07/11/2014
Emanuele Fiano
Cardinale, Fabbri, Romanini, Blazina, Prina, Sgambato, Paolo Rossi, Vazio, Carnevali, Dell'Aringa, Marantelli, Taricco, Capone, Amato, Morani, Cimbro, Mura, Schirò, Carrescia, Cinzia Maria Fontana, Castricone, Fontanelli, Laforgia, Garavini, Naccarato, Porta, Giorgis, Murer, Beni
2-00742

 

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che: 
sono ormai diversi anni che i consumatori, individualmente o per il tramite delle associazioni cui si sono rivolti, denunciano di essere stati vittime di truffe operate attraverso l'utilizzo degli smartphone, tramite l'attivazione di servizi non richiesti, in particolare con la navigazione su telefonia mobile; 
da notizie a mezzo stampa sembrerebbe, ad esempio, assai diffusa la pratica che considera un'occasionale sfioramento manuale dello schermo da parte dell'utente su un banner pubblicitario — magari apparso durante la navigazione in rete susmartphone — quale prestazione di consenso all'attivazione di un servizio a pagamento; 
tale pratica ha determinato la conseguenza che molteplici consumatori si sono ritrovati a loro insaputa con bollette telefoniche sensibilmente accresciute o ricariche prepagate consumate, per servizi che non avevano mai richiesto né tantomeno sottoscritto; 
il diffondersi di tali pratiche è diventato così rilevante che la stessa Autorità per la concorrenza e per il mercato, sulla base di segnalazioni arrivate tra il dicembre 2012 e il giugno 2014, ha aperto quattro diverse istruttorie per mettere sotto esame i cosiddetti servizi premium (ossia a pagamento), offerti direttamente o indirettamente dalle quattro principali società di telefonia mobile, al fine di valutare eventuali pratiche scorrette, anche in relazione alla diffusione di notizie non veritiere circa gli abbonamenti sottoscritti; 
tuttavia gli stessi organi di stampa non hanno mancato di ricordare che, nel caso di pratiche commerciali scorrette, la multa massima prevista sarebbe di cinque milioni di euro, una cifra del tutto irrilevante per aziende il cui fatturato secondo l'ultima relazione dell'Agcom si aggirerebbe sui 17,2 miliardi di euro; 
indubbiamente, il veloce diffondersi delle nuove tecnologie, e in particolare dell'uso dello smartphone, ha notevolmente accresciuto i rischi per i consumatori, sia con riferimento al tema della tutela della privacy, sia con riferimento al rischio di essere vittime di pratiche commerciali scorrette –: 
se, anche alla luce del recente recepimento della direttiva dell'Unione europea n. 2011/83/Ue, il Ministro interpellato ritenga che le norme italiane siano oggi adeguate ai fini di un'efficace tutela dei consumatori, con particolare riguardo al tema delle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone, e se non ritenga urgente l'individuazione di una soluzione che permetta — anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate alle società telefoniche — il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe, percepite come altamente lesive da parte di una parte consistente dei cittadini. 

 

Seduta del 14 novembre 2014

Illustra e replica Emanuele Fiano, risponde  Il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti

 

Illustrazione

Signor Presidente, intendo illustrarla. Mi dispiace delle condizioni della sua voce, ma spero che miglioreranno. Vorrei dividere la presentazione di questo nostro atto di sindacato ispettivo in tre punti, signor Presidente: il fatto, la qualifica del danno che subiscono i cittadini e le soluzioni. 
Con questo atto di sindacato ispettivo, noi vogliamo mettere in rilievo una pratica assai diffusa, che ha generato molte denunce, di cui si sta occupando anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per cui anche un solo occasionale sfioramento manuale dello schermo di uno smartphone su un'inserzione pubblicitaria o su un avviso lega l'utente, spesso inconsapevolmente, ad un abbonamento, e comunque ad una forma di spesa, e quindi di prelievo economico sul contratto che egli ha sottoscritto con un operatore telefonico. 
Nello specifico – e qui, probabilmente, vi è anche il tema di attribuire esattamente la responsabilità di quanto succede – se non sono errate le ricostruzioni che ne fa la stampa – peraltro, se ne sta occupando anche l'Autorità – l'utente di un contratto telefonico di telefonia mobile concede i propri dati solo all'operatore telefonico, il quale fornisce questi dati anche a dei cosiddetti service provider, quindi aziende che forniscono contenuti di telefonia, per esempio giochi o conversazioni via chat o notizie tramite sms, società esterne agli operatori telefonici che hanno in concessione le linee e con i quali stipulano dei contratti. 
Questi contratti prevedono che l'operatore metta a disposizione la rete telefonica e la possibilità di addebitare il servizio direttamente sul conto del cliente. In cambio, il service provider versa all'operatore una certa percentuale sui ricavi ottenuti dal servizio. Il tutto, in apparenza, nel rispetto del codice di condotta per i servizi premium, cioè i servizi di telefonia a pagamento, detto anche CASP, che è un'autoregolamentazione che le compagnie telefoniche e i maggiori service provider hanno stipulato per garantire trasparenza. 
Tuttavia, ciò nonostante, i casi accertati di pratiche commerciali scorrette in questo campo sono numerosi. Per esempio, nel settembre del 2009, l'Autorità antitrust si è occupata dei servizi offerti da Zeng Srl, società che fornisce suonerie, giochi enews, che l'Antitrust sanzionò con una multa di 55 mila euro. La parte più interessante, però, di quel provvedimento di sanzione da parte dell'Autorità è che riguardò anche agli operatori telefonici, e quindi non solo il service provider esterno. L’Authority, infatti, li ritenne direttamente responsabili della pratica scorretta, perché le modalità di attivazione a pagamento dei servizi di Zeng erano non solo note, ma spesso concordate, in quel caso, con i colossi della telefonia. 
Alla fine, per loro, le multe furono di lieve entità: 75 mila euro pagati da H3G, 155 mila euro da Telecom. Tra il 2007 e il 2013, molte delle grandi compagnie, anzi, ognuna, sono state sanzionate almeno quindici volte dall'Antitrust. Globalmente, le multe comminate ammontano a circa 11 milioni di euro. Il punto, però, che illustravo nell'introduzione è, a questo punto, chi ricava il danno e se la sanzione sia commisurata.  Vorrei ricordare che, se non vado errato, le cifre complessive del mercato della telefonia mobile ammontano a 17,2 miliardi di euro, mentre risulterebbe che la multa massima prevista dalla sanzione dell'Autorità assomma, per questo tipo di eventuali scorrettezze rilevate, a 5 milioni. Il punto è, però, che di tutte queste multe, evidentemente asimmetriche rispetto alla quantità del ricavo delle attività in questo campo, non sono, in alcun caso, multe che possano risanare l'addebitamento che si è rivolto verso gli utenti della telefonia mobile, cioè noi abbiamo una attività che è stata ritenuta molte volte scorretta dall'Antitrust, l'Antitrust ha sanzionato, secondo me in misura insufficiente, le compagnie telefoniche che hanno ceduto i dati e concesso dei contratti a dei service provider esterni, ma l'utente che è stato danneggiato non viene rifuso dalla pratica del sanzionamento da parte dell'Autorità antitrust. 
Per questo, signor Viceministro, la parte finale della nostra interpellanza chiede proprio al Governo se, anche alla luce del recente recepimento della direttiva dell'Unione europea 2011/83/UE, il Ministro ritenga che le norme italiane siano oggi adeguate, anche ai fini di un'efficace tutela dei consumatori e se non ritiene che sia urgente l'individuazione di una soluzione che permetta, anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate – e sono state comminate – alle società telefoniche, il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe percepite, ovviamente, come altamente lesive da una parte consistente di cittadini.

Risposta del governo

Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, riguardo il fenomeno delle attivazioni di servizi a pagamento non richiesti, tramite l'utilizzo di apparati smartphone, si fa presente quanto segue. Le disposizioni contenute nel recente decreto legislativo n. 21 del 2014 (con il quale è stata recepita la direttiva 2011/83/UE citata dall'onorevole Fiano), entrato in vigore lo scorso 13 giugno, dovrebbero essere una efficace risposta per evitare i fenomeni truffaldini con gli smartphone, come quelli descritti nell'atto in esame. In particolare, si richiama l'articolo 51, comma 2, del novellato Codice del consumo, rubricato: «Requisiti formali per i contratti a distanza», in base al quale i consumatori dovranno confermare esplicitamente di aver compreso che l'offerta è a pagamento. La norma in questione stabilisce, adesso, che, se l'ordine deve essere effettuato azionando un pulsante o un link, questi devono indicare in modo inequivocabile che, con taleclick, il consumatore si obbliga a pagare una somma di denaro. In caso contrario, il consumatore non è vincolato al contratto o all'ordine e, dunque, non è obbligato a pagare. Conseguentemente, i vari oroscopi, ricette, suonerie e giochi elettronici, e così via, non potranno più essere pubblicizzati come gratis, salvo poi nascondere costosi abbonamenti mensili o settimanali. 
Tra le rilevanti novità introdotte con il citato decreto legislativo, vi è la competenza esclusiva, con conseguente potestà sanzionatoria, posta in capo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di vigilanza sul corretto rispetto degli obblighi di informazione, e di altri obblighi formali, che la direttiva recepita poneva in capo alle imprese nei contratti a distanza e/o negoziati fuori dai locali commerciali con i consumatori. Risulta, peraltro, che la predetta Autorità abbia aperto delle indagini che coinvolgono i principali gestori per aver erogato servizi a pagamento, senza aver effettivamente ricevuto il consenso degli utenti. Le indagini sono state aperte in seguito ad una serie di esposti presentati da associazioni dei consumatori, riguardanti lamentele presentate da consumatori che sono stati costretti a pagare per servizi attivati senza espresso consenso. 
Per quanto di sua competenza, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha comunicato che, al fine di arginare il citato fenomeno, ha adottato non solo provvedimenti sanzionatori, ma anche interventi mirati di tipo regolamentare, tra cui appare meritevole di menzione la delibera n. 418 del 2007 dell'Autorità stessa, laddove, all'articolo 2, comma 3, prevede che gli operatori della telefonia mobile offrano gratuitamente agli utenti almeno l'opzione dello sbarramento selettivo di chiamata. All'articolo 5, comma 4, stabilisce che: «Fatte salve le modalità di disattivazione previste in adempimento dell'articolo 12, comma 9, del decreto n. 145 del 2006, gli operatori della telefonia disattivano immediatamente i servizi a sovrapprezzo in abbonamento ed interrompono i conseguenti addebiti a decorrere dalla semplice richiesta telefonica dell'utente mediante chiamata al numero di assistenza clienti, nonché mediante eventuali ulteriori modalità telematiche messe a disposizione dall'operatore». 
Quanto ai meccanismi di tutela degli utenti – su cui giustamente l'onorevole Fiano si sofferma nella sua interpellanza – si segnala che, allo stato, sul fronte della tutela ex post, uno strumento, utile per ristorare gli utenti dei disagi subiti a causa dell'attivazione di servizi premium non richiesti, è costituito dalla procedura di risoluzione alternativa delle controversie tra utenti e operatori gestita, anche con l'ausilio dei Corecom, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. 
La stessa si aggiunge ad un ulteriore importante strumento di tutela, consistente nel riconoscimento del diritto dell'utente al rimborso in caso di attivazione non richiesta di servizi premium. È infatti prescritto nel Codice di condotta per l'offerta dei servizipremium che il Content service provider, l’Access provider ed il Serving provider si impegnino, in coerenza con i ruoli rispettivamente ricoperti nell'ambito della filiera di sviluppo ed erogazione dei servizi, ad effettuare eventuali rimborsi nei confronti degli utenti finali, laddove si ravvisi la fondatezza dei reclami ricevuti. 
Per quanto riguarda il quesito posto dall'onorevole interpellante circa l'individuazione di una soluzione che permetta – anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate alle società telefoniche – il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe, si osserva che oggi è prevista dalla normativa la destinazione di una quota parte delle sanzioni per finalità a vantaggio degli utenti. In particolare, ciò è previsto per le somme ricavate dall'attività sanzionatoria svolta da altre autorità indipendenti. Tale modello potrà essere oggetto di valutazione anche per il settore delle comunicazioni elettroniche. 
Quindi, la sollecitazione posta dall'onorevole Fiano è una sollecitazione che il Governo accoglie per verificare la possibilità di applicare più efficaci sistemi di tutela per l'utenza.

Replica

Signor Presidente, ringrazio molto il Viceministro per l'articolazione della sua risposta e, quindi, mi ritengo ovviamente soddisfatto. Segnalo due punti che mi sembrano ancora in parte irrisolti. 
Il primo è il risarcimento degli utenti. Lei, Viceministro, ha indicato – ovviamente poi potrò leggere meglio il testo della sua risposta – l'attivazione di una pratica di denuncia da parte degli utenti, anche per il tramite del Corecom e via dicendo. Ciò che si chiede da parte degli interpellanti è che esista un meccanismo di risarcimento degli utenti concomitante alla comminazione della sanzione da parte dell'Antitrust. Per essere molto chiari: se l'Antitrust ritiene di avere individuato una pratica scorretta da parte dell'operatore «A» e per questo giudizio commina una sanzione di 5 milioni di euro, deve essere non da parte dell'utente attivata una pratica di querela o di denuncia, ma in quello stesso atto sanzionatorio da parte dell'Autorità deve essere compresa la comminazione di una sanzione all'operatore telefonico e, parimenti, un risarcimento del danno subito agli utenti. 
Ovviamente, ho apprezzato molto l'impegno del Governo che riguarda l'ultima parte della nostra interpellanza, cioè l'uso di una parte delle somme ricavate dalla comminazione delle sanzioni proprio all'individuazione di investimenti per la salvaguardia degli utenti. Ovviamente, pur nella mia generale soddisfazione per la sua risposta, il secondo punto che segnalo – che potrà essere anche oggetto di un'attività legislativa da parte di noi parlamentari, ma io suggerisco al Governo di verificare se non sia già possibile autonomamente – è quello di verificare con certezza il punto della cessione di dati sensibili da parte degli operatori telefonici titolari delle concessioni a queste aziende di service provider esterne, cioè se la cessione di dati sensibili da parte delle aziende e delle ditte di service provider esterne, che poi sottopongono agli utenti della telefonia mobile proposte di abbonamento varie, alcune delle quali sono all'origine di questi comportamenti sanzionabili, avvenga in completa regolarità delle norme vigenti.