nostra interpellanza urgente all'osso è assai semplice: dare certezza e non una generica fiducia a migliaia di persone che vivono in una condizione di estremo bisogno, di necessità, di fragilità, come usa dire adesso.

Come le abbiamo ricordato, a fronte di un processo di dismissione che va avanti ormai da decenni, gli inquilini degli enti previdenziali, per i quali erano state attivate tutele perché a basso reddito, molto anziani o malati, spesso molto malati, hanno ricevuto in cambio soltanto una generica disponibilità a discutere i termini dei loro contratti, a rinegoziare le condizioni di affitto o di canone per appartamenti nei quali hanno vissuto per anni. In sostanza, tale genericità si traduce in una condizione di precarietà, di instabilità, di insicurezza, che non solo mette a rischio l'aspettativa di vita di persone già pesantemente provate dalla loro esistenza, questo è il lato individuale, ma che in particolare in aree e in realtà più degradati o difficili - avete presente le periferie che visitate, a favore di telecamere e cellulari, per promettere giri di vite e tolleranza zero, salvo poi sparire il giorno dopo a caccia di un altro sfondo per altri selfie di regime? - ecco, in queste aree e realtà degradate, alla incertezza individuale si somma una certezza di tipo sociale, quella di una miscela potenzialmente esplosiva, fatta di diritti denegati, di comitati di quartiere pronti a tutto, di quotidianità già precarie interrotte improvvisamente e traumaticamente da un atto burocratico, che ti toglie la casa, ti getta in strada da un giorno all'altro, magari a 70 anni e passa, con una disabilità grave o una malattia da sopportare e da scontare.

Ora, non ci pare che in Italia manchino situazioni pesanti. Il Paese più sicuro del mondo, quello con il quale si balocca lo spettacolo elettorale del Vicepremier Salvini, non passa giorno senza scontri, senza lotte aspre e violente, senza tensioni sociali sempre meno sostenibili, tossine sempre meno smaltibili nel corpo della nostra società. Le chiedo, sottosegretario: ma c'è bisogno di creare altro disagio? C'è bisogno di fabbricare altro malessere? Di far bollire ulteriormente la temperatura delle periferie? E guardi che non è solo Roma ad essere colpita duramente dalla genericità degli impegni presi dagli enti previdenziali, ma, lo ripeto, sono migliaia e migliaia di persone in tutta Italia. Vogliamo o no disinnescare questa situazione di tensione?

Noi crediamo che quello della casa sia un grande tema democratico, e non lo dico, guardi, con un riflesso conservatore, parlo da sinistra, si intende, da democratico, e porto rispetto alla elaborazione e al lavoro fatto nei decenni, a sinistra, nelle città, per il diritto alla casa, sull'edilizia residenziale pubblica. Personalmente - mi scuserete per questo accenno un po' magniloquente - ritengo che il tema della casa sia un punto centrale di una nuova agenda riformatrice, perché intercetta e sussume questioni come quelle dello sviluppo delle aree metropolitane, della sostenibilità, della dignità delle persone, della lotta alla povertà e alla solitudine, dei diritti, sì, dei diritti, della convivenza.

E quanto sta accadendo oggi a Casal Bruciato a Roma ci racconta anche questa storia, e cioè che affrontare il nodo della emergenza abitativa significa costruire diritti, fare democrazia, edificare convivenza, che va non solo suscitata, ma accompagnata, aiutata, altrimenti resta il baratro, il deserto, come diciamo noi a Roma, lo sprofondo.

Vede sottosegretario - per il suo tramite, Presidente -, noi da democratici la chiamiamo una questione di dignità, di umanità. Se a lei conviene declinarla piuttosto come un tema di sicurezza, lo faccia, anzi ne approfitti. Nella nostra interpellanza abbiamo individuato un percorso possibile, non è la soluzione a ogni problema, ma è un elemento di certezza, di tutela, di protezione, che va nella direzione auspicata da tanti cittadini: avere garanzie chiare, averle presto, non chissà quando, averle in base a diritti e tutele, e non su una base discrezionale, eventuale, poi vediamo.

Le dirò di più: ho depositato una proposta di legge che, se discussa, consentirebbe di dare con estrema semplicità le risposte che le abbiamo chiesto in quest'Aula. In attesa di discuterla - mentre le Camere vengono intrattenute da provvedimenti che durano lo spazio di un'elezione, Camere che non processano provvedimenti seri, e non per colpa del Parlamento, ma perché il Governo batte la fiacca, mangia a sbafo, “scrocca” agli italiani tempo, soldi e fiducia - in attesa di discutere la nostra proposta, dicevo, il collega Morassut, che da anni si occupa di questi temi, disegna un circuito virtuoso che la invito a considerare, magari, e lo dico preliminarmente, aprendo un tavolo con le forze sindacali e con gli enti territoriali da lei evocati, mi perdonerà, quasi a mo' di scarica barile, per ascoltare invece le esigenze, per cubarle, per garantire i diritti che rischiano di essere trascurati, con le conseguenze che abbiamo sottolineato.

Il percorso da noi individuato, lo ripeto: ripristino delle tutele, canoni in base agli accordi territoriali, accesso ai mutui agevolati, tutela per gli anziani, flessibilità nell'accesso alla prima casa di proprietà, intervento di supporto degli enti locali. Come vede, Presidente, una cassetta degli attrezzi essenziale, ragionevole, se posso, intelligente, perché contribuisce a sanare una ferita aperta e ad evitare che diventi una piaga inguaribile, che è molto pericolosa per tutti, altrimenti - e concludo - non potrete dire che non sapevate, che non vi eravate accorti, che era colpa di qualcun'altro.

Vorrei terminare, se lei me lo consente, Presidente, quasi come un ammonimento, con le parole di un inattuale come Alexander Langer, in termini di convivenza: “Io credo” - scriveva Alexander Langer - “che, semplificando, abbiamo due scelte: una è quella che ultimamente è diventata famosa con il termine epurazione etnica, cioè ripulire ogni territorio dagli altri, rendere omogeneo, rendere esclusivo, etnicamente esclusivo un territorio e quindi dire che chi lì non diventa uguale agli altri, perché vuole coltivare la sua diversità, o chi semplicemente viene cacciato da lì, cioè non gli viene neanche permesso di integrarsi, se ne vada, con le buone o le cattive (…). L'altra possibilità è quella che ci attrezziamo alla convivenza, che sviluppiamo una cultura, una politica, un'attitudine alla convivenza, cioè alla pluralità, al parlarsi, all'ascoltarsi”. È quello che noi auspichiamo.