25/03/2014
Maria Coscia
Gnecchi, Martelli, Malpezzi, Ghizzoni, Faraone, Rocchi, Carocci, Rotta, Paris, Albanella, Ascani, Baruffi, Blazina, Boccuzzi, Bossa, Casellato, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Dell'Aringa, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Malisani, Manzi, Miccoli, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Giorgio Piccolo, Raciti, Rampi, Simoni, Zampa, Zappulla, Zoggia, Amoddio
1-00408

La Camera, 
premesso che: 
    il rilancio del sistema economico del Paese non può prescindere: a) da un corretto e più efficiente funzionamento delle pubbliche amministrazioni chiamate ad erogare con tempestività ed efficacia i servizi alle imprese ed ai cittadini; b) dalla garanzia di elevati standard qualitativi ed economici dei servizi che devono essere competitivi anche in raffronto con quelli erogati dalle amministrazioni pubbliche dei paesi dell'Unione europea; 
    in sede di riforma occorre intervenire sulle criticità che il settore pubblico presenta, al fine di risolverle e superarle con la gradualità che il contesto organizzativo e finanziario consente; 
    tra le maggiori criticità emergono: 
     a) l'emergenza su questo fronte è molto evidente in quanto: 
      è in continua crescita il contenzioso con le amministrazioni pubbliche per l'abuso di contratti di lavoro flessibile, con i conseguenti costi a carico dei bilanci pubblici; 
      spesso i giudici del lavoro che riconoscono la specialità del settore pubblico e non sentenziano per la conversione del rapporto di lavoro, nei casi di abuso nell'utilizzo dei contratti a tempo determinato, condannano le amministrazioni pubbliche al risarcimento del danno, con riflessi sempre più pesanti sulla finanza pubblica; 
      sono sempre più pressanti gli effetti delle procedure di infrazione avviate, in sede comunitaria, nei confronti dell'Italia per il fenomeno del precariato storico nella pubblica amministrazione e delle richieste di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea da parte di giudici italiani; 
      sono migliaia i rapporti di lavoro a termine che proseguono da oltre un decennio per assicurare l'erogazione dei servizi essenziali alla collettività, servizi che devono essere comunque assicurati pur in presenza dei stringenti vincoli di finanza pubblica in materia di assunzioni a tempo indeterminato. Basti pensare che nel settore sanitario spesso l'erogazione dei servizi e dei livelli essenziali di assistenza è garantita dal ricorso al lavoro flessibile soprattutto in quelle regioni che, essendo vincolate dal piano di rientro dal disavanzo, si vedono precluse le assunzioni a tempo indeterminato; 
     b) il comparto della scuola, con circa 140 mila unità tra docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliare, registra il numero più alto di personale precario. È da sottolineare che le recenti conclusioni espresse dalla Commissione europea – con le quali si apre una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato – ribadiscono che «(...) Non può ritenersi obiettivamente giustificata ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a) dell'accordo quadro una legislazione nazionale, quale quella italiana in causa, che, nel settore scolastico, non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti di lavoro a termine successivi (...)»; 
     c) sussiste un'elevata consistenza del precariato nel settore pubblico che riguarda: 1) personale con contratto di lavoro a tempo determinato, 2) titolari di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, 3)lavoratori utilizzati con contratto di somministrazione, 4) professionisti titolari di partita iva incaricati di svolgere prestazioni di lavoro autonomo, 5) lavoratori addetti ad attività socialmente utili svolte in virtù delle previste convenzioni; 
     d) l'età media dei dipendenti pubblici in Italia è molto più elevata rispetto a quella degli altri Paesi europei e destinata ad aumentare in relazione all'effetto sinergico della disciplina normativa che limita il turnover e della riforma pensionistica che riduce il flusso di fuoriuscite in relazione ai nuovi criteri di maturazione dei requisiti per il diritto di accesso a pensione; 
     e) a causa dell'applicazione della cosiddetta «legge Fornero» e il prolungarsi dell'età di permanenza in cattedra, parte del corpo docente impegnato con gli studenti italiani ha sempre più difficoltà a stare al passo con il dinamismo della comunità scolastica: gli ultimi dati forniti dall'Ocse nel rapporto Education at a glance 2013 rilevano che nel 2011 il 47,6 per cento dei docenti elementari, il 61 per cento di quelli delle medie inferiori e il 62,5 per cento di quelli delle superiori aveva oltre 50 anni; la modifica della cosiddetta legge Fornero avrebbe anche il vantaggio di sbloccare il turnover della scuola e permettere la stabilizzazione di molti giovani insegnanti; 
     f) sussiste la necessità di valutare con attenzione la consistenza delle strutture dirigenziali, che produce una discrasia tra piante organiche teoriche relative alla dirigenza e dirigenti effettivamente in forza; tale discrasia costituisce causa di ingiustificata frammentazione nell'assegnazione del personale ad uffici dirigenziali vacanti, con conseguenze non virtuose nella gestione delle risorse; 
    nel 2006, con l'approvazione della prima legge finanziaria dell'allora Governo Prodi, si è delineata, con la trasformazione delle graduatorie permanenti per il reclutamento degli insegnanti in «graduatorie ad esaurimento» e l'avvio di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di 150.000 insegnanti e 10.000 unità di personale ausiliare tecnico e amministrativo, la necessità di costruire una programmazione di medio-lungo periodo degli organici e superare il fenomeno del precariato. Nel 2009 – cambiato lo scenario politico – il settore scolastico, dopo l'approvazione dell'articolo 64, del decreto-legge n. 22 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, sconta il drastico taglio di circa 8 miliardi di euro e la conseguente riduzione di oltre 87 mila docenti e di 44.500 ausiliari, tecnico e amministrativi; 
    l'ultimo intervento a sostegno del settore scolastico, con l'approvazione della legge 8 novembre 2013, n. 128, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, ha definito un piano triennale (2014-2016) per l'assunzione a tempo indeterminato di 69 mila docenti e 16 mila amministrativi, tecnici e ausiliari e, inoltre, l'autorizzazione all'assunzione a tempo indeterminato di oltre 26.500 docenti di sostegno; 
    le misure contenute nel decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge, 30 ottobre 2013, n. 125, nello spirito di favorire politiche occupazionali razionali, prevedono forme di reclutamento speciale finalizzate a valorizzare la professionalità acquisita da coloro che hanno maturato, nell'ultimo quinquennio, un'anzianità di tre anni con rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, nonché misure a favore dei lavoratori socialmente utili, senza disporre di interventi adeguati anche per le altre forme di precariato di cui alla lettera c) del terzo capoverso della premessa del presente atto di indirizzo; 
    nella totale condivisione del programma di Governo, si ritiene urgente affrontare il tema del precariato del pubblico impiego valorizzando il ruolo sociale degli operatori pubblici impegnati quotidianamente in servizi che promuovono e tutelano il benessere dei cittadini,

impegna il Governo:

   a riaprire in tempi brevi e con i soggetti preposti la trattativa per l'adeguamento della parte normativa del contratto nazionale del pubblico impiego a garanzia di un corretto funzionamento delle pubbliche amministrazioni, anche con la finalità di valutare misure volte al superamento del precariato, prestando particolare attenzione alla valorizzazione della professionalità acquisita anche dai titolari di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, dai lavoratori utilizzati con contratto di somministrazione e dai professionisti titolari di partita iva incaricati di svolgere prestazioni di lavoro autonomo; 
   per quanto riguarda il personale della scuola e nel rispetto della normativa europea: 
    a) a definire un nuovo piano pluriennale di assorbimento delle graduatorie ad esaurimento; 
    b) espletate le procedure di assunzione relative all'ultimo concorso a cattedra del 2012, a bandire, con cadenza biennale, nuove prove concorsuali che tengano conto dei flussi di pensionamento e dei trasferimenti e, nel rispetto della normativa europea, a garantire il regime del doppio canale per i docenti abilitati, a partire da coloro che siano in possesso di almeno tre anni di servizio; 
    c) ad assumere iniziative per ovviare ad una carenza della riforma pensionistica attuata con l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, che non ha tenuto nel necessario conto le peculiarità del comparto della scuola, nel quale la data di pensionamento è legata, per esigenze di funzionalità e di continuità didattica, alla conclusione dell'anno scolastico; 
    d) ad attuare pienamente l'autonomia delle istituzioni scolastiche in campo didattico, finanziario, amministrativo e gestionale, partendo dall'attuazione dell'articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012, con l'assegnazione almeno triennale dell'organico funzionale ad ogni istituzione scolastica, anche a livello di reti di scuole, al fine di pervenire al progressivo superamento della distinzione tra l'organico di diritto e l'organico di fatto; 
   a proseguire nel percorso di attuazione delle misure contenute nel decreto-legge n. 101 del 2013 di cui in premessa, a tal fine attuando, per un verso, la rilevazione ai sensi del citato decreto-legge n. 101 del 2013 delle graduatorie di concorso aperte e, per altro verso, il monitoraggio e la verifica del processo di superamento delle situazioni di precarietà contrattuale nelle pubbliche amministrazioni, tenendone costantemente informato il Parlamento; 
   stante, infine, la ripetizione storica, ormai consolidata, nei bilanci delle amministrazioni della spesa per il personale con tipologie di lavoro flessibile, a considerare, nel rispetto delle norme che regolano le assunzioni nel pubblico impiego, la complessiva spesa di personale, comprensiva quindi di quella effettuata per rapporti di lavoro a tempo determinato, per contratti di collaborazione coordinata e continuativa o per altre forme di rapporti di lavoro flessibile, quale parametro consolidato di riferimento ai fini dei processi di proroga dei rapporti di lavoro precario e, nell'ambito della regolamentazione prevista dal decreto-legge n. 10 del 2013 e dalla legge n. 147 del 2013, di eventuale stabilizzazione.

Seduta del 27 marzo 2014

Dichiarazione di voto di Giovanna Martelli

Intervento a titolo personale di Tonino Moscatt