27/06/2019
Lucia Annibali
2-00436

 La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   come riportato da numerosi organi di stampa, nei giorni scorsi sono accaduti due fatti davvero terribili che hanno al centro minori e donne vittime di violenza maschile;

   dagli stessi emerge che a Cremona una bambina di due anni è stata uccisa dal padre a cui era stata affidata per qualche ora. La bambina si trovava in una casa protetta insieme alla madre a seguito di un violento litigio durante il quale il marito aveva aggredito la moglie;

   a tal proposito la presidente della casa di accoglienza delle donne maltrattate (Cadmi) di Milano, su il Giorno di Cremona del 25 giugno 2019, chiede «perché non è stata emessa una misura cautelare sia da parte della Procura Generale ordinaria che della Procura Minorile di Brescia. Chi ha permesso al padre di incontrare la bambina e portarla via dalla struttura in cui era? Perché non sono state attivate le organizzazioni che sul territorio si occupano di violenza contro le donne?»;

   sempre nei giorni scorsi, a Padova, come riportato da il Corriere del Veneto del 20 giugno 2019, il giudice del tribunale civile ha stabilito l'affido dei figli a un padre già condannato in due gradi di giudizio per violenza e lesioni alla ex moglie, maltrattamenti in famiglia e violenza assistita. Stando a quanto è emerso, in sede civile si sarebbero pertanto ribaltati fatti e responsabilità già accertati in sede penale;

   in generale, troppo spesso si ritiene che i maltrattamenti nei confronti della moglie o della compagna non incidano sulle competenze genitoriali dell'uomo e nelle decisioni sull'affidamento dei figli minorenni prevale la regola generale dell'affidamento condiviso senza valutare il grave pregiudizio psicofisico causato ai figli dall'aver assistito alla violenza nei confronti della madre;

   questo si pone in palese violazione dell'articolo 31 della Convenzione di Istanbul, che impone di prendere in dovuta considerazione gli episodi di violenza vissuti dai figli minori «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli», della Cedaw, della direttiva europea 2012/29, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Tutti obblighi internazionali precisi che vanno rispettati come di fatto emerge dalla sentenza 29 gennaio 2016 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione;

   si sottolinea poi come nel contratto di Governo si prevede che «nell'ambito di una rivisitazione dell'istituto dell'affidamento condiviso dei figli, l'interesse materiale e morale del figlio minorenne non può essere perseguito se non si realizza un autentico equilibrio tra entrambe le figure genitoriali, nel rapporto con la prole. Pertanto sarà necessario assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori». Nello stesso documento si stabilisce altresì «l'introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell'alienazione parentale»;

   l'alienazione parentale, che non ha fondamento giuridico né scientifico, si pone in contrasto alla Convenzione di Istanbul e alla Convenzione dei diritti del fanciullo di New York, ed è spesso utilizzata in tribunale dalle difese di padri violenti o abusanti per giustificare il rifiuto dei figli nel frequentarli e addossare, in via pregiudiziale, la colpa alle madri, colpevoli di averli alienati;

   la Corte di cassazione stessa nel 2013 è ritornata sulla questione precisando che la sindrome da alienazione parentale (Pas) non gode di nessuna validità scientifica e pertanto «nei giudizi in cui sia stata esperita c.t.u. medico-psichiatrica [...] il giudice di merito è tenuto a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare» (Cassazione penale n. 7041 del 20 marzo 2013);

   queste prassi rischiano di deludere la richiesta di protezione e giustizia da parte delle donne vittime di violenza, non responsabilizzano i violenti e non proteggono i minori da cattivi padri;

   il tema dei rapporti tra le procure, quella ordinaria e quella minorile, deve essere affrontato nel solco dei princìpi fondamentali della Convenzione di Istanbul e di quella di Lanzarote che indicano le linee direttive nelle quali operare a tutela e protezione dei minorenni –:

   se il Governo non ritenga necessario attivarsi con la massima urgenza, sollecitudine e risolutezza, al fine di garantire la piena applicazione degli obblighi internazionali, anche al fine di assicurare una maggiore coerenza tra l'esito dei procedimenti penali e quello relativo all'affido dei figli minori, per scongiurare pericolose disfunzioni giudiziarie, come quelle citate in premessa, produttive di eventi drammatici e rischi incommensurabili per i minori e per le donne vittime di violenza e, alla luce di quanto previsto nel contratto di governo in tema di affido condiviso e alienazione parentale, come si intenda garantire che non vi siano violazioni degli obblighi internazionali a cui il nostro Paese deve dare piena attuazione.