10/11/2015
Diego Crivellari
Rostellato, Crimì, Casellato, Ginato, D'Arienzo, Naccarato, Narduolo, Mognato, Camani, Miotto, Zoggia,Zardini, De Menech, Zan, Rubinato, Martella, Sbrollini, Pastorelli, Moretto, Rotta, Dallai, Nardi, Cova, Pierdomenico Martino,Brandolin, Zanin, Giuseppe Guerini, Tacconi, Albini, Gianni Farina, Manzi, Cominelli, Mura, Mauri, Tullo, Minnucci, Castricone
2-01159

 Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che: 
la regione Veneto è stata interessata nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere forti iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni; 
la subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, quali quelli di origine geodinamica e tettonica e da processi di compattazione naturale dei sedimenti, ma la causa più rilevante è di origine antropica ed è dovuta all'estrazione di acque sotterranee e di idrocarburi che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti; 
difatti, la planimetria quotata attuale mostra che il territorio bassopolesano è totalmente sotto il livello del mare mediamente di 2 metri con punte fino a 4,30 metri; 
altro problema causato dalla subsidenza è rinvenibile nelle coltivazioni: la subsidenza provoca la risalita dell'acqua di mare sul fondo dell'alveo lungo i tratti terminali dei fiumi; 
il fenomeno chiamato cuneo salino rientra nell'ampia problematica rappresentata dall'espandersi della salinità dei territori costieri, che comprende anche il depositarsi i sali nelle falde acquifere sotterranee ed interessa i rami del delta del Po, i tratti terminali del Po di Levante, del Po di Volano, dell'Adige, del Brenta, del Piave e del Tagliamento. Negli ultimi decenni il cuneo salino ha assunto una dinamica sempre più preoccupante per la progressiva intrusione verso l'interno dei corsi d'acqua; 
è per questo motivo che la regione del Veneto ha mantenuto una costante attenzione sulle aree particolarmente fragili del proprio territorio e ha promosso azioni tese ad approfondire le conoscenze, sia ai fini di salvaguardia che di individuazione degli interventi di contrasto; 
infatti, la regione Veneto, come altre regioni, ha avanzato una proposta referendaria con l'obiettivo di cassare parte del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive; 
tale provvedimento nato per favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali, consentire il raggiungimento degli obiettivi della strategia energetica nazionale, garantire una maggiore sicurezza in termini di approvvigionamenti di gas naturale e di petrolio e sbloccare gli ingenti investimenti privati in programma da anni nel settore, rischia seriamente di mettere in pericolo la regione Veneto per quanto riguarda il rischio concreto di subsidenza che si potrebbe venire a creare a seguito delle estrazioni. Risulta quindi urgente la necessità di tutelare il territorio della pianura così come quello lagunare e costiero dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali, di erosione dei litorali, dell'aumento di forze distruttive delle onde, della risalita del cuneo salino, che invece risultano favoriti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi; 
da ultimo, in data, il consiglio regionale ha approvato il 20 ottobre 2015, all'unanimità, il progetto di legge presentato dal consigliere del Pd Graziano Azzalin che, modificando l'articolo 30 della legge istitutiva del Parco del Delta del Po, rende impossibile la ricerca «con ogni mezzo» di idrocarburi nei comuni compresi nell'area del Parco, impedendo di fatto ogni possibile tentativo di sfruttamento nel mare che fronteggia il Polesine; 
l'approvazione di tale legge regionale, essendo essa sottordinata a quella nazionale, non «cancella» quanto previsto dal decreto-legge «Sblocca Italia» varato dal Governo, provvedimento che nel definire «strategiche» per il sistema Paese tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, centralizza a Roma sia l'individuazione delle aree che delle opere strumentali, oltre al rilascio dei titoli minerari; 
già l'articolo 26 della nella legge 31 luglio 2002 n. 179, recante disposizioni relative a Venezia e Chioggia, dispone il divieto di prospezione, ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po –: 
se i Ministri interpellati non intendano, alla luce di quanto esposto in premessa, considerando anche l'approvazione della legge regionale e quanto stabilito dal richiamato articolo della legge 31 luglio 2002, n. 179, assumere iniziative per rivedere le disposizioni contenute nel decreto-legge «Sblocca Italia» per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale, apportando le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum in questione. 
 

Seduta del 27 novembre 2015

Illustra Diego Crivellari, risponde Velo Silvia (PD), Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, replica Gessica Rostellato

Illustrazione

Presidente, onorevoli colleghi, il Veneto è stato interessato anche nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale, tali da richiedere forti iniziative volte al controllo e al contrasto attivo di tali fenomeni. 
Ma di cosa si tratta in definitiva ? La subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, ma la causa più rilevante, o una delle più rilevanti è di origine antropica ed è dovuta all'estrazione di acque sotterranee di idrocarburi, che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti. Il territorio del basso Polesine ad esempio è totalmente sotto il livello del mare, mediamente di due metri, e con punte fino a quattro metri e trenta centimetri. Alcune aree del territorio veneto, parti significative della fascia costiera e veneziana, il delta del fiume Po e un ampio settore del suo entroterra sono ad oggi interessate da fenomeni di subsidenza, i cui effetti hanno ricadute sull'assetto idraulico geologico e di tutela del territorio e risulta quindi necessario mettere in atto azioni volte a limitare tali fenomeni irreversibili. 
Analogamente, i più recenti accadimenti alluvionali hanno riportato al centro dell'attenzione il tema della sicurezza idrogeologica che in Veneto, per le caratteristiche geomorfologiche qui richiamate, necessita di notevole attenzione. In particolare, in nome del principio di precauzione della salvaguardia del territorio, dobbiamo anteporre la sicurezza e la tutela di un territorio fragile, in difficile equilibrio e già pesantemente sfruttato e compromesso ad ogni possibile interesse economico derivante dall'estrazione degli idrocarburi dal sottosuolo, anche perché è presumibile che i profitti ricavabili da simili investimenti sarebbero in ogni caso molto inferiori a quanto necessario per realizzare ulteriori interventi sulle opere di difesa a mare e per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Po e dell'Adige, senza contare il rischio cui verrebbero sottoposti non solo i centri urbani, ma anche i beni storico-artistici, monumentali ed ambientali disposti lungo il corso dei fiumi lungo le coste. 
Voglio provare ora a fare una sintetica cronistoria. Si tratta di una storia forse poco conosciuta, ma che merita di essere ricordata in questa sede. 
Negli anni Trenta e soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, fino alla sospensione decisa dal Governo nazionale nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di metri cubi di metano e gas naturali, contribuendo ad aggravare notevolmente il fenomeno della subsidenza che determina un progressivo abbassamento del suolo. 
Possiamo affermare che la subsidenza antropica, derivata dall'estrazione del gas metano, ha contribuito ad aggravare notevolmente la situazione idrogeologica di un territorio, il Polesine, l'attuale provincia di Rovigo, che nel 1951 fu colpito da una rovinosa alluvione. 
Nel periodo tra il 1951 e il 1960, è stimato che gli abbassamenti del suolo raggiunsero i 2 metri, ma le conseguenze del fenomeno non si sono fermate con l'interruzione delle estrazioni e, fino al 1980, gli abbassamenti hanno raggiunto e superato i tre metri. 
Studi effettuati dall'università di Padova hanno dimostrato una quota della subsidenza nel periodo 1983-2008, che ha raggiunto i cinquanta centimetri nella zona meridionale del Delta del Po, al confine tra Veneto ed Emilia Romagna, un impatto che deve fare i conti con l'equilibrio di un delicato ecosistema e con le previsioni avanzate da più parti di un progressivo innalzamento del livello del mare, destinato ad interessare nei prossimi anni anche il territorio deltizio. 
Buona parte del territorio del polesano è area protetta, in quanto già parco regionale Veneto del Delta del Po e vogliamo ricordare che, rispetto al fenomeno della subsidenza, con l'unicità di questa porzione costiera d'Italia, si sono registrate nel tempo l'attenzione e la sensibilità di vari Governi, che hanno adottato politiche di tutela del territorio e determinato anche significativi interventi pubblici. 
Numerosi provvedimenti legislativi regionali e nazionali hanno allontanato dalla costa il pericolo della subsidenza indotto dalle stazioni a mare. È oggi urgente tutelare pienamente il territorio della pianura, così come quello lagunare e costiero, dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali di erosione dei litorali, dell'aumento di forze distruttive delle onde e della risalita del cuneo salino, che invece risultano favorite dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi. 
Abbiamo già citato nella nostra interpellanza come l'articolo 26 della legge 31 luglio 2002, n. 179, recante «Disposizioni relative a Venezia e Chioggia» disponesse il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi anche nelle acque del golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po. 
Assicuro il Governo che il tema è e rimane particolarmente sentito e incontra le sensibilità più diverse ed è qualcosa di realmente trasversale. Nella mia provincia, il Polesine, la subsidenza richiama tuttora e intreccia memorie storiche e cronaca familiare, rappresenta tuttora una ferita aperta e un trauma che non possiamo e non dobbiamo rimuove on dimenticare, se vogliamo davvero poter immaginare un futuro per il nostro territorio e per la sua gente. 
Le nostre preoccupazioni e le nostre riflessioni sono suffragate da dati oggettivi e non sono certamente l'esito di un processo emotivo o transitorio. Il pronunciamento unanime del Consiglio regionale del Veneto di poche settimane fa costituisce inoltre un fatto politico di rilievo e testimonia l'atteggiamento sostanzialmente compatto in un territorio. 
Nella giornata di ieri, proprio qui alla Camera, abbiamo discusso di un tema fondamentale per i prossimi anni, come quello rappresentato dal cambiamento climatico, delle questioni che saranno al centro della prossima Conferenza di Parigi, un dibattito importante che ha evidenziato l'attenzione del Governo e del Parlamento su questioni destinate, ormai inevitabilmente, ad incidere fortemente sull'agenda politica globale e sugli scenari ambientali, economici e geopolitici. 
Si tratta, a nostro avviso, di temi e nodi epocali che, a maggior ragione, dovrebbero indurci e indurre il Governo a riconsiderare alcune delle sue posizioni, assumendo iniziative tese a rivedere le disposizioni contenute nel decreto «Sblocca Italia» per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale (vedi le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum, ad esempio), tenendo conto della contrarietà di larghissima parte della popolazione e delle implicazioni di lunga durata connesse ad una strategia energetica che fosse imperniata in via prioritaria sulla ricerca e sullo sfruttamento di idrocarburi. 
Appare necessario un ruolo attivo del Governo nazionale per monitorare i fenomeni della subsidenza e dell'erosione delle coste, dell'impatto ambientale di strutture già esistenti e del progressivo innalzamento del livello del mare, nonché per mettere in atto strategie complessive finalizzate alla tutela della specificità del territorio della costa veneta, di Venezia, di Chioggia e del Delta del Po, che partano dal pronto coinvolgimento di tutti gli attori locali e da una rinnovata elaborazione di carattere generale rispetto alla valenza nazionale dei problemi in essere e delle questioni che qui sono state richiamate. 
Riteniamo che il Governo nazionale debba tener conto, per le ragioni di cui sopra, della specificità del territorio dell'Alto Adriatico, con particolare riferimento alla costa polesana e a quella veneziana, al Delta del Po e all'entroterra padovano e veneziano, prossimo all'area polesana, e della necessità di un intervento rispetto ai fenomeni della subsidenza, dell'erosione delle coste e dei rischi che abbiamo appena richiamato.
Crediamo che l'alto Adriatico, infine, e la costa veneta specialmente, presentino peculiarità e problematiche territoriali che li rendono di fatto unici, meritevoli di un'attenzione da parte della politica centrale che, salvaguardando un patrimonio ambientale straordinario, potrà contribuire a difendere e a rilanciare le autentiche vocazioni di realtà come quelle rappresentate da Venezia, Chioggia e dal Delta del Po: dalla pesca al turismo – ricordiamo che il Veneto rimane la prima industria turistica italiana –, dalla portualità alla logistica. Tutto ciò, nel quadro di una più articolata economia del mare che, oltre a rientrare ugualmente tra le dichiarate priorità del nostro Governo, appare strettamente e inestricabilmente legata all'identità della nostra terra e al suo futuro.

Risposta del governo

Sul tema proposto dagli interpellanti, che riguarda appunto il fenomeno della subsidenza nel basso Polesine e nel Delta del Po, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha acquisito anche informazioni dal Ministero dello sviluppo economico. Sostanzialmente, confermiamo in parte quanto illustrato dall'onorevole Crivellari. La Pianura Padana, infatti, è una terra storicamente colpita dal fenomeno dello subsidenza, soprattutto nell'area veneziana. Questo fenomeno è legato in particolare alle eccessive estrazioni dell'acqua di falda che nel tempo sono state utilizzate soprattutto per alimentare l'acquedotto industriale di Porto Marghera. Questa situazione si è arrestata alla fine degli anni Sessanta dopo la grande alluvione del 4 novembre 1966 e l'eccezionale marea che colpì Venezia. In quella circostanza, risultò evidente che i pozzi andavano chiusi e si procedette in tal senso e si individuarono altre fonti di approvvigionamento per l'acquedotto industriale. Ci fu un beneficio pressoché immediato in quanto tutte le rivelazioni, a cominciare da quelle mareografiche, evidenziarono una riduzione dei tassi di subsidenza che ritornarono ai valori naturali tipici del suolo veneziano. Oggi si stima che su circa 26 centimetri di crescita relativa del livello medio del mare registrata a Venezia negli ultimi cento anni, circa 11 sono da associare alla subsidenza, di cui 8 di origine antropica (estrazione di acque sotterranee) e 3 di origine naturale. Da tali dati si desume, quindi, che il menzionato trend di innalzamento dei livelli del mare è solo in parte dovuto alla subsidenza. Tuttavia, non è possibile determinare con certezza la correlazione tra attività minerarie e l'aumento del tasso di subsidenza, né tantomeno la relativa misura. 
Si specifica, altresì, che nelle aree marine prospicienti il Golfo di Venezia, in base alla legge n. 9 del 1991, poi modificata dalla legge n. 179 del 2002, sono state vietate tutte le attività upstream fino a quando il Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione Veneto, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non abbia definitivamente accertato, sulla base di nuovi e aggiornati studi, che non sussistano rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste. Tale divieto è tuttora in essere e non è stato rimosso dal decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», il n. 133 del 2014, il quale si è limitato a prevedere che, al fine di tutelare le risorse naturali e di idrocarburi in mare in prossimità di aree in cui anche altri Paesi rivieraschi svolgono attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentite le regioni interessate, possa autorizzare progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti purché, sulla base della valutazione di impatto ambientale, sia dimostrata l'assenza di effetti di subsidenza dell'attività sulla costa, sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici. La norma prevede, inoltre, una serie di accorgimenti affinché siano costantemente monitorati tali effetti, salvo interrompere le attività con decadenza delle relative autorizzazioni nel caso in cui appunto venissero accertati fenomeni di subsidenza. Quindi, c’è un divieto in essere, non è stato rimosso e lo «sblocca Italia», come ho chiarito, presuppone una serie di eventuali accorgimenti e decadenza delle autorizzazioni.
Nelle aree di mare prospicienti le coste venete non sono attualmente presenti attività upstream. Con specifico riferimento alle acque di mare prospicienti la foce del Po e, quindi, interessanti anche la provincia di Ferrara, sussistono, invece, attività minerarie. Relativamente a tali attività, già a partire dagli anni Settanta, è stata tuttavia implementata una rete di monitoraggio su richiesta di enti di controllo a livello regionale e nazionale che permette di effettuare misurazioni dirette sui tassi subsidenza con cadenza periodica, garantendo, quindi, un costante monitoraggio del fenomeno. 
Merita, peraltro, di essere evidenziato come di recente sia stato elaborato, da parte di un gruppo di lavoro istituito presso il MISE e costituito da diversi specialisti esperti nei settori di geologia, sismologia e della prevenzione del rischio, un documento contenente indirizzi e linee guida per il monitoraggio della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle pressioni di poro nell'ambito delle attività antropiche. Per l'applicazione di ulteriori misure di monitoraggio e mitigazione nelle aree citate dagli interpellanti, il Ministero dello sviluppo economico ha stipulato anche un accordo con la regione Emilia-Romagna per lo studio degli effetti delle attività nel sottosuolo e l'applicazione di linee-guida di monitoraggio. Le risultanze di dette attività di monitoraggio saranno evidentemente di primaria importanza per definire eventuali iniziative future sul punto.

Replica

Grazie, Presidente, ringrazio il sottosegretario Velo. Ci dichiariamo parzialmente soddisfatti. Credo sia importante e comunque molto positivo sapere che la legge n. 179 del 2002 mantiene ancora i suoi effetti e che, quindi, quel divieto continua a persistere nonostante l'entrata in vigore dello «sblocca Italia». Di questo non ne eravamo certi, nel senso che la cosa non era ben chiare e, quindi, comunque questo ci conforta in qualche modo. E riteniamo anche positivo il fatto che sia stato chiarito che attualmente non vi sono attività upstream in corso. Nonostante ciò, riteniamo fondamentale il fatto di continuare a monitorare le attività minerarie che invece sono in corso per capire effettivamente quali effetti vi saranno in questo territorio. Infatti, come ribadisco nuovamente, per i cittadini veneti e, in particolare, per quelli delle province di Venezia, di Rovigo, ma anche di Padova, il problema della subsidenza è veramente un problema molto sentito perché nel corso della seconda metà del secolo scorso il problema della subsidenza ha toccato tutte le famiglie di quella zona in maniera molto forte e continua a toccarle nel senso che è dimostrato che la subsidenza comunque ancora sta andando avanti e c’è un abbassamento di almeno 3 centimetri all'anno. E questa cosa sta portando, ovviamente, un'infiltrazione continua dell'acqua marina anche all'interno delle terre e delle aree agricole fino a zone molto interne della regione, che arrivano anche all'interno della provincia di Padova. E questo, ovviamente, implica anche un inaridimento dei terreni e un'impossibilità di coltivarli. Questa cosa è stata riconosciuta anche dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tanto che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali medesimo ha anche finanziato degli investimenti per effettuare delle barriere saline sui fiumi appunto che entrano, per evitare l'entrata del cuneo salino ed evitare, appunto, la perdita di questi terreni agricoli. Quindi, io credo che sia importante continuare a monitorare per evitare ulteriori danni alla popolazione e al territorio tutto. 
Tra l'altro, ritengo sia importante anche sottolineare che tutto il consiglio regionale del Veneto nel suo complesso si è espresso in maniera molto chiara sulla decisione di non voler assolutamente effettuare ricerca di idrocarburi in prossimità della costa del Veneto. È passata anche una legge, tra l'altro di un consigliere di minoranza, ma comunque appunto approvata da tutto il consiglio regionale. È in vista anche un eventuale referendum sulla questione. Quindi, noi crediamo che eventuali ricerche debbano essere semmai iniziate con molta cautela e comunque il controllo deve essere fondamentale. Poi vi è la questione, invece, dell'accordo che lei ha menzionato per la Regione Emilia-Romagna.
Sarebbe magari utile ampliare lo stesso tipo di accordo anche alla regione Veneto, avendo comunque una situazione abbastanza simile, proprio per lo studio degli affetti che queste attività nel sottosuolo potrebbero avere, quindi non solo ovviamente nella regione Emilia-Romagna, dove appunto ci sono le stesse problematiche, ma anche per la nostra regione. Quindi auspico insomma che lei, sottosegretario, possa farsi anche promotrice per ampliare questo accordo alla nostra regione.