03/11/2015
Lia Quartapelle Procopio
Zampa, Scuvera, Locatelli, Tidei, Alli, Gadda, Chaouki, Rampi, Casati, Carnevali, Berlinghieri,Beni, Cuperlo, Verini, Rocchi, Ribaudo, Petrini, Sberna, Baradello, Gigli, Marazziti, Piepoli, Francesco Sanna, Rotta, Malpezzi,Migliore, Lacquaniti, Vazio, Patriarca, Lodolini, Pelillo, Paola Boldrini, Monaco, Salvatore Piccolo, Fragomeli, Laforgia, Impegno,Tacconi
2-01151

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
nel corso del Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015 è stata assunta la decisione di convocare, a La Valletta l'11 ed il 12 novembre 2015, un vertice che riunirà i leader dell'Unione europea e di diversi Paesi africani al fine di rinforzare la cooperazione con i partner africani, affrontare le cause dell'immigrazione illegale e combattere il traffico di esseri umani; 
la conferenza si baserà sui processi di cooperazione esistenti tra l'Europa e l'Africa, in particolare i processi di Rabat, lanciato nel luglio 2006 con un focus che si è progressivamente spostato sul Sahel e l'Africa occidentale, e di Khartoum, ufficializzato a Roma nel novembre 2014 dall'Unione europea e una ventina di Paesi africani, sulla migrazione e il dialogo Unione europea-Africa in materia di migrazione e mobilità; 
uno degli obiettivi del vertice sarà quello di riconoscere la migrazione come una responsabilità condivisa dei Paesi di origine, di transito e di destinazione, attraverso l'assistenza ai Paesi partner nella lotta ai trafficanti, una cooperazione rafforzata in merito a una politica di rimpatrio efficace, un approccio più mirato alla cooperazione allo sviluppo e il potenziamento degli investimenti in Africa; 
stando a quanto si apprende dagli articoli di stampa che riportano anche le bozze della dichiarazione finale e del piano d'azione in cinque punti su cui l'Unione europea e i partner africani stanno provando a raggiungere un accordo definitivo, ci sarebbe molta insoddisfazione da parte dell'Unione africana relativamente agli accordi finora raggiunti; in particolare sembrerebbe che alcuni Stati membri europei, come l'Austria, la Polonia o la Lituania vorrebbero condizionare gli aiuti allo sviluppo ad uno sforzo reale dei Governi africani per accogliere i migranti illegali rimpatriati dall'Unione europea nei loro Paesi di origine, secondo la logica del «more for more, less for less», che in questo caso si tradurrebbe in una richiesta di maggiori sforzi sui rimpatri e meno aiuti se questi sforzi non vengano realizzati; in tal modo si verrebbe meno ai nuovi Obiettivi di sviluppo sostenibile che gli stessi Stati europei hanno sottoscritto in settembre alle Nazioni Unite, secondo il quale gli aiuti non dovrebbero essere condizionabili alle suddette logiche; 
l'immigrazione dall'Africa non può essere considerata come un fenomeno transitorio, ma, al contrario, costituisce un fatto strutturale, destinato con ogni probabilità ad aggravarsi nei prossimi anni a causa dell'aumento della pressione demografica e del probabile permanere di condizioni di conflitto locali e regionali che si sommano a storiche e irrisolte situazioni di povertà; 
oltre agli interventi volti alla limitazione dei flussi migratori irregolari dall'Africa all'Europa e alla distribuzione dei migranti aventi status di rifugiati tra i diversi Paesi dell'Unione europea, interventi già posti in essere dalla stessa Unione europea grazie alle pressioni del Governo italiano, occorre cominciare a lavorare in modo organico ad una politica finalizzata al miglioramento strutturale delle condizioni di vita nei Paesi dai quali hanno origine i flussi stessi; 
il prossimo summit che si terrà a La Valletta rappresenta un'importante occasione per attuare l'impegno assunto dal Governo con la mozione Alli-Quartapelle Procopio n. 1-00956, approvata dall'aula della Camera dei deputati nella seduta n. 511 del 27 ottobre 2015, di elaborare e attuare una strategia specificatamente volta allo sviluppo e al co-sviluppo dei Paesi africani, da condividere con l'Unione europea e con i partner europei, volta anche a ridurre l'impatto strutturale dei fenomeni migratori dal continente africano verso l'Europa; 
la Valletta Summit Political Declaration, nella bozza in circolazione a mezzo stampa datata 23 ottobre 2015, prevedrebbe l'impegno dell'Unione europea a «stanziare risorse adeguate per l'attuazione di tali azioni concrete utilizzando tutti gli strumenti disponibili, compresa la recente istituzione fondo fiduciario di emergenza dell'UE (EU Emergency Trust Fund) per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollati in Africa»; 
l’EU Emergency Trust Fund, ovvero «Fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione illegale in Africa» è stato costruito dalla Commissione europea che ha stanziato 1,8 miliardi di euro di risorse finanziarie dell'Unione europea, ma si aspetta che anche gli Stati membri partecipino; 
diversi Stati membri hanno espresso interesse a partecipare, la Spagna, per esempio, ha già confermato la sua partecipazione; alcuni Paesi per altro, hanno deciso di destinare alcune risorse originariamente stanziate per l'ODA alla emergenza profughi (ad esempio l'Olanda); la proposta di costituzione del fondo fiduciario sarà presentata agli Stati membri e l'obiettivo della Commissione, come si apprende da documenti ufficiali della Commissione stessa, è quello di completare le procedure necessarie in tempo per il Summit di Valletta; 
la società civile e le ONG impegnate in prima linea per l'emergenza migranti, hanno espresso forti perplessità in merito alle conclusioni del vertice desumibili dai documenti in circolazione; in particolare, riguardo al fondo fiduciario vi è chi teme che non sarà effettivamente usato per progetti di sviluppo, ma piuttosto per la sicurezza delle frontiere e per il contenimento della mobilità delle persone; 
inoltre, l'ultimo punto del piano di azione relativo ai rimpatri e alle riammissioni dei migranti in situazione irregolare nello spazio dell'Unione europea, prevedrebbe la volontà degli Stati membri di concentrare gli sforzi sulla sicurezza alle frontiere e i rimpatri, mentre i partner africani vorrebbero più cooperazione sulla mobilità, sia interna che dall'Africa verso l'Europa; a ciò si aggiunge che gli Stati europei vorrebbero istituire i «centri di ricezione» in Africa per smistare gli ingressi e avviare le eventuali pratiche di riconoscimento dello status di rifugiato internazionale, mentre gli a mani chiedono che i rimpatri siano volontari; 
non da ultimo si ravviserebbe la volontà di «facilitare l'accesso a un'informazione adeguata e credibile sui pericoli dell'immigrazione irregolare e diffondere una visione realistica delle condizioni di vita nei paesi europei» attraverso «campagne d'informazione nei paesi di origine, di transito e di destinazione»; in tal modo sembrerebbe che si intenda fare emergere i rischi di morte per i migranti illegali, tacendo invece le storie positive delle diaspore africane presenti in Europa, il cui volume di fondi è ormai superiore agli aiuti allo sviluppo; 
infine, le ONG hanno espresso rammarico poiché per la prima volta in formati del genere di vertici europei, parrebbe non sia previsto nessun evento a latere del summit che coinvolga la società civile, né i rappresentanti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo –: 
quale sarà la posizione dell'Italia al vertice di La Valletta in merito all'impostazione emergente che condiziona gli aiuti internazionali, veicolati attraverso il EU Emergency Trust Fund, a una più stringente collaborazione dei Paesi partner in tema di rimpatri («more for more, less for less»), a quanto ammonterà il contributo italiano allo stesso fondo fiduciario e se risulterà addizionale rispetto all'aiuto pubblico allo sviluppo. 

Seduta del 6 novembre 2015

Illustra e replica Marietta Tidei, risponde Cosimo Maria Ferri, Sottosegretario di Stato per la giustizia

Illustrazione 

Grazie, Presidente. Il vertice di La Valletta, deciso nel corso del Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015, riunirà i leader dell'Unione europea e di trentacinque Paesi africani, al fine di rafforzare la cooperazione con i partner africani, affrontare le cause dell'immigrazione illegale e combattere il traffico di esseri umani. La conferenza si baserà sui processi di cooperazione esistenti tra l'Europa e l'Africa, in particolari sul processo di Rabat, lanciato nel luglio del 2006, con un focus che si è progressivamente spostato sul Sahel e l'Africa occidentale, e sul processo di Khartum, ufficializzato a Roma nel novembre del 2014 dall'Unione europea e da una ventina di Paesi africani, sulla migrazione e il dialogo Unione europea-Africa in materia di migrazione e mobilità. 
Uno degli obiettivi del vertice sarà quello di riconoscere la migrazione con una responsabilità condivisa dei Paesi di origine, di transito e di destinazione, attraverso l'assistenza ai Paesi partner nella lotta ai trafficanti, una cooperazione rafforzata in merito ad una politica di rimpatrio efficace, un approccio più mirato alla cooperazione e allo sviluppo e il potenziamento degli investimenti in Africa.  Stando però a quanto si apprende da alcuni articoli di stampa, che riportano anche le bozze della dichiarazione finale e del piano d'azione in cinque punti su cui l'Unione europea e i partner africani stanno provando a raggiungere un accordo definitivo, ci sarebbe molta insoddisfazione da parte dell'Unione africana relativamente agli accordi finora raggiunti. In particolare sembrerebbe che alcuni Stati membri europei, come l'Austria, la Polonia o la Lituania, vorrebbero condizionare gli aiuti allo sviluppo ad uno sforzo reale dei governi africani, per accogliere i migranti illegali rimpatriati dall'Unione europea nei loro paesi di origine, secondo la logica del «more for more, less for less», che in questo caso si tradurrebbe in una richiesta di maggiori sforzi sui rimpatri e meno aiuti se questi sforzi non venissero realizzati. 
In tal modo però, si verrebbe meno ai nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile che gli stessi Stati europei hanno sottoscritto a settembre, alle Nazioni Unite, secondo il quale gli aiuti, in questo campo, non dovrebbero essere condizionabili alle suddette logiche. L'immigrazione in Africa non può più essere considerata come un fenomeno transitorio, ma al contrario, costituisce un fatto strutturale, destinato con ogni probabilità ad aggravarsi nei prossimi anni a causa dell'aumento della pressione demografica, del probabile permanere di conflitti locali e regionali, che si sommano a storiche ed irrisolte situazioni di povertà. 
Oltre gli interventi volti alla limitazione dei flussi migratori irregolari dall'Africa all'Europa e alla distribuzione dei migranti aventistatus di rifugiati tra i diversi paesi dell'Unione europea, interventi già posti in essere dalla stessa Unione europea grazie alle pressioni del Governo italiano, occorre però cominciare a lavorare in modo organico ad una politica finalizzata al miglioramento strutturale delle condizioni di vita dei Paesi dai quali hanno origine i flussi stessi. II prossimo summit della Valletta rappresenta un'importante occasione per attuare l'impegno assunto dal Governo, con la mozione Alli, Quartapelle e Procopio, approvata proprio da quest'aula nella seduta del 27 ottobre del 2015 – impegno volto ad elaborare ed attuare una strategia specificatamente volta allo sviluppo e al co-sviluppo dei Paesi africani, da condividere con l'Unione europea e con i partner europei, volta anche a ridurre l'impatto strutturale dei fenomeni migratori dal continente africano verso l'Europa. 
La Valletta Summit Political declaration, nella bozza in circolazione a mezzo stampa, del 23 ottobre 2015, prevedrebbe l'impegno dell'Unione europea a stanziare risorse adeguate per l'attuazione di tali azioni concrete, utilizzando tutti gli strumenti disponibili, compresa la recente istituzione del fondo fiduciario di emergenza dell'unione europea (EU Emergency Trust Fund) per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollati in Africa. L'EU Emergency Trust Fund, ovvero il fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e per affrontare le cause profonde della migrazione illegale in Africa è stato costituito dalla Commissione europea, che ha stanziato 1,8 miliardi di euro di risorse finanziarie dell'Unione europea, ma ci si aspetta che anche gli Stati membri partecipino. Diversi Stati membri hanno espresso interesse a partecipare; la Spagna, ad esempio, ha già confermato la sua partecipazione; alcuni paesi, tra l'altro, hanno deciso di destinare alcune risorse originariamente, stanziate per l'ODA, all'emergenza profughi, come ad esempio l'Olanda. 
La proposta di costituzione del fondo fiduciario sarà presentata agli Stati membri e l'obiettivo della Commissione, come si apprende da documenti ufficiali della Commissione stessa, è quello di completare le procedure necessarie in tempo per il summit di La Valletta, quindi in questi giorni praticamente. 
La società civile e le ONG impegnate in prima linea per l'emergenza migranti hanno espresso, però, forti perplessità in merito alle conclusioni del vertice desumibili dai documenti in circolazione. In particolare, riguardo al fondo fiduciario, vi è chi teme che non sarà effettivamente usato per progetti di sviluppo, ma piuttosto per la sicurezza delle frontiere e per il contenimento della mobilità delle persone. 
Inoltre, l'ultimo punto del piano di azione relativo ai rimpatri e alle riammissioni dei migranti in situazione irregolare nello spazio dell'Unione europea, prevedrebbe la volontà degli Stati membri di concertare gli sforzi sulla sicurezza alle frontiere e i rimpatri, mentre i partner africani vorrebbero più cooperazione sulla mobilità, sia interna che dall'Africa verso l'Europa. A ciò si aggiunge che gli Stati europei vorrebbero istituire i centri di ricezione in Africa per smistare gli ingressi e avviare le eventuali pratiche di riconoscimento dello status di rifugiato internazionale, mentre gli Stati africani chiedono che i rimpatri siano volontari. 
Infine, le ONG hanno espresso rammarico poiché, per la prima volta in formati del genere di vertici europei, parrebbe non sia previsto nessun evento a latere del summit che coinvolga la società civile, né i rappresentanti dei Parlamenti nazionali né del Parlamento europeo. 
Per quanto esposto, chiediamo, quindi, di sapere quale sarà la posizione dell'Italia al vertice di La Valletta in merito all'impostazione emergente che condiziona gli aiuti internazionali, veicolati attraverso l'Emergency Trust Fund, a una più stringente collaborazione dei Paesi partner in tema di rimpatri (quindi, more for more, less for less). Chiediamo, inoltre, a quanto ammonterà il contributo italiano allo stesso fondo fiduciario e se risulterà addizionale rispetto all'aiuto pubblico allo sviluppo.

Risposta del governo

Grazie, signor Presidente. Vorrei innanzitutto ringraziare l'onorevole interpellante per avermi dato oggi, a nome del Governo, la possibilità di portare all'attenzione di quest'Aula, a pochi giorni dalla sua apertura, il vertice sulle migrazioni di La Valletta. Si tratta di un appuntamento di grande importanza, che vedrà riuniti i Capi di Stato e di Governo europei, dei Paesi africani e degli altri Paesi chiave coinvolti nel fenomeno, per discutere delle sfide e delle opportunità della migrazione, dei modi per contenere conflitti, instabilità politica ed economica, violazioni dei diritti umani e per affrontare più efficacemente il fenomeno dello sfruttamento dei migranti. 
Il Governo si avvicina a questo vertice forte del suo impegno in ambito dell'Unione europea, volto a mantenere alta l'attenzione sul fenomeno delle migrazioni e a favorire un approccio integrato, ovvero non esclusivamente limitato agli aspetti di sicurezza e di accoglienza. È su questa base che si sono proposte politiche e azioni concrete e complementari per lo sviluppo socio-economico dei Paesi di origine dei flussi. Il Fondo fiduciario di emergenza dell'Unione europea per le migrazioni in Africa, che verrà costituito proprio a La Valletta, è pienamente in linea con tale approccio e costituirà uno strumento essenziale per contribuire a creare un'area di stabilità politica e di crescente benessere. Le iniziative del Fondo fiduciario dovranno, pertanto, calibrare l'applicazione di strumenti tra loro complementari e non impiegare i fondi a disposizione per finalità diverse da quelle alle quali sono chiamati a rispondere. 
È cruciale, ai fini stessi della sostenibilità di ogni intervento, saper rispondere in modo adeguato alle aspettative dei partnerafricani, giustamente richiamate dall'onorevole Quartapelle. Si è discusso a lungo, in ambito dell'Unione europea, sull'opportunità di condizionare gli aiuti allo sviluppo alla collaborazione in materia di riammissione e rimpatri. Per la cooperazione italiana non è questa l'impostazione più corretta, poiché rischierebbe di essere difficilmente coerente con gli impegni da noi presi in ambito multilaterale e di irrigidire i processi di cooperazione in atto. Riteniamo, invece, – e lo abbiamo sempre sostenuto – che sia meglio offrire, ai partner che si impegnano su riammissione e rimpatri, aiuti addizionali mirati specificamente alla reintegrazione sociale e all'inserimento dei rimpatriati nel mercato del lavoro.
Vorrei sottolineare, inoltre, alcuni aspetti del Fondo fiduciario di emergenza che testimoniano l'impegno messo in campo dal Governo in questo ambito. In primo luogo, il ruolo importante che l'Italia ha sin dall'inizio avuto nella sua creazione. Il nostro Paese è stato, infatti, tra i suoi primi e più convinti sostenitori nell'ambito dei negoziati tra Commissione e Stati membri. Vorrei, inoltre, ricordare che la consistenza del Fondo, che ricordo essere di 1,8 miliardi di euro, è indice delle sue enormi potenzialità. Si tratta di risorse a cui partecipiamo, mediante i contributi che diamo al Fondo europeo di sviluppo e agli altri strumenti finanziari esterni dell'Unione europea, per una quota parte di oltre il 13 per cento della somma totale (circa 200 milioni di euro) e che potranno essere utilizzati per progetti di sviluppo economico e creazione di impiego, soprattutto per giovani e donne, servizi sociali di base e sicurezza alimentare, gestione dei flussi migratori e governance in ventitrè Paesi delle tre regioni del Sahel, Corno d'Africa e nord Africa. Il Governo ha, inoltre, deciso di stanziare un contributo addizionale di 10 milioni di euro che il Ministro Paolo Gentiloni ha già confermato all'Alto rappresentante Mogherini. 
È, infine, importante sottolineare come, grazie al proprio contributo, l'Italia risulterà tra i membri fondatori del Fondo. Ciò comporterà tutta una serie di vantaggi, che vorrei qui evidenziare: la possibilità di proporre e partecipare a interventi in aree per noi prioritarie e sensibili; la possibilità di indirizzare strategie ed allocazioni; la possibilità di gestire direttamente progetti del Fondo fiduciario; le accresciute opportunità di impiego di expertise italiana e ONG italiane in fase di attuazione; la possibilità di ulteriore sostegno per attività rientranti nei dialoghi regionali, tra cui il Processo di Khartoum e quello di Rabat. Si tratta, come vedete, di importanti risultati che richiederanno da parte nostra l'elaborazione di una strategia di intervento coerente finalizzata allo sviluppo dei Paesi africani. La sfida che affronteremo a La Valletta e di cui abbiamo da ultimo discusso con i nostri partner europei al Consiglio sviluppo dell'Unione europea del 26 ottobre scorso è quella di fornire risposte efficaci e di impatto visibile nel breve periodo ad un fenomeno che ha però radici profonde e strutturali. Tali risposte dovranno potersi integrare con le iniziative di medio-lungo termine, per assicurare continuità degli interventi, sostenibilità e appropriazione dei processi di sviluppo da parte dei Paesi africani. 
Il Governo, in conclusione, arriva all'appuntamento de La Valletta nella consapevolezza che si tratta di una tappa importante e significativa di un percorso di cooperazione tra il continente africano e quello europeo. Un percorso in cui il nostro Paese crede e sul quale vuole investire perché il tema dell'Europa e dei paesi africani è un tema attuale ed importante e che merita una grande attenzione, come il Governo sta facendo. Un percorso che, come Italia, siamo orgogliosi di aver contribuito a rafforzare e che deve sempre più basarsi sulla condivisione delle responsabilità per riuscire a governare efficacemente fenomeni complessi come quello migratorio. 
Su questi temi, quindi, occorre grande responsabilità, grande condivisione e un'effettiva ed efficace cooperazione internazionale che consente oggi all'Italia di svolgere, all'interno dell'Unione europea, un ruolo sempre più importante e prioritario. Quindi, per questo oggi è alta l'attenzione, come ho già detto, sul fenomeno delle migrazioni per favorire un approccio integrato, ovvero non esclusivamente limitato agli aspetti di sicurezza e di accoglienza. È su questa base che si sono proposte politiche ed azioni concrete e complementari per lo sviluppo socio-economico dei Paesi di origine dei flussi.

Replica

Mi ritengo soddisfatta e desidero ringraziare il sottosegretario per l'esaustività della sua risposta. Mi conforta sapere che il Governo terrà la barra dritta sull'aiuto allo sviluppo dei Paesi africani e che continuerà a trattare il tema dell'immigrazione con un approccio comprensivo non solo dell'assistenza ai Paesi partner nella lotta ai trafficanti e di una cooperazione rafforzata in merito alla politica di rimpatrio, ma anche e soprattutto della cooperazione allo sviluppo e del potenziamento degli investimenti in Africa. 
D'altronde credo che proprio la scelta di questo Governo di inserire nel disegno di legge di stabilità un forte incremento dei fondi destinati alla cooperazione internazionale sia il segnale migliore dell'attenzione del Governo stesso su questi temi. Credo, onorevole sottosegretario, che sia necessario ribadire la nostra posizione che lei ha espresso in quest'Aula anche nel vertice di La Valletta, posizione che più volte il Governo ha espresso nei vertici europei, una posizione che sin dall'inizio è stata chiara e che, a differenza di molti nostri partner europei, ha ben compreso che l'immigrazione in Africa non è un fenomeno transitorio, un fenomeno temporaneo ma un fatto strutturale, destinato purtroppo ad aggravarsi e ad aumentare a causa di quei conflitti locali, regionali, alla pressione demografica e a questa situazione di povertà che comunque continua ad essere disastrosa. 
Credo che se non si parte da qui, da tutte quelle misure che ricordava lei prima, sottosegretario, dalla lotta alla povertà, dalla sicurezza alimentare cioè da un approccio più inclusivo anche sui temi della sicurezza, un approccio che comprenda la lotta povertà, che comprenda lo sviluppo sostenibile economico di quei Paesi ma anche la tutela dei diritti umani, a poco serviranno altre misure che sono quelle di controllo delle frontiere e a poco servirà comunque in qualche modo mettere in campo quelle misure volte a limitare i flussi e a distribuire i migranti con status di rifugiati nei diversi Paesi dell'Unione europea. Qui desidero ringraziare il Governo e mi auguro che anche nel vertice di La Valletta, così come avvenuto in precedenza in diversi vertici europei, la nostra posizione sia una posizione forte, chiara e che riesca comunque a convincere anche quei partner europei che purtroppo su questo tema non hanno sempre avuto una posizione coerente.