23/05/2017
Camilla Sgambato
Gelli, Cuomo, Ragosta, Bargero, Marantelli, Oliverio, Magorno, Pes, Mazzoli, Giovanna Sanna, Palma, Tino Iannuzzi, Rostellato, Zan, Paolo Rossi, Pagani, Miccoli, Carloni, Manfredi, Sbrollini, Paola Boldrini, Tartaglione, Giuliani, Incerti, Capozzolo, Berretta, D'Incecco, Impegno, Coccia, Rubinato, Beni, Amato, Famiglietti, D'Ottavio, Valiante, Manzi
2-01809

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
la caserma Andolfato è collocata nel centro abitato di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), a ridosso di insediamenti residenziali (anche di residenza agevolata) e commerciali insistenti oltre che in tenimento di Santa Maria Capua Vetere, anche nel limitrofo comune di Capua;
come già segnalato dai funzionari della caserma con certificazione del 24 aprile 2017, la Caserma è infatti sita a circa 200 metri dal comune di Capua e nelle dirette vicinanze vivono circa 500 famiglie;
all'interno della caserma Andolfato è stato allocato un centro di permanenza per i rimpatri. Il sito prescelto è non solo inopportuno, ma soprattutto inadeguato e contrastante con lo spirito e i principi della legge 13 aprile 2017, n. 46, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13; recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale;
in particolare, la scelta di tale sito è in netto contrasto con il dettato dell'articolo 19 del menzionato decreto-legge, il quale, appunto, detta i criteri per la localizzazione del centro di permanenza per i rimpatri precisando che: «La dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene, sentito il presidente della regione interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona»;
non si riesce dunque a comprendere come possa essere stata prescelta la caserma Andolfato, la quale non solo si trova all'interno del centro abitato, ma non è neppure «facilmente raggiungibile», non essendo vicina a stazioni, aeroporti civili o centri di imbarco;
la cosa che preoccupa maggiormente è che tale situazione di fatto possa incidere sulla concreta fruizione dei diritti umani e dei requisiti di vivibilità ed igiene previsti dalla legge;
nell'aprile del 2011, infatti, all'interno della caserma venne istituito un centro di identificazione ed espulsione, scelta, che immediatamente causò una vera e propria emergenza di ordine pubblico e di violazione dei diritti umani;
tanto che nei primi di giugno dello stesso anno, il procuratore della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, adottò un provvedimento di sequestro probatorio della struttura, in considerazione di accertati fatti eloquenti di devastazione che hanno reso oggettivamente inutilizzabile il Cie di S. Maria Capua Vetere, come ebbe modo di dichiarare pubblicamente il capo della procura di S. Maria Capua Vetere, in data 8 giugno 2011;
pertanto, devono ritenersi noti i disordini che furono determinati dalla difficoltà di contenere gli immigrati all'interno della struttura, le ripetute violazioni dei diritti umani denunciate e la inidoneità della struttura stessa ad assolvere funzioni connesse alla ospitalità in condizioni accettabili;
a ciò deve aggiungersi, che il piccolo territorio cittadino, così come in passato, non sarebbe in grado di gestire l'impatto di tale struttura che, peraltro, si trova nelle immediate vicinanze dell'area archeologica dell'antica Capua (sito di rilevanza nazionale) –:
se e quali iniziative intenda adottare al fine di evitare la temuta allocazione del centro di permanenza per i rimpatri nel territorio sammaritano.

Seduta del 16 giugno 2017

Illustra Camilla Sgambato, risponde Domenico Manzione, Sottosegretario di Stato per l'Interno replica Anna Maria Carloni

Illustrazione

Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, l'interpellanza di cui discutiamo oggi riguarda la scelta dell'allocazione di un centro di permanenza per rimpatri nella regione Campania, nella caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere.

La caserma è collocata nel centro abitato di Santa Maria Capua Vetere, a ridosso di insediamenti residenziali e commerciali insistenti, oltre che nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, anche in quello del comune limitrofo di Capua.

Come già segnalato dai funzionari della caserma con certificazione del 24 aprile nel 2017, la caserma è sita a 200 metri dal comune di Capua e nelle dirette vicinanze vivono circa 500 famiglie; la caserma sembrerebbe essere stata scelta per l'allocazione di un centro di permanenza per rimpatri.

Questa scelta, secondo noi, non solo è inopportuna e inadeguata, ma, soprattutto, è contrastante con lo spirito e i principi della legge n. 46 del 2017, di conversione del decreto-legge n. 13 del 2017, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale.

In particolare, la scelta di tale sito è in netto contrasto con il dettato dell'articolo 9 del menzionato decreto-legge, il quale, appunto, nel dettare i criteri per la localizzazione del centro di permanenza per rimpatri, precisa che: “La dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene, sentito il presidente della regione interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona”.

Ecco, ora, noi non riusciamo a comprendere come possa essere scelta, in base a questi criteri, la caserma Andolfato, la quale non solo si trova all'interno del centro abitato, ma non è nemmeno facilmente raggiungibile, in quanto è lontana da aeroporti civili, da centri di imbarco e da stazioni.

La cosa che però ci preoccupa maggiormente è che questa situazione di fatto può incidere sulla concreta fruizione dei diritti umani e dei requisiti di vivibilità e igiene previsti dalla legge. Difatti, questa caserma è stata interessata da un CIE nel 2011; scelta la caserma per questa struttura, immediatamente si determinarono vere e proprie emergenze di ordine pubblico e di violazione dei diritti umani; tant'è vero che, nei primi di giugno, sempre dello stesso anno, del 2011, il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere adottò un provvedimento di sequestro probatorio della struttura, in considerazione di accertati i fatti di devastazione che hanno reso oggettivamente inutilizzabile il CIE di Santa Maria Capua Vetere, come ebbe modo di dichiarare pubblicamente il capo della procura di Santa Maria Capua Vetere, in data 8 giugno 2011.

Pertanto, sono noti i disordini che furono determinati dalla difficoltà di contenere gli immigrati all'interno della struttura, le ripetute violazioni dei diritti umani denunciate e l'inidoneità della struttura stessa ad assolvere funzioni connesse all'ospitalità in condizioni accettabili, che fecero chiudere il centro.

Inoltre, la struttura insiste nella stessa area dell'unico carcere militare d'Italia, il carcere, appunto, di Santa Maria Capua Vetere, tant'è vero che, quando fu ospitato il CIE, l'area che ospitò la tendopoli fu recintata; parliamo di tendopoli proprio perché la struttura non possedeva nemmeno i locali per ospitare tutte le persone che erano ospitate nel CIE.

A ciò deve aggiungersi che il piccolo territorio cittadino, che, peraltro, ha aderito anche al progetto SPRAR, non sarebbe in grado di gestire l'impatto di tale struttura, che, peraltro, si trova nelle immediate vicinanze dell'area archeologica dell'antica Capua, che è un sito di interesse nazionale.

Quindi, noi chiediamo al Governo quali iniziative intenda adottare per evitare la temuta allocazione di un centro di permanenza per i rimpatri nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, nella caserma Andolfato.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Sgambato, unitamente ad altri deputati, nell'evidenziare una serie di criticità legate all'asserita istituzione di un centro permanente per il rimpatrio presso la caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, chiede al Ministro dell'Interno di voler riconsiderare la scelta operata.

Come il Ministro dell'interno e io stesso abbiamo avuto modo di rappresentare in vari interventi nelle Aule parlamentari, fin dal suo insediamento, il Governo, di fronte alla complessità e alla strutturalità del fenomeno migratorio, sta portando avanti una linea piuttosto netta: coniugare le istanze derivanti dal diritto internazionale, dalla normativa comunitaria e dalla Costituzione, che prescrivono, giustappunto, di fornire accoglienza a chi ha titolo alla protezione internazionale umanitaria, con le istanze della comunità nazionale, volte alla sostenibilità del fenomeno migratorio e alla mitigazione del relativo impatto sul tessuto sociale del Paese. La strada intrapresa è quella di investire sulle politiche di integrazione e inclusione, preservando, nel contempo, le legittime aspettative di sicurezza dei cittadini.

In questo ambito, il Governo ha attribuito un'importanza cruciale al rafforzamento delle politiche di rimpatrio e contrasto all'immigrazione irregolare. L'impegno in tale direzione si è concretizzato in una serie di misure amministrative e normative che hanno dato vita, tra l'altro, all'istituzione dei nuovi centri permanenti per il rimpatrio, che venivano dianzi richiamati dalla stessa interrogante, miranti a rendere più efficace l'esecuzione dei provvedimenti di espulsione, con una finalizzazione più immediata al rimpatrio forzato delle persone potenzialmente pericolose per la sicurezza del Paese.

Come è noto, riguardo a tali strutture il decreto-legge n. 13 prevede che la dislocazione avvenga, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani - anche questo veniva rammentato - che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere rese idonee allo scopo, anche mediante interventi di adeguamento o di ristrutturazione. Questo vale in linea generale.

Quindi, per passare alla trattazione del tema specificamente toccato dall'interpellanza, posso comunicare che, presso il Gabinetto del Ministro dell'Interno, è stato convocato, subito dopo il varo del predetto provvedimento di urgenza, un tavolo tecnico al fine di individuare, d'intesa con le regioni, strutture da destinare, nella massima condivisione istituzionale, a centri permanenti per il rimpatrio sul territorio nazionale, in linea con il dettato normativo appena richiamato.

Il predetto tavolo non ha concluso la ricognizione delle possibili strutture da attivare; pertanto, l'individuazione della caserma Andolfato quale centro permanente per il rimpatrio non trova al momento conferma in decisioni definitive, decisioni che, in ogni caso, verranno assunte d'intesa con la regione Campania.

Va anche considerato che, ai fini dell'ampliamento della rete dei posti disponibili, è opportuno individuare strutture demaniali e, in tal senso, l'eventuale destinazione della caserma Andolfato a centro permanente per i rimpatri è una delle ipotesi allo studio.

Replica

Ringrazio il sottosegretario per la risposta puntuale e mi ritengo soddisfatta per quanto abbiamo sentito, ovvero che la scelta di questa allocazione presso la caserma Andolfato è soltanto una delle ipotesi considerate, così come il fatto che si ritiene fondamentale, ai fini della individuazione dei siti destinati ai centri di permanenza, l'intesa con le regioni, così come da decreto, e, dunque, che è materia di questa intesa la scelta del sito campano.

Da questo punto di vista, io, intanto, vorrei ringraziare moltissimo la collega Sgambato, che ha illustrato brillantemente questa interpellanza, ma che, soprattutto, ha preso l'iniziativa di questa interpellanza, così come anche quella di proporre una lettera che abbiamo sottoscritto, noi deputati della Campania, al presidente De Luca e che va in tal senso.

Il tema della caserma Andolfato, nel panorama generale dei siti di allocazione, ha una sua specificità che è giusto che il Ministro dell'Interno consideri proprio relativamente alla sua storia, che è differente da quella di tutti gli altri centri per i quali viene prevista una allocazione.

Chi le parla in questo momento, è stato tra i protagonisti, nella precedente legislatura, al Senato, nel 2011, di una iniziativa molto intensa del Parlamento; personalmente promossi tre interrogazioni, alle quali, a differenza di questo Governo, il Governo di allora evitò con cura di rispondere - invece, in questo caso abbiamo avuto una risposta tempestiva - per la situazione veramente grave che si era creata a seguito del flusso migratorio di giovani tunisini che vennero, appunto, collocati all'interno di questo sito, trasformato nottetempo da centro di accoglienza in CIE, in condizioni di aperta violazione dei diritti umani.

Noi intervenimmo anche con la Commissione diritti umani del Senato in tal senso; furono fatti molti sopralluoghi; si perse molto tempo; passò l'estate in una situazione che non consentiva assolutamente di accogliere tanti giovani in una tendopoli assolata, perché il manufatto non era in grado di accogliere le persone ,perché sono pochi i manufatti interni e si tratta di un grande cortile.

In seguito, abbiamo assistito a fatti molto gravi: incendi, fughe, ferimenti; insomma, la situazione fu drammatica. Come ricordava la collega nella fase di illustrazione, il CIE fu sequestrato a scopo probatorio e poi fu definitivamente chiuso.

Tale struttura, oltre ad essere del tutto inadatta alla luce dei principi del decreto-legge, particolarmente orientati alla garanzia dei diritti umani - aspetto molto apprezzabile - prevedendo i requisiti relativi alla distanza dal centro abitato e, invece, il facile accesso per quanto riguarda il sistema logistico dei trasporti, ha una storia così negativa per tutto il territorio circostante che veramente, anche da un punto di vista simbolico nel rispetto delle comunità locali, dovrebbe indurre a far valutare l'assoluta inopportunità di scegliere tale luogo in un simile contesto, che è un contesto di politiche per le immigrazioni di ben altro segno, caratterizzato dalla volontà di rendere esplicito anzitutto un forte rispetto per i diritti umani.