30/09/2014
Roberto Morassut
Rosato
2-00698

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la dismissione del patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici e «privatizzati» rappresenta un tema di viva attenzione e preoccupazione per decine di migliaia di famiglie italiane, concentrate nelle grandi città ed in particolare a Roma;
   molte famiglie di conduttori vivono una condizione di grave disagio per la crescente crisi economica e sociale che compromette reddito e potere d'acquisto in un contestuale aumento degli affitti richiesti dagli enti suddetti, aggravando quindi l'emergenza abitativa già assai preoccupante;
   in molte occasioni il Parlamento ha sollecitato il Governo ad adottare presso gli enti iniziative volte a favorire presso i conduttori azioni finalizzate alla vendita o al rinnovo dei contratti di affitto a condizioni socialmente sostenibili;
   per quel che riguarda gli enti previdenziali pubblici – patrimonio abitativo INPS ed ex INPDAP – la Camera dei deputati ha approvato – dopo numerosi altri atti – da ultimo una mozione (n. 1/00011 a prima firma MORASSUT – del 5 dicembre 2013) nella quale si impegnava il Governo a dare all'INPS – che lo aveva per iscritto richiesto – un chiaro indirizzo per la ripresa delle vendite ai conduttori del patrimonio immobiliare abitativo, secondo le condizioni ed i prezzi regolati dalla legge n. 410 del 2001;
   circa il 90 per cento dell'inquilinato INPS/INPDAP ha usufruito delle condizioni fissate da quella legge e che sarebbe dunque fonte di disparità di trattamento non applicarla per il restante 10 per cento comunque costituito da oltre 15 mila famiglie, in gran parte di pensionati e ceto medio basso;
   nella stessa mozione, non potendo all'epoca equiparare in modo diretto, enti previdenziali pubblici ed enti previdenziali privatizzati, si impegnava comunque il Governo ad adoperarsi al fine di favorire presso gli enti privatizzati modalità di vendita di fatto simili alla 410;
   nella stessa mozione si impegnava altresì il Governo a fornire all'INPS un chiaro indirizzo per la soluzione del problema dei cosiddetti Sine Titulo, occupanti senza contratto ma regolarmente paganti canoni d'affitto e spese condominiali;
   per quanto riguarda la situazione degli enti previdenziali privatizzati la richiesta di modalità di vendita aderenti allo spirito e alle condizioni della legge n. 410 del 2001 si è rafforzata enormemente dopo la approvazione della suddetta mozione a causa della approvazione di varie ordinanze e sentenze di TAR e Consiglio di Stato che hanno sollevato il tema del carattere pubblico di questi enti anche per quel che riguarda la gestione dei patrimonio immobiliare (vedi sentenze CDS VI Sez del 15 gennaio 2014 e del 29 novembre 2012 e del TAR LAZIO III Sez. del 11 luglio 2014);
   forti riserve e gravi dubbi di corretta gestione finanziaria debbono essere sollevati riguardo a taluni enti privatizzati in particolare per quel che riguarda la gestione del patrimonio mobiliare ed immobiliare e che in alcuni casi ha condotto a inchieste giudiziarie o a rovesci tali da comprometterne la stabilità oltre all'immagine;
   tale situazione genera sfiducia e malcontento tra i cittadini in generale e tra i conduttori degli alloggi costretti a fare i conti con le suddette difficoltà percependo al tempo stesso una situazione di opacità che sembra fare della vendita del patrimonio immobiliare abitativo una occasione per sanare errate scelte nel campo degli investimenti finanziari e azionari;
   in molte situazioni sono state sollevate motivate contestazioni circa i criteri di stima con i quali vengono definiti i prezzi delle vendite degli alloggi da parte degli enti privatizzati e delle SGR cui il patrimonio stesso è stato in vari casi conferito, sicché il valore di mercato è largamente scavalcato verso l'alto nonostante il verticale calo dei prezzi avvenuto negli ultimi anni;
   le vendite o le riofferte di vendita avvengono senza reali garanzie sui preliminari interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria indispensabili dopo tanti anni di logoramento degli stabili –:
   come il Governo intenda dar seguito a quanto deliberato a seguito dell'approvazione della mozione n. 1-00011 del 5 dicembre 2013 in relazione alla dismissione del patrimonio abitativo di INPS ed ex INPDAP;
   come intenda – per quanto riguarda gli enti previdenziali privatizzati – esercitare il ruolo di vigilanza in particolare sulle dismissioni del patrimonio abitativo alla luce delle menzionate sentenze del TAR e del Consiglio di Stato.
 

Seduta del 10 ottobre 2014

Illustra Roberto Morassuti, risponde Vito De Filippo, Sottosegretario di Stato per la salute, replica Roberto Morassut

Illustrazione: Signor Presidente, non è la prima volta che, in sede di Commissioni competenti e anche di Aula, si affronta questo tema importante, che ormai si può classificare nel campo delle emergenze, dell'emergenza abitativa.
  Il tema della dismissione del patrimonio abitativo degli enti pubblici e previdenziali è un tema che attraversa ormai da quindici anni l'attività degli enti stessi e dello Stato ed è arrivato ad un momento di particolare urgenza, perché il processo di dismissione da tempo è interrotto, sia per quanto riguarda gli enti previdenziali pubblici e in parte anche per quanto riguarda le varie casse, fondazioni e gli enti previdenziali che sono stati definiti privatizzati a seguito della legge n. 509 del 1994, che li ha trasformati, per così dire, in enti di diritto privato, benché svolgano funzioni di carattere pubblico.
  Sono naturalmente due situazioni diverse, che la legislazione affronta, da questo punto di vista, con strumenti diversi o dovrebbe affrontare con strumenti diversi. Questo è il punto di una parte dell'interpellanza. Questo primo punto riguarda, per esempio, il tema della dismissione del patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici, che sostanzialmente riguardano il patrimonio abitativo dell'ex Inpdap ed Enpals, confluiti in Inps. Ricordo – perché è essenziale – che le modalità di dismissione di questo patrimonio sono regolate da una legge vigente, una legge che non è mai stata sostituita, per così dire, da altre modalità, che è la legge n. 410 del 2001, attraverso la quale già circa il 90 per cento del patrimonio abitativo di Inps – e naturalmente di ex Inpdap – è stato dismesso e venduto agli stessi conduttori, attraverso procedure e modalità previste da quella legge, che consentivano di tenere conto di una serie di circostanze, come la vetustà del patrimonio e naturalmente anche il carattere di fatto popolare di queste famiglie – in gran parte concentrate nella città di Roma, ma non solo –, famiglie di ceto medio e di pensionati.
  Il successo di quella legge è manifestato dall'alta percentuale di vendite. È nota la storia che ha attraversato il processo di vendita e cioè la costituzione di due società di cartolarizzazione, la SCIP1 e la SCIP2, poi disciolte, e che, al momento del loro scioglimento, hanno fatto di nuovo confluire il restante patrimonio abitativo di nuovo in Inps.
  Da quel momento, il processo di vendita si è bloccato. È questo il punto, ovvero noi abbiamo ancora oggi un 10-15 per cento del patrimonio non venduto, per il quale molti inquilini hanno fatto richiesta, ai quali non è stata data risposta, che vivono sostanzialmente un'incertezza di prospettiva – hanno accantonato anche dei risparmi – e che contano – perché la legge vigente ancora considera quella la modalità di vendita – di potere usufruire delle stesse condizioni di coloro che hanno già acquistato, utilizzando le prerogative della legge n. 410.
  Il Parlamento si è più volte espresso ed ha sollecitato e anche l'Inps ha sollecitato i ministeri vigilanti, che sono il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere come dovesse rimettere in gioco questo patrimonio, come dovesse tornare a venderlo alle famiglie. Ma, da questo punto di vista, i Governi precedenti non hanno mai dato alcun indirizzo.
  Poi è subentrata la citata mozione nell'interpellanza di dicembre 2013, attraverso la quale il Parlamento ha dato un chiaro indirizzo al Governo: riprendete le procedure di vendita, utilizzando le prerogative della legge n. 410 del 2001.
  Quindi l'interpellanza chiede al Governo di capire perché questa mozione, questo indirizzo, che chiede di applicare una legge, non sia stato ancora messo in atto.
  L'altro aspetto – rapidamente – riguarda, invece, il capitolo del patrimonio degli enti previdenziali privatizzati. Qui siamo in un campo diverso, naturalmente, legislativamente parlando, ma fino a un certo punto.
  È vero che c’è una legge che ha trasformato questi enti in enti di diritto privato. È vero che questi enti hanno avviato, molto di recente, negli anni passati, un processo di dismissione attraverso l'individuazione anche di società veicolo, di società di gestione del risparmio, di fondi immobiliari per vendere questo patrimonio. In alcuni casi sono stati fatti degli accordi sindacali. Sono procedure diverse, ogni ente è andato un po’ per conto suo. Naturalmente, però, l'arrivo della grave situazione sociale e anche dell'emergenza abitativa, che ormai è pervasiva, ha aperto un nuovo fronte anche in questo campo, sempre con famiglie che, se non possono essere definite di carattere popolare, sono però famiglie di ceto medio, spesso monoreddito. Quindi, la crisi; ma anche le procedure di vendita, non sempre sono considerate trasparenti, diciamo non chiare. Nell'interpellanza si pone un problema nel senso che la situazione di molti di questi enti privatizzati – e le cronache ne riportano ampia documentazione – è una situazione in molti casi non chiara dal punto di vista della gestione interna, della natura degli investimenti che sono stati realizzati negli anni da molti di questi enti, sia dal punto di vista degli investimenti di carattere mobiliare, cioè l'acquisto di titoli, sia dal punto di vista degli investimenti nella natura di attività di vendita del patrimonio immobiliare.Alcuni enti sono anche sottoposti all'azione della magistratura. E qui c’è un punto che determina una conflittualità sociale, perché naturalmente ci si domanda – non del tutto a torto –: se gli investimenti fatti nel campo mobiliare dell'acquisto di titoli non sono stati poi così redditizi per questi enti, perché si mette in vendita il patrimonio abitativo a dei prezzi che spesso sono oggettivamente inarrivabili ?
  È vero che sono enti di diritto privato ancora, ma è pur vero che in molti casi gli accordi sindacali consentono dei forti abbattimenti, a partire da stime che sono regolate da un meccanismo abbastanza chiaro, con vigilanza della Banca d'Italia e così via. Sta di fatto che, però, alla resa dei conti, quando i prezzi vengono abbattuti e messi al cospetto dei cittadini, spesso questi prezzi corrispondono più o meno a quelli di mercato. Quindi, la domanda che viene sollevata è: ma queste stime come vengono fatte ?
  Infine, il punto che riguarda gli enti previdenziali privatizzati è anche il profilo e la natura giuridica di questi enti. Infatti, negli ultimi tempi, a partire dal 2012, più volte la magistratura amministrativa, i TAR e il Consiglio di Stato, con ripetute sentenze e su casi specifici, ma anche su temi più generali, ha sollevato il dubbio che non debba considerarsi completamente priva di carattere pubblico la natura di questi enti, anche nel campo della gestione dei beni strumentali e che, quindi, si debba un po’ chiarire qual è il profilo giuridico di questi enti. Naturalmente non può che chiarirlo una norma di legge, in primo luogo innescata da un'iniziativa del Governo.
  Quindi, l'interpellanza pone sostanzialmente questi due quesiti, che poi sono due aspetti di una medesima questione. Il primo è la ripresa di indirizzo sull'INPS del processo di vendita applicando la legge n. 410, perché è una legge vigente e perché il Parlamento ha dato un forte indirizzo in questa direzione. Il secondo è qual è la possibilità di un chiarimento sulla natura giuridica degli enti previdenziali cosiddetti privatizzati, perché qualora fosse prevalente il carattere pubblico, ricadrebbero anch'essi nella procedura della legge n. 410 e, eventualmente, anche di un'attenzione, insieme agli organismi parlamentari, più accorta sulla gestione dei beni e degli investimenti di alcuni di questi enti privatizzati.

Risposta: Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Morassut, con riferimento all'atto parlamentare inerente alla dismissione del patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici e privatizzati, passo ad illustrare gli elementi informativi acquisiti dagli uffici del Ministero, nonché gli elementi forniti dall'INPS.
  La tematica della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali è stata, come veniva riferito, ampiamente dibattuta in sede parlamentare, attraverso l'esame di diversi atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, e più volte affrontata anche dai diversi Governi che si sono succeduti nel tempo sia con interventi legislativi rituali sia con interventi legislativi d'urgenza.
  Per quanto riguarda la dismissione del patrimonio abitativo dell'INPS – ivi incluso quello già INPDAP – la lettera c), comma 2, dell'articolo 8 del decreto-legge n. 95 del 2012 ha definitivamente sancito in capo all'Istituto previdenziale l'obbligo di prevedere il conferimento al Fondo di investimento immobiliare ad apporto del proprio patrimonio immobiliare da reddito, con l'obiettivo di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una maggiore efficienza economica e pervenire alla completa dismissione del patrimonio, nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili.
  Al riguardo, l'INPS ha precisato che – per i beni immobili interessati dalle precedenti operazioni di cartolarizzazione e successivamente retrocessi, perché invenduti, agli enti originariamente proprietari – i vincoli di legge applicabili sono quelli contenuti nell'articolo 43-bis, comma 12, del decreto-legge n. 207 del 2008 (introdotto dalla legge di conversione n. 14 del 2009), tutt'ora in vigore, che rinvia espressamente alla legge n. 410 del 2001.
  Conseguentemente, per questi beni immobili (e, in particolare, per quelli per i quali sussistono tuttora i diritti spettanti agli aventi diritto, ai sensi del predetto articolo 43- bis), laddove non interessati dal conferimento, è confermata la prosecuzione dell'attività di dismissione del patrimonio immobiliare con le modalità di determinazione del prezzo, le tutele e le garanzie sociali vigenti per i conduttori, previste proprio dalla legge n. 410 del 2001.
  In attuazione della citata legge n. 95 del 2012, il Ministero dell'economia e delle finanze ha adottato – lo scorso 5 febbraio – un decreto che ha previsto la costituzione di Fondi comuni di investimento immobiliare cui conferire o trasferire anche l'intero patrimonio immobiliare da reddito dell'INPS. Il decreto demanda, inoltre, ad un successivo accordo tra l'INPS e la Società Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio per azioni (InvImIt Sgr Spa) le modalità di costituzione e di partecipazione, nonché le caratteristiche dei Fondi.
  L'InvImIt Sgr Spa – cui sarà affidata la gestione dei costituendi Fondi – dovrà inoltre assistere i soggetti apportanti – tra cui l'INPS, per l'appunto – nell'individuazione degli immobili e dei diritti reali immobiliari da conferire o trasferire ai Fondi medesimi.
  In tale quadro complessivo, il piano industriale degli interventi di integrazione 2014-2016, adottato proprio dall'INPS con determinazione commissariale dello scorso 10 aprile, ha previsto, quali azioni di valorizzazione del patrimonio immobiliare strumentale: in primo luogo, il conferimento al costituendo Fondo degli immobili di proprietà dell'Istituto, non utilizzati a fini istituzionali; in secondo luogo, l'individuazione di strategie di celere smobilizzo e vendita per quei cespiti non trasferibili al Fondo, anche attraverso il supporto dell'Agenzia del Demanio.
  L'INPS, inoltre – in considerazione dell'attuale impossibilità tecnica da parte di InvImIt Sgr Spa di acquisire l'intero patrimonio dell'Istituto – ha precisato che il programma di cessione e valorizzazione dovrà avvenire necessariamente in maniera graduale.
  Conseguentemente, l'Istituto ha ritenuto opportuno proseguire – parallelamente alle attività di conferimento – nell'attività, attualmente in essere, di dismissione del patrimonio immobiliare residuo retrocesso in proprietà, con le modalità previste dalla più volte citata legge n. 410 del 2001.
  Infatti, la normativa sopravvenuta sul patrimonio degli enti pubblici, nel prevedere ulteriori strumenti rispetto a quelli forniti a legislazione vigente, non preclude tuttavia l'autonoma assunzione, da parte degli enti pubblici, delle iniziative necessarie per la prosecuzione dell'attività di dismissione immobiliare.
  Riguardo agli enti previdenziali privatizzati, faccio presente che gli stessi, in ragione dell'interesse pubblico tutelato, godono di una specifica prerogativa di autonomia funzionale, organizzativa e gestionale, naturalmente sottoposta anche questa a tassative forme di controllo.
  In tal senso, l'amministrazione che rappresento ha provveduto più occasioni a chiarire i principi ispiratori della normativa che governa il sistema degli enti di previdenza privatizzati, nonché i vincoli operativi che le norme hanno tracciato per questi enti, essenzialmente riconducibili all'impegno della garanzia della sostenibilità di lungo periodo delle gestioni previdenziali, di cui deve essere data dimostrazione sulla base delle risultanze dei bilanci tecnici da elaborarsi con cadenza almeno triennale. L'obiettivo dell'equilibrio di bilancio costituisce, pertanto, condizione indispensabile e non negoziabile delle casse di previdenza privatizzate, posto che le stesse non possono godere di alcun finanziamento pubblico al di fuori della contribuzione versata proprio dai propri iscritti. Nel perimetro dell'autonomia gestionale riconosciuta agli enti previdenziali in parola, il Ministero che rappresento in questa circostanza svolge, congiuntamente con il Ministero dell'economia e delle finanze, una funzione di vigilanza sulla stabilità degli equilibri finanziari, preordinata all'erogazione delle prestazioni pensionistiche mediante una attività strumentale, prudente e redditizia, di investimento propri di quei fondi e di quel patrimonio. Pertanto, al fine di garantire la stabilità degli equilibri finanziari, le procedure di vendita degli immobili si effettuano sulla base di un quadro normativo sicuramente diverso da quello degli enti previdenziali pubblici. Ne consegue che gli enti previdenziali privatizzati, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, possono prevedere, o meno, la tutela del diritto alla prelazione di acquisto agli inquilini degli immobili oggetto di dismissione ovvero locazioni a canoni sociali. Alla funzione di vigilanza, da parte delle amministrazioni competenti, si aggiunge il controllo generale sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti per assicurarne la legalità e l'efficacia e, più di recente, quello della Commissione di vigilanza sui fondi pensione – Covip – finalizzato a scoraggiare comportamenti e scelte finanziarie da parte degli enti previdenziali di diritto privato non coerenti con l'esigenza di salvaguardare anche in questo caso il fine pubblicistico.
  Inoltre, la normativa sulle operazioni di acquisto e vendita degli immobili degli enti previdenziali pubblici e privati è stata innovata con l'articolo 8, comma 15, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010, che, salvaguardando l'autonomia nelle scelte gestionali degli enti previdenziali privati, subordina le operazioni di acquisto e di vendita di immobili ad una verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, da autorizzarsi annualmente tramite decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

Replica: Signor Presidente, sottosegretario, sicuramente soddisfatto per quanto riguarda la dichiarazione per la prima volta esplicita in questa forma da parte del Governo sulla possibilità, anzi la necessità di utilizzare pienamente, seppure in una forma organizzativa in parte diversa dal passato, la legge n. 410 del 2001 come via maestra per la dismissione di questo patrimonio residuo. Come ricordo sempre, lo chiamiamo residuo perché tratta di un 15 per cento del patrimonio storico complessivo degli enti previdenziali pubblici, ma che poi tradotto in numeri significa circa 20 mila famiglie. Quindi, è la prima volta che il Governo esplicitamente fa riferimento all'utilizzo permanente di questa legge. Si tratterà di vedere con più specificità le modalità organizzative attraverso le quali dismettere questo patrimonio e, cioè, il ruolo sostanzialmente di Invimit, perché è chiaro che l'utilizzo di un gestore, di un intermediario, seppur di carattere pubblico, di una SGR, in qualche maniera implica una valutazione di diversa natura degli stessi valori di questi immobili, sempre richiamandomi ovviamente ad una situazione di emergenza che il Paese attraversa dal punto di vista abitativo.
  Parzialmente soddisfatto, invece, per quanto riguarda il tema degli enti previdenziali privatizzati. In primo luogo, perché non ho forse compreso bene, ma leggerò dal testo scritto della risposta, la valutazione che si dà sull'evoluzione della giurisprudenza amministrativa di recentissima emissione sulla natura degli enti previdenziali cosiddetti privatizzati e, cioè, su specifiche sentenze del TAR Lazio e del Consiglio di Stato, VI sezione.
  Tali sentenze si sono articolate a partire dal 2012 fino al 2014 e che hanno messo in discussione esattamente il punto della natura giuridica, fino in fondo privatizzata – punto interrogativo – di questi enti. Questo è un punto sul quale il Governo credo debba approfondire la riflessione, ovviamente non di carattere accademico, ma finalizzata ad un provvedimento chiarificatore.Sono parzialmente soddisfatto poi perché, e mi avvio a concludere, è pur vero che la tenuta economico-finanziaria di questi enti, che è finalizzata al mantenimento della prospettiva dei cinquant'anni per la tenuta della loro funzione di enti erogatori di prestazioni previdenziali, quindi di pensioni, deve tener conto di una saggia gestione del patrimonio, in primo luogo del patrimonio immobiliare che non può essere dimesso, deve naturalmente garantire una redditività economica, ma questo aspetto va considerato nel complesso della politica degli investimenti. Purtroppo, restano alcune perplessità e alcune domande sul fatto che alcuni di questi enti, alcune di queste centrali previdenziali di ordini professionali, di casse e fondazioni negli ultimi anni non abbiano svolto, e non si sia esercitata da parte dei vari tanti e forse sovrapposti fra loro organi di vigilanza, una attenta azione di gestione degli investimenti e di politica degli investimenti. Ciò soprattutto nel campo mobiliare dell'acquisto di azioni, dell'acquisto di titoli che troppo spesso si sono rivolti non verso i titoli di carattere istituzionale, quelli in gran parte fondamentalmente previsti dalla legge, cioè di rendimento, magari un po’ più basso, ma sicuro, ma che si sono indirizzati nella direzione della cosiddetta finanza creativa che negli anni passati ha significato un po’ una corsa all'oro, una non meglio definibile corsa all'oro che ha prodotto l'immissione in pancia di molti di questi enti di titoli che poi si sono rivelati non redditizi e che oggi rappresentano un peso per le garanzie e per la certezza del bilancio di questi enti.
  Di fronte a questi aspetti è chiaro che sorgono elementi di conflitto sociale e domande sul fatto se, poi, in realtà, l'utilizzo del patrimonio immobiliare e la sua vendita non debba diventare una specie di occasione per riequilibrare i conti. Questo è un punto, secondo me, sul quale bisogna fare molta attenzione da parte degli organi di controllo parlamentare, della Commissione bicamerale, della Covip e dei Ministeri vigilanti; un'attenzione molto particolare che riguarda la tenuta complessiva del sistema previdenziale italiano su come alcune di queste casse, alcune di queste fondazioni conducono e hanno condotto in passato la loro azione di investimenti. Quindi, sono sicuramente soddisfatto per quanto riguarda la prima parte, in parte per la seconda.