11/04/2024
Piero De Luca
BOLDRINI, SERRACCHIANI e CIANI.
3-01142

Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Ilaria Salis, detenuta da oltre un anno in carcere a Budapest, è accusata di lesioni personali contro manifestanti neonazisti e appartenenza ad un'organizzazione antifascista, rischiando una condanna fino a 24 anni, in assenza, peraltro, di denuncia da parte degli aggrediti;

   la connazionale – che si è sempre proclamata innocente e ha rifiutato il patteggiamento scegliendo di sottoporsi al processo – è comparsa nelle udienze innanzi al tribunale ungherese con catene alle mani, ai piedi e alla vita, tenuta al guinzaglio da un agente;

   oltre a tale trattamento inumano e degradante, la famiglia e i legali hanno costantemente denunciato le sue condizioni detentive, in certi periodi «assimilabili alla tortura», insostenibili e del tutto incompatibili con gli standard europei di rispetto dei diritti umani dei detenuti: celle con spazi angusti e infestate da insetti, mancanza di igiene e indumenti, aerazione insufficiente, incompatibilità oraria tra doccia, ora d'aria e cambio lenzuola;

   il 28 marzo 2024 il tribunale di Budapest ha respinto nuovamente la richiesta della difesa di passare agli arresti domiciliari, da applicarsi questa volta in Ungheria; la prossima udienza si terrà il 24 maggio 2024;

   l'articolo 3 della CEDU, sottoscritta anche dall'Ungheria, prevede il divieto di tortura, pene o trattamenti inumani e degradanti. Tale norma è l'unica della Convenzione che non trova eccezioni o deroghe, neppure in circostanze gravi quali la lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata e rappresenta, come ribadito dalla Corte EDU, «un principio fondamentale delle società democratiche»;

   le condizioni detentive della Salis e l'uso, non necessario e sproporzionato alle esigenze di sicurezza, delle manette e catene durante il procedimento penale contrastano con la costante giurisprudenza della Corte EDU;

   l'articolo 33 della CEDU disciplina i ricorsi interstatali, prevedendo che: «Ogni Alta Parte Contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un'altra Parte Contraente»;

   le immagini mostrate da tutti i media della Salis in catene rischiano di instillare un pregiudizio di colpevolezza, in contrasto con la Direttiva (Ue) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza, che prevede che gli Stati membri adottino misure per garantire che indagati e imputati non siano presentati come colpevoli, in tribunale o in pubblico, attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica a meno che tali misure non siano necessarie per garantire la sicurezza o evitare il pericolo di fuga;

   la decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio sul reciproco riconoscimento dette decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, attuata in Italia con il decreto legislativo n. 36 del 2016, prevede la possibilità di applicare in uno Stato membro le misure alternative alla detenzione cautelare in attesa di processo in un altro Stato membro, in questo caso l'Ungheria. Ciò per garantire, in uno spazio comune europeo di giustizia basato sulla fiducia reciproca, il diritto per le persone sottoposte a procedimento penale e non residenti nello Stato del processo di non ricevere un trattamento diverso dai residenti;

   la decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, sul reciproco riconoscimento delle sentenze di condanna emesse dagli Stati membri UE, attuata nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 161 del 2010, consentirebbe successivamente l'esecuzione in Italia della eventuale sentenza di condanna pronunciata in Ungheria –:

   per quali motivi il Governo non si sia ancora attivato nelle competenti sedi al fine di deferire l'Ungheria alla Corte EDU per le gravi e continue violazioni della CEDU ai danni di Ilaria Salis;

   quali iniziative il Governo abbia posto e intenda porre in essere per ottenere l'esecuzione in Italia delle misure cautelari nei confronti della medesima.