13/09/2016
Antonio Castricone
D'Incecco, Braga, Amato, Melilla, Fusilli
3–01500

Per sapere – premesso che: 
la testata de Il Fatto Quotidiano riporta in forma anonima le dichiarazioni virgolettate di due giudici popolari al processo presso la corte di assise di Chieti concernente la mega discarica di Bussi e l'inquinamento legato agli impianti ex Montedison; 
la procura di Pescara aveva chiesto la condanna per i 19 imputati a pene che variavano da 4 a 12 anni per avvelenamento doloso delle acque e inquinamento doloso; 
la sentenza della corte d'assise, pronunciata in data 19 dicembre 2014, ha invece assolto tutti dal primo reato perché il fatto non sussiste e derubricato il secondo a colposo, cosa che ha comportato una riduzione della pena a 5 anni poi prescritta; 
nelle dichiarazioni al giornale viene affermato testualmente che in un caso un giudice «non era serena quando hanno emesso la sentenza» e aggiunge «ma le dico di più: non abbiamo mai letto gli atti del processo» e nell'altro che «soprattutto nelle motivazioni proprio non mi riconosco»; 
secondo la loro versione i giudici popolari non hanno letto un solo atto del processo in quanto affermano testualmente: «Ci siamo rifatte alle slide viste in udienza e alle parole sentite in aula»; 
sempre le due intervistate hanno rivelato che durante una cena con il giudice Romandini questi avrebbe spiegato loro che sempre come riportato testualmente «se avessimo condannato per dolo, se poi (gli imputati ndr) si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente chiedendoci i danni e avremmo rischiato di perdere tutto quello che avevamo»; 
è evidente che tali dichiarazioni necessitano di un approfondimento in considerazione della delicatezza della questione che riguarda una comunità e un territorio profondamente segnati e sulle ombre che vengono a palesarsi sul giudizio e sull'intero processo; 
i due giudici popolari, come riportato nell'articolo, hanno affermato di essere «disposte a confermare tutto dinanzi ai giudici e se un magistrato ci chiama racconteremo la nostra verità». Il giudice Romandini, presidente della corte d'assise, nello stesso articolo contattato risponde di non poter commentare le dichiarazioni dei giudici popolari – che si assumono la responsabilità di ciò che dicono – perché tenuto alla segretezza di quanto accaduto in camera di consiglio ed afferma che i giudici «sono stati messi nelle condizioni di poter decidere. E nella massima correttezza e trasparenza» –: 
alla luce di quanto riportato in premessa, se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative, il Ministro interrogato intenda adottare in relazione alla vicenda ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza.

Seduta del 13 settembre 2016

Risponde Migliore Gennaro, Sottosegretario di Stato per la giustizia, replica Antonio Castricone

Risposta del governo

Gli atti ispettivi prendono le mosse da articoli di stampa che rivelano le confidenze di alcuni giudici popolari circa le presunte pressioni subite da parte del Presidente della Corte di assise di Chieti, dinanzi alla quale si era svolto il processo in primo grado per la vicenda relativa alla discarica di Bussi. In particolare, i due giudici popolari hanno dichiarato di non essere stati sereni nella fase della redazione della sentenza, di non aver letto gli atti del processo, che si erano «rifatti alle slideviste in udienza e alle parole sentite in Aula» – questa è una citazione delle persone citate – e che non si riconoscevano nelle motivazioni poste a fondamento della decisione. 
Hanno, altresì, riferito che, poco prima dell'udienza di discussione, vi era una cena tra giudici togati e popolari, nel corso della quale il presidente del collegio, il dottor Camillo Romandini, avrebbe lasciato intendere ai giudici popolari, orientati ad una decisione di condanna, che, ove fosse stato riconosciuto il dolo e la sentenza fosse stata ribaltata nei successivi gradi di giudizio, avrebbero corso il rischio di dover risarcire gli imputati in caso di azioni di danni a carico dei giudici. Su tali premesse, gli onorevoli interroganti chiedono di conoscere le iniziative adottate dal Ministero in merito alla vicenda de qua. 
Orbene, il processo in parola, iscritto al n. 213 R.G.C.A., in cui venivano contestati all'organo requirente i delitti di avvelenamento di acque e di disastro ambientale a carico di numerosi amministratori di società di rilievo nazionale, in particolare Montedison, e di enti pubblici locali, si è definito dinanzi alla Corte di assise di Chieti il 19 dicembre del 2014 con pronuncia di assoluzione degli imputati per il reato di avvelenamento delle acque e di proscioglimento per intervenuta prescrizione per la fattispecie di disastro ambientale, previa derubricazione nell'ipotesi colposa.
In ordine, invece, ai fatti riportati dagli interroganti, con specifico riguardo alle dichiarazioni rese dei predetti giudici popolari, sopra richiamati, mi preme rappresentare che il Ministro, nell'esercizio delle proprie prerogative, ha prontamente avviato, per il tramite delle competenti articolazioni, gli accertamenti volti a fare piena luce sulla vicenda riportata dagli organi di stampa. 
All'esito dell'istruttoria, lo scorso mese di maggio il Ministro ha promosso l'azione disciplinare nei confronti del dottor Camillo Romandini, per violazione degli articoli 1 e 2, comma primo, letterae), del decreto legislativo n. 109 del 2006, per avere ingiustificatamente interferito nella libertà di determinazione dei giudici popolari componenti del collegio della Corte di assise dallo stesso presieduto, ponendo in essere condotte idonee a condizionarne la serenità di giudizio.
Analoga iniziativa è stata promossa dalla procura generale presso la Corte di Cassazione. 
Da ultimo, si rappresenta che il procedimento penale a carico del dottor Camillo Romandini, originato dalle propagazioni giornalistiche, è stato definito con decreto di archiviazione dal Gip del tribunale di Campobasso in data 5 gennaio 2016, come comunicato dal procuratore della Repubblica di Campobasso.

Replica

Grazie Presidente, grazie sottosegretario. Il mio è un giudizio di soddisfazione in un contesto di una risposta che arriva, ovviamente, diversi mesi dopo, più di un anno dopo, dalla presentazione dell'interrogazione, e ovviamente che vede in questo lasso di tempo il verificarsi di fatti, di risposte, che ovviamente sono ricomprese nelle cose che diceva il Sottosegretario. 
Soddisfazione perché ovviamente è stata avviata un'azione ispettiva e disciplinare nei confronti del giudice e perché penso che – rispetto a questo processo che in un pezzo importante di territorio abruzzese, ma forse nell'immaginario complessivo dell'Abruzzo, rappresenta molto in termini ambientali e di tutela della salute pubblica, nonché in termini di sviluppo – aver letto le dichiarazioni, così come riportate nella risposta da parte di giudici della Corte d'Assise, ha destato in tutta la popolazione una forte preoccupazione rispetto alla trasparenza del processo, rispetto alla serenità con cui hanno giudicato, nella difficoltà che può rappresentare per una Corte fatta da giudici popolari, che però aveva necessità assoluta di chiarezza, quindi la soddisfazione appunto è quella dell'azione disciplinare e anche rispetto a quello che è stato poi fatto dal Gip di Campobasso, perché comunque è necessario e doveroso che ci sia sempre rispetto su questo. 
Era ed è giusto che su questo punto venisse spesa una parola di chiarezza, perché molto si è detto, molto è ancora in discussione, e quindi, rispetto a questo, pur se con un tempo molto lungo, esprimo ulteriormente la mia soddisfazione per quanto il Ministro e il Ministero hanno attivato in questi mesi.