07/02/2017
Nicodemo Oliverio
Sani, Antezza, Anzaldi, Battaglia, Berlinghieri, Boccadutri, Bonomo, Bruno Bossio, Burtone, Capone, Carra, Currò, Dal Moro, Di Gioia, Falcone, Famiglietti, Ferrari, Fiorio, Fusilli, Garofani, Ginoble, Iacono, Tino Iannuzzi, Lodolini, Losacco, Manciulli, Marrocu, Pierdomenico Martino, Mongiello, Montroni, Nardi, Pagani, Palma, Piccione, Salvatore Piccolo, Pinna, Rigoni, Sanga, Taricco, Terrosi, Tentori, Venittelli, Vico
2-01643

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che: 
in data 5 marzo 2013 la Commissione europea ha richiesto informazioni alle autorità italiane sulla disciplina contenuta nei commi 16, 16-bis e 16-ter dell'articolo 8 del decreto-legge n. 158 del 2012 (EU PILOT 4738/2013/ENTR) rilevando, tra l'altro, che facendo riferimento al succo naturale, senza più far riferimento alle altre alternative di succo «concentrato», «liofilizzato» o «sciroppato», la normativa introduceva un'indebita limitazione della materia prima utilizzabile, non riscontrabile nella normativa europea di riferimento (direttiva 2001/112/UE); 
al fine di far fronte ai rilievi mossi dalla Commissione europea, in base ai quali le bevande analcoliche con il nome di uno o più frutti devono essere commercializzate con un contenuto di succo naturale non inferiore al 20 per cento e per rispondere ai rilievi formulati, l'articolo 17 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 (legge europea 2013-bis), ha innovato la disciplina sulla produzione di bevande vendute con il nome dell'arancia a succo; 
il citato articolo 17, comma 1, prevede che le bevande analcoliche prodotte in Italia e vendute con il nome dell'arancia a succo, o recanti denominazioni che a tale agrume si richiamino, devono avere un contenuto di succo di arancia non inferiore a 20 grammi per 100 centilitri o dell'equivalente quantità di succo di arancia concentrato o disidratato in polvere; 
tale limite si applica esclusivamente alle bevande commercializzate nel mercato nazionale, mentre ne sono escluse quelle destinate al mercato degli altri Stati dell'Unione europea o degli altri Stati contraenti l'Accordo sullo spazio economico europeo, nonché quelle verso Paesi terzi; 
lo stesso articolo, al comma 3, stabilisce che tale obbligo entri in vigore a decorrere dal dodicesimo mese successivo al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 98/34/CE, di cui dare notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; 
la norma tecnica è stata notificata alla Commissione europea, tramite l'ufficio centrale di notifica del Ministero dello sviluppo economico, e il periodo di «stand still» risulta essere terminato il 5 gennaio 2015, senza alcuna reazione da parte della Commissione europea; 
poiché la richiamata direttiva europea non prevede necessariamente l'emanazione di un provvedimento esplicito da parte della Commissione europea, è da ritenersi che, decorsi inutilmente i termini, sia possibile dare attuazione alla norma tecnica di cui al citato articolo 17 della legge n. 161 del 2014 –: 
se intenda valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile a confermare la piena efficacia delle citate disposizioni della legge europea 2013-bis, dando notizia, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, dell'esito positivo della procedura di notifica alla Commissione europea come previsto dal comma 3 dell'articolo 17 della legge 30 ottobre 2014, n. 161. 

 

Seduta del 24 febbraio 2017

Illustra e replica Nicodemo Nazzareno Oliverio, risponde  Antonio Gentile, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico

Illustrazione

L'interpellanza urgente oggi in discussione in quest'Aula si poggia sulle seguenti premesse: l'articolo 17 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, la cosiddetta legge europea del 2013, ha innovato la disciplina sulla produzione di bevande vendute con il nome dell'arancia a succo, prevedendo che le stesse bevande analcoliche prodotte in Italia debbano avere un contenuto di succo di arancia non inferiore a 20 grammi per 100 centilitri o all'equivalente quantità di succo di arancia concentrato o disidratato in polvere. Tale limite si applica, esclusivamente, alle bevande commercializzate nel mercato nazionale, mentre ne sono escluse quelle destinate al mercato degli altri Stati dell'Unione europea o degli altri stati contraenti l'accordo sullo spazio economico europeo, nonché quelle verso Paesi terzi. E ciò per non creare interferenze rispetto al principio della libera concorrenza. Lo stesso articolo, al comma 3, stabilisce che tale obbligo entri in vigore a decorrere dal dodicesimo mese successivo al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE. Di tale esito è previsto che venga data notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La norma tecnica è stata notificata alla Commissione europea tramite l'ufficio centrale di notifica del Ministero dello sviluppo economico e il periodo di stand still risulta essere terminato il 5 gennaio 2015 senza alcuna reazione da parte della Commissione europea. La decorrenza dei termini prescritti in sede europea consente che la norma possa entrare in vigore e possa essere resa applicativa in tutto il territorio nazionale, non essendovi più alcuna ragione ostativa che ne impedisca l'applicazione. Per tali motivi, insieme ad altri 44 colleghi, tra i quali tutti i componenti del gruppo PD della Commissione agricoltura, abbiamo chiesto di interpellare il Ministro dello sviluppo economico per rinnovare l'attenzione, peraltro mai sopita, per una sollecita attuazione, su tutto il territorio nazionale, della norma in esame e perché provveda a dare notizia, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'esito positivo della procedura di notifica alla Commissione europea, come previsto dal comma 3 dell'articolo 17 della legge 30 ottobre 2014, n. 161.

Risposta del governo

Presidente, l'interpellanza posta dall'onorevole Oliverio fa riferimento, come lei ha detto prima, all'articolo 17 della legge europea 2013-bis che nasce dall'esigenza primaria di risolvere il caso EU PILOT citato dall'onorevole Oliverio. Questo procedimento era stato aperto a carico dell'Italia a seguito della conversione in legge del decreto Balduzzi, in quanto la procedura di notifica prevista dalla direttiva 98/34/CE non era stata applicata in maniera conforme e la norma tecnica era stata adottata senza l'osservanza del periodo di stand still. Voglio ricordare, infatti, che nel 2012 era stato notificato, ad istanza del Ministero della salute, il disegno di legge di conversione del decreto Balduzzi e in tale contesto furono emessi sei pareri circostanziati – Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Regno Unito, Irlanda e Austria –, quattro osservazioni – Germania, Slovenia, Polonia e Romania – ed una richiesta di informazioni supplementari da parte della Commissione. Tali pareri comportarono, come è noto, ai sensi del diritto dell'Unione, l'applicazione di un periodo di stand still per i progetti notificati dagli Stati membri che, nel caso di specie, avrebbe dovuto avere termine il 2 aprile 2013. La conversione in legge e la relativa pubblicazione prima della scadenza del periodo di stand still fecero perdere lo status di progetto alla norma in questione, portando alla chiusura anticipata della procedura di notifica, per testo già adottato dallo Stato membro prima dello spirare del periodo di stand still. Di conseguenza, la Commissione europea aprì un progetto pilota.
  Per sanare la situazione di precontenzioso conseguita all'apertura del progetto pilota, è stato inserito, nel disegno di legge europea 2013-bis, l'articolo 17 che abroga quanto originariamente previsto dal decreto Balduzzi e, contemporaneamente, detta previsioni analoghe a quelle abrogate, per superare, nell'intenzione del Governo, i rilievi di merito sollevati nel corso della prima notifica richiesta dal Ministero della salute. L'articolo 17, su richiesta, questa volta, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, è stato notificato alla Commissione con una scadenza di stand still prevista per il 6 ottobre 2014. Anche a seguito della seconda notifica, sono state emessi quattro pareri circostanziati – Repubblica Ceca, Polonia, Paesi Bassi e Irlanda – e sei osservazioni – Danimarca, Francia, Austria, Romania, Spagna e Croazia –; i pareri circostanziati hanno come effetto l'allungamento del periodo di stand still di altri tre mesi. Pertanto, il termine di scadenza è stato posticipato al 5 gennaio 2015. Nel frattempo, la legge europea 2013-bis è stata approvata ed è entrata in vigore il 25 novembre 2014, ancora una volta prima della chiusura del periodo di stand still; in tal modo si sono riproposti gli stessi problemi di natura procedurale che già si erano evidenziati con la prima notifica. Tuttavia, il comma 3 dell'articolo 17 sospende l'efficacia della norma fino al perfezionamento della procedura di notifica. Esso dispone, infatti, che la disposizione di cui al comma 1 si applica a decorrere dal dodicesimo mese successivo al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica alla Commissione europea. Tale disposizione, che pure rende esplicita l'applicabilità della norma all'esito positivo della procedura di notifica, crea una criticità procedurale essendo l'intero progetto di regola tecnica diventato legge prima del previsto passaggio alla Commissione. Peraltro, vi è da dire che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la mancata conclusione naturale della procedura di notifica comporta che le regole tecniche che rientrano nel campo di applicazione della direttiva UE 1535/2015 risultano non opponibili ai singoli; in caso di contenzioso, i giudici nazionali sono pertanto tenuti a disapplicarla.
  L'interpellanza dell'onorevole Oliverio fa riferimento al tacito assenso. Tale possibilità, in effetti, è prevista dall'ordinamento, ma solo nel caso in cui nei primi tre mesi dello stand still nessun soggetto titolato intervenga nel corso della procedura di notifica. Nel caso in esame, come sopra ricordato, sono intervenuti una serie di pareri circostanziati che hanno allungato i tempi di altri tre mesi ed hanno aperto una interlocuzione che solo la Commissione può chiudere. Il Ministero dell'agricoltura, nel dicembre 2014, ha pertanto inviato, tramite il dipartimento per le politiche europee, la reazione dell'Italia ai pareri circostanziati e alle osservazioni fatte dagli altri Stati membri. Ad oggi, tuttavia, la Commissione non ha mai commentato o, comunque, reagito alla difesa dell'Italia. La stessa unità di controllo presso l'unità centrale di notifica presso il MISE, ad oggi, non è a conoscenza di alcuna risposta ufficiale, ai sensi della vigente normativa comunitaria, da parte dei servizi della Commissione europea. Nell'assenza di tale riscontro, non appare possibile ritenere perfezionata con esito positivo la più volte menzionata procedura di notifica. Risulta, invece, che era il MIPAAF stesso, titolare della notifica in questione, abbia di recente chiesto alla predetta unità centrale di notifica un intervento presso la Commissione per avere una pronuncia definitiva. Lo stesso Ministero ha specificato di aver inviato in data 10 gennaio2017, quindi, di recente, una nota di sollecito con la quale ribadisce che l'Italia non intende dar seguito a quanto eccepito dagli altri Stati membri. L'Italia chiede, dunque, alla Commissione medesima di esprimersi ufficialmente, come previsto dalle direttive in vigore. Allo stato, quindi, in conclusione, si ritiene che non sussistano le condizioni per dare attuazione alla citata normativa nazionale, fino a quando la Commissione europea non abbia fornito il riscontro richiesto.

Replica

Signora Presidente, ringrazio in modo particolare il sottosegretario Gentile per questa comunicazione, che richiama tantissimo quel noto proverbio che dice: i medici studiano e intanto l'ammalato muore. Insomma, sono molti anni, diversi anni, che abbiamo di fronte questa vicenda e ancora non troviamo la soluzione. Per cui la risposta fornita dal Governo non risulta pienamente soddisfacente, in quanto fa riferimento ad ostacoli di natura comunitaria che non sembrano, ictu oculi, emergere dalle procedure poste in essere.
  Mi sia consentito, comunque, fare alcune precisazioni per meglio comprendere l'intera vicenda. Originariamente, era stata approvata una disposizione inserita nel decreto-legge n. 158 del 2012, decreto Balduzzi, che aveva destato perplessità da parte della Commissione europea, così come il sottosegretario ci ha illustrato. In data 5 marzo 2013, la suddetta Commissione aveva fatto una richiesta di informazioni all'autorità italiana sulla disciplina ivi contenuta, rilevando tra l'altro che il fare riferimento – era questa una delle motivazioni – al solo succo naturale e non alle altre alternative di succo concentrato, liofilizzato o sciroppato, comportava un'indebita limitazione della materia prima utilizzabile, non riscontrabile nella normativa europea di riferimento.
  Al fine di far fronte ai rilievi mossi dalla Commissione europea è stata prevista una nuova formulazione della norma, inserita appunto nella legge europea 2013. Il testo dell'articolo 17 fa ora riferimento alle bevande analcoliche che, nella denominazione, si richiamano all'arancia succo. Esse non potranno essere commercializzate con un contenuto di succo naturale inferiore a 20 grammi per 100 centilitri o inferiore ad una equivalente quantità di succo di arancia concentrato, disidratato, in polvere, così come ci aveva indicato la Comunità europea.
  Colgo, però, l'occasione per evidenziare tre punti. Il primo, politico: è stata condotta in Parlamento una lunga battaglia, affinché venisse riconosciuto a livello normativo l'obbligo di una quantità minima di succo di arancia nelle bevande in esame, nella convinzione che occorre tutelare l'affidamento che il consumatore ripone nel nome dei prodotti acquistati. In secondo luogo, è nostra profonda convinzione che ogni scelta che vada verso un innalzamento della qualità del prodotto venduto, in primis nel contenuto reale di frutta, fa crescere consapevolezza verso l'importanza di un'alimentazione sana ed equilibrata e pone le premesse per una diminuzione delle malattie e, con essa, della spesa sanitaria a cui lo Stato deve far fronte. Ultimo motivo, ma non per importanza: l'introduzione dell'obbligo dà una mano ad un comparto, quello agrumicolo, che, considerato nel suo insieme in relazione al valore della produzione, rappresenta oltre il 3 per cento della produzione lorda vendibile agricola nazionale, che sconta numerose difficoltà, tra le quali la liberalizzazione dei mercati e l'introduzione di misure comunitarie tese a favorire l'impostazione da parte di Paesi terzi, e con conseguenze negative anche in termini di introduzione in Italia di fitopatie dannosissime. Oggi, per esempio, a Catania vi è una manifestazione dell'intera filiera agrumicola siciliana.
  È noto, inoltre, che negli ultimi anni la quantità di agrumi destinata alla trasformazione è cresciuta, sia per la difficoltà di collocazione del mercato del frutto fresco italiano, sia per il nuovo orientamento dei consumatori, che scelgono sempre più succhi e bevande. L'innalzamento del contenuto di succo d'arancia mira a tutelare la salute del consumatore, adeguandosi ad un contesto programmatico europeo, che tende a promuovere un'alimentazione più sana e a diffondere corretti stili alimentari. In tale ambito, alcuni studi hanno posto in evidenza che una bevanda con il 20 per cento di succo d'arancia soddisfa il 40 per cento del fabbisogno giornaliero di vitamina C raccomandato dalle diverse accademie scientifiche e la sua assunzione veicola un variegato mix di sostanze fitochimiche che possono incidere positivamente sulla difesa del sistema immunitario.
  Con la nuova norma si contribuisce, inoltre, ad offrire il giusto riconoscimento alle bevande di maggiore qualità, riducendo l'utilizzo di zucchero, la cui elevata concentrazione potrebbe essere utilizzata per sopperire alla minore qualità dei prodotti. Del resto, la stessa società San Pellegrino ha da tempo innalzato al 20 per cento la percentuale di succo di arancia delle proprie bevande con una pubblicità che espressamente richiama una ricetta ricca con il 20 per cento di succo per una aranciata inimitabile.
 Molte sono, infine, le società che richiamano in etichetta la dicitura di frutta al 100 per cento italiana. Ma aggiungo che da tempo è stata resa nota una lettera che il Ministro dell'agricoltura, Maurizio Martina, ha scritto all'allora Ministro delle attività produttive, Federica Guidi, per sollecitare decisivi passi avanti per l'aumento del contenuto di succo di arancia nelle bibite al 20 per cento. L'articolo 17 della legge 30 ottobre 2014 – afferma in particolare il Ministro Martina – al comma 3 stabilisce che tale obbligo entri in vigore a decorrere al dodicesimo mese successivo al perfezionamento, con esito positivo, della procedura di notifica della Commissione e bisogna darne, in questo caso, notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Sempre il Ministro Martina scrive: in proposito ricordo che la norma tecnica è stata notificata alla Commissione europea e risulta essere terminata lo scorso 5 gennaio 2015 senza alcuna reazione da parte della Commissione. Sempre il Ministro Martina: poiché la richiamata direttiva europea non prevede – prosegue la lettera di Martina – necessariamente l'emanazione di un provvedimento esplicito da parte della Commissione, è da ritenersi che, decorsi utilmente i termini, sia possibile dare attuazione alla norma tecnica, di cui al citato articolo 17 della legge comunitaria. Conclude il Ministro Martina: ti chiedo, pertanto, di valutare l'opportunità di adottare iniziative finalizzate a confermare la piena efficacia delle citate disposizioni della legge europea 2013.
  Per tutte queste ragioni, abbiamo voluto ribadire l'importanza della questione sollevata e abbiamo sollecitato il Ministro competente a dare urgente attuazione alla normativa in esame, rispettando quella che è stata la volontà del Parlamento e che, per ben due volte, la seconda portando le dovute correzioni richieste, ha mostrato di voler compiere una scelta di campo per la tutela della salute dei cittadini e per la valorizzazione delle nostre migliori produzioni.
  Ci auguriamo, quindi, che le solite multinazionale delle bollicine non continuino a frapporre ulteriori ostacoli burocratici e, come hanno fatto già alcune società, adeguino la percentuale di succo delle bibite analcoliche con arance 100 per cento italiane. Questa non è una rivoluzione, né fornirebbe occasione per far fallire queste multinazionali, basti pensare soltanto che da un chilo di succo concentrato a 60 Brix si ottengono 6 litri di succo naturale, che consentono di produrre circa 50 litri di bibita contenenti il 12 per cento di succo d'arancia, ovvero un litro di aranciata al 12 per cento di succo naturale contiene tre centesimi di arance ed è venduta mediamente ad oltre un euro al litro; un euro è il costo di un litro di bibita, che contiene solo 3 centesimi di arance; pagando le arance 10 centesimi, così come sa bene il sottosegretario Gentile, il costo per la sola raccolta è di 6 centesimi e in un litro di aranciata ci sarebbero cinque centesimi di arance.
Ho concluso, signor Presidente.
  Sarebbe un bel segnale, quindi, nei confronto di un vasto territorio che ha nell'agrumicoltura una reale possibilità di sviluppo e reddito, e un contributo fondamentale a coniugare giustizia economica e sociale. Gli interpellanti, quindi, sulla base delle su esposte considerazioni, ritengono che l'entrata in vigore del più volte richiamato articolo 17 dipenda dalla posizione, soprattutto, del Ministero dello sviluppo economico, anche nell'ottica di favorire lo svolgimento di corretta relazione fra produzione e industria.