10/07/2014
Simonetta Rubinato
Gigli, Vignali, Fioroni, Dal Moro, Ginato, Ascani, Malpezzi, Taricco, De Menech, Rotta, Binetti, Sberna, Fauttilli, Fitzgerald Nissoli, Santerini, Piepoli, Vaccaro, Marchi, Galperti, Paola Bragantini, Palmieri, Carnevali, Miotto, Luciano Agostini, Ghizzoni, Bonomo, Benamati, De Mita, D'Ottavio, Zanin, Casellato, Sanga, Latronico, Sbrollini, Preziosi, Zardini, Mognato, Guerra, Crivellari, Narduolo
2-00627

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che: 
la legge n. 62 del 2000 ha stabilito che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali», definite come «le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione e sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie» e, «svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap»; 
il sistema paritario è fondamentale in particolare per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo considerato prioritario dall'ordinamento «dell'espansione dell'offerta formativa e conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita», in linea con la strategia per la crescita «Europa 2020» che prevede di raggiungere la scolarizzazione del 95 per cento dei bambini fra i 4 ed i 6 anni, un traguardo semplicemente impossibile senza l'apporto delle scuole paritarie dell'infanzia; 
a livello nazionale le scuole paritarie rappresentano il 24 per cento delle scuole italiane ed accolgono il 10 per cento della popolazione scolastica; in particolare, scuole dell'infanzia – che accolgono bambini per i quali non c’è posto nelle strutture statali – ospitano circa il 40 per cento dei bambini (642.040 nell'anno scolastico 2012/2013), con punte dal 55 al 68 per cento in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto); 
le scuole paritarie, incluse quelle comunali, ricevono complessivamente dallo Stato appena l'1 per cento delle risorse stanziate per il sistema nazionale dell'istruzione, nonostante il rilevante risparmio che dalle stesse deriva per la finanza pubblica, come riconosciuto di recente anche dall'OCSE, in una sorta di applicazione del principio di sussidiarietà al contrario, nel senso che sono esse paradossalmente ad aiutare finanziariamente lo Stato; 
negli ultimi anni la situazione è peggiorata, per la costante diminuzione dei fondi stanziati dallo Stato e per il cronico grave ritardo nell'erogarli, aggravato dalla procedura introdotta dall'articolo 2, comma 47, della legge n. 203 del 2008, nonché da ultimo dalla disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (che ha visto bloccati al Ministero dell'economia e delle finanze ben 80 dei 223 milioni di euro stanziati nella legge di stabilità 2013, disaccantonati solo in data 16 dicembre 2013, con il risultato che le scuole alla data del 31 dicembre 2013 non avevano ancora ricevuto alcunché dello stanziamento approvato dal Parlamento nella legge di stabilità 2013 fuori da patto di stabilità regionale al capitolo 1299 (complessivi 223 milioni), mentre si sono dovute far carico di anticipare le spese necessarie alla gestione del servizio pubblico erogato con la conseguenza che la maggior parte delle stesse versa ormai in una condizione di assoluta precarietà ed emergenza economico-finanziaria; 
nella legge di stabilità 2014 e nella legge di bilancio 2014-2016, nei capitoli 1299 e 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risultano iscritti per l'anno 2014, in favore delle istituzioni scolastiche non statali, rispettivamente 220.000.000 di euro e 273.898.626 euro, con una ulteriore diminuzione rispetto all'anno 2014 pari a complessivi 8.023.366 euro; su proposta emendativa parlamentare è stata assicurata l'esclusione dal patto di stabilità regionale solo per 120 dei 220 milioni di euro stanziati nella legge stabilità per l'anno 2014, a differenza dell'esclusione totale che era stata invece disposta nella legge di stabilità per il 2013; 
nella seduta della Camera del 20 dicembre 2013 il viceministro Fassina accoglieva l'ordine del giorno 9/01865-A/114 sottoscritto dai deputati della maggioranza Rubinato, Bobba, Fioroni, Vignali, Gigli, De Mita, Ginato, De Menech, Dal Moro, Malpezzi, Santerini, Moretto, Ascani, Taricco, che impegnava il Governo: 
«a reperire e stanziare nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in un provvedimento da presentare al Parlamento entro il primo quadrimestre del 2014, le risorse per la compensazione sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto al fine di prevedere che, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62, la somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 166, del disegno di legge di Stabilità 2014 sia allocata nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta) anziché nel capitolo 1299 (somme da trasferire alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie); 
a fornire un'interpretazione circa il fatto che le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, non sono applicabili alle risorse da trasferirsi alle regioni che siano destinate alle finalità di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62; 
ad accelerare il saldo dei contributi e garantire l'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, comprese quelle già stanziate nel 2013»; 
ad oggi, ad anno scolastico 2013-2014 concluso, si ripresenta, tuttavia, per l'ennesima volta negli ultimi anni la situazione drammatica di sofferenza finanziaria delle scuole dell'infanzia paritarie per i gravi ritardi con i quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le regioni versano i rispettivi contributi, che sono fondamentali per la loro sopravvivenza per consentire l'erogazione di un servizio pubblico fondamentale alle famiglie con bambini dai tre ai sei anni: poiché nei mesi di luglio e agosto le scuole non riscuotono le rette sono numerosi, infatti, i gestori che hanno informato il personale che non sarà possibile pagare gli stipendi dei prossimi due mesi; 
ad oggi, inoltre, permane il vincolo del patto di stabilità interno per una parte del contributo 2014 (100 milioni di euro) da assegnarsi per il tramite delle regioni, non essendo stato attuato dal Governo l'impegno di allocare tutte le risorse assegnate dal Parlamento alle scuole paritarie nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca anziché nel capitolo 1299; 
si prende atto delle dichiarazioni del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Stefania Giannini in una intervista su Tempi del 3 luglio 2014 sul tema delle scuole paritarie, in cui ha ribadito che i tempi sono maturi per una riforma che attui la parità applicando il costo standard, nel rispetto del principio di libertà di scelta educativa cui si ispira l'Unione europea, e ha riconosciuto la convenienza che ne deriva per il bilancio dello Stato, quantificabile in un risparmio annuo di circa 6 miliardi di euro; 
il sottosegretario Roberto Reggi al recente congresso nazionale della Fism, in data 19 giugno 2014, affermando che «non possiamo più sottrarci dall'affrontare insieme l'emergenza educativa che colpisce profondamente le nostre famiglie. È un'emergenza europea. Perciò non ha più senso dividersi in conflitti ideologici senza futuro. La legislazione deve tenere conto di un sistema misto, pubblico-privato, dove ci sono diverse voci che hanno pari dignità... Daremo stabilità, certezza di trasferimenti e risorse per garantire una programmazione costante», ha confermato la necessità che i contributi vengano tutti erogati direttamente alle scuole dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e non dalle regioni, in conformità a quanto richiesto dal predetto ordine del giorno 9/01865-A/114; 
si prende atto altresì della positiva equiparazione delle scuole paritarie che rispettano il costo standard alle scuole statali ai fini dell'esenzione dall'Imu e dalla Tasi da ultimo operata nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 giugno scorso 2014 (anche in attuazione dell'impegno assunto dal Governo rispetto all'ordine del giorno 9/1544-A/71 a firma dei deputati Rubinato, De Menech, Ginato); 
la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2008, ha ricordato che le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari», il che impone allo Stato di garantire «continuità nella erogazione delle risorse finanziarie» relative –: 
quali urgenti iniziative intendano assumere per dare seguito agli indirizzi di cui al predetto ordine del giorno 9/01865-A/114, dall'allocazione della somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 260, della legge di stabilità 2014 nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anziché nel capitolo 1299, alla accelerazione dell'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, escludendole interamente dal vincolo del patto di stabilità regionale e semplificando le procedure, al fine di scongiurare l'emergenza occupazionale, sociale e formativa conseguente alla drammatica situazione di sofferenza finanziaria in cui versano le scuole dell'infanzia paritarie a causa dei tagli degli ultimi anni e dei ritardi nell'erogazione dei contributi, da parte dello Stato e delle regioni. 

Seduta del 25 luglio 2014

Illustrazione e replica di Simonetta Rubinato, risposta del governo di Roberto Reggi, sottosegretario per l'Istruzione, l'università e la ricerca.

Illustrazione

Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, l'interpellanza urgente, che ha raccolto le adesioni di più gruppi che sono in questo Parlamento, trae spunto dalla circostanza di fatto che anche in questa estate, in questa conclusione dell'anno scolastico 2013-2014, si ripresenta per l'ennesima volta negli ultimi anni la situazione di drammatica sofferenza finanziaria delle scuole paritarie dell'infanzia per i gravi ritardi con i quali il Ministero dell'istruzione e anche le regioni versano i rispettivi contributi stanziati dal Parlamento in legge di stabilità, che sono fondamentali per la loro sopravvivenza e per consentire così l'erogazione di un servizio pubblico fondamentale a famiglie con bambini dai tre ai sei anni. Nei mesi di luglio ed agosto, infatti, le scuole non riscuotono le rette e le risorse di queste scuole noi sappiamo che vanno per il 70 per cento a pagare gli stipendi del personale, per cui numerosi gestori – in particolare l'ho potuto verificare nella mia regione, il Veneto, che è la regione che ha il numero più grande di scuole dell'infanzia paritarie, circa il 68 per cento dell'offerta della scuola dell'infanzia è garantita dalle scuole dell'infanzia paritarie – hanno informato il personale che non sarà possibile pagare gli stipendi dei prossimi due mesi. 
Io vorrei ripercorrere velocemente, anche se il sottosegretario conosce bene la problematica, il fatto che non si tratta di parlare di una questione, quando si parla di scuola dell'infanzia paritaria in particolare, che ha qualche profilo ideologico; si parla della sopravvivenza dell'erogazione di un servizio, come quello appunto della scuola dell'infanzia, in un Paese come il nostro, che vede il 40 per cento dei bambini dai tre ai sei anni, 642 mila nell'anno scolastico 2012-2013, non scegliere, ma trovare solo questo servizio presso le scuole dell'infanzia paritarie. Sappiamo che il tema della libertà di scelta educativa delle famiglie è fondamentale. Sappiamo che è sancito da risoluzioni europee, sappiamo che c’è una legge approvata da questo Parlamento nel 2000, la n. 62, che ha stabilito che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali, che devono erogare un servizio che è pubblico a tutti gli effetti, corrispondendo agli ordinamenti generali dell'istruzione, sia pure in modo coerente con la domanda formativa delle famiglie, e che devono svolgere un servizio pubblico accogliendo chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. E anche questa questione degli studenti con disabilità sarebbe da affrontare, perché queste scuole li devono giustamente accogliere, ma non ricevono i finanziamenti che sono loro dovuti da parte dello Stato. 
Il sistema paritario non è importante sopravviva semplicemente perché – penso alla mia realtà – è costituito da scuole di comunità nate nei primi del Novecento, perché persone che in quel momento avevano un livello di povertà e anche di non grande diffusione di cultura hanno fatto un enorme investimento sulla formazione dei bambini dai tre ai sei anni, costruendo le scuole prima che arrivasse lo Stato, prima che fossero costruite dai comuni; in realtà il problema di far sopravvivere il sistema paritario è funzionale a garantire un obiettivo che è prioritario per il nostro ordinamento scolastico, cioè quello dell'espansione dell'offerta formativa e della generalizzazione della domanda di istruzione dell'infanzia lungo tutto l'arco della vita. Questo in linea con la strategia per la crescita di Europa 2020, che prevede di raggiungere la scolarizzazione del 95 per cento dei bambini fra i quattro e i sei anni. Questione fondamentale perché, se l'economia della conoscenza ha il suo asset fondamentale nel capitale umano, il capitale umano in quella fase della formazione della persona è strategico. 
Quello che invece sta accadendo è che è in atto una vera e propria dispersione scolastica. A causa della crisi economica e della riduzione dei contributi, oltre che del ritardo cronico e drammatico con cui vengono erogati, le rette vengono ritoccate e, quindi, c’è una limitazione all'accesso in condizione di parità a un servizio fondamentale. 
Questo è il punto di fondo, perché, se le scuole dell'infanzia ospitano il 40 per cento dei bambini, con punte dal 55 al 68 per cento in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, lo Stato non può permettersi di non finanziarle, di non finanziarle tempestivamente, a meno che non scelga un altro indirizzo in tema di educazione dell'infanzia; però, va, allora, detto. 
Purtroppo, nonostante tante battaglie ideologiche sul finanziamento alle scuole paritarie, che vengono confuse e limitate alle scuole private, con un concetto completamente sbagliato, noi dovremmo ogni tanto ricordare che queste scuole accolgono, tra scuole dell'infanzia, con oltre 640 mila bambini, e primarie, circa 700-750 mila bambini, e quindi accolgono il 10-12 per cento della popolazione scolastica; fetta della popolazione scolastica per la quale lo Stato oggi stanzia appena l'1 per cento del suo bilancio in materia scolastica. 
Quindi, la scuola dell'infanzia, paritaria in particolare, nulla toglie alla scuola statale, che è, ovviamente, pubblica; anzi, aiuta la scuola statale, quindi pubblica, a raggiungere un risparmio enorme, certificato dall'OCSE di recente e anche confermato dallo stesso Ministro Giannini. Sono sei miliardi i «risparmi», in un'applicazione del principio di sussidiarietà paradossale, al contrario, a rovescio, che il sistema integrato, il sistema paritario, consente allo Stato italiano; quattro miliardi solo vengono dal sistema delle scuole paritarie dell'infanzia. 
Ora, nonostante questo, oggi, nella legge di stabilità per il 2014, sono stanziati 41 milioni in meno rispetto ai 535 milioni erogati dal MIUR con l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi. Non solo i fondi sono diminuiti di questa percentuale importante, ma vi è stato anche l'aggravamento dovuto alla procedura introdotta dall'articolo 2, comma 47, della legge n. 203 del 2008, che ha «spacchettato», per così dire, i fondi prima erogati direttamente dal MIUR, poi, invece, divisi fra le somme assegnate in un capitolo, il 1299, di competenza delle regioni, assegnate alle regioni e che poi, attraverso le regioni, transitano alle scuole dell'infanzia, e il capitolo 1477, che viene, invece, erogato direttamente dagli uffici scolastici regionali. 
Questo spacchettamento è stato gravissimo, ha avuto conseguenze gravissime, non solo perché ha aggravato le procedure, ma anche perché ha sottoposto la metà di questi fondi al Patto di stabilità regionale. Quindi, o le regioni tagliano da qualche altra parte oppure questi fondi non vengono erogati, mentre prima erano erogati tutti, ripeto, fino all'ultima legge finanziaria del Governo Prodi, direttamente dal MIUR. 
Le conseguenze sono drammatiche sul piano finanziario, addirittura paradossali anche per quelle che sono le decisioni del Parlamento, perché vorrei ricordare che, alla fine del 2012, con la legge di stabilità per il 2013, il Parlamento fece una battaglia, che vinse, sottraendo al vincolo del Patto di stabilità i 223 milioni di euro stanziati nel capitolo 1299. Però furono, in un primo momento, addirittura, accantonati 80 milioni di questi 223 milioni, disaccantonati solo alla fine dell'anno, per dare copertura a una disposizione del decreto-legge n. 174 del 2012, il «taglia costi» degli enti locali e regionali. 
Quindi, paradossalmente, risorse destinate a un servizio fondamentale non sono state erogate, pur stanziate dal Parlamento per quella finalità e pur fuori dal Patto di stabilità. Nell'ultima legge di stabilità per il 2014, il Parlamento, nonostante la battaglia che è stata fatta sia al Senato che alla Camera, non è riuscito ad ottenere l'uscita dal Patto di stabilità di tutti i 220 milioni allocati nel capitolo 1299 del MIUR, ma soltanto 120 milioni di questi sono fuori dal Patto: per 100 milioni le regioni devono ottemperare al pagamento a queste scuole, al versamento del contributo, dentro i limiti del loro Patto di stabilità, che è stato, naturalmente, con la stessa legge di stabilità, aggravato. 
Come dicevo prima, l'equità nell'accesso al sistema integrato comporta la necessità del sostegno economico, non per queste scuole in sé o per una questione ideologica, ma per non penalizzare alunni e personale docente. Lo comprova il fatto, appunto, della dispersione scolastica a cui stiamo drammaticamente assistendo, di cui pagheremo le conseguenze nei prossimi decenni.
Nella seduta della Camera di approvazione della legge di stabilità, il 20 dicembre scorso, il Viceministro Fassina accoglieva un ordine del giorno sottoscritto da diversi deputati delle diverse forze di maggioranza e si impegnava, non essendo riuscito a sottrarre al Patto di stabilità 100 milioni di euro per lo stanziamento complessivo da due eventi, a reperire e stanziare nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, entro il primo quadrimestre del 2014, le risorse per la compensazione sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto, appunto necessari per allocare la somma di 220 milioni di euro integralmente nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché ad accelerare il saldo dei contributi e a garantire l'effettivo trasferimento alle scuole paritarie di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento. Evidentemente se oggi siamo qui con questa interpellanza è perché questo impegno del Governo non ha avuto adempimento. 
Prendiamo atto con soddisfazione, e ne diamo atto a questo Governo, che sono intervenute dichiarazioni positive e forti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, sull'applicazione della parità, applicando il costo standard, cosa assolutamente necessaria equa e urgente, nel rispetto del principio di libertà di scelta educativa cui si ispira l'Unione europea. Abbiamo anche molto apprezzato le parole che il sottosegretario Reggi ha pronunciato al recente congresso nazionale della Fism, che vanno esattamente nella direzione di quello che abbiamo chiesto con il nostro ordine del giorno che il Governo Letta ebbe ad accogliere nel dicembre del 2013 in quest'Aula per dare attuazione, finalmente, a un sistema misto pubblico-privato e dare stabilità, certezza di trasferimenti e risorse per garantire una programmazione costante. Abbiamo anche preso atto della concreta e positiva equiparazione, che noi stessi avevamo chiesto con un ordine del giorno nell'ottobre del 2013, delle scuole paritarie, che rispettano il costo standard, alle scuole statali, ai fini dell'esenzione dall'IMU e dalla TASI, da ultimo operata nel decreto del Ministro dell'economia delle finanze il 26 giugno scorso. 
Quindi, sono passi in avanti importanti che questo Governo ha messo in atto, però abbiamo il problema, e vado verso la conclusione, di dare attuazione davvero all'articolo 3 della Costituzione. Io faccio un esempio concreto che si aggiunge alle cose che sono già nell'interpellanza che ho appena illustrato e che sono note: io ho avuto di recente occasione di leggere una delibera approvata dalla giunta provinciale della provincia autonoma di Trento che stanzia le risorse per garantire il servizio pubblico della scuola dell'infanzia nella provincia di Trento. Ebbene, per circa 16 mila bambini, dai tre ai sei anni, vengono stanziati complessivamente 70.366.957 euro. In particolare, per i 10 mila bambini che frequentano le scuole paritarie, che loro definiscono equiparate, vengono erogate ai gestori delle scuole equiparate 57.858.452 euro. Sono circa, ho fatto una rapida divisione, 6 mila euro di contributo annuo a bambino. Bene, il costo standard annuo, nelle tabelle pubblicate nel sito del MIUR, a bambino per la scuola dell'infanzia è di circa 5.507 euro. Siamo felici che in provincia di Trento ci siano più risorse di quelle necessarie per garantire un livello standard...però nelle vicine province del Veneto, dove il servizio viene erogato dalle scuole paritarie per il 70 per cento, i genitori pagano rette importanti di 1.500 e più euro l'anno, perché dallo Stato arrivano 420-450 euro a bambino. Il costo standard è necessario per la formazione dei nostri bambini dai tre ai sei anni, in un periodo della loro vita che è capitale perché possano essere davvero quel capitale umano che speriamo possa avere il nostro Paese nel futuro. Ecco perché è anche questione di applicazione e attuazione vera dell'articolo 3 della Costituzione. Concludo davvero, la Corte costituzionale nella sentenza n. 50 del 2008 lo ha ricordato allo Stato e alle regioni: le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari» il che impone allo Stato di garantire «continuità nell'erogazione delle risorse finanziarie».

Risposta del governo

Signor Presidente, desidero sottolineare preliminarmente che condivido sia tutte le considerazioni fatte dall'onorevole Rubinato e le richieste avanzate dagli onorevoli interpellanti, che fanno riferimento all'ordine del giorno Rubinato n. 9/1865-A/114 del 20 dicembre 2013, sia le motivazioni che ne sono alla base. 
L'articolo 1, comma 260, della legge di stabilità 2014 dispone che la spesa di 220 milioni di euro, finalizzata ad integrare i citati contributi per il sostegno alle scuole paritarie ed iscritta nel capitolo 1299, sia esclusa dal Patto di stabilità interno delle regioni per un importo di 100 milioni di euro per il medesimo anno 2014, trovando copertura mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali. 
Intanto, in data 29 maggio 2014 è stato, purtroppo, sancito un accordo in Conferenza Stato-regioni, in attuazione dell'articolo 46 del decreto-legge n. 66 del 2014, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. A seguito di tale accordo le regioni hanno rinunciato alle esclusioni dai vincoli del Patto delle spese, tra le altre, per le scuole paritarie. 
Al riguardo, è stata presentata una proposta emendativa al cosiddetto decreto Madia, in corso di conversione alla Camera, volta ad imporre alle regioni la certificazione delle spese nel rispetto dei vincoli del Patto di stabilità interno al fine di garantire, tra l'altro, l'effettiva attuazione di interventi in materia di scuole paritarie e sulla quale il MIUR ha esplicitato parere negativo proprio nell'ottica dell'interpellanza. 
Ed invero, la sottrazione della competenza all'erogazione dei finanziamenti da parte delle articolazioni territoriali di questo Ministero, determinerebbe diversi effetti negativi, tra i quali: una possibile differenziazione dei criteri di riparto da regione a regione, venendo a mancare il coordinamento nazionale del MIUR che verifica, tra l'altro, il corretto utilizzo dei fondi; una possibile differenziazione nell'erogazione dei fondi, in quanto l'inserimento delle predette spese tra quelle che incidono sul Patto di stabilità interno comporterà che l'erogazione sarà gioco-forza legata alla situazione di cassa delle singole regioni; un aggravio del procedimento di erogazione del finanziamento, in quanto i dati delle scuole paritarie sono gestiti dal MIUR per il tramite delle proprie articolazioni territoriali. Senza contare che, se tali risorse rientreranno nel Patto di stabilità, le stesse potrebbero essere oggetto di tagli da parte delle regioni stesse. 
Tra l'altro, oltre alle risorse per le scuole paritarie, l'intesa fa rientrare nel Patto di stabilità – e quindi tra le risorse aggredibili – anche quelle per il diritto allo studio universitario e le risorse per i libri di testo, tutte essenziali per il sistema formativo. 
In sintesi, l'impegno del MIUR è quello di fare di tutto per rivedere l'intesa del 29 maggio e vincolare le risorse alle loro primarie finalità, venendo così incontro anche alle richieste dell'onorevole interpellante.

Replica 

Signor Presidente, di quanto ha riferito il sottosegretario sono senz'altro soddisfatta. Sono, invece, stupefatta che in Conferenza Stato-regioni si sia raggiunta tale intesa, che è assolutamente contraria anche agli indirizzi che ha condiviso questo Parlamento. Quindi, probabilmente, di questa Conferenza Stato-regioni non è stata data abbastanza pubblicità. 
Ho saputo anch'io di quest'emendamento, che sarebbe stato presentato al decreto Madia, che è in questo momento in esame e in corso di discussione alla I Commissione. Mi viene riferito, però, che sino ad oggi quell'emendamento non è stato discusso e non è stato presentato formalmente. Quindi mi auguro sarà così, quando vedremo il testo che entrerà in Aula la prossima settimana. 
Credo davvero che su questo il Ministero, che il sottosegretario rappresenta, debba avere il massimo sostegno – e ce l'ha – da parte delle forze che sono in questo Parlamento per conseguire esattamente l'obiettivo di ottenere l'adempimento di quell'ordine del giorno che è stato assunto dal Governo precedente all'attuale in quest'Aula. Mi auguro davvero che si possa lavorare di concerto per salvare un patrimonio e garantire l'attuazione dell'articolo 3 della Costituzione per tutti i bambini dai tre ai sei anni di questo Paese, in qualsiasi territorio si trovino. Mi auguro che non dipenda dal fatto di trovarsi in una regione a statuto speciale o a statuto ordinario avere l'opportunità di una formazione che è essenziale per la possibilità di una persona di raggiungere nella vita gli obiettivi che può raggiungere grazie al suo talento ed alle sue capacità.