08/09/2015
Flavia Piccoli Nardelli
3-01676

 Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che: 
i musei, le biblioteche, gli archivi, gli edifici storici e gli istituti culturali sono parte fondamentale del patrimonio culturale italiano; 
l'Esecutivo ha più volte sottolineato come la crescita economica del nostro Paese passi anche dal rilancio dello straordinario patrimonio culturale italiano; 
con l'entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», tutte le strutture e i servizi culturali – ovvero musei, biblioteche, archivi, istituti e sistemi culturali in tutta Italia – dal 1o gennaio 2015 sono passati dalla competenza provinciale a quella di altri enti, regioni e comuni, che hanno responsabilità amministrativa riguardo i finanziamenti, la gestione delle attività e del personale; 
alla data odierna pochissime amministrazioni pubbliche hanno deliberato facendosi carico delle strutture e dei servizi culturali precedentemente di competenza delle loro province; 
per sensibilizzare la pubblica amministrazione su un tema così urgente per i beni culturali italiani, molte importanti associazioni del settore, tra le quali l’International council of museum – Unesco Italia, l'Associazione italiana biblioteche, l'Associazione nazionale archivistica italiana, il Mab (Coordinamento permanente di musei, archivi e biblioteche) hanno lanciato il 17 gennaio 2015 sul web e su alcuni social network la petizione pubblica «A chi compete la cultura?» indirizzata alle principali istituzioni coinvolte, che ha già raccolto migliaia di firme e che chiede la salvaguardia delle centinaia di musei, biblioteche, archivi diffusi su tutto il territorio nazionale; 
le organizzazioni fondatrici del coordinamento Mab, nella lettera inviata il 5 marzo 2015 alle autorità competenti, sollecitando una risposta sulla sorte dei servizi culturali svolti dalle province in materia di musei, biblioteche e archivi, a seguito dell'applicazione della sopra citata legge, hanno sottolineato che: «si riconoscono nelle posizioni assunte da Anci e Upi là dove esse prevedono che la gestione dei beni e delle attività culturali debba essere “di norma attribuito ai comuni” e ritengono altrettanto “essenziale ed imprescindibile sviluppare – e non smantellare – le azioni di sistema che le province e città metropolitane svolgono a supporto degli istituti culturali locali, in particolare per quelli situati nei comuni più piccoli”, elaborando “formule gestionali e modalità di sostegno al comune capoluogo interessato affinché il servizio bibliotecario o museale possa essere garantito”»; 
sarebbe opportuno: concertare con le associazioni degli enti locali soluzioni gestionali dei beni culturali valide per l'intero territorio nazionale nel quadro dei nuovi scenari istituzionali in corso di definizione; scongiurare il rischio di interrompere servizi pubblici di reti bibliotecarie, di sistemi bibliotecari, di sistemi museali e di reti archivistiche; predisporre soluzioni organiche alla loro gestione; 
il rischio concreto è che per molti dei beni culturali, delle reti di collaborazione e dei progetti nati attorno ad essi, l'applicazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, si traduca in una drammatica chiusura o in un drastico ridimensionamento dei servizi essenziali offerti al pubblico; 
gli organi di stampa nazionale già da tempo danno ampia informazione sulle difficoltà dei beni culturali ex provinciali: 4 biblioteche ex provinciali della Puglia rischiano la chiusura e già da qualche giorno hanno dovuto ridimensionare i servizi e gli orari di apertura nonostante siano frequentate da 270.000 utenti ogni anno, posseggono 685.000 documenti fra libri e carte d'archivio; la rete delle biblioteche bellunesi, così come anche alcune delle biblioteche presenti in Cadore, rischiano di chiudere o fortemente ridimensionare un servizio che nel 2014 ha garantito a 17 mila utenti di ottenere 151 mila prestiti di libri, dvd o cd musicali, realizzando un risparmio per la collettività di quasi 3 milioni di euro; la biblioteca provinciale «M. Delfico» di Teramo, la più antica e duratura istituzione culturale del territorio, che nel 2014 ha celebrato il duecentesimo anniversario della propria esistenza, rischia di scomparire per inadempienze della propria amministrazione di competenza –: 
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa e, in tal caso, quali iniziative intenda avviare al fine di scongiurare l'interruzione delle attività di tutela e valorizzazione dei beni culturali, nonché dei servizi per la pubblica fruizione di musei, archivi e biblioteche. 

Seduta dell'8 settembre 2015

Risposta del governo di Francesca Barracciu, sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, replica di Flavia Piccoli Nardelli.

Risposta del governo

Grazie, Presidente. L'onorevole Cesaro e l'onorevole Piccoli Nardelli chiedono, con atti parlamentari diversi ma sostanzialmente aventi il medesimo contenuto, di conoscere quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire l'apertura e il funzionamento di musei, biblioteche, archivi, istituti e sistemi culturali fino ad oggi di competenza delle province e salvaguardare le competenze maturate degli operatori culturali, garantendo gli attuali livelli di spesa, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 56 del 7 aprile 2014, la cosiddetta legge Delrio. 
  La legge n. 56 del 2014, richiamata dagli onorevoli interroganti, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, nel comportare significativi cambiamenti per le province italiane, non menziona tra le competenze dei nuovi enti la gestione dei beni culturali; essa, tuttavia, segna un mutamento profondo del modello di governo locale italiano, dettando un'ampia riforma in materia di enti locali, con l'istituzione delle città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province e una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni. 
  Tale legge prevede un articolato procedimento di redistribuzione delle funzioni amministrative tra regioni, città metropolitane, province e comuni, senza tuttavia entrare nello specifico sull'esercizio da parte delle province di compiti inerenti alla gestione dei beni culturali. Il Governo è ben consapevole del problema. Vorrei rammentare, a margine, l'impegno assunto, con l'obiettivo di preservare il patrimonio culturale delle province, lo scorso 9 marzo, con l'ordine del giorno n. 44 dell'onorevole Rampi, per «valutare l'opportunità di adottare utili iniziative in un quadro di competenza condivisa con le autonomie in cui la tutela dell'interesse pubblico soddisfatto da queste istituzioni trovi nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il riferimento per definirne il futuro. Strategico, infatti, è il ruolo degli istituti e dei luoghi della cultura per la diffusione della cultura stessa, della storia locale e per l'accesso di tutti all'informazione». 
  Al momento, nell'ambito dell'Osservatorio nazionale previsto dall'accordo dell'11 settembre 2014 tra il Governo e le regioni, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ai sensi dell'articolo 1, comma 91, della richiamata legge n. 56 del 2014, concernente l'individuazione delle funzioni di cui al comma 89 dello stesso articolo, è in corso il censimento di biblioteche, teatri, musei, archivi storici, istituti culturali, artistici e musicali e altri luoghi di cultura di proprietà provinciale, nonché del numero totale del personale impegnato e delle complessive spese di gestione. 
  L'elenco dei beni culturali e dei siti censiti sarà oggetto poi di una opportuna valutazione, con riguardo al possibile trasferimento degli stessi al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nell'ambito di appositi accordi di valorizzazione in base all'articolo 112 del codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di assicurarne la tutela e la valorizzazione, nonché di realizzare possibili economie di scala nella gestione e di costruire percorsi di visita integrati e coerenti sotto il profilo culturale. 
  Un accenno specifico e distinto va però riservato alle biblioteche e agli archivi. Come è noto, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 vennero trasferite alle regioni, tra le altre, le funzioni amministrative relative alle biblioteche di enti locali, ovvero tutti i servizi e le attività riguardanti le biblioteche anche popolari, dei centri di lettura appartenenti alla regione o ad altri enti anche non territoriali sottoposti alla sua vigilanza, o comunque di interesse locale, nonché il loro coordinamento reciproco con le altre istituzioni culturali operanti nella regione ed ogni manifestazione culturale e divulgativa organizzata nel loro ambito. Le regioni hanno naturalmente legiferato, ove hanno ritenuto, nella materia loro delegata. 
  Non si può che condividere con gli onorevoli interroganti la necessità di avviare iniziative per la salvaguardia dei sistemi bibliotecari provinciali e ritengo, nello specifico, che le regioni debbano rivedere con urgenza le rispettive normative al riguardo, per ridefinire le competenze istituzionali sui servizi culturali del territorio di pertinenza anche perché la realtà delle biblioteche di enti locali risulta assai variegata a livello nazionale: non esistono sistemi provinciali in tutte le regioni; in alcune zone le reti bibliotecarie sono di ambito interprovinciale o di area vasta, in altri casi ancora le biblioteche di ente locali fanno capo a sistemi regionali. Non tutte le aree del Paese, pertanto, attraversano in questo momento storico-politico le medesime vicende istituzionali. 
  Per questo motivo la nostra Direzione generale biblioteche e istituti culturali ha realizzato una prima indagine conoscitiva, impegnando proprie risorse tecnologiche ed umane, al fine di arrivare ad una conoscenza più approfondita della realtà bibliotecaria provinciale in termini di servizi e di patrimonio, considerato che in alcuni casi le biblioteche provinciali costituiscono il centro di estese reti territoriali, aperte anche a istituti bibliotecari di varia appartenenza (istituti culturali, scuole, enti religiosi), che forniscono servizi culturali integrati alla cittadinanza. 
  Per quanto riguarda gli archivi, abbiamo da tempo affrontato il problema della futura conservazione e accessibilità degli archivi storici delle province conducendo anche una ricognizione in merito alla loro collocazione e consistenza, nonché sulla natura demaniale o meno dell'edificio di conservazione, grazie al coinvolgimento delle soprintendenze archivistiche che istituzionalmente li tutelano e all'utilizzazione dei dati già presenti nel sistema informativo unificato delle soprintendenze archivistiche. Come sapete le province, che sono tenute dalla norma alla istituzione degli archivi storici, trovandosi oggettivamente in condizioni precarie dal punto di vista del personale e per carenze di spazi e di fondi da destinare agli archivi, sono ricorse all'istituto del deposito presso gli archivi di Stato per la tutela e la valorizzazione della propria documentazione. Archivi di Stato che sono così diventati il naturale luogo di deposito della documentazione delle province e ne hanno garantito la conservazione e la fruibilità. 
  Vi faccio l'esempio dell'Archivio di Stato di Ancona, Bergamo, Catania, Cosenza, Cremona, Grosseto, Novara, Perugia, Piacenza, Potenza, Ravenna Rieti, Savona, Terni, Ascoli Piceno, Bari, Camerino, Chieti, Ferrara, Foggia, Forlì, L'Aquila, Latina, Lecce, Macerata, Reggio Emilia, Rovigo, Salerno, Siracusa, Taranto, Teramo, Trento, Udine e Vercelli. 
  Una recentissima norma primaria affronta il tema disegnando il percorso che si dovrà seguire in questo specifico ambito, percorso che coinvolge più amministrazioni e prevede più passaggi. Come noto, infatti, il recente decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con la legge n. 125 del 2015 recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali» prevede, all'articolo 16, comma l-quater, un «Piano di razionalizzazione degli archivi» che: «Al fine di assicurare l'effettiva tutela del patrimonio culturale e garantire la continuità del servizio pubblico di fruizione dello stesso, nonché per razionalizzare la spesa, entro il 31 ottobre 2015, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia del demanio, previa intesa con la Conferenza unificata, è adottato un piano di razionalizzazione degli archivi e degli altri istituti della cultura delle province. 
  Il piano può prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il versamento agli archivi di Stato competenti per territorio dei documenti degli archivi storici delle province, con esclusione di quelle trasformate in città metropolitane ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56, e l'eventuale trasferimento al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo degli immobili demaniali di proprietà delle province adibiti a sede o deposito degli archivi medesimi. Con il medesimo piano possono altresì essere individuati ulteriori istituti e luoghi della cultura delle province da trasferire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, mediante stipula di appositi accordi ai sensi dell'articolo 112 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, tra lo Stato e gli enti territorialmente competenti». 
  Al fine di una preliminare analisi del disposto normativo sopra riportato, delle eventuali problematiche connesse, nonché al fine di concordare le modalità operative atte a consentire, nei termini indicati dall'articolo in argomento, la definizione del provvedimento previsto dalla normativa, posso anticipare, sin d'ora, che si svolgerà, a breve, un primo incontro con tutte le amministrazioni interessate.

Replica

 La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio il sottosegretario Barracciu per la risposta articolata, che ci aiuta a fare il punto sulla situazione oggi e a ricostruire i vari interventi messi in campo per risolvere la delicata questione del riordino dell'attribuzione delle competenze prima spettanti alla province su biblioteche, archivi e musei, a seguito del processo di riforma avviato con la legge «Delrio». 
  Mi dichiaro soddisfatta, sottosegretario, per l'attenzione dimostrata dal Ministero su questa complessa questione che, ricordo, interessa realtà culturali significative sul territorio nazionale che hanno patrimoni straordinari di carattere storico-artistico e contribuiscono a fornire servizi di informazione e di supporto agli studi per centinaia di migliaia di cittadini e sono protagoniste della vita culturale delle comunità di appartenenza. 
  Rilevo, con soddisfazione, che nell'ambito dell'Osservatorio nazionale, previsto dall'accordo del settembre 2014, si sta procedendo al censimento di tutto il patrimonio culturale di proprietà provinciale. Ricordo solo che le biblioteche provinciali sono almeno 43, tenendo conto soltanto di quelle che hanno patrimoni superiori ai 10 mila media. Ma, naturalmente, auspico che si tenga conto, in questo censimento, anche del numero totale del personale impegnato e delle complessive spese di gestione. 
  Ricordo che il ruolo delle province è stato particolarmente importante per la gestione e il finanziamento dei sistemi dei servizi bibliotecari, soprattutto al Nord ma anche al centro e al Sud, fornendo servizi a circa 40 milioni di cittadini. 
  La crisi istituzionale ed economica ha prodotto forti tagli e il ridimensionamento dei servizi. Sono state tagliate le iniziative relative a: informatizzazione, alfabetizzazione e promozione della lettura in un Paese, come il nostro, in cui lo scarso indice di lettura e di utilizzo cosciente del web sono fattori certi di debolezza competitiva per gli individui e per la società. 
  Fenomeno che, peraltro, si sta cercando di combattere con una legge sulla promozione della lettura e con l'Italia digitale. I tagli alle attività hanno causato proteste dei cittadini particolarmente vivaci nel Meridione, in cui spesso le biblioteche, soprattutto, sono l'unico presidio culturale garantito, gratuito e disponibile per tutti. Ritengo anche io, come il collega Cesaro, essenziale fare presto; purtroppo, i tempi di questo processo mettono seriamente a rischio la sopravvivenza delle realtà culturali di cui parliamo. 
  Sottolineo, quindi, la necessità di procedere rapidamente, accelerando le procedure per quanto possibile e tenendo conto del parere della Corte dei conti, che, nella relazione trasmessa al Parlamento sullo stato della finanza locale per il 2015, alla fine del luglio scorso, ha sottolineato come le risorse a disposizione rischino di non bastare a garantire servizi di primaria importanza legati all'attuazione della riforma Delrio. 
  I magistrati contabili hanno evidenziato come la forbice tra risorse correnti e fabbisogno per l'esercizio delle funzioni fondamentali, allo stato delle cose, tenda ad una profonda divaricazione, difficilmente sostenibile per l'intero comparto, e postulano l'adozione di interventi necessari a garantire servizi di primaria importanza. 
  L'argomento è di particolare gravità per gli archivi, in questo momento, per cui si è già stabilito un processo di trasferimento agli archivi di Stato. Sottolineo, infine, l'importanza di riconoscere il lavoro che è stato fatto in questi anni e di non mortificare realtà, come queste, che hanno saputo assicurare servizi di grande efficacia, che non sfigurano al confronto con quelli offerti da altri Paesi e che hanno garantito la diffusione della cultura sul territorio, la conoscenza della storia locale, l'accesso dell'informazione per tutti, garantendo sempre la crescita civile ed economica del Paese e confermandosi elemento di integrazione e di emancipazione del cittadino utente. 
  Se non riusciamo, sottosegretario, a fare fronte a questa emergenza e a trovare soluzioni che permettano alle biblioteche ex provinciali e alle reti di sistema di continuare a svolgere un ruolo efficace in zone deboli, rischiano di diventare improduttivi anche gli sforzi per adeguare il sistema dell'informazione, della cultura e della scuola stessa.