28/04/2017
Maino Marchi
Incerti, Iori, Gandolfi, Montroni, Patrizia Maestri, Tidei, Parrini, Richetti, Gasparini, Carra, Misiani, Benamati, Cinzia Maria Fontana, Baruffi, Gnecchi, Romanini, Ginefra, Bratti, Ghizzoni, Lenzi, Bolognesi, Arlotti, Giuditta Pini, Lattuca, Giacobbe, Fabbri, Pagani, Camani, Tentori, Giuseppe Guerini, Carocci, D'Ottavio, Capone, Guerra
2-01776

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   le cooperative sono nate con l'obiettivo di difendere il reddito e il lavoro, permettendo alle fasce più deboli della società di trasformare da lavoratori ricattabili a «imprenditori di se stessi». Con il passare degli anni la cooperazione, anche grazie all'impianto legislativo, è diventata una parte fondamentale del settore produttivo italiano;
   negli ultimi cinque anni si è assistito al dissolvimento dell'intero settore cooperativo edile, con il fallimento di cooperative storiche che nella sola provincia di Reggio Emilia hanno mandato in fumo 70 milioni di prestiti sociali e 1480 posti di lavoro diretti e causato la crisi di più di 300 piccole imprese dell'indotto;
   il prestito sociale di cui agli articoli 12 della legge n. 127 del 1971 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 è un importante canale di autofinanziamento del sistema cooperativo italiano, la cui equa remunerazione dovrebbe incentivare lo spirito di previdenza e di risparmio dei soci;
   il prestito sociale, pur valendo per l'universo delle cooperative italiane oltre 12 miliardi di euro, non è tutelato da adeguati fondi di garanzia, non essendo le cooperative riconosciute come enti dediti alla raccolta ed alla gestione del risparmio, attività riconosciuta ad enti come banche e SGR (società di gestione del risparmio), e non potendo quindi esse aderire al Fondo di garanzia interbancario a tutela del deposito;
   Legacoop, che in passato si è impegnata nel tentativo di risarcire almeno in parte i soci prestatori, ha già dichiarato di non avere a disposizione le risorse per far fronte a situazioni gravi come quelle di Coopsette e Unieco (ultimi crack in ordine temporale);
   il modello cooperativo è stato a lungo un elemento essenziale che ha caratterizzato la regione Emilia Romagna, contribuendo in larga misura a costruire benessere economico e condizioni di lavoro dignitose;
   negli anni del boom del settore edile le cooperative emiliano-romagnole si sono espanse fino a diventare colossi in grado di competere a livello nazionale ed internazionale, per poi finire travolte dalla crisi degli anni duemila;
   è sempre più evidente come sia necessario non soltanto un intervento per la salvaguardia dell'occupazione e per affrontare l'impatto sociale di questa crisi, ma una riflessione più profonda da parte del mondo politico, economico ed istituzionale sul futuro del modello cooperativo –:
   quali iniziative intenda sviluppare il Governo in riferimento al prestito sociale cooperativo, considerato anche il recente intervento della Banca d'Italia;
    se ritenga opportuno assumere iniziative per sostituire organismi che svolgano funzione di vigilanza sui bilanci delle cooperative che emettono prestiti sociali, sulle condizioni di emissione degli stessi e sulla contrattualistica, a cui i soci risparmiatori possano in ogni momento rivolgersi per inoltrare reclami e segnalazioni;
   se sia stata valutata l'opportunità di istituire un fondo di garanzia nazionale a tutela dei sottoscrittori di prestito sociale, che li tuteli automaticamente fino ad un massimo di 70.000 euro a persona, sul modello di quanto previsto per la tutela dei depositi bancari, con versamento pro-quota obbligatorio a carico di tutte le cooperative che utilizzino questa modalità di autofinanziamento;
   quali iniziative si intendano sviluppare coinvolgendo tutti i soggetti interessati, allo scopo di tutelare i sottoscrittori di prestito sociale delle cooperative che recentemente sono state coinvolte in procedure fallimentari per garantire il ristoro dei prestiti.
 

Seduta del 5 maggio 2017

Illustra Paolo Gandolfi, risponde Pier Paolo Baretta, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze, replica Maino Marchi

Illustrazione

Grazie Presidente, anche per la pronta iscrizione dell'interpellanza. Grazie, sottosegretario. L'interpellanza si rivolge ad un tema che è già stato trattato legislativamente nel nostro Paese, quindi ha già un quadro di riferimento, che, però, in questa fase, sta evidentemente dimostrando alcune lacune, per questo abbiamo chiesto con urgenza di poterlo trattare in quest'Aula. Il tema è quello del ruolo e della funzione, sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista economico, delle imprese cooperative ed in particolare, nello specifico, per il caso che vogliamo trattare e che ha generato le ragioni di quest'urgenza, per il settore delle cooperative di costruzioni.

Il sistema cooperativo, indubbiamente in alcune parti d'Italia più che altrove, ma sicuramente ha generato un valore economico molto ampio, riuscendo però, al contempo, a garantire ai territori in cui questo si è insediato una grossissima capacità, da un lato, di redistribuzione del reddito su ampie fasce della popolazione, quindi garantendo un'emancipazione economica e sociale di interi territori e non di singole persone, e, dall'altro, è stato anche lo strumento stesso di emancipazione del ruolo e della funzione dei lavoratori e della loro possibilità di entrare nel mondo del lavoro in maniera dignitosa. Questa è stata la sua funzione originale, questi sono stati l'attività e i benefici che questo sistema economico ha prodotto soprattutto nel territorio da cui provengo, in particolare dalla provincia di Reggio Emilia.

La recente crisi economica, come sa, sottosegretario, ha colpito direttamente in maniera inequivocabile e molto dura il settore delle costruzioni, settore che evidentemente aveva una dimensione forse più ampia del necessario all'inizio della crisi e che è stato ridimensionato. Alcune grandi cooperative di costruzioni - pur avendo in alcuni casi, in altri forse no, previsto alcuni strumenti per tutelarsi di fronte al progredire e, soprattutto, al perdurare di questa crisi - si sono poi trovate, in realtà, nella difficoltà. Forse questo glielo sottolineo, sottosegretario, anche in ragione della peculiare forma di impresa della cooperativa, che è una forma di impresa che, evidentemente, in momenti espansivi ha una grossa capacità di garantire il reinvestimento dei redditi prodotti e, quindi, di essere espansiva al tempo stesso, ed evidentemente, in momenti di difficoltà, in momenti di ristrettezza e in momenti di ripiegamento dell'economia, ha forse qualche difficoltà in più di altre imprese a garantire, invece, strumenti di riorganizzazione e di ridimensionamento proprio per la sua natura collettiva, per quanto poi questa natura collettiva in parte sia stata snaturata, però questo rimane. Ed evidentemente questa difficoltà ha portato le cooperative di costruzioni a fallire, che nel nostro territorio sono state nell'ordine quattro: Orion, CMR, Coopsette e, per ultima, Unieco. Questi fallimenti hanno prodotto un problema di natura occupazionale, di cui chiediamo di occuparsi in termini proprio molto concreti nelle funzioni e nei ruoli che il Governo ha. Al tempo stesso, lo abbiamo chiesto anche - non noi personalmente, ma certamente altri - anche alla regione Emilia Romagna, che ha competenze specifiche sul lavoro, ma riteniamo che il tema occupazionale sia un tema fondamentale e su cui, quindi, porre l'attenzione per azioni future.

Però esiste un altro problema, che riguarda, sì, queste specifiche cooperative, cioè questi soggetti che sono oggetto di fallimento, ma che riguarda più in generale quel sistema. Il sistema cooperativo è un sistema che ha anche una funzione di raccolta e tutela del risparmio, garantendo la possibilità per questo risparmio di essere sostanzialmente una forma di risparmio che non entra nel sistema dell'investimento, quindi che rimane una forma di risparmio molto simile - o, quanto meno, con caratteristiche simili, perché sono oggettivamente due cose diverse - al risparmio normale che le famiglie possono scegliere di fare presso le banche. Così come avviene nel resto del mondo, quindi, il risparmio in sede cooperativa ha una sua caratteristica di essere la forma attraverso cui le famiglie, in qualche maniera, si garantiscono il mantenimento dei propri piccoli capitali.

Da questo punto di vista, in realtà, nel nostro Paese non esistono forme di tutela specifiche di questa forma di risparmio e questa interpellanza nasce proprio dal fatto che, siccome di recente abbiamo assunto, a nostro giudizio ovviamente, in maniera molto positiva e corretta strumenti di tutela del risparmio bancario, non si debba pensare - e per questo chiediamo provvedimenti rapidi - forme di tutela anche del risparmio cooperativo. Nello specifico, l'ipotesi è sia quella di mettere in piedi un sistema che, da un lato, garantisca controllo e verifica delle reali finalità e della gestione delle cooperative, e quindi che ci aiuti anche a mantenere le cooperative dentro il solco per cui sono nate, cioè di forma collettiva di impresa e non mera impresa capitalistica; quindi, diciamo un primo punto è fondamentale. Un secondo punto, però, è quello di costituire un fondo intercooperativo, quindi che possa essere sostenuto dalle cooperative stesse e che possa tutelare i risparmi nelle cooperative secondo i tetti previsti per i quantitativi ammessi nei vari risparmi, che stimiamo non essere mai superiori ai 70 mila euro, ma che possono anche essere diversi a seconda dei casi. Quindi, diciamo, al pari di come provvediamo a garantire agli italiani una stabilità economica per quanto riguarda i loro risparmi in altri settori, pensiamo che sia possibile, anzi doveroso, anzi necessario, produrre qualcosa di simile anche in questo settore, anche perché non sono in gioco solo le cooperative di costruzioni, che sono veicoli di risparmio perché esiste in quel caso il risparmio sociale (nel mondo sono tra i sistemi più ampi di raccolta e gestione del risparmio dei cittadini), ma esistono altre forme di cooperazione, quale la cooperazione di consumo e altre forme, che hanno pure una grossa capacità di raccolta e che, quindi, vanno, in una qualche maniera, messe a tutela, pensando che questa nostra azione sia sempre solo ed esclusivamente rivolta all'interesse dei cittadini e all'interesse del risparmio delle famiglie.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. Preliminarmente conviene ricordare che il complesso tema proposto dagli onorevoli interpellanti è già emerso nell'esercizio dell'attività di vigilanza sul settore ed in particolare nei confronti di grandi realtà cooperative, quali quelle appartenenti alla categoria di consumo. In tali casi si è ravveduta la necessità di garantire una maggiore trasparenza nella gestione societaria e già con decreto ministeriale del 18 settembre 2014 sono state varate misure atte a rafforzare il coinvolgimento dei soci nei processi decisionali da cooperativa e garantire una maggiore trasparenza delle gestioni mutualistiche, tra le quali appunto la raccolta del prestito sociale attraverso una maggiore informazione ai soci stessi in ordine alle attività sociali.

È da sottolineare, infatti, che il prestito sociale, considerato spesso dei soci come una forma di investimento, costituisce per la cooperativa un sistema di finanziamento endosocietario, non equiparabile all'esercizio dell'attività bancaria e del quale il socio potrebbe non percepire appieno i rischi che si assume con il conferimento di denaro. Si ritiene, pertanto, di fondamentale importanza che il socio acquisisca la consapevolezza che, da un lato, con l'adesione al prestito sociale finanzia l'attività di impresa della cooperativa di cui fa parte e si assuma il relativo rischio, e, dall'altro, che l'unica garanzia per le somme conferite è rappresentata dal patrimonio della società. Ciò in quanto, allo stato attuale, non sono applicabili al prestito sociale le tutele tipiche del sistema bancario anche in termini di vigilanza.

Ed è proprio alla luce di queste considerazioni che la Banca d'Italia è intervenuta sulla questione, operando una revisione della regolamentazione in essere, che è stata definita di recente con l'emanazione di un provvedimento recante “Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche” dell'8 novembre 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 271 del 19 novembre 2016 e richiamato nell'interpellanza. Lo scopo della rivista regolamentazione è stato “il rafforzamento dei presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche, specialmente con riferimento a forme di raccolta che coinvolgono un pubblico numeroso e prevalentemente composto da consumatori”.

In tale ambito, con riferimento alla raccolta del risparmio presso i soci effettuato da società cooperative, la Banca d'Italia, accogliendo anche alcune proposte provenienti dai soggetti che hanno partecipato alla consultazione pubblica sullo schema di provvedimento, ha dettato disposizioni in materia di schemi di garanzia dei prestiti sociali, che devono essere promossi dalle associazioni di categoria o direttamente dalle cooperative allo scopo di aumentarne la credibilità, l'efficacia, la completezza della copertura e la tempestiva attivazione nel caso di bisogno.

Nel provvedimento, che sostituisce integralmente le precedenti disposizioni della Banca d'Italia, entrato in vigore il 1° gennaio 2017, si è inteso: ribadire e rendere più chiaro il divieto per le società cooperative di effettuare raccolta a vista e di pubblicizzare come tale il prestito sociale; ridefinire l'aggregato patrimoniale di riferimento per il calcolo dei limiti alla raccolta presso soci, adottando un approccio consolidato per evitare aggiramenti attraverso operazioni intragruppo; rafforzare le caratteristiche contrattuali e finanziarie delle garanzie esterne prestate da intermediari vigilati o da appositi schemi di garanzia, richieste dalla normativa, affinché la raccolta della società cooperativa possa superare il limite di tre volte il patrimonio fino a un massimo di cinque; introdurre obblighi di informativa al pubblico sulle caratteristiche e sulla rischiosità della raccolta effettuata sotto forma di prestito sociale.

Sono state altresì segnalate alla Banca d'Italia ulteriori proposte di riforma emerse nella medesima sede di consultazione, riferite, in particolare: ad una complessiva revisione della normativa del prestito sociale, volta, tra l'altro, a ricondurre la disciplina delle grandi cooperative a quella delle altre società; a finalizzare la raccolta tra soci all'attività mutualistica; ad imporre vincoli di durata minima per tale forma di raccolta; a separare l'attività finanziaria dall'attività non finanziaria svolte da una cooperativa.

Si fa presente inoltre che, nel novembre 2016, la Camera ha approvato il dispositivo riformulato della mozione Ciprini ed altri, con il parere favorevole del Governo, finalizzato, tra l'altro, ad adottare iniziative normative per le cooperative che fanno ricorso al prestito sociale, prevedendo controlli adeguati e la fissazione di stringenti parametri di liquidità, di solidità finanziaria, di trasparenza, di informazione e di pubblicità dei bilanci e degli investimenti da parte delle cooperative a favore del socio aderente.

Per quanto concerne l'attività di vigilanza, il Ministero dello sviluppo economico verifica, nel rispetto del principio della non sovrapposizione dei controlli, il rispetto delle modalità e dei limiti della raccolta del prestito dai soci; vigila sulla salvaguardia della funzione sociale dell'istituto, quindi, per la tutela del risparmio dei soci.

I revisori, nello specifico, hanno il compito di controllare e relazionare in merito al rispetto di alcuni imprescindibili obblighi, quali il rispetto della previsione statutaria, la raccolta del prestito solo con i soci e che tale raccolta sia finalizzata esclusivamente per il conseguimento dell'oggetto sociale; l'adozione di un regolamento interno che regoli la raccolta del prestito approvato dall'assemblea dei soci; la sottoscrizione di un contratto in forma scritta; il rispetto dei limiti massimi del deposito complessivo da parte di ciascun socio e del limite massimo del tasso di interesse da corrispondere. In presenza di criticità, i revisori invitano l'ente a regolarizzare la posizione e provvedono, eventualmente, tramite gli uffici del Ministero dello sviluppo economico, ad inviare una segnalazione alle altre amministrazioni in considerazione di tutti i possibili risvolti istituzionali ed operativi.

In conclusione, per quanto sopra esposto, si ritiene che siano molteplici gli spunti di interesse che offrono sia il recente provvedimento della Banca d'Italia sia le riportate ulteriori proposte di riforma avanzate in sede di consultazione e che sono meritevoli di adeguati approfondimenti. Confermo in tal senso la disponibilità e l'interesse del Governo ai temi descritti, privilegiando a tal fine l'accoglimento di proposte di autoregolamentazione che provengano, in primis, dal sistema cooperativo.

Replica

Grazie, Presidente. Ringrazio il Governo ed esprimo un apprezzamento per le valutazioni del Governo sul ruolo della cooperazione e anche sul lavoro fatto relativamente al prestito sociale. Credo sia importante ribadire questo ruolo, nonostante le difficoltà delle imprese cooperative e, in particolare, della produzione lavoro, che sono state coinvolte dalla crisi dell'edilizia, dalla crisi del settore immobiliare, che hanno avuto problemi di risposte strategiche alle caratteristiche della crisi e che hanno portato, quindi, a conseguenze negative. Resta, però, il valore ideale della cooperazione, resta la validità di avere più modelli di impresa, come è sancito dalla Costituzione, e di una partecipazione diretta o dei soci lavoratori o dei soci conferitori o dei soci consumatori. Complessivamente, va anche detto che c'è una crescita della cooperazione del nostro Paese: pensiamo, ad esempio, a tutto il settore del welfare. Occorre, però, fare una riflessione sul modello cooperativo, ma dobbiamo farla per rilanciarlo e rinnovarlo, non certo per affossarlo. È importante anche occuparsi delle prospettive di lavoro per le imprese cooperative che sono fallite: c'è un ruolo in questo senso del sistema cooperativo in primo luogo, c'è un ruolo, ovviamente, delle istituzioni per quanto riguarda, appunto, questa materia.

Per venire al prestito sociale, io credo che faccia parte del valore del modello cooperativo e dobbiamo, credo, ragionare su cosa è per i soci, per il singolo socio più nella sostanza che nella forma. Più che un investimento è visto dal singolo socio come una forma di risparmio e di tutela del proprio risparmio insieme ad un aiuto concreto all'impresa cooperativa di cui è socio o è stato socio durante la sua vita lavorativa. Questo nel senso comune. Non è, certamente, formalmente credito, ma con il senso comune dei cittadini la politica e le istituzioni devono fare i conti, altrimenti rischiamo che si parlino linguaggi diversi e non ci si capisca più. D'altra parte, non si capirebbe altrimenti perché la Banca d'Italia si sia occupata di questa questione, se non siamo comunque dentro un ambito che è di forma di risparmio.

Credo che bisogna comprendere il dramma di chi rischia di perdere buona parte dei propri risparmi, se non tutti, e in diversi casi questo avviene insieme alla perdita del posto di lavoro. Per cui è necessario che le istituzioni si pongano il tema di intervenire: per la valenza sociale della questione, credo che non possiamo permetterci il lusso di stare a guardare e allargare le braccia.

Quindi, bene che il lavoro che sta facendo il Governo vada avanti, che, in modo particolare, sta facendo il Ministero dell'economia e della finanza in rapporto con il mondo della cooperazione: ne aveva riferito in questo senso, già alcuni mesi fa, il Viceministro Morando in un convegno tenutosi proprio a Reggio Emilia. Bene le iniziative della Banca d'Italia, l'idea di organismi di vigilanza, di norme molto più approfondite su questo aspetto: occorre, credo, accelerare, su questo terreno, il lavoro che ancora resta da fare. Però, si è dimostrato, in sostanza, che il decreto ministeriale del 2014 non è sufficiente e riteniamo, per quello che sta avvenendo, che forse, molto probabilmente, non lo sono nemmeno del tutto le norme della Banca d'Italia. Ad esempio, la questione relativa a tre volte il patrimonio non ci tutela sul fatto che, poi, possano avvenire fallimenti che rischiano di far perdere completamente il prestito sociale, perché a quel livello difficilmente ci si arriva.

Sono, comunque, strumenti che possono agevolare interventi preventivi, evidenziazioni di realtà che possono portare anche a fallimenti delle imprese ben prima che questi avvengano; in sostanza, un controllo più efficace sui bilanci e sulle attività delle cooperative che mettono prestito sociale sulle condizioni del prestito - questo è certamente un aspetto positivo - e organi di vigilanza a cui i soci risparmiatori possono rivolgersi.

Però, noi pensiamo che questo non sia sufficiente: possono sempre verificarsi situazioni come quelle che hanno caratterizzato, negli ultimi anni, diverse cooperative di Reggio Emilia, che abbiamo ricordato. In quei casi, il problema è come si tutelano i risparmiatori: può essere con la solidarietà volontaria delle altre imprese cooperative. In passato, questa è stata una buona medicina, ha affrontato, se non totalmente, in buona parte il problema. Ora non lo è più, perché si sono ristrette le forze di chi è chiamato alla solidarietà e di chi l'ha fatta in passato - che adesso sono stati coinvolti anche direttamente da questi fallimenti - e perché non sempre questa volontà c'è.

Quindi, occorre un'altra medicina, preventiva e automatica. Noi pensiamo che chi utilizza il prestito sociale debba, per legge - pensiamo ci voglia un'azione normativa, probabilmente non bastano solo gli atti unilaterali, nemmeno da parte del mondo cooperativo, quindi in questo senso c'è un ruolo della politica e delle istituzioni -, destinare una parte di questo prestito per un fondo che possa garantire e tutelare automaticamente i soci risparmiatori in caso di problemi come quelli che si sono manifestati. Un fondo obbligatorio, non su base volontaria, con modalità che prendano a riferimento le regole del settore del credito. Quindi, invitiamo il Governo a valutare questo aspetto, questa ipotesi, di fronte a quello che è successo, e a fare in modo che non succeda in futuro. Ma oltre a questo, riteniamo che occorra pensare non solo al futuro ma anche al presente, vista la realtà che abbiamo di fronte. A quelle persone che oggi vivono un dramma, occorre in poco tempo dare delle risposte; è compito in primo luogo, certamente, del mondo cooperativo stesso, anche a sua tutela, perché i rischi che poi ci siano fughe dal prestito sociale, se si verificano situazioni in cui chi lo fa concretamente perde buona parte di questo risparmio, sono rischi evidenti.

Pensiamo, però, che tutto questo debba essere sorretto anche da un'azione politica delle istituzioni. Quindi, un fondo per il futuro, ma con un intervento a partire dalle realtà presenti. In questo senso, manifesto questa opinione. Siamo parzialmente soddisfatti della risposta, nel senso che ha evidenziato il lavoro fin qui intrapreso, i rapporti col mondo della cooperazione, la volontà di regole più efficaci su questo tema - e su questo certamente, per quello che rimane ancora da fare, bisogna operare con la massima celerità possibile -, ma invitiamo anche a prendere in considerazione un intervento più forte, dal punto di vista normativo, che permetta davvero di mettere in condizioni di sicurezza chi fa il prestito sociale. Comprendiamo che, per certi versi, è un investimento, ma, ripeto, con il senso comune dei cittadini e con il ruolo che di fatto poi il prestito sociale ha avuto in questi anni, credo che tutti siamo chiamati a fare i conti, a misurarci e a trovare delle risposte innovative rispetto al passato, perché la situazione si è recentemente modificata in termini negativi, e pensiamo che occorra trovare nuove risposte a questo problema.