19/11/2015
Stefania Covello
Magorno
3-01859

Per sapere – premesso che: 
presso l'istituto penitenziario di Rossano in provincia di Cosenza sono detenuti nella sezione speciale del carcere 21 stranieri accusati di terrorismo alcuni dei quali appartengono alla cellula di Al Qaeda e sono considerati soggetti attivi del terrorismo di matrice islamica; 
in occasione dei tragici attentati di Parigi come riportato dagli organi di stampa alcuni di questi detenuti avrebbero esultato, appresa la notizia, al grido di «Viva la Francia libera»; grido di gioia misto a sfida, secondo quanto si apprende da fonti interne al carcere, per «liberato» la Francia dai cosiddetti «infedeli»; 
misure di controllo sono scattate immediatamente dopo gli attentati di Parigi anche nell'istituto di Rossano, considerato «obiettivo sensibile»; 
oltre alla videosorveglianza, già attiva nel carcere, è stato attivato un pattugliamento esterno con agenti specializzati e armati, che 24 ore su 24 controlla le mura di cinta dell'istituto di pena; 
si è svolta a Cosenza una riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle misure di prevenzione del terrorismo islamico; 
la procura distrettuale antimafia di Catanzaro ha avviato «accertamenti preliminari» su quanto avvenuto nel carcere di Rossano venerdì sera, dopo le prime notizie sugli attentati di Parigi; 
non va creato allarmismo ma è del tutto evidente che vanno potenziati organici e misure di sicurezza interne ed esterne alla struttura penitenziaria anche per la sicurezza degli stessi operatori di polizia penitenziaria e degli altri lavoratori della struttura –: 
in considerazione di quanto espresso in premessa, quali ulteriori iniziative specifiche intenda adottare il Governo per rafforzare la sicurezza della struttura penitenziaria di Rossano.

Seduta del 16 maggio 2017

Risposta del governo di Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia, replica di Stefania Covello

Grazie Presidente. Con gli atti ispettivi in esame, gli onorevoli interroganti prendono spunto dall'episodio riportato dalla stampa di manifestazioni di esultanza da parte di alcuni detenuti presso l'istituto penitenziario di Rossano una volta appresa la notizia degli attentati terroristici compiuti a Parigi il 13 novembre 2015, chiedendo di conoscere quali siano le misure di sicurezza adottate presso la stessa casa di reclusione.

Per quanto riguarda specificamente l'episodio del novembre 2015, e le conseguenti misure adottate nell'immediatezza presso il carcere di Rossano, è stato appurato che all'interno della casa di reclusione di Rossano effettivamente risultavano in quei giorni essere presenti 21 elementi detenuti per terrorismo, di cui 20 di matrice islamica ed un appartenente al terrorismo spagnolo dell'ETA. Tra il 13 e il 14 novembre 2015 si sono verificati due episodi di esultanza a seguito dell'attentato terroristico a Parigi con protagonisti alcuni detenuti identificati che hanno esultato esprimendosi in lingua araba.

Con riguardo alle misure di sicurezza adottate, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che la prefettura di Cosenza, all'indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, e dopo la diffusione delle riportate notizie, ha chiesto l'intervento del direttore dell'istituto di Rossano in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica; a seguito del quale, nel dichiarare la struttura penitenziaria obiettivo sensibile, ha dapprima disposto un servizio di vigilanza armata interforze all'esterno del carcere, successivamente affidato all'Esercito fino al 7 novembre 2016, data a partire dalla quale il servizio è assicurato dalla Polizia penitenziaria.

Già prima dei tragici eventi di Parigi - riferisce l'articolazione ministeriale competente - erano state avviate le procedure per l'adeguamento del sistema di videosorveglianza della struttura, e in generale per incrementare e rendere maggiormente efficienti i sistemi di sicurezza ed il parco automezzi in dotazione. Sul fronte delle risorse umane, inoltre, si deve segnalare che la competente Direzione generale ha provveduto a incrementare le risorse di Polizia penitenziaria di 15 unità.

Premesso che, secondo quanto comunicato dall'autorità giudiziaria competente, non pare vi siano stati seguiti preoccupanti all'episodio, presso l'istituto penitenziario di Rossano alla data del 15 maggio 2017 sono ospitati un totale di 211 detenuti, dei quali 14 appartenenti al circuito cui sono destinati i soggetti maggiormente pericolosi. Ma oltre all'adozione di specifiche misure strutturali di sicurezza e controllo, l'argomento del monitoraggio e della prevenzione dell'estremismo e del contrasto alla sua diffusione è alla costante attenzione del Ministero su tutto il territorio nazionale. In linea generale, infatti, le analisi condotte sul fenomeno della radicalizzazione confermano come dato ormai acquisito che l'ambiente carcerario rappresenta un terreno potenzialmente fertile per la diffusione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista. Il carcere, infatti, è il luogo ove alto è il rischio di isolamento e di esclusione, condizioni su cui il radicalismo fa leva per alimentare sentimenti di odio e di vendetta.

Il patrimonio di conoscenze e di esperienze in materia ha portato ad attivare già da alcuni anni un piano articolato, volto alla prevenzione e al monitoraggio del fenomeno. Una delle misure adottate attiene alla disposizione interna dei detenuti, quale elemento funzionale a ridurre i rischi di proselitismo o di pericolosi sodalizi con le altre consorterie criminali. Per questo motivo, i ristretti per reati di terrorismo internazionale sono inseriti in un circuito penitenziario che prevede la rigorosa separazione dalla restante popolazione detenuta. Ma la guardia non va abbassata neppure nei circuiti comuni: vi possono essere integralisti di spessore, arrestati per reati minori, che si ritrovano circondati da una larga schiera di soggetti deboli, facilmente influenzabili. Per tale ragione il nucleo investigativo centrale effettua una ricognizione capillare, al fine di rilevare alcuni degli indicatori elaborati a livello europeo per il rischio di radicalizzazione: la pratica religiosa anomala, i cambiamenti fisici, la routine quotidiana, l'organizzazione della stanza detentiva, le modalità di relazione sociale e il commento sugli eventi politici e di attualità. I soggetti segnalati dagli istituti penitenziari, per aver mostrato in vario modo adesione o compiacimento per gli attentati, sono stati immediatamente sottoposti a monitoraggio, e nei loro confronti è stato modificato il tipo di custodia, da aperta a chiusa.

Le attività di monitoraggio in parola si articolano su tre livelli di intensità progressiva. Soggetti segnalati: sono i detenuti sui quali occorre effettuare approfondimenti, al fine dell'eventuale inserimento nelle categorie di maggiore allarme, e in tal caso le direzioni degli istituti penitenziari sono tenute a intensificare l'attività di osservazione e di vigilanza. Detenuti attenzionati: sono quelli che all'interno del penitenziario hanno assunto concreti e ripetuti atteggiamenti che fanno ritenere la loro vicinanza all'ideologia jihadista e la loro inclinazione allo svolgimento di attività di proselitismo e reclutamento. Soggetti monitorati: sono coloro nei confronti dei quali più stringente è il controllo per la rilevazione degli elementi di rischio specifico.

I dati raccolti, debitamente aggregati e analizzati dal nucleo investigativo centrale, sono utilizzati al fine di svolgere una puntuale attività di prevenzione. I risultati di tale attività sono condivisi a tal fine con il comitato di analisi strategica antiterrorismo, il CASA, e con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. L'inserimento dei detenuti tra i soggetti monitorati comporta che il loro trattamento rientra tra quelli di alta sicurezza, con la conseguente collocazione in apposite sezione individuate presso le carceri circondariali di Sassari e di Nuoro, e per l'appunto presso la casa di reclusione di Rossano: trattasi di istituti che, nell'offrire adeguate opportunità trattamentali, assicurano standard di sicurezza penitenziaria più elevati.

Al fine di evitare possibili azioni di proselitismo nei confronti dei detenuti più deboli e meno strutturati psicologicamente, i soggetti inseriti in tali reparti non possono avere alcun contatto con la restante popolazione detenuta, e nel caso di assegnazione temporanea ad altri istituti, per motivi di giustizia, avvicinamento per colloqui con i familiari, ragioni sanitarie, che non dispongono di tali sezioni, gli stessi sono allocati in isolamento.

Le politiche adottate dal Ministero di monitoraggio e controllo, per quanto capillari, per risultare efficaci sul piano del contrasto alla radicalizzazione ed al proselitismo di impronta jihadista, devono essere inserite in un panorama di misure tese alla progressiva umanizzazione delle condizioni detentive: quanto più le strutture penitenziarie sono in grado di assicurare la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, integrazione e recupero, tanto minori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati su odio, contrapposizione e fanatismo.

Agli obiettivi del monitoraggio e della risocializzazione tendono ulteriori misure funzionali alla prevenzione della radicalizzazione. In data 5 novembre 2015 è stato siglato un protocollo d'intesa fra il Ministero della giustizia e l'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche, con l'obiettivo di migliorare il modo di interpretare la fede islamica in carcere, fornendo un valido sostegno religioso e morale ai detenuti attraverso l'accesso negli istituti di persone adeguatamente preparate. Il progetto, attualmente in fase di sperimentazione presso otto istituti penitenziari, da un lato ha l'obiettivo di agevolare l'integrazione dei detenuti di fede musulmana e garantire loro l'esercizio del diritto di culto, dall'altro stabilisce una connessione tra gli operatori volontari e gli organi deputati al contrasto della radicalizzazione.

Gli stessi scopi di monitoraggio e risocializzazione sono alla base della previsione di una dotazione organica di 67 unità per il profilo professionale di mediazione culturale, nell'ambito delle procedure di rideterminazione delle dotazioni organiche del personale del comparto Ministeri. Lo scorso mese di settembre, inoltre, è stato rivolto al presidente della conferenza dei rettori delle università italiane, alla luce della convenzione appositamente stipulata dal Ministero il 27 gennaio 2016, l'invito ad interpellare gli istituti di arabistica e di scienze islamiche delle università degli studi della Repubblica, per raccogliere la disponibilità di ricercatori e dottorandi di ricerca ad operare, quali volontari, negli istituti penitenziari, al fine di accrescere la comprensione e migliorare le relazioni umane con i ristretti di lingua e cultura araba. Allo specifico scopo di garantire la comprensione linguistica nelle attività di monitoraggio e controllo, infine, con circolare del 7 dicembre 2016 è stato stabilito che, non essendo prevista la figura professionale di traduttore, per provvedere alla traduzione degli scritti in lingua araba, rinvenuti in spazi comuni e non rientranti nel novero della corrispondenza epistolare, ovvero di scritte riportate sulle pareti delle camere detentive o degli spazi comuni, la Direzione penitenziaria e i provveditorati regionali possono attingere dagli appositi capitoli di spesa per la stipula di convenzioni con gli interpreti accreditati presso i tribunali.

Per consentire agli agenti di Polizia penitenziaria di comprendere più a fondo le realtà che devono fronteggiare, sono stati istituiti corsi di formazione specifici, indirizzati prioritariamente a quanti prestano servizio presso gli istituti penitenziari a più alto rischio di radicalizzazione. Sono stati inoltre presentati alla Commissione europea due progetti finalizzati ad ottenere sovvenzioni da destinare alle attività di prevenzione e contrasto della radicalizzazione violenta. In particolare, il progetto Rasmorad P&P (Raising Awareness and staff mobility on violent radicalisation in prison and probation services), già approvato e finanziato dall'Unione, mira all'elaborazione di un protocollo condiviso sulla valutazione del rischio e alla costruzione di percorsi di deradicalizzazione. Il progetto TRA in Training (transfer radicalisation approaches in training), invece, intende favorire la collaborazione tra tutti i soggetti istituzionali impegnati nelle attività di prevenzione della radicalizzazione violenta. Anche tale ultimo progetto - è notizia di questi giorni - è stato selezionato e approvato a livello comunitario, e sarà finanziato dalla Commissione europea.

Nel medesimo quadro ricordo anche che il Ministero della giustizia prende parte al progetto europeo denominato RAN (Radicalisation Awareness Network), istituito dalla Commissione europea con lo scopo di creare una rete tra esperti e operatori coinvolti nel contrasto al fenomeno della radicalizzazione violenta. La sicurezza, infatti, si realizza in presenza di operatori capaci di conoscere i detenuti attraverso l'osservazione costante dei loro comportamenti, che è tanto più efficace in quanto vengono riconosciuti ambiti di movimento, di vita di relazione e di libero esercizio dei diritti che permettono di individuare più facilmente specifici elementi di rischio. Quanto più le strutture penitenziarie sono capaci di assicurare il rispetto dei diritti, la dignità degli individui e i percorsi di sostegno, recupero e integrazione, tanto inferiori saranno i rischi per i detenuti di avvicinarsi a chi propone modelli fondati sull'estremismo, sulla contrapposizione e sul fanatismo.

Replica

Intanto ringrazio il sottosegretario Migliore, perché è sempre molto puntuale e preciso nei dettagli, e, benché questa mia interrogazione, in realtà, sia a questo punto datata, mai come in questo momento, invece, resta di grandissima attualità, intanto perché sottolineo, signor sottosegretario e signor Presidente, che proprio ieri tre agenti di Polizia penitenziaria sono stati feriti proprio nel carcere di Rossano. Quindi, lancio un urlo di dolore proprio perché mi rendo conto benissimo che il Governo e lo Stato ci sono, ci sono e lo dimostrano tutti i giorni anche con la lotta contro le mafie e contro la 'ndrangheta che si sta in collaborazione facendo, però, naturalmente, tutto ciò ancora non basta.

Ecco perché dico che il tema rimane di strettissima attualità. La stampa riportò, come ha detto lei, sottosegretario, in occasione dell'attentato di Parigi, che presso l'istituto penitenziario di Rossano, in provincia di Cosenza, alcuni detenuti nella sezione speciale del carcere avrebbero esultato nell'apprendere questa notizia; e proprio all'interno della struttura penitenziaria vi sono anche stranieri accusati di terrorismo, alcuni dei quali ritenuti in contatto con le diramazioni, per come lei, appunto, ha precisamente detto, di Al Qaeda, e sono considerati soggetti attivi nella strategia del terrore di matrice islamica. L'istituto di Rossano viene ancora oggi considerato obiettivo sensibile, tant'è che, oltre alla videosorveglianza, come ben lei ha detto poco fa, già attiva nel carcere, sono stati innalzati una serie di dispositivi e misure di sicurezza. Sappiamo anche che la procura distrettuale antimafia di Catanzaro avviò a suo tempo accertamenti su quanto avvenuto nel carcere di Rossano.

E, se non va giustamente creato ulteriore allarmismo, nonostante lei mi abbia rassicurato con una serie di importanti iniziative - tra queste anche, devo dire, la gratificazione di quel personale di Polizia penitenziaria che, grazie anche alla formazione relativamente alle singole specificità, potrà avere delle ulteriori gratificazioni -, però sappiamo che la nostra azione di intelligence è molto attiva nell'azione di contrasto, e dalla stampa apprendiamo di una intensificazione delle azioni di controllo che spesso hanno interessato zone di transito, penso, ad esempio, Bari e la Puglia, proprio perché sappiamo dove è allocato Rossano logisticamente. L'istituto, infatti, va quindi costantemente attenzionato da parte delle istituzioni competenti, affinché si rafforzino ulteriormente tutte le misure finalizzate ad innalzare gli standard di sicurezza, in particolare in riferimento proprio alla presenza a cui faceva cenno lei e a cui faccio cenno anche io qui di questi detenuti particolari.

Colgo, inoltre, l'occasione per lanciare a lei, e quindi al Governo, che è sempre attento a tutte queste problematiche, un invito a valutare complessivamente la situazione degli istituti penitenziari di tutta la Calabria, vista la particolare situazione nella quale la Calabria si trova, visto anche quello che è successo ieri a Crotone relativamente al CARA di Crotone e vista anche la situazione particolare che incombe sul carcere di Cosenza, che è città capoluogo di 155 comuni; quindi, come dicevo, occorre andare incontro alle richieste che da tempo provengono dalle organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria sul rafforzamento degli organici. E, non da ultimo, appunto, l'urlo di dolore dei sindacati, proprio ieri, per il fatto che sono stati feriti tre agenti di polizia. Con il decreto mille proroghe - vorrei anche dire agli operatori sociali, ma, soprattutto, alle forze sociali che si occupano di questa problematica nelle carceri della Calabria - abbiamo approvato un incremento delle assunzioni nella Polizia penitenziaria, naturalmente ulteriori rispetto a quelle cui faceva cenno il sottosegretario Migliore.

Ed è importante che da questa misura venga un segnale positivo anche per gli istituti e per quanti operano all'interno delle carceri in Calabria. Abbiamo consapevolezza, onorevole Migliore, dell'impegno costante del Governo, e chiediamo, quindi, di proseguire in questo senso, in questo dialogo istituzionale costante, finalizzato ad assicurare la massima sicurezza per le strutture penitenziarie, in particolare per quelle della provincia di Cosenza, per quella di Cosenza e per quella di Rossano, per i problemi che ho portato avanti quest'oggi.