07/06/2016
Luca Sani
Faenzi
3–02292

Per sapere – premesso che: 
le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura ed alla zootecnia dai lupi hanno assunto negli ultimi anni dimensioni notevoli, con ripercussioni allarmanti che incidono negativamente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, anche sull'equilibrata coesistenza tra attività umane e specie animali; 
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), attraverso l'elaborazione di specifiche ricerche, ha rilevato che nel nostro Paese i lupi, dopo aver rischiato l'estinzione, si sono riadattati a sopravvivere in raggruppamenti, localizzabili in alcune aree isolate dell'Appennino centrale e meridionale, riapparendo successivamente in vaste zone lungo l'intera dorsale appenninica e sulle Alpi marittime, interessando anche aree con grande vocazione rurale e densamente popolate dall'uomo e da attività zootecniche; 
si sono registrati, negli ultimi mesi, attacchi di lupi ad aziende soprattutto nel Centro Italia, ultima in ordine di tempo quella che ha colpito nel mese di ottobre 2013 un allevamento ovino nel comune di Scansano (provincia di Grosseto) dove sono state uccise oltre 70 pecore; 
dalla dinamica di tali episodi (verificatisi in strutture protette da appositi recinti rinforzati) e dalle conseguenze spesso drammatiche degli attacchi (interi allevamenti vengono distrutti se ai capi uccisi si aggiungono quelli feriti gravemente ed i conseguenti problemi di riproduzione) risulta evidente che non si tratta di incursioni di lupi isolati, ma di veri e propri branchi che potrebbero, se tale fenomeno venisse sottovalutato, rappresentare un problema di sicurezza anche per l'uomo, soprattutto nelle zone marginali; 
in alcune aree del territorio nazionale ad alta vocazione agricola, l'incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi agli allevamenti sta quindi causando un inasprimento della tensione sociale, soprattutto tra le imprese e gli addetti interessati; 
tale fenomeno assume quindi i connotati di una vera e propria emergenza, che sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto; 
è utile inoltre ricordare che il fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle aziende zootecniche ed agricole ha già indotto la Commissione agricoltura della Camera dei deputati a svolgere, nel corso della XVI legislatura, una specifica indagine conoscitiva dedicata al fenomeno, alla quale ha fatto seguito l'avvio dell'esame di proposte di legge volte ad adeguare il quadro normativo vigente, che tuttavia non è stato possibile portare a conclusione entro la fine della legislatura; 
il lupo è tutelato, a livello internazionale, dalla convenzione di Berna («Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa»). L'articolo 9 della convenzione permette, in presenza di determinati presupposti, alcune deroghe alle rigorose disposizioni contemplate per le specie animali elencate; qualora non vi sia altra soluzione soddisfacente e la deroga non debba nuocere alla sopravvivenza della popolazione interessata, gli animali delle specie in questione possono essere abbattuti per prevenire, tra l'altro, danni significativi al bestiame; 
in base all'articolo 9 sopra citato, la Svizzera ha autorizzato l'abbattimento di alcuni lupi appartenenti alla popolazione presente nell'arco alpino e responsabili di gravi danni ad animali da reddito; 
a livello europeo il lupo (definizione ufficiale canis lupus) è una specie identificata e tutelata dalla direttiva 92/43CE (cosiddetta direttiva habitat); 
nonostante l'articolo 12 di tale direttiva vieti «qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata sulle specie», è permesso comunque agli Stati membri di mettere in atto delle azioni di gestione in deroga. L'uso di deroghe dipende interamente dalle autorità competenti degli Stati membri (in questo caso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) e deve soddisfare tre condizioni: 
a) dimostrare che la deroga è necessaria; 
b) dimostrare che non ci sia alternativa soddisfacente all'azione in deroga; 
c) dimostrare che l'azione in deroga non abbia impatto negativo sullo stato di conservazione della specie; 
in Francia (altra nazione dove sono frequenti attacchi di lupi alle aziende agricole e zootecniche) è stato recentemente presentato dal Governo il «piano per il lupo 2013-2017», dove è stata introdotta la possibilità di catturare gli «esemplari» per scopo «educativo». Comunque, sulla base dei parametri stabiliti dalla convenzione di Berna, in Francia non si potranno abbattere più di 11 lupi l'anno; 
non esiste in Italia una legge nazionale che regoli la conservazione o la gestione delle specie protette. La legge n. 157 del 1992, infatti, indica solamente che le specie protette non possono essere sottoposte a prelievo venatorio; 
in Italia «il piano di azione nazionale per la conservazione dei lupi», redatto dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), nel 2012 raccoglie una serie di raccomandazioni per gli enti locali da attuare in maniera sinergica e concordata. La sua validità era di 5 anni ed è quindi quanto mai necessario un aggiornamento capace di analizzare la situazione pregressa, anche al fine di elaborare protocolli di intervento che prevedano un monitoraggio continuo della popolazione ed azioni di prevenzione e salvaguardia capace di promuovere un'effettiva e persistente sostenibilità territoriale della presenza del lupo; 
è comunque necessario che ogni politica territoriale sulla gestione dei lupi sia basata su conoscenze scientifiche comprovate, su una pianificazione territoriale ampia e condivisa da tutti gli enti e le istituzioni preposte e su un compromesso sostenibile con l'ambiente, l'insediamento umano e le attività economiche e produttive inerenti; 
la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha approvato il 19 giugno 2013 una risoluzione congiunta (n. 8-00003: «Iniziative in materia di danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica o inselvatichita») che impegna il Governo, anche per ciò che concerne le politiche di gestione dei lupi, a proseguire iniziative di monitoraggio, studio e ricerca a livello nazionale coinvolgendo anche le istituzioni territoriali e le associazioni interessate, per promuovere misure efficaci e concordate di prevenzione e sostegno per i danneggiamenti subiti dalle aziende, utilizzando anche fondi europei. La risoluzione impegna inoltre l'Esecutivo ad «assumere in sede europea, previa verifica delle misure adottate da altri Paesi europei per fronteggiare problemi analoghi, le iniziative eventualmente necessarie per adeguare il quadro normativo vigente alle esigenze dell'agricoltura italiana, al fine di assicurare la sostenibilità delle attività agricole e zootecniche nel rispetto delle esigenze di tutela delle specie animali» –: 
se, alla luce di quanto espresso in premessa, non sia prioritario dare mandato all'Ispra di aggiornare «il piano di azione nazionale per la conservazione dei lupi» – comprensivo di un censimento dell'attuale presenza in Italia di tale specie animale – quale documento scientifico propedeutico a qualsiasi efficace e corretta politica di gestione di tale fenomeno; 
se non ritenga conseguentemente necessario, coerentemente con la risoluzione n. 8-00003, assumere provvedimenti urgenti al fine di introdurre gli strumenti più idonei a garantire un giusto equilibrio tra la presenza del lupo e quella degli allevatori, per salvaguardare al tempo stesso le attività di reddito per le comunità locali e la conservazione e la valorizzazione delle peculiarità faunistiche ed ambientali del territorio. 

Seduta del 7 giugno 2016

Risponde Silvia Velo, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare e replica Luigi Sani

Risposta del governo

Presidente, la conservazione e la gestione del lupo costituiscono un argomento che ovviamente catalizza l'attenzione di portatori di interesse e della società civile, suscitando ampio dibattito in tutte le sedi, inoltre polarizzata le posizioni su opposti schieramenti: da un lato le ragioni di che vede i danni provocati da questo predatore e dall'altro le ragioni di chi chiede la tutela della specie protetta. In questo contesto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è attivato per aggiornare il Piano d'azione del lupo risalente al 2002, e ovviamente oramai superato. Questo anche grazie al fatto che, a seguito di anni di impegno e risorse investite da parte delle amministrazioni pubbliche e di privati (non esiste alcuna specie protetta in Italia per cui si siano investite risorse maggiori che sulla protezione del lupo), lo stato di conservazione del lupo è oggi notevolmente – per fortuna, direi – migliorato: si stimano tra i mille e i 2 mila animali, contro i poco più di cento all'inizio degli anni Settanta, trattandosi peraltro di una delle specie selvatiche meglio studiate e conosciute. La più recente valutazione della IUCN, l'Unione internazionale per la conservazione della natura, indica per il lupo in Italia un rischio di estinzione inferiore rispetto al passato, dal momento che la specie non è più inserita nella categoria «pericolo di estinzione», ma nella categoria inferiore di «specie vulnerabile». 
Nell'ambito dell'attuazione della Strategia nazionale per la biodiversità, il Comitato paritetico per la biodiversità istituito con decreto ministeriale nel giugno 2011, al quale partecipano i Ministeri interessati, le regioni e le province autonome, è individuato quale organo atto ad istruire, approfondire e razionalizzare le iniziative, gli atti e i provvedimenti da sottoporre al vaglio della Conferenza Stato-regioni. Il citato Comitato ha predisposto il Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, con lo scopo di guidare la conservazione e la gestione della specie attraverso il coordinamento delle azioni da intraprendere ai diversi livelli istituzionali, al fine di assicurarne la protezione e garantire al tempo stesso una convivenza sostenibile con le attività antropiche, tra cui appunto l'allevamento. Il principio fondamentale alla base del Piano d'azione è la necessità di un approccio integrato che affronti in modo organico le differenti tematiche della conservazione del lupo. La bozza del documento è stata redatta nell'ambito di un ampio confronto con portatori di interessi e tecnici (una settantina dei migliori esperti in materia hanno fornito dati e informazioni utili per la stesura del Piano), ed è stata sottoposta al vaglio del Comitato paritetico nella seduta del 17 febbraio scorso. Successivamente sono stati acquisiti commenti ed osservazioni da parte di dodici regioni e province autonome, nonché quelli di diversi portatori di interessi tra cui le associazioni di protezione ambientale, le associazioni agricole, i rappresentanti delle aree protette ed esperti. 
Nell'ambito delle misure volte a migliorare lo stato di conservazione del lupo, sono state oggetto di approfondimento le ipotesi di deroga al divieto di prelievo, secondo quanto previsto dalla «direttiva habitat» e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, ponendo tuttavia una serie di prescrizioni più stringenti rispetto alla normativa vigente. Dato l'interesse sollevato dal Piano, il giorno 8 aprile 2016 si è tenuto presso il Parco nazionale della Maiella un'ulteriore occasione di confronto in cui sono state presentate le buone pratiche per il futuro del lupo in Italia: tutte le osservazioni sono state analizzate, e per la maggior parte integrate nella versione rivista e aggiornata del Piano d'azione. All'esito di questi aggiornamenti, il Piano prevede ora 22 azioni, oltre a quelle sulle deroghe che non si configura come un'azione in senso stretto perché costituisce una possibilità già prevista dalla legge; la cui operatività è stata peraltro subordinata alla realizzazione delle azioni relative alla prevenzione e all'indennizzo dei danni, e alla condizione che la limitazione non comporti rischi per lo stato di conservazione della specie. Per ogni azione sono indicati esplicitamente tempi, priorità, responsabili, programma e indicatori di realizzazione. Le principali modifiche rispetto alla versione originale presentata al Comitato paritetico per la biodiversità riguardano le azioni di prevenzione e mitigazione dei danni al bestiame domestico, di controllo del randagismo e degli ibridi, di applicazione delle deroghe, di attività di antibracconaggio, di sensibilizzazione, divulgazione e informazione. 
Con riferimento alle informazioni circolate anche attraverso gli organi di stampa, si specifica che nella bozza del Piano non è prevista alcuna quota di abbattimenti di lupi autorizzati a priori, concetto peraltro contrario alla «direttiva habitat», alla normativa nazionale e totalmente estraneo al Piano; ed in nessun punto del Piano si fa riferimento all'abbattimento di cani né all'interno delle aree protette, né al di fuori.
È fissata invece una precisa autolimitazione alla possibilità di deroga per il controllo del lupo, già consentita dalla normativa vigente. Per contro, il nuovo Piano d'azione stabilisce azioni mirate a migliorare le attività antibracconaggio, gestione delle problematiche legate all'ibridazione fra cani e lupi, di prevenzione dell'indennizzo di danno, di informazione e sensibilizzazione. 
Altri aspetti delicati trattati dal Piano sono il randagismo canino, causa di ingenti danni in termini di predazione di bestiame, da affrontare nell'ambito della legge n. 281 del 1991; così come l'ibridazione con i lupi, da risolvere nel quadro della medesima legge n. 281, e della legge n. 157 del 1992, oltre che attraverso varie esperienze sviluppate a livello locale, come ad esempio il ProgettoLife Ibriwolf. 
In data 6 maggio 2016, il Piano è stato trasmesso ai membri del Comitato paritetico per la biodiversità per un'ulteriore verifica e per l'approvazione con procedura online; è in corso la trasmissione del medesimo Piano d'azione alla Conferenza Stato-regioni, ai fini della relativa approvazione mediante accordo, così come previsto dalla legge n. 281 del 1997. A riguardo, si precisa che il nuovo Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia potrà essere reso effettivo sulla base di tempi tecnici necessari alla relativa approvazione in Conferenza Stato-regioni citata in precedenza. Inoltre, il nuovo Piano stabilisce azioni mirate a migliorare la convivenza tra il lupo e le attività umane, in primis le attività zootecniche: in particolare, vi sono azioni per migliorare le misure di prevenzione e l'indennizzo dei danni, misure che rientrano nella competenza delle regioni e per le quali sono anche attivabili specifiche misure nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale. 
Una volta attivate senza successo le misure di prevenzione e indennizzo, vi è la possibilità di ricorrere alla rimozione di singoli lupi, previa autorizzazione ministeriale da rilasciarsi sulla base di un parere di ISPRA. Inoltre, iniziative quali il Progetto Life WolfAlps lavorano sul territorio per sviluppare e diffondere esperienze e modalità di convivenza sostenibile con il lupo. Si ritiene infine che le misure di sensibilizzazione, divulgazione ed informazione previste dal nuovo Piano d'azione e le iniziative in corso di realizzazione e/o progettazione nei territori potranno contribuire ad una più efficace azione di prevenzione e di indennizzo dei danni, riducendo i conflitti e favorendo la convivenza pacifica tra il lupo e popolazioni locali. L'insieme di interventi di informazione, sensibilizzazione, prevenzione e indennizzo, e in ultimo di controllo mirano a ridurre i conflitti nelle aree maggiormente esposte, e a scongiurare il ripetersi di episodi come quelli avvenuti in passato nel territorio di Lessinia (Verona), allorquando l'intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare scongiurò peraltro l'esecuzione dell'ordinanza di abbattimento del sindaco di Verona, situazione che ha contribuito ad attivare l'aggiornamento del Piano d'azione.

Replica

Grazie, Presidente. Intanto, ritengo positivo che il sottosegretario abbia annunciato l'aggiornamento del Piano nazionale di conservazione del lupo, perché, da quando il Piano è stato adottato per la prima volta ad oggi, la situazione è profondamente cambiata. Lo stesso sottosegretario faceva riferimento a pochi capi fino a qualche anno fa fino ad una stima attuale di circa mille o 2 mila capi. Allora, intanto penso che un problema sia questo: sono mille o 2 mila ? E il fatto che oggi l'aggiornamento del Piano si ponga anche il problema di monitorare la presenza del lupo sul territorio nazionale è un passo in avanti molto importante, perché dovremo arrivare, senza parlare di deroghe circa l'abbattimento, a capire quanto la presenza del lupo sul territorio, e in particolare in alcuni territori, sia sostenibile e in equilibrio con il resto delle attività condotte. Sappiamo che, in alcune realtà, la presenza del lupo, che non è ancora ben censita, sta creando problemi di ordine sociale, di mantenimento delle attività, in particolar modo di quella zootecnica e, se non ben affrontata, la questione rischia di compromettere la conservazione del lupo che oggi è minacciata sostanzialmente da due aspetti. Il primo è quello del bracconaggio. Il bracconaggio nei confronti del lupo non lo si fa per passione verso la caccia, lo si fa a tutela delle attività zootecniche sul territorio, per lo meno i casi che sono stati riscontrati in varie realtà dimostrano proprio questo, che avvengono episodi bracconaggio laddove c’è un'intensa attività zootecnica. L'altro è quello dell'ibridazione. Naturalmente qui occorre prendere provvedimenti affinché se è il lupo che deve stare nel bosco, tutto ciò che non è lupo, e che lo può contaminare, dal bosco in qualche modo va prelevato. 
Per cui io mi auspico che oltre a questo ci sia, intanto una definizione di cosa è un ibrido, perché ad oggi la legge non affronta questo tema, e che sia anche l'occasione per rivedere la legge sul randagismo la n. 281 che costa molto, perché costa molto soprattutto alle amministrazioni locali, ed è del tutto inefficace. 
Quanto all'impatto, io vengo da un territorio che è quello della province di Grosseto che nel solo 2015 ha fatto registrare la denuncia di 1.200 capi uccisi dalla presenza del lupo, di ibridi, di altri cani randagi o di altra specie e, lo voglio sottolineare, sono solo i casi denunciati, a cui vanno sommate le ipotetiche non denunce di aggressioni alle greggi. Questo sta compromettendo la presenza di un settore importante non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale della zootecnia sui territori cosiddetti marginali. Questo non è compatibile con quanto anche la stessa Unione europea si prefigge con i propri programmi di mantenimento delle popolazioni, soprattutto nelle aree rurali, anche come funzione di presidio ambientale. 
Per cui mi auspico appunto che il piano di cui ha parlato il sottosegretario venga definito rapidamente e che quelle dodici azioni che sono state indicate siano portate avanti. Contestualmente, mi auspico che si proceda anche a una migliore definizione dal punto di vista normativo dell'ibrido e che sia anche l'occasione per rimettere mano alla legge n. 281 sul randagismo che molte ombre ha dimostrato. Comunque, ringrazio il sottosegretario e mi dichiaro parzialmente soddisfatto, perché naturalmente dovremo vedere poi gli effetti del piano che è stato oggi annunciato.