30/01/2014
Alfredo Bazoli
Cominelli, Berlinghieri, Galperti
3/00598

 Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: 
come è noto il cromo VI è un metallo classificato come «cancerogeno certo» per l'uomo dalla IARC (International Agency for Reserach on Cancer); 
oltre all'esposizione per via inalatoria, soprattutto dei lavoratori addetti ad alcune lavorazioni, desta preoccupazione anche l'esposizione per via alimentare a causa della contaminazione delle falde acquifere ad opera dell'attività antropica, industriale o per versamenti di rifiuti industriali; 
gli studi sull'uomo della contaminazione dell'acqua potabile da cromo esavalente sono molto limitati data le difficoltà intrinseche per studi di popolazione. Tuttavia in uno studio condotto in Cina ove i livelli d'inquinamento erano particolarmente elevati, tanto da far considerare quest'area come la più inquinata al mondo e tra le poche che sono state oggetto di studi epidemiologici, è emerso un aumento statisticamente significativo dei tumori dello stomaco nella popolazione, che offre evidenza di una correlazione tra la presenza di cromo VI nelle acque e l'aumento del rischio di cancro; 
a maggio 2007 il NTP (US – National Toxicology Program) ha comunicato la conclusione di uno studio su ratti che indicano un netto aumento, statisticamente significativo e dose-risposta, di neoplasie dell'epitelio di rivestimento della mucosa orale e della lingua nei ratti maschi e femmine e di tumori del piccolo intestino nei topi maschi e femmine; 
sulla base di queste e altre evidenze scientifiche l'EPA della California ha adottato un limite per l'acqua potabile (Maximum Contaminant Level – MCL) di 10 microgrammi/litro di cromo VI nell'agosto 2013; 
i livelli ad oggi ammessi come concentrazione massima nelle acque potabili in Italia sono pari a 50 microgrammi/litro, e derivano dallo standard della Organizzazione mondiale della sanità del 1958, in origine assunto per il solo cromo IV, non tossico come il cromo VI, e poi assunto come riferimento per il cromo totale; 
nonostante ciò, il decreto legislativo n. 152 del 2006 fissa per il cromo VI un valore soglia di contaminazione delle acque sotterranee di 5 microgrammi/litro, che contrasta all'evidenza con il limite ammesso per le acque potabili; 
i dati pubblicati negli ultimi anni dalle autorità preposte circa la concentrazione di inquinanti nei pozzi dell'acquedotto di Brescia da cui viene prelevata l'acqua potabile per la città e l’hinterland hanno spesso indicato presenza significativa di cromo VI, per quanto entro i limiti di legge oggi in vigore di 50 mg/litro; 
in particolare, e da ultimo, il Corriere della sera del 25 settembre 2013 ha pubblicato i seguenti dati relativi ai livelli di cromo esavalente rilevati ad agosto 2013 (concentrazione in alcuni pozzi di Brescia e hinterland – dati ASL Brescia): 
nella località Lamarmora 1 il valore è 9; 
nella località Lamarmora 2 il valore è 7; 
nella località Lamarmora 3 il valore è 10; 
nella località Frao il valore è 8; 
nella località Chiesanuova 2 il valore è 7; 
nella località Folzano 1 il valore è 69; 
nella località Folzano 2 il valore è 52; 
nella località Sereno 1 il valore è 52; 
nella località Sereno 2 il valore è 30; 
nella località S. Anna il valore è 8; 
nella località Via del monte il valore è 14; 
nella località Campo Fiera il valore è 8; 
nella località Ospedale civile il valore è 13; 
nella località Via Triumplina il valore è 8; 
nella località Porta Venezia il valore è 11; 
nella località Villa Carcina il valore è 10; 
nella località Bovezzo il valore è 9; 
nella località Cellatica il valore è 12; 
nella località Concesio il valore è 21; 
questo fatto ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica tanto che in alcune scuole della città è stato chiesto dai genitori di non dare più acqua del rubinetto ai bambini –: 
se vi siano evidenze scientifiche, o in alternativa siano in corso studi finalizzati ad accertare gli effetti sulla salute umana della presenza in concentrazioni significative di cromo VI nell'acqua potabile; 
se, tenuto conto della obiettiva vetustà dei limiti oggi in vigore, dell'accertata e conclamata tossicità del cromo VI, della scelta di altri Paesi di abbassare notevolmente la soglia di tolleranza di presenza di tale composto nelle acque potabili, il Ministero e per esso gli organi competenti non ritengano opportuno rivedere il valore limite fissato per il cromo nelle acque potabili; 
se non si ritenga opportuno, in via precauzionale, dare indicazioni ministeriali che raccomandino il rispetto di valori limite più cautelativi di quelli attualmente fissati per le acque per il consumo umano; 
se non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, affinché gli enti preposti al controllo, in stretta collaborazione con l'ente gestore della rete di distribuzione idrica effettuino un sistemico rilevamento dei valori ed un sistematico incrocio «sia a rubinetto» che a «pozzo» nel tempo e per territorio significativo. 

Seduta del 3 marzo 2015

Risposta del Governo di Vito De Filippo, Sottosegretario di Stato per la Salute, replica di Alfredo Bazoli

Risposta del governo

Signor Presidente, onorevoli, inizio comunicando che la questione sollevata dalle interrogazioni in esame, attesa la significativa rilevanza cui sottendono, è da tempo all'esame del Ministero della salute e dello stesso Istituto superiore di sanità. 
Prima di entrare nella specifica questione attinente alla presenza di cromo esavalente nelle acque del territorio di Brescia, ricordo che, solo per il cromo esavalente, gli studi di tossicità disponibili nella letteratura scientifica hanno dato evidenza di effetti cancerogeni per via inalatoria, mentre per tutte le altre forme non ci sono evidenze di carcinogenicità o di attività mutagena. Infatti, l'Agenzia governativa ambientale degli Stati Uniti classifica il cromo esavalente ingerito nella classe D, cioè non cancerogeno. Questi dati, risultanti dalla letteratura internazionale, e comunque sempre sotto la stretta sorveglianza da parte delle autorità sanitarie, sono alla base della decisione dell'Organizzazione mondiale della sanità di mantenere per l'acqua potabile un valore di cromo totale pari a 0,050 milligrammi/litro. Nell'acqua il cromo è presente quasi esclusivamente nella forma trivalente che, essendo la più stabile, rappresenta la quota anche più significativa. Va anche sottolineato che il cromo trivalente è un oligonutriente essenziale, necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano e una carenza dello stesso cromo influenza la capacità dell'insulina di regolare il livello di glucosio nel sangue. 
Diversa, invece, è la valutazione di qualità ambientale, che, se determina una prevalenza di cromo esavalente, riflette la presenza di altri inquinanti con capacità ossidante, innestando in questo modo, di conseguenza, la necessità di approfondimenti analitici e tecnici sulla tipologia di inquinamento e sul rischio sanitario per differenti utilizzazioni della stessa risorsa idrica. 
Pertanto, ribadisco, non sussistono, allo stato, secondo anche l'approfondimento dell'Istituto superiore di sanità, adeguate evidenze che indichino l'attuale valore di parametro di 0,050 mg/litro di cromo totale nelle acque destinate al consumo umano, recepito sia nell'ordinamento europeo sia in quello nazionale con il decreto legislativo n. 31 del 2001, citato anche nell'interrogazione, non adeguatamente protettivo per la stessa salute umana. 
Nel nostro Paese, i requisiti di idoneità di un'acqua per il consumo umano, incluso l'utilizzo potabile ed altri impieghi domestici, sono stabiliti, come noto, dal citato decreto legislativo n. 31 del 2001, sulla base della conformità ai valori parametrici della direttiva comunitaria 98/83/CE, che è stata basata sulle conoscenze scientifiche disponibili, al fine di garantire che le acque possano essere utilizzate e consumate in condizioni di sicurezza all'interno dell'arco della vita. 
Dal punto di vista generale, com’è noto, il cromo è un elemento di transizione non presente in natura allo stato puro, ma in composti, in cui è presente in differenti specie chimiche stabili. La forma trivalente è considerata un nutriente essenziale per l'uomo e, come la forma bivalente, è associata ad una tossicità relativamente ridotta. 
In base alle attuali conoscenze scientifiche, la presenza di livelli apprezzabili di cromo esavalente nella acque potabili distribuite può essere riconducibile ad una o più cause, di norma individuabili tra quelle che di seguito vorrei elencare: prima, la contaminazione naturale o inquinamento antropogenico della risorsa idrica e concomitante inadeguatezza di un sistema di trattamento della stessa acqua captata; la seconda, contaminazione dei reagenti impiegati nel trattamento di potabilizzazione dell'acqua captata (in particolare calce e allume); terza, il rilascio da materiali e reagenti impiegati negli impianti di potabilizzazione e concomitante azione ossidante da parte di ozono durante il trattamento di pre-disinfezione di acque superficiali; quarta, la migrazione da materiali metallici (in particolare ghisa, acciai inox e connettori cromati) e cementizi impiegati nelle reti di distribuzione e successiva ossidazione da parte di alcuni biocidi impiegati in post-disinfezione. Questi sono un po’ gli elementi e le cause alla base della presenza di questo elemento nell'acqua. 
Mentre l'impatto delle fonti di contaminazione a monte della filiera idropotabile può essere limitato dall'adozione di un'adeguata strategia di rimozione, da implementare prima dell'immissione dell'acqua nel sistema di distribuzione, la parziale conversione ad opera del disinfettante residuo potenzialmente rinvenibile nelle reti acquedottistiche non è, allo stato attuale, totalmente controllabile. 
La quantità di cromo esavalente prodotto durante la distribuzione dell'acqua alle singole utenze è comunque influenzata da una serie di altri fattori (composizione chimica e chimico-fisica dell'acqua, composizione superficiale, vetustà e grado di corrosione delle stesse tubazioni, tempo di stagnazione dell'acqua nelle stesse reti) e può essere contrastata soltanto dall'azione riducente dello ione ferroso rilasciato dai materiali a contatto con l'acqua veicolata. 
Soprattutto rispetto a questo ultimo aspetto, il Ministero ritiene utile che, anche a supporto dell'analisi dei dati scientifici promossa nell'ambito della valutazione del rischio europeo, particolarmente nelle circostanze territoriali dove i dati di monitoraggio pregresso abbiano rilevato elevati livelli di cromo totale, possano essere acquisite informazioni relative alle concentrazioni delle specie di cromo presenti nelle risorse idriche captate e su quelle in distribuzione.  Su questo punto, è in corso una valutazione, da parte del Consiglio superiore di sanità, circa una raccomandazione per un'attività di monitoraggio specifico delle diverse specie presenti nelle risorse idriche captate e su quelle in distribuzione, al fine di considerare l'opportunità di specifiche misure gestionali in particolari circostanze territoriali. 
Da ultimo, per quanto attiene all'iniziativa in corso, anche da valutare come prospettiva futura, si osserva quanto segue. L'Istituto superiore di sanità, che da tempo monitora la questione in esame, ha comunicato che i propri rappresentanti sono intervenuti al convegno organizzato dalla regione Lombardia-ASL Brescia e dall'Istituto superiore di sanità, in data 20 ottobre 2014, dal tema: «Laboratorio Brescia, il cromo VI nelle acque potabili: aspetti di sanità pubblica», nel corso del quale si è preso atto di un programma di interventi impiantistici di rimozione del Cromo VI nella filiera idropotabile in corso ad opera del gestore idropotabile. In particolare, i dati presentati, riferivano: il completamento di una sperimentazione su un impianto pilota, un processo di filtrazione con esito positivo, controlli effettuati dal laboratorio di sanità pubblica della ASL sui campioni prelevati a valle dell'impianto, dai quali si evinceva come il trattamento consentiva l'abbattimento efficace del cromo totale ed esavalente così come del solfato ferroso, e il parere favorevole all'applicazione del processo da parte della stessa ASL; inoltre, la pianificazione di interventi sugli impianti esistenti nel sistema idropotabile dell'area di Brescia servita dal gestore che, con un progressivo upgrade, avrebbe consentito, entro il dicembre 2015, di mantenere la concentrazione di cromo VI a livelli inferiori a 2 grammi per litro in tutte le acque distribuite. 
Inoltre, nel corso dell'incontro in sede comunitaria del gruppo di esperti in materia di acqua potabile (direttiva n. 98/83/CE che ho citato) che si è svolto a Bruxelles in data 18 dicembre 2014, proprio su proposta dell'autorità sanitaria centrale italiana, che valuta la rilevanza della questione in esame, è stata posta all'ordine del giorno la necessità e l'urgenza di aggiornare i parametri di controllo previsti in direttiva di sostanze chimiche di interesse comune per gli Stati membri, tra le quali anche il cromo VI. A tale riguardo, è stata comunicata dalla Commissione europea la pianificazione di un accordo di cooperazione tra la Commissione europea e l'Organizzazione mondiale della sanità per la revisione tecnico-scientifica dei criteri che presiedono ai parametri e ai valori di parametro attualmente indicati nella direttiva n. 98/83/CE. 
Da ultimo, rassicuro gli onorevoli interroganti che stiamo provvedendo, secondo anche la loro richiesta, ad investire, per gli aspetti di competenza, il comando generale dei NAS.

Replica

Grazie Presidente, io ringrazio il sottosegretario per la risposta, che mi vede solo parzialmente soddisfatto, perché è vero quanto ha riportato il sottosegretario e, cioè, che i limiti che sono oggi posti dagli organismi internazionali sulla presenza di cromo esavalente nelle acque potabili sono limiti che in qualche modo dovrebbero individuare e garantire i consumatori rispetto alla tutela della salute, però nella risposta del sottosegretario non ho trovato evidenza di un dibattito scientifico che mi pare sia in aperta evoluzione e che dà conto di evidenze o elementi che suggeriscono probabilmente l'adozione di un principio di cautela e di precauzione un pochino più elevato quando si tratta di sostanze come il cromo esavalente che, come ricordava correttamente il sottosegretario, è una sostanza notoriamente cancerogena, che si sa che è cancerogena per inalazione, ma che si ha il sospetto che sia cancerogena anche quando viene ingerita all'interno appunto dell'acqua potabile. 
E lo dico facendo riferimento in particolare a una circostanza che io trovo significativa, e cioè che l'anno scorso l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare ha dato evidenza di uno studio scientifico in base al quale concentrazioni di cromo esavalente nelle acque potabili di 10 volte inferiori rispetto al limite considerato oggi sufficiente a tutelare la salute umana, possono essere a rischio per la salute dei soggetti considerati più deboli e che hanno difese immunitarie più deboli e, in particolare, dei bambini. 
Credo, quindi, che questo debba indurre anche l'Istituto superiore della sanità a un monitoraggio costante delle evoluzioni del quadro scientifico, perché credo che sia opportuno che questi limiti, che oggi sono posti e che risalgono agli anni Cinquanta, debbano trovare una specificazione un pochino più articolata per quanto riguarda, in particolare, il cromo esavalente. 
Do conto, poi, volentieri del fatto che il territorio bresciano – che è quello che a noi interessa e che negli ultimi anni è stato interessato da una presenza di cromo esavalente nell'acqua potabile che ha creato allarme all'interno della popolazione – oggi sta sperimentando un sistema di abbattimento della presenza di questa sostanza che oggi ci può consentire di dire che stiamo superando la fase critica; anche gli ultimi dati che ci vengono forniti dal gestore dell'acqua, del ciclo idrico, e dall'amministratore comunale di Brescia ci dicono che questo sistema ha consentito di abbattere a livelli rassicuranti la presenza di questo inquinante. 
Ciò non toglie, ripeto, che, a mio modo di vedere, sulla base della letteratura scientifica e del dibattito in corso a livello internazionale, il limite di 50 microgrammi per litro, che è stato posto dall'Organizzazione mondiale della sanità negli anni Cinquanta, sul cromo esavalente è un limite che oggi, secondo un principio di precauzione, non ci consente di garantire e rassicurare adeguatamente circa gli effetti non nocivi, appunto, di questa presenza per cui credo che su tale questione anche il Ministero attraverso i suoi organi debba, come dire, adottare un principio di precauzione che obblighi, comunque, ad una verifica puntuale dell'evoluzione del quadro del dibattito scientifico.