20/05/2014
Cristina Bargero
Roberta Agostini, Fabbri, Fiorio, Paola Bragantini, Lauricella, Manzi, Colaninno, Cominelli, Baruffi, Mauri e Bruno Bossio
3-00836

Per sapere – premesso che: 
   con sentenza del 16 agosto 2011, confermata in grado di appello e quindi in Cassazione, il tribunale per i minorenni di Torino ha dichiarato lo stato di adottabilità di una bambina avente all'epoca poco più di un anno, disponendone l'immediata collocazione in famiglia affidataria; 
   con sentenza del 22 ottobre 2012 (v.g. 1030/2011), la corte d'appello di Torino, nel respingere l'appello proposto dai genitori naturali, disponeva inoltre l'immediata sospensione degli incontri periodici, in condizioni protette, degli stessi appellanti con la bambina; 
   risulta all'interrogante che il procedimento di volontaria giurisdizione ex articoli 333-336 codice civile – poi sfociato nella dichiarazione dello stato di adottabilità della minore – sia iniziato soltanto 9 giorni dopo la sua nascita, con ricorso del pubblico ministero teso a richiedere in via di urgenza la permanenza della bambina in ospedale sino alla conclusione degli accertamenti sull'idoneità dei genitori alla loro funzione; 
   il ricorso del pubblico ministero si basava in particolare – oltre che su informazioni sui genitori acquisite, nel ambito di altro procedimento, ai fini della valutazione dell'idoneità all'adozione internazionale – su «caratteristiche personali evidenziate pur dopo la nascita della bambina» e dunque in quei pochissimi giorni, «consistenti in distanza emotiva, resistenza ad indagare su di sé, rifiuto degli aiuti proposti; una difficoltà di accudimento riferita dagli operatori ospedalieri»; 
   poco più di un mese dopo la nascita, la bambina, una volta uscita dall'ospedale su autorizzazione del tribunale, veniva allontanata dai genitori a seguito di un episodio che aveva dato origine a un procedimento penale per abbandono di minore, conclusosi con la sentenza di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato, non essendosi riscontrati né il dolo né tantomeno la situazione di pericolo per il minore presupposti dalla fattispecie; 
   la conferma del provvedimento di allontanamento della minore, collocata presso una famiglia (di parenti) in affidamento e la definitiva dichiarazione del suo stato di adottabilità sono stati motivati, in primo grado e quindi in appello, essenzialmente in base alla ritenuta inidoneità dei genitori a svolgere la loro funzione, non per la sussistenza di particolari disagi o patologie psichiche (non riscontrate in sede di consulenza tecnica d'ufficio), ma per l'incapacità di entrambi i coniugi «di 
attivare una relazione primaria, capace di promuovere un holding adeguato, l'interazione e la comunicazione con la bimba, minando fin dall'origine le capacità genitoriali», rilevando come la bambina fosse «figlia di un bisogno narcisistico (...) e di un desiderio onnipotente che nel tempo si è andato vieppiù disancorando dai dati di realtà e dal legame col mondo esterno delle emozioni»; 
   tali rilievi hanno consentito al tribunale prima e alla corte d'appello poi di superare finanche l'obiezione della difesa, tesa a dimostrare la difficoltà per due persone divenute genitori da così poco tempo, di instaurare un rapporto pienamente ottimale con la bambina in un lasso di tempo – quale quello, di 18 giorni, compreso tra la nascita e il collocamento della bimba presso la famiglia affidataria – indubbiamente breve; 
   a prescindere dalla sua correttezza sotto il profilo formale, la decisione dell'allontanamento di una bimba di soli 18 giorni dai propri genitori naturali, in ragione della loro mera inadeguatezza a instaurare con la figlia un'interazione proficua, ma in assenza – parrebbe – di comprovate condotte pregiudizievoli per il suo benessere e comunque prima del decorso di un lasso tempo sufficiente a valutare, in maniera ponderata, l'effettiva capacità della coppia di assolvere alla propria funzione genitoriale, solleva talune perplessità; 
   non meno scevro da criticità appare l'avvio di un procedimento di volontaria giurisdizione ex articolo 333 codice civile a soli 9 giorni dalla nascita di una bambina e sulla base di presupposti – distanza emotiva dei genitori, difficoltà di accudimento della bimba e altro – che non appaiono gravi al punto da giustificare tale scelta; 
   per quanto in alcuni casi simile intervento possa essere, proprio perché tempestivo, particolarmente risolutivo e determinante, in ipotesi quali quella in esame, nella quale la maggiore difficoltà dei genitori sembrerebbe risiedere nell'adeguarsi pienamente e concretamente al loro nuovo ruolo, l'intervento di un organo e di una supervisione esterni può invece rischiare di aggravare tale difficoltà; 
   il caso in esame, a prescindere dalle peculiarità che lo caratterizzano e dagli aspetti processuali, dimostra l'opportunità di una riflessione in ordine ai presupposti, alle condizioni e alle garanzie da osservarsi per l'attivazione del procedimento di volontaria giurisdizione ex articolo 333 codice civile; 
   in tal senso potrebbe essere utile anche la previsione di una più dettagliata articolazione delle modalità da seguire in relazione alle diverse fattispecie che possano verificarsi, tenendo conto peraltro dell'esigenza di assicurare ai genitori, almeno in casi non particolarmente problematici, un lasso di tempo sufficiente ad adeguarsi alla funzione genitoriale; 
   se non si reputi opportuno avviare una riflessione sulla disciplina del procedimento ex articolo 333 codice civile, tale da renderlo maggiormente conforme alle varie peculiarità che possono caratterizzare quelle condotte «pregiudizievoli ai figli» disciplinate dalla norma; 
   se non ritenga opportuno approfondire anche la disciplina di cui all'articolo 403 codice civile, in particolare al fine di specificare meglio i presupposti e le condizioni per l'intervento dell'autorità pubblica a favore dei minori e la relativa procedura; 
   se non ritenga meritevole di ulteriori precisazioni – anche sotto il profilo procedurale e dell'onere motivazionale in sentenza – la disciplina della dichiarazione di adottabilità del minore di cui al Capo II della legge n. 184 del 1983.

Seduta del 16 maggio 2017

Risposta del Governo di Gennaro Migliore Sottosegretario di Stato per la Giustizia, replica di Cristina Bargero

Risposta del governo

Grazie, signor Presidente. Con l'atto di sindacato ispettivo, gli onorevoli interroganti sollevano una serie di perplessità in ordine alla vicenda giudiziaria di una minore, nel cui interesse sarebbe iniziato, soltanto nove giorni dopo la sua nascita, un procedimento di volontaria giurisdizione, ai sensi degli articoli 333-336 del codice civile, innanzi al tribunale per i minorenni di Torino, successivamente sfociato in un procedimento in primo grado, concluso in data 4 agosto 2011 con sentenza che dichiarava lo stato di adottabilità della bambina.

La richiamata vicenda offre lo spunto agli onorevoli interroganti per chiedere al Ministro della giustizia se non sia il caso di avviare una riflessione sulla disciplina del procedimento di cui al citato articolo 333 del codice civile, relativo alle iniziative giudiziarie in caso di condotta del genitore pregiudizievole, sulla disciplina dell'articolo 403 del codice civile, relativo all'intervento della pubblica autorità a favore dei minori, al fine di meglio specificare i presupposti e le condizioni per l'intervento della stessa nonché, infine, sulla disciplina della dichiarazione di adottabilità del minore, di cui al capo II della legge n. 184 del 1983, anche sotto il profilo procedurale e dell'onere motivazionale in sentenza.

Ai fini di una compiuta risposta all'atto di sindacato ispettivo in discussione, si rende preliminarmente opportuno ripercorrere la richiamata complessa e drammatica vicenda giudiziaria. Sulla base degli elementi forniti dal competente Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che ha provveduto ad acquisire elementi conoscitivi presso gli uffici giudiziari relativi ai titolari dei relativi procedimenti, emerge quanto segue.

In data 4 giugno 2010 il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Torino chiedeva al tribunale di aprire un procedimento di volontaria giurisdizione, ai sensi degli articoli 333 e 336 del codice civile, nell'interesse della minore in questione, nata il 26 maggio 2010, chiedendo che la stessa permanesse in ospedale fino a conclusione di approfondimenti sui genitori e sulle loro capacità, in ragione degli elementi emersi dagli atti di un fascicolo affari civili, in parte richiamati dallo stesso atto di sindacato in discussione. A seguito di tale richiesta, il presidente del tribunale disponeva la convocazione dei genitori ed in esito ad essa, in data 9 giugno 2010, autorizzava le dimissioni della minore dalla struttura ospedaliera, dando incarico al servizio sociale ed al servizio di neuropsichiatria infantile di prendere in carico il nucleo familiare per interventi di sostegno.

Successivamente, in data 30 giugno 2010, a seguito di un episodio verificatosi il 28 giugno, in occasione del quale la piccola era stata lasciata dai genitori nell'automobile parcheggiata davanti all'abitazione per un lasso di tempo considerevole e che aveva richiesto l'intervento del servizio sociale della locale stazione dei Carabinieri, ai sensi dell'articolo 403 del codice civile, la procura chiedeva la conferma del provvedimento di allontanamento, adottato ai sensi della citata disposizione, nonché l'apertura di una procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore e, infine, la temporanea collocazione della bambina presso famiglie affidatarie.

Il tribunale, con decreto del 2 luglio 2010, richiamato il precedente provvedimento, in base all'episodio del 28 giugno e alle osservazioni degli operatori riportate in una relazione del 29 giugno, ordinava l'apertura del procedimento per l'eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità della minore, sospendendo la potestà dei genitori e nominando un tutore provvisorio ed un curatore speciale; confermava l'inserimento della minore in idonea famiglia affidataria, permettendo gli incontri tra genitori e bimba con la massima frequenza possibile; disponeva consulenza tecnica d'ufficio in ordine alla personalità di entrambi i genitori rispetto alla genitorialità nonché alle condizioni psicofisiche della minore, alla sua relazione con le figure genitoriali ed al rischio evolutivo.

All'esito dell'articolata istruttoria, nel cui ambito venivano acquisite le relazioni dei servizi sociali, auditi i genitori e gli affidatari e veniva disposta perizia sulla personalità di entrambi i genitori, con sentenza n. 133 del 16 agosto 2011, il tribunale per i minorenni di Torino dichiarava lo stato di adottabilità della minore, disponendone l'immediata collocazione in famiglia affidataria avente i requisiti per la futura eventuale adozione.

A fondamento della decisione, il tribunale poneva la considerazione di alcuni elementi oggettivi, tra cui la pregressa ritenuta inidoneità della coppia all'adozione internazionale e la situazione personale dei due genitori, il richiamato episodio del 28 giugno 2010, e dava altresì conto degli esiti della perizia all'uopo disposta sulla capacità genitoriale.

La corte d'appello di Torino, all'esito di nuova istruttoria, nel cui ambito veniva disposta un'ulteriore perizia, confermava, con sentenza n. 150 del 22 ottobre 2012, la pronunzia del giudice di prime cure. Avverso detta pronunzia, i coniugi proponevano ricorso per Cassazione, che veniva rigettato con sentenza n. 25213, depositata in data 8 novembre 2013.

Formatosi, dunque, il giudicato sulla pronunzia della corte d'appello relativa allo stato di adottabilità, il tribunale di Torino, con sentenza n. 318 del 2014, dichiarava l'adozione della minore, che già dal 2011 era stata inserita presso una famiglia in possesso dei requisiti per la futura adozione.

A seguito di ricorso per revocazione proposto dai coniugi, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13435 del 30 giugno 2016, ha revocato la citata sentenza della Cassazione n. 25213 del 2013 ed ha cassato la sentenza d'appello della Corte d'appello di Torino n. 150 del 2012, che dichiarava lo stato di adottabilità della minore, rinviando dunque gli atti alla medesima corte per l'esame del merito.

La Corte d'appello di Torino, nuovamente investita del caso, con sentenza n. 21 del 21 febbraio 2017 e pubblicata il successivo 11 marzo, a seguito di riassunzione del giudizio da parte dei coniugi, ha rigettato l'appello, confermando la sentenza del tribunale per i minorenni di Torino n. 133 del 2011, che dichiarava l'adottabilità della minore medio tempore adottata. La pronuncia da ultimo resa dalla Corte d'appello è suscettibile di ricorso per Cassazione.

Così riepilogata l'articolata vicenda da cui prende le mosse l'atto di sindacato ispettivo sul tema posto, in via generale, dagli onorevoli interroganti, va rilevato che il provvedimento di allontanamento del minore dalla propria famiglia, disciplinato dall'articolo 333 del codice civile, intende assicurare la tutela dell'integrità psicofisica del minore, eliminando una situazione di grave pericolo per lo stesso. Tale provvedimento, inoltre, rappresenta un'estrema ratio a cui si ricorre in via residuale, solo nei casi in cui altri tipi di misure, anch'esse genericamente previste dal citato articolo 333 del codice civile, che parla appunto di provvedimenti, risultino insufficienti ad assicurare la tutela dell'interesse prioritario del minore.

In ordine all'opportunità, sollevata dagli onorevoli interroganti, di una maggiore tassatività di tale disciplina, va considerato che la materia in esame, per la sua estrema delicatezza e complessità, difficilmente può essere irrigidita in forme procedimentali predefinite ex lege, dovendosi piuttosto valutare caso per caso le modalità e i provvedimenti più idonei a garantire la tutela del minore.

In proposito preme rappresentare che, nella prassi giurisprudenziale, la misura dell'allontanamento viene di regola disposta per fronteggiare, spesso con carattere d'urgenza, proprio i casi in cui l'inadeguatezza dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, o comunque conviventi con il minore, produca effetti di tale gravità da necessitare l'interruzione immediata dei legami interpersonali, risultando inadeguati interventi meno incisivi.

Con riguardo, invece, alla disciplina di cui all'articolo 403 del codice civile, relativa all'intervento della pubblica autorità a tutela dei minori, si segnala che lo scorso 17 febbraio è stata presentata una proposta di legge - l'Atto Camera 4299 - di iniziativa parlamentare, attualmente assegnata alla II Commissione (Giustizia) della Camera dei deputati in sede referente, avente ad oggetto la modifica della citata disposizione nei termini sollecitati dagli onorevoli interroganti.

Detta proposta, infatti, prevede, ad integrazione della norma attualmente vigente per i casi di allontanamento dei minori dall'ambiente di origine, la prassi di collocarli, ove ciò sia possibile, presso i parenti entro il quarto grado di accertata idoneità, piuttosto che presso estranei o istituti, al fine di evitare che gli stessi possano subire ulteriori traumi.

Inoltre, sul versante procedurale, prevede che l'autorità procedente, nelle 24 ore successive all'adozione del provvedimento, ne dia notizia al procuratore presso il tribunale per i minorenni per la tempestiva assunzione dei più opportuni provvedimenti, ai sensi dell'articolo 336 del codice civile nonché, ove ne ricorrano le condizioni, degli articoli 9 e 10 della legge del 4 maggio 1983, la n. 184, in materia di adozione. Con specifico riferimento a quest'ultimo tema, in particolare alla dichiarazione dello stato di adottabilità, preme segnalare che la legislazione italiana è una delle più evolute e sensibili nella previsione di una disciplina volta a tutelare il prioritario diritto del minore di vivere con i propri genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, come espressamente previsto dall'articolo 1 della legge n. 184, del 1983. In tale quadro, recepito dalla giurisprudenza costituzionale e dalla Corte di Cassazione, l'allontanamento del minore dalla sua famiglia naturale, così come la dichiarazione dello stato di adottabilità del medesimo, rappresentano - si ribadisce - una extrema ratio. Va altrettanto segnalato, in risposta agli onorevoli interroganti, che il nostro ordinamento prescrive un generale obbligo motivazionale per tutti i provvedimenti giurisdizionali, ivi incluso dunque quello dichiarativo dello stato di adottabilità del minore.

Tanto rappresentato in ordine alle specifiche richieste degli onorevoli interroganti, giova ricordare, più in generale, che il Governo e il Ministro della Giustizia riservano la massima considerazione al tema della famiglia in tutte le sue declinazioni. In tale prospettiva si inserisce il disegno di legge di delega al Governo per l'emanazione di disposizioni per l'efficienza del processo civile di recente approvato alla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato. Il progetto governativo di riforma infatti, proprio con l'obiettivo di assicurare nella materia del processo di famiglia la massima specializzazione, prevede l'istituzione di sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori, e di gruppi specializzati nella medesima materia presso le procure della Repubblica in sede distrettuale. Prevede inoltre la ridefinizione dei riti dei procedimenti attribuiti alle predette sezioni specializzate secondo criteri di tendenziale uniformità, speditezza e semplificazione, anche per i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile, nonché per l'esecuzione dei relativi provvedimenti. A tale riguardo, e ai fini che rilevano in questa sede, nell'esercizio della delega dovrà essere definita una disciplina dettagliata dell'intervento della pubblica utilità e del rapporto di questa con le competenti sezioni specializzate e con il relativo ufficio del pubblico ministero, così da rafforzare il raccordo delle iniziative a tutela dei minori. Inoltre, dovrà essere puntualmente regolato il procedimento per l'esecuzione dei provvedimenti in materia di responsabilità genitoriale, dando specifica considerazione all'interesse del minore, con la previsione di un ascolto videoregistrato e diretto dallo stesso, nei casi e con i limiti di cui agli articoli 336-bis del codice civile con l'assistenza di un ausiliario specializzato in psicologia o psichiatria, ove il giudice lo ritengo opportuno, nonché nel rispetto delle convenzioni internazionali in materia di protezione dell'infanzia e delle linee guida del Consiglio d'Europa in materia di giustizia a misura di minore. L'approvazione in via definitiva del richiamato progetto di riforma contribuirà in modo decisivo a razionalizzare e rendere maggiormente efficiente il processo di famiglia.

Da ultimo, giova rappresentare che, oltre alle iniziative normative in corso, il Ministro della Giustizia riserva un impegno prioritario nella materia in esame provvedendo a svolgere un'attenta azione di coordinamento dei controlli e di verifica costante su procedure, prassi e costi, con l'obiettivo di accompagnare e sostenere l'azione della magistratura nella protezione e nella tutela dei diritti dei minori. Con specifico riguardo ai casi di affidamento dei minori presso le comunità di accoglienza pubbliche e del privato sociale, preme richiamare una sua direttiva dello scorso 6 ottobre che mira ad intensificare i rapporti tra autorità giudiziaria minorile e le indicate comunità.

Il complesso delle iniziative assunte dal Governo e dal Ministero della giustizia appare, pertanto, decisamente orientato alla definizione di un sistema in grado di affrontare nel modo più adeguato quelle situazioni critiche che spesso turbano la serenità del nucleo familiare e mettono a repentaglio l'integrità psicofisica del minore.

Replica

Presidente, io ringrazio il sottosegretario Migliore per la risposta esaustiva che mi è stata data e perché ha sottolineato anche la delicatezza del tema trattato dalla mia interrogazione. Questa è un'interrogazione datata che però torna attuale per i recenti fatti di cronaca, perché anche se la vicenda non è stata direttamente richiamata nell'interrogazione, è ben chiaro che la vicenda da cui l'interrogazione ha tratto ispirazione è quella dei coniugi a cui è stata tolta la bambina e che ha avuto diverse vicende processuali, l'ultima delle quali è la sentenza della Corte di appello di Torino (dopo una serie di annullamenti tra cui l'ultimo annullamento dalla Corte di cassazione). La bambina è stata tolta a questa coppia di coniugi considerati inidonei per l'elevata età anagrafica in seguito anche a un provvedimento dell'autorità giudiziaria, un provvedimento penale, per cui poi i coniugi sono stati assolti.

Io oggi non voglio entrare nel merito, perché non è nostro compito e non è neanche corretto entrare nel merito delle decisioni della magistratura che sono sempre da rispettare, però io auspico che le decisioni del Governo, soprattutto in materia di processo civile, della delega in materia di giustizia e anche della riforma dell'articolo 403 del codice civile, come da proposta di legge presentata in questo ramo del Parlamento, procedano rapidamente, perché quando si tratta di minori e di diritto alla genitorialità noi affrontiamo temi drammatici che poi incideranno sulla vita di queste persone per tutto il corso della loro vita e le segneranno.

Quindi, io ringrazio il sottosegretario, e auspico appunto una celerità nell'approvazione di entrambe, sia della riforma della delega, sia della proposta di legge che va a riformare l'articolo 403 del codice civile.