31/05/2019
Raffaella Paita
Morani, Rizzo Nervo, Rosato, Marco Di Maio, Carnevali, Ungaro, Gribaudo, Pezzopane, Sensi, Ascani, Noja, Rossi, Nobili, Miceli, Cantini, Andrea Romano, Mauri, Pollastrini, Quartapelle Procopio, Lepri, Benamati, Bazoli, Boccia, Bonomo, De Menech, Franceschini, Fregolent, Gadda, Giachetti, Marattin, Martina, Morgoni, Orfini, Padoan, Pini, Pizzetti, Scalfarotto, Viscomi»
2-00399

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   grave e inquietante è quanto accaduto a Genova in data 23 maggio 2019 ad un giornalista di Repubblica che stava seguendo il presidio antifascista convocato per contestare il comizio, indetto in città, da Casapound;

   Stefano Origone, cronista di Repubblica che stava seguendo fin dall'inizio il presidio è stato colpito da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa;

   come riportano gli organi di informazione, sulla base della ricostruzione fornita dallo stesso giornalista, Origone è stato ripetutamente colpito con manganellate e a calci anche quando caduto a terra e ha urlato «Sono un giornalista»;

   solo l'intervento di un ispettore della questura di Genova ha interrotto il pestaggio nel quale avrebbe riportato, secondo le prime informazioni raccolte, due dita rotte ad una mano, una costola incrinata e contusioni ed ecchimosi sulla testa e su tutto il corpo;

   vi sarebbero altri feriti che hanno dovuto far ricorso a cure sanitarie;

   era stata più volte manifestata nei giorni precedenti l'inopportunità di consentire il comizio di Casapound, movimento di chiara matrice fascista, nella città medaglia d'oro della resistenza;

   si tratta di un episodio grave che purtroppo vede per la città riaprirsi ferite dolorose –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto accaduto, se intenda approfondire le circostanze dell'aggressione ad un giornalista, se non ritenga che, per gli episodi occorsi, la manifestazione di Casapound non dovesse essere consentita dalle competenti autorità per evidenti rischi di ordine pubblico e come intenda garantire la tutela del diritto di cronaca e la protezione dei giornalisti che svolgono il loro indispensabile lavoro di informazione.

Seduta del 7 giugno 2019, illustrazione e replica di Raffaella Paita, risposta del governo di Luigi Gaetti, Sottosegretario di Stato per l'Interno.

Illustrazione

Presidente, onorevoli colleghi e signori del Governo, il presente atto di sindacato ispettivo ha origine da un episodio inquietante che è accaduto nella città di Genova lo scorso 23 maggio, e che ha visto il giornalista di la Repubblica Stefano Origone, che stava seguendo il presidio antifascista convocato per contestare il comizio indetto in città da CasaPound… Questo giornalista è stato colpito da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa.

Noi interpellanti abbiamo il massimo rispetto per l'operato delle forze dell'ordine, tutte, e lo abbiamo consapevoli dei ruoli istituzionali, senza - e lo ribadisco: senza - l'inopportuno ed esecrabile protagonismo di chi indossa felpe, cappellini, giubbotti, perché sappiamo che le forze dell'ordine appartengono alla Repubblica italiana e ai suoi cittadini. È una premessa credo doverosa, perché conosciamo la delicatezza e la complessità del lavoro svolto per garantire la sicurezza di tutti noi da chi, dopo avere vinto un concorso, indossa quella divisa, e riteniamo inaccettabile ogni forma di strumentalizzazione che viene fatta.

Ma è necessario ritornare al merito dell'accaduto, perché come hanno riportato gli organi di informazione, l'immagine di quella giornata, sulla base della ricostruzione fornita dallo stesso giornalista Origone… Ecco, è inevitabile aver visto che è stato ripetutamente colpito con manganellate, calci, anche quando è caduto a terra e ha cercato di farsi riconoscere in qualità di giornalista. È stato l'intervento di un ispettore della questura di Genova a interrompere le percosse, che hanno costretto il giornalista a ricorrere alle cure sanitarie, riportando dita rotte, ossa rotte e contusioni ed ecchimosi diffuse in tutto il corpo.

Ancora una volta Genova si è trovata a dover fronteggiare una situazione di tensione e di gravità nell'ordine pubblico: una città che nella sua storia, in particolare nella storia repubblicana, ha vissuto momenti drammatici. Nei giorni antecedenti era stata più volte manifestata da forze politiche, sociali e anche sindacali l'oggettiva inopportunità di consentire il comizio di CasaPound: una provocazione strumentale da parte di un movimento di chiara matrice fascista nella città che è medaglia d'oro alla Resistenza. Per questo quanto è accaduto al giornalista Origone ha visto riaprirsi una serie di ferite dolorosissime per questo territorio.

Sono da apprezzare ed evidenziare le parole usate dal questore della città, che si è recato in ospedale per incontrare il cronista di la Repubblica, scusandosi con lui e la famiglia, e anche con il giornale. Sappiamo che sono parole sincere di un servitore dello Stato, ma non possiamo non evidenziare come da parte del Governo vi sia stato un silenzio preoccupante: nemmeno una parola da parte del Ministro dell'interno, di un sottosegretario, dell'altro Vicepremier o del Premier stesso. Silenzio, solo un paradossale ed inquietante silenzio da parte di un Governo che di rumore spesso ne fa anche troppo.

Noi vogliamo sapere quindi quali iniziative il Governo ha assunto a seguito di questo episodio; se ritiene accettabile che in Italia un giornalista nel fare il suo lavoro possa essere picchiato nel modo in cui abbiamo visto nelle immagini; se era davvero da autorizzare, o se non sarebbe stato meglio pensare ad ipotesi differenti, una manifestazione di CasaPound in quel territorio, con quel clima; e come intenda garantire la tutela del diritto di cronaca e la protezione dei giornalisti che svolgono il loro indispensabile lavoro di informazione per l'intera nazione.

Risposta del governo 

Presidente, signori deputati, nel pomeriggio del 23 maggio scorso si è svolto nella città di Genova il comizio di chiusura della campagna elettorale della lista CasaPound per le consultazioni europee. Le problematiche connesse alla manifestazione erano state esaminate dal comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica nella giornata del 22 maggio, in considerazione delle possibili criticità dovute alla contemporanea presenza di contromanifestazioni preannunciate da varie associazioni sindacali e di volontariato, nonché da gruppi antifascisti riconducibili a movimenti anarco-antagonisti operanti nella provincia di Genova. Nell'occasione sono state disposte le necessarie misure per la tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica, ed il questore ha emanato una articolata ordinanza per predisporre servizi di osservazione da parte della DIGOS, misure preventive di controllo del territorio e servizi di ordine pubblico, fin dalla serata del 22 maggio.

Il giorno del comizio, alle ore 16, i locali esponenti di CasaPound si sono ritrovati presso la loro sede, mentre quelli provenienti da altre città hanno raggiunto il luogo dell'evento accompagnati da una staffetta della DIGOS. A partire dalle 16,30 davanti alla sede della prefettura si è formato un presidio dei manifestanti promosso dalla CGIL, dall'ANPI, dall'Associazione San Benedetto al Porto, dall'ARCI e da Libera, ed una delegazione degli stessi è stata ricevuta dal prefetto. Altri manifestanti, di composizione più eterogenea, si sono concentrati in Piazza Corvetto. Le contro manifestazioni hanno visto la partecipazione complessiva di circa mille persone.

Intorno alle 18 il comizio di CasaPound è iniziato regolarmente in Piazza Marsala, alla presenza di circa 40 militanti. Contemporaneamente un gruppo di circa 350 persone, appartenenti alla componente antagonista più radicale, si è staccata dal presidio di Piazza Corvetto ed ha iniziato ad avvicinarsi allo sbarramento che le forze dell'ordine avevano posizionato in Via Palestro a protezione di Piazza Marsala, per prevenire ogni possibile turbativa dell'ordine pubblico. I contromanifestanti, molti dei quali travisati con passamontagna e caschi e muniti di aste e bastoni, hanno effettuato fitti lanci di bottiglie, corpi contundenti, bombe carta, pietre e fumogeni, continuando a colpire con forza le griglie degli “Alari” nel tentativo di danneggiarli e di superare lo sbarramento. Nell'occasione un dirigente della DIGOS è stato colpito al volto senza riportare lesioni. Si è reso pertanto necessario il lancio di lacrimogeni per contenere la violenza e far arretrare i facinorosi. A seguito sono state comandate brevi cariche di alleggerimento nella vicina Piazza Corvetto, dove sono continuati gli attacchi ai contingenti di ordine pubblico.

In tale frangente due degli attivisti più esagitati e violenti sono stati bloccati e tratti in arresto da personale del reparto mobile, arresto poi convalidato dall'autorità giudiziaria. La circostanza ha provocato la reazione di numerosi manifestanti, che, con l'intento di sottrarre i soggetti agli operatori di Polizia, si sono avvicinati ad essi con atteggiamento aggressivo e violento. Il personale del reparto mobile, per contenere l'azione, ha respinto i violenti utilizzando gli sfollagente e gli scudi, ed è in questa fase concitata che il cronista della locale redazione de la Repubblica Stefano Origone, che si trovava in quel luogo, è stato colpito da alcune manganellate cadendo a terra. Un funzionario del reparto mobile lo ha riconosciuto ed è intervenuto immediatamente, facendo cessare l'azione e prestando i primi soccorsi. Il cronista ferito è stato prontamente trasferito in ambulanza presso l'Ospedale Galliera, dove gli veniva diagnosticata la frattura di due falangi della mano sinistra e di una costola, oltre a varie contusioni.

Il questore di Genova si è recato presso il citato ospedale per far visita al giornalista ed accertarsi delle sue condizioni di salute. È opportuno evidenziare che i cronisti presenti alle manifestazioni non recavano alcun segno che li rendesse riconoscibili come appartenenti ad organi di stampa, mentre fotografi e cineoperatori potevano essere individuabili per l'attrezzatura utilizzata.

In merito agli scontri, nei quali sono rimasti lievemente feriti anche due appartenenti all'Arma dei carabinieri e un agente della DIGOS, si è provveduto nell'immediatezza ad inoltrare all'autorità giudiziaria competente una prima trasmissione di nota di reato nei confronti di ignoti in cui si descrivevano e si denunciavamo le condotte tenute da alcuni manifestanti verso gli operatori di polizia presenti per il servizio di ordine pubblico.

Successivamente, il 31 maggio, la DIGOS ha depositato una seconda comunicazione di notizie di reato, con la quale venivano identificati e denunciati 26 soggetti, tra i quali i due già arrestati nel corso degli scontri. L'indagine è ancora in corso per l'identificazione di eventuali altri responsabili. È importante segnalare che sei operatori del reparto mobile di Genova, spontaneamente, si sono presentati al pubblico ministero inquirente per chiarire le rispettive posizioni, mentre altri operatori dello stesso reparto hanno reso spontanee dichiarazioni all'ufficio di Polizia giudiziaria delegato. Inoltre, in merito all'osservazione formulata circa la possibilità di non consentire l'iniziativa elettorale di CasaPound, si ricorda che, in base alla normativa di settore, alle riunioni elettorali non si applicano le disposizioni dell'articolo 18 del TULPS, e quindi per le stesse non va formulato alcun preavviso all'autorità di pubblica sicurezza. La materia elettorale, come è noto, prevede che l'ente comunale individui preventivamente le piazze per i comizi elettorali, e nella fattispecie, piazza Marsala, era contemplata nel novero dei siti disponibili come stabilito dalla delibera della giunta comunale. Pur tuttavia, era stato richiesto ai responsabili provinciali di CasaPound, nel corso della consueta attività di mediazione informativa, di valutare l'ipotesi di individuare un sito alternativo decentrato, ovvero una struttura aperta al pubblico per lo svolgimento dell'iniziativa, ma gli stessi avevano tenuto ferma la scelta originaria. In conclusione, nell'esprimere il rammarico per quanto accaduto, mi preme sottolineare come le forze di polizia, nel loro quotidiano operato a presidio della legalità e delle libertà costituzionali, si pongono sempre in chiave “non antagonista” ma di garanzia dei diritti, dei diritti di tutte le parti, comprese quelle che manifestano il dissenso, e ciò lo dimostrano le centinaia di manifestazioni che ogni giorno si svolgono pacificamente nel nostro Paese grazie alla tutela assicurata dagli organi di polizia. La tutela dell'ordine pubblico, infatti, costituisce un obiettivo primario dell'intero sistema di sicurezza nazionale, a livello centrale e periferico, in relazione alla necessità di assicurare, in particolare in occasione delle manifestazioni elettorali, le migliori condizioni per un sereno svolgimento delle stesse.

Replica

No. Devo dire, Presidente e sottosegretario, che io non mi dichiaro soddisfatta della risposta, e lo dico premettendo che sul tema delle violenze noi siamo per esprimere sempre e comunque una ferma condanna, ma non è questo il punto. Il punto è che la risposta del Governo è molto preoccupante. Noi non ci attendevamo una ricostruzione dell'accaduto, perché le immagini sono sotto gli occhi di tutti e di quel sistema della memoria che ormai è costituito dalla rete. Origone è stato vittima di una manganellata mentre stava svolgendo il suo lavoro da cronista nel seguire le manifestazioni contrapposte in quel momento in città, questo è il punto, quindi ci saremmo attesi parole di condanna ben più forti e incisive dell'episodio, perché avvertiamo un clima di ostilità nei confronti di chi lavora nel sistema dell'informazione, come se vi fosse una mal sopportazione di questa professione. È un clima che va avanti nei social, che ha trovato espressione anche molto violente in riferimento a questo episodio, però è un clima che si avverte anche da tanti altri elementi, perché forse questo è il vero punto che tiene insieme la maggioranza di questo Paese, una maggioranza a tratti pulp. È un punto che accomuna la Lega e i Cinquestelle, di avversione verso la stampa: si definanzia il Fondo per l'editoria, si punta alla chiusura di emittenti, ci si vanta di averle come obiettivi, come se fossero obiettivi di cui andare fieri, si ostacola la continuità di un'emittente storica come Radio Radicale. È un grande filo conduttore che lega un punto di vista politico che io penso profondamente sbagliato e pericoloso.

Ecco perché quanto accaduto al giornalista di la Repubblica non può essere sottovalutato e derubricato a mero incidente, premesso che anche la spiegazione sinceramente mi lascia un po' perplesso: cioè, il giornalista non si riconosceva perché non aveva la telecamera. Quindi c'è la possibilità di picchiare chiunque arrivi. Onestamente trovo davvero incredibili queste affermazioni, però penso - lo ribadisco - che testimoni qualcosa di più, perché, ripeto, quello che è accaduto a Genova è grave e inaccettabile. Lo dico ribadendo, anche in sede di replica, l'immutata stima nei confronti delle forze dell'ordine, che appartengono alla Repubblica e ai cittadini. Quella divisa è a servizio della nostra democrazia, è un ruolo importante, però è altrettanto importante quanto la difesa di un sistema di informazione all'interno dei principi democratici, e che i giornalisti possano svolgere il loro ruolo in completa sicurezza. A Stefano Origone - cosa, sottosegretario, che non ha detto lei, che è un altro elemento della sua replica che onestamente lascia molto perplessi - vanno magari mandati anche gli auguri di pronta guarigione da parte del Governo, perché ha subito delle violenze inaccettabili; quegli auguri di pronta guarigione e quelle scuse, quella presa di posizione che avrebbe dovuto essere fatta immediatamente dal Presidente del Consiglio, dal Ministro dell'Interno, dal Vicepremier, ma che non si è sentita se non come un assordante silenzio, ed è questa la ragione per cui il Partito Democratico ha voluto presentare un'interpellanza urgente, un atto di sindacato ispettivo finalizzato a chiedere lumi su questa vicenda gravissima.

Noi ribadiamo a Stefano Origone, che è professionista serissimo - lo facciamo anche a nome del Governo, visto che non c'è stato questo buon gusto -, l'augurio di pronta guarigione, però vogliamo anche che non si sottovaluti un altro aspetto di questa vicenda, per esempio quella che un Ministro, che non disdegna rapporti con l'estrema destra, di fatto determini, giustifichi, crei un clima di tolleranza verso certi movimenti e organizzazioni che sono di chiara matrice fascista. Qui è necessario passare dalla strizzatina d'occhio alla necessità di prendere assolutamente le distanze da certi principi che nulla hanno a che vedere con la storia democratica di questo Paese. Il silenzio del Ministro su questa vicenda - ripeto - è una prova evidente di desistenza di fatto verso le forme più pericolose della destra italiana, quindi reputo che la risposta fornita dal Governo in qualche modo non si distacchi neppure oggi da questo clima che, a mio modo di vedere, non può che lasciarci preoccupati verso il futuro. Penso davvero che sia stata persa un'occasione, un'occasione nei confronti della stampa, per poter dire loro che sono nella condizione di svolgere il proprio mestiere in sicurezza e in legalità; un'occasione per dimostrare, anche dal punto di vista umano, un minimo di vicinanza nei confronti di una persona che è stata vittima di un'ingiustizia davvero incredibile; un'occasione per dare un segnale al territorio genovese, che rispetto a climi di tensione ha già pagato un duro prezzo; e anche un'occasione per dire che i princìpi che fanno capo a quei movimenti non devono avere cittadinanza in questo Paese, in nessuna forza politica, men che meno in quelle che governano ora. Occasione persa del tutto, devo dire, sottosegretario.