24/10/2017
Lia Quartapelle Procopio
2-01987

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

il 14 ottobre 2017 in una zona centrale di Mogadiscio, capitale della Somalia, dopo aver forzato un posto di blocco e resistito ai colpi di arma da fuoco delle forze di polizia somale, un camion bomba carico di oltre 500 chilogrammi di materiale esplosivo è saltato in aria in una strada centrale e particolarmente trafficata della città, facendo più di trecento vittime e oltre quattrocento feriti. Precedentemente un'autobomba, probabilmente collegata all'attentatore del camion, si fermava in prossimità di un posto di blocco e, per errore, esplodeva non procurando fortunatamente danni né a persone né a cose;

l'attentato è avvenuto a due giorni dalla visita del comando statunitense per l'Africa al Presidente della Somalia che ha rinnovato la comune strategia nella lotta al gruppo terroristico Al Shabaab affiliato con Al Quaeda e che ha visto ridursi il territorio sotto il proprio controllo grazie all'azione congiunta dell'Amison (African Union Mission in Somalia) dell'esercito somalo, nonché dei bombardamenti dei droni americani, ma è avvenuto anche a pochi giorni dalle dimissioni del Ministro della difesa e del Capo di stato maggiore dell'esercito della Somalia, quindi in un momento particolarmente delicato per gli equilibri interni del Paese africano che sta faticosamente uscendo da oltre vent'anni di guerre civili, preceduti da oltre venti anni della spietata dittatura di Siad Barre;

il 4 ottobre 2017 sulla cronaca locale di Firenze si riportavano i primi risultati di un'inchiesta promossa dalla direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano nata dalle segnalazioni della Agenzia delle dogane e dei monopoli e relativa a un traffico con la Somalia di mezzi militari dismessi ma ancora idonei all'utilizzo, gestito da un'organizzazione criminale somala con base in Toscana;

il reato contestato è quello di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di materiali di armamento, i primi arresti hanno interessato tre cittadini somali e un italiano, ma l'inchiesta coinvolge almeno 16 persone; secondo le accuse, il gruppo trasferiva i mezzi in Somalia senza «demilitarizzarli», lasciando cioè inalterate le caratteristiche per l'uso in scenari di guerra (torretta per il fuciliere, luci oscurate, gomme piene, vernice speciale);

vasta sarebbe però la rete di complicità offerta anche da cittadini italiani e in particolare da alcuni autodemolitori, carrozzieri, trasportatori e spedizionieri. «L'organizzazione — si legge nei documenti della direzione distrettuale antimafia di Firenze – aggirava la legge che parifica i veicoli militari ai materiali di armamento, vietandone la cessione e l'esportazione in assenza di apposite autorizzazioni ministeriali, e soprattutto violando la normativa internazionale che ha disposto l'embargo verso la Somalia, vietando in modo assoluto il trasferimento in tale paese di veicoli militari»;

al fine di aggirare i controlli, l'organizzazione criminale invece di caricare sui container i camion interi e spedirli via mare, li smontava in modo tale da farli apparire come pezzi di ricambio; per quanto concerne invece le transazioni economiche queste sarebbero gestite attraverso una rete clandestina di trasferimento di fondi denominata Hawala;

già il 7 ottobre 2015 il direttore interregionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Campania e Calabria riferì alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti che l'Agenzia aveva operato dei sequestri su automezzi di tipo militare dismessi all'Esercito italiano e svolto indagini su una filiera che portava «a persone e organizzazioni vicine ad Al Shabaab», cioè ai terroristi islamici ritenuti responsabili di numerosi attentati in Somalia, fra cui il massacro di sabato 14 ottobre 2017. Il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli descrisse in questi termini un camion sequestrato a Salerno: «È un automezzo militare che è stato presentato come camion usato ma in realtà aveva ancora i pneumatici cinturati, tipici dei mezzi militari, la botola sopra il tettuccio, la vernice non rifrangente, l'oscuramento dei fanalini: quindi, come si presentava, era un mezzo militare [...] Abbiamo saputo che questo tipo di mezzo è molto ricercato, soprattutto dall'organizzazione che fa capo ad Al Shabaab, perché – essendo molto robusto – si presta particolarmente bene all'utilizzo in attentati dinamitardi»;

da alcuni articoli della stampa è emerso il sospetto che il camion coinvolto nell'attentato di Mogadiscio, evidentemente dotato di alcune protezioni speciali di carattere militare per aver resistito al posto di blocco, possa essere di provenienza italiana e magari proprio tra quelli oggetto delle transazioni della rete criminale scoperta dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli e su cui è in corso la suddetta inchiesta della magistratura fiorentina –:

se e quali iniziative il Governo abbia predisposto insieme, al Governo della Somalia, per acclarare se trovi conferma o sia destituito di fondamento quanto ipotizzato dalla stampa nazionale circa l'attentato di Mogadiscio, ossia la possibile provenienza italiana del camion che è stato fatto esplodere, e quali iniziative siano state intraprese, anche a livello internazionale, per fare luce, sull'eventuale traffico illegale di materiale bellico dismesso nel nostro Paese e per contrastarlo.

 

Seduta del 27 ottobre 2017

Illustra Lia Quartapelle Procopio, Risponde Benedetto della Vedova, Sottosegretario di stao per gli Affari Esteri, Replica Lia Quartapelle Procopio

 

Illustrazione

Grazie, Presidente. Sabato 14 ottobre 2017, a Mogadiscio, è avvenuto uno dei più gravi attentati che la capitale somala abbia vissuto negli ultimi anni: un camion bomba carico di 500 chili di esplosivo si è fatto saltare in aria e ha provocato più di 300 vittime e oltre 400 feriti. Per questo, credo sia importante sfruttare anche questa occasione per fare arrivare al Governo somalo e ai cittadini somali la solidarietà e la vicinanza dell'Italia.

Qualche giorno prima, il 4 di ottobre, sulla cronaca di Firenze si riportavano i risultati di un'indagine promossa dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano che, sostanzialmente, segnalava un traffico con la Somalia di mezzi militari dismessi, ma ancora idonei all'utilizzo, gestiti da un'organizzazione criminale somala con base in Toscana e probabilmente con qualche legame con Al Shabaab. Secondo le accuse di questa indagine, il gruppo trasferiva dei mezzi in Somalia senza demilitarizzarli, cioè lasciando inalterate le caratteristiche per l'uso in scenari di guerra, violando la normativa internazionale per l'embargo verso la Somalia. Al fine di aggirare i controlli, quello che faceva l'organizzazione criminale era che, invece di caricare sui container i camion interi e spedirli via mare, li smontava pezzo a pezzo, ma li teneva completamente uniti.

C'è un precedente rispetto a questa indagine: il 7 di ottobre di due anni prima il direttore interregionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Campania e Calabria riferì al Parlamento - alla Commissione l'inchiesta sul ciclo dei rifiuti - che l'Agenzia aveva operato dei sequestri su automezzi di tipo militare dismessi dall'Esercito italiano e aveva svolto indagini su una filiera che portava a persone o organizzazioni vicini ad Al Shabaab, cioè ai terroristi islamici ritenuti responsabili di numerosi attentati in Somalia, fra cui appunto, probabilmente, anche l'attentato di sabato 14 di ottobre.

La stampa italiana, e non solo, ha fatto emergere il sospetto che il camion coinvolto nell'attentato di Mogadiscio, che era probabilmente dotato di protezioni speciali di carattere militare per aver resistito al posto di blocco, possa essere effettivamente di provenienza italiana e magari proprio di provenienza di quelli oggetto della transazione della rete criminale scoperta dall'Agenzia delle dogane, su cui c'è l'inchiesta della magistratura fiorentina.

Quindi, questa interpellanza serve a capire se e quali iniziative il Governo abbia disposto, insieme al Governo della Somalia, per capire se effettivamente l'ipotesi della stampa nazionale, e cioè che il camion esploso il 14 ottobre sia collegato in un qualche modo all'inchiesta fiorentina, trovi conferma o sia destituita di fondamento e, più in generale, quali siano le iniziative intraprese a livello nazionale, e soprattutto internazionale, per far luce sul possibile traffico illegale di materiale bellico dismesso dal nostro Paese e portato in Somalia in violazione dell'embargo.

Non c'è bisogno di spiegare perché questa domanda sia estremamente importante sia per la sicurezza del Corno d'Africa e, più in generale, per l'efficacia delle nostre azioni di contrasto alle reti di terrorismo internazionale.

Risposta

Grazie, Presidente. Innanzitutto mi consenta di unirmi al cordoglio espresso dall'onorevole interpellante per le vittime e per i cittadini somali colpiti.

Le indagini condotte dalle autorità somale per accertare la matrice dall'attacco terroristico del 14 ottobre scorso, ai cui atti ufficiali non è ancora consentito l'accesso, proseguono ad oggi a ritmo serrato. Non sono noti, al momento, elementi dai quali risulterebbe che il camion bomba utilizzato nell'attacco a Mogadiscio fosse un veicolo militare. Anche se i camion di fabbricazione italiana rientrano tra i più comuni e diffusi automezzi circolati nella capitale somala, non ci sono elementi accertati circa il fatto che il veicolo utilizzato fosse di produzione italiana.

In base alle informazioni ricevute anche dal Ministero dell'interno, dal Ministero della Giustizia e dall'Agenzia delle dogane, non esiste ad oggi nessun riscontro sui presunti legami tra l'attentato in questione e l'indagine che ha portato all'arresto in Italia di alcune persone, sia italiani che somali, per le attività di esportazione di mezzi militari, o parti di esse, dismessi, ma non demilitarizzati, verso la Somalia. Tale indagine è stata riportata dagli organi di stampa circa dieci giorni prima dell'attentato. A seguito di un'analisi degli elementi oggettivi attualmente disponibili, emerge infatti come l'ipotesi di un collegamento tra le due vicende rappresenti semplicemente una deduzione di tipo giornalistico, legata in parte alla coincidenza temporale tra gli arresti avvenuti in Italia e l'attentato a Mogadiscio.

Riguardo alle iniziative intraprese a livello internazionale per far luce sul traffico illegale di materiale bellico dismesso dal nostro Paese, preciso che la Somalia è soggetta a regime sanzionatorio su armamenti e materiale connesso introdotto a partire dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 733 del 1992. Sulla base della risoluzione n. 1519 del 2003 è stato istituito un gruppo di monitoraggio, poi denominato Somalia Eritrea Monitoring Group (SEMG), per effetto dalla risoluzione n. 1907 al 2009, composto da esperti incaricati di vigilare il rispetto da parte degli Stati e delle autorità somale delle disposizioni sanzionatorie. Nell'ultimo rapporto di fine mandato del SEMG, di inizio ottobre, non sono state rilevate violazioni del regime sanzionatorio inerenti a veicoli di produzione italiana.

Segnalo anche che, a partire dal 2013, le Nazioni Unite hanno attenuato le misure di embargo, al fine di agevolare il rafforzamento e lo sviluppo delle forze di sicurezza del Governo somalo per il contrasto del terrorismo. In tale contesto l'Italia ha attuato le proprie iniziative di sostegno alle forze di sicurezza somale, sempre nella massima collaborazione con il SEMG, come peraltro riconosciuto da rappresentanti del gruppo di monitoraggio nel corso di recenti contatti con la nostra rappresentanza permanente presso le Nazioni Unite. Grazie, Presidente.

 

Replica

Ringrazio molto il sottosegretario per la risposta, di cui mi dichiaro soddisfatta. Credo che l'interpellanza servisse a portare all'attenzione del Governo dei sospetti che sono, per certi versi, giornalistici, ma sono anche suffragati da un'indagine esistente della magistratura. Quindi, ringrazio molto per la chiarezza sulla natura prettamente giornalistica dei legami tra quanto emerso dall'indagine e l'attentato del 14 ottobre.

Ritengo però importante sottolineare che tra Italia e Somalia vigono vari accordi di cooperazione, in particolare, la legge n. 64 del 2016, che è un accordo di cooperazione in materia di difesa in Somalia, che prevede anche la cessione di materiale bellico all'interno di quanto previsto dall'embargo dell'ONU. Quindi ritengo particolarmente importante continuare a vigilare su questa tematica, cioè sulla possibilità che esistano delle reti criminali italiane, criminali internazionali, che trasportino in Somalia materiali bellici. Per noi la Somalia è un Paese di un'area strategica, che è il Corno d'Africa, è un Paese estremamente fragile, esistono degli accordi di cooperazione militare ed è quindi importantissimo che ci sia la massima attenzione su possibili fatti che avvengano in violazione di quanto previsto dalla legge italiana e da quanto disposto dalle Nazioni Unite. Grazie.