13/05/2016
Romina Mura
Giovanna Sanna, Luciano Agostini, Amato, Arlotti, Borghi, Bruno Bossio, Camani, Carloni, Cimbro, Crivellari, Culotta, D'Incecco, Marco Di Maio, Fedi, Galperti, Gandolfi, Iacono, Minnucci, Moscatt, Pinna, Ribaudo, Taricco, Venittelli, Zoggia
1-01266

La Camera, 
premesso che: 
lo spopolamento e l'impoverimento di vaste aree interne e rurali – soprattutto pedemontane, montane e insulari – hanno assunto caratteri strutturali delineando un'Italia che si può definire del «disagio insediativo», che interessa tutto l'arco alpino, soprattutto ligure, piemontese, lombardo e friulano, e che si concentra lungo la dorsale appenninica ligure, tosco-emiliana e centro-meridionale, nelle parti montuose e interne della Sardegna e della Sicilia; 
il disagio abitativo è riscontrabile anche in Calabria e in Abruzzo e interessa pesantemente la Basilicata, dove circa 100 comuni sono a rischio progressivo di estinzione. Anche le aree interne delle Marche e della Toscana meridionale sono interessate da un fenomeno che rischia di frammentare ancora di più un territorio nazionale caratterizzato da profonde differenze sotto il profilo economico, sociale e culturale; 
le aree che presentano i maggiori indici di decremento demografico sono in genere quelle più lontane dai principali centri di erogazione dei servizi, quelle con i più bassi livelli di dotazione infrastrutturale. Queste due condizioni, da sole, condizionano in negativo un possibile percorso di vita in queste comunità, tanto da indurre, i più giovani alla fuga; 
questa tendenza, che va avanti da oltre mezzo secolo (e in alcune aree alpine da oltre un secolo), ha fatto sì che i territori montani, che costituiscono quasi i tre quinti della superficie nazionale, ospitino oggi soltanto un quinto della popolazione italiana; 
le zone interne del Paese hanno visto l'avvio di fenomeni di emigrazione non compensati da altrettanti importanti fenomeni di immigrazione, fino ad arrivare a problemi di spopolamento e di desertificazione umana e produttiva che hanno modificato pesantemente le dinamiche di sviluppo delle comunità medesime; 
la tendenza allo spopolamento è riscontrabile anche nelle zone interne non montane, con indici di decremento demografico che lasciano intendere che in alcune aree del Paese entro mezzo secolo molte comunità saranno destinate a scomparire in assenza di politiche capaci di invertire la tendenza; 
in Sardegna, in particolare, recenti studi hanno dimostrato come nei prossimi trenta/quaranta anni, se non interverrà un'inversione di tendenza, molte piccole comunità delle zone interne scompariranno definitivamente, con tutte le implicazioni che ne conseguono; 
nell'immaginario collettivo questo processo sembra essere naturale e ineluttabile, perché le opportunità offerte dalle aree urbanizzate e metropolitane appaiono decisamente migliori. Tuttavia il fenomeno porta con sé conseguenze economiche, ambientali e sociali importanti; 
l'abbandono di queste aree, infatti, significa indebolire le attività economiche – quali agricoltura, allevamento e turismo – che in questi contesti trovano la vocazione più naturale possibile. Al tempo stesso espone il territorio a rischi ambientali (incendi, dissesti idrogeologici, incuria del paesaggio) che si ripercuotono sull'intera collettività; 
dal punto di vista sociale rende più costosi alcuni servizi essenziali per i cittadini, dai trasporti alle comunicazioni, dai servizi sanitari a quelli scolastici. Inoltre, si assiste a una concentrazione sempre più spinta nelle grandi città, con tutto ciò che ne consegue in termini di qualità della vita e dell'ambiente; 
i sistemi regionali, e quindi quello nazionale, possono diventare competitivi solo se vengono superati i pesanti squilibri territoriali che ancora permangono fra le diverse aree del Paese. All'interno della più generale dicotomia Nord-Sud, si propongono ulteriori e caratterizzanti sperequazioni fra zone rurali e zone urbane, fra zone interne e zone costiere; 
in queste specifiche porzioni di territorio si propongono spesso fenomeni speculari: alti livelli di antropizzazione nelle città e più in generale nelle zone costiere; desertificazione produttiva e umana nelle zone interne e rurali; irrazionale consumo del suolo nelle zone urbane e costiere; abbandono del suolo nelle zone interne e rurali. Gli uni e gli altri fenomeni sono alla base dei problemi di dissesto idrogeologico e di inquinamento che caratterizzano la nostra epoca; 
nei territori interessati da fenomeni di spopolamento e disagio abitativo si verificano, in misura maggiore e sempre crescente, come dimostrano i dati del Ministero dell'interno, fenomeni di criminalità e atti intimidatori contro le istituzioni e in particolare contro gli amministratori locali; 
da questi derivano costi sociali ed economici ingenti, non più sostenibili. Le stesse risorse, e forse un quantitativo molto inferiore, potrebbero essere utilizzate per interventi volti a predisporre l'inversione di tendenza di fenomeni (il concentramento e la desertificazione nelle loro più svariate accezioni) che, se non affrontati con interventi strutturali e strategici, rischiano di ostacolare una possibile ripresa del Paese; 
si tratta di un disagio che rischia di divenire profondo con la crescente rarefazione dei servizi al cittadino: uffici postali, presidi territoriali scolastici, sanità, caserme dei carabinieri e altro); insufficiente manutenzione del territorio; esercizi commerciali privi di una domanda adeguata per la loro sopravvivenza; 
dunque, come la questione sanità, che rappresenta forse la prima preoccupazione per chi vive in contesti isolati, così i servizi territoriali rappresentano una condizione di vivibilità essenziale, peraltro riconosciuta e supportata dalla stessa Unione europea; 
il fenomeno non è soltanto nazionale: manifestazioni di disagio si ripetono in numerosi Stati dell'Unione europea, che hanno già avviato politiche locali e generali di intervento per riportare le popolazioni nei territori in via di spopolamento; 
le azioni, pur nella loro diversità, muovono da una Comune convinzione che lo «sviluppo locale passa per il rafforzamento della più importante delle ricchezze che è la risorsa umana»; 
in Italia, il fenomeno acquista un particolare significato per la storica presenza delle municipalità diffuse in tutto il territorio nazionale: i piccoli comuni, anche aggregati in Unioni e con la prospettiva di costruire percorsi di fusione basati sulla volontarietà, infatti, rappresentano un grande patrimonio, un presidio di legalità e un punto di riferimento per le comunità locali; 
il mantenimento di un'adeguata rete di servizi territoriali e di esercizi commerciali nei territori considerati costituisce una delle condizioni per una loro rivitalizzazione economica; 
risulta evidente che non è solo con i sussidi che si può invertire la tendenza, ma è necessario recuperare prima di tutto la funzione produttiva dei territori in via di spopolamento, in particolare quelli delle zone interne e della montagna; 
è pertanto necessario individuare politiche chiare e dettagliate per la valorizzazione di una ricchezza sociale, culturale, ambientale ed economica che è la peculiarità di territori su cui insistono molte comunità che si trovano in una condizione di disagio abitativo; 
vivere nelle zone interne e nelle aree svantaggiate del Paese non è facile, così come non lo è decidere di restarci e di costruirvi un progetto di vita. Nel tentativo di dare supporto a un nuovo modello di sviluppo e di rapporto fra l'uomo e il territorio, diventa opportuno incentivare la vita in queste zone del Paese, anche attraverso una rivisitazione dello Stato sociale secondo un modello di «welfare, generativo», fondato cioè sulla corrispondenza tra esigibilità di diritti e doveri di solidarietà; 
nella prospettiva solidaristica insita nella Costituzione, è presente la convinzione che agli appartenenti alla collettività possano essere imposti doveri a vantaggio della collettività intera e la possibilità che, a fronte dell'erogazione di una prestazione da parte dello Stato (reddito di insediamento e incentivi alla nuova residenzialità), debba corrispondere, da parte dei soggetti beneficiari, una controprestazione (andare a vivere in contesti territoriali da rigenerare) che produca utilità sociale e sviluppo,

impegna il Governo:

a promuovere ogni necessaria iniziativa istituzionale, legislativa, economica, finanziaria e organizzativa finalizzata allo sviluppo locale, alla perequazione infrastrutturale e alla inversione delle dinamiche demografiche dei territori in via di spopolamento e sui quali sono evidenti fenomeni di forte disagio abitativo; 
a promuovere ogni necessaria iniziativa volta a favorire il ripopolamento dei suddetti territori, anche attraverso l'introduzione di un reddito di insediamento come misura di incentivazione alla residenza negli stessi, rivolta a specifici target di soggetti (per esempio quelli che si trovano in una condizione di precarietà lavorativa, disoccupazione o stato di inoccupazione permanente o temporaneo, di povertà e di esclusione sociale tale da determinare un rischio di marginalità sociale) e strutturata come strumento/ azione di « welfare generativo»; 
ad adottare ogni iniziativa utile ad agevolare il ritorno e la nuova residenzialità nelle aree svantaggiate e interne in forte calo demografico ma con grandi potenzialità sotto il profilo dello sviluppo economico locale; 
a intraprendere azioni volte a incentivare le attività produttive nelle zone in forte decremento demografico, con particolare riferimento alla tutela attiva del territorio, e delle comunità locali, nonché alla valorizzazione delle risorse naturali, culturali, del turismo sostenibile, dei sistemi agroalimentari e tipici, delle filiere di energia rinnovabile, dei saperi e dell'artigianato; 
a garantire la permanenza e/o il ripristino nelle aree territoriali caratterizzate da decremento demografico e disagio abitativo dei presidi culturali e di legalità come le scuole e le caserme dell'Arma dei carabinieri.