14/07/2014
Roberto Speranza
Amendola, Chaouki, Manciulli, Quartapelle Procopio, La Marca, Zampa, Cimbro, Sereni, Fedi.
1-00547

La Camera,
   premesso che:
    il rapimento avvenuto il 12 giugno 2014 di tre giovanissimi ragazzi israeliani, in una zona disabitata palestinese a nord di Hebron, e la scoperta successiva dei loro corpi barbaramente massacrati, ha innescato azioni di rappresaglia e alimentato un’escalation di violenze, che rischiano seriamente di spegnere quel barlume di speranza che le recenti iniziative di dialogo promosse dal Segretario di Stato americano John Kerry e Sua Santità Papa Francesco avevano riacceso, dopo anni di guerre e conflitto fra Israele e Palestina;
    Hamas, incolpata da Israele, ha smentito la propria responsabilità negli orrendi omicidi dei tre ragazzi israeliani; secondo la dichiarazione del portavoce Sami Abu Zuhri alla France Presse «la scomparsa e l'uccisione dei tre israeliani è basata solo sulla versione di Israele. L'occupazione sta cercando di usare questa storia per giustificare una guerra ad ampio raggio contro il nostro popolo»;
    la successiva ritorsione da parte di frange estremiste e razziste della società israeliana non si è fatta purtroppo attendere; nella notte tra il 30 giugno e il 1o luglio un giovanissimo ragazzo palestinese è stato rapito da un gruppo di destra ultras del Beitar Jerusalem (estremisti de La Familia, non nuovi a inneggiare negli stadi slogan come «morte agli arabi»). Il giovane palestinese è stato bruciato barbaramente quando era ancora vivo in un bosco di Gerusalemme;
    il messaggio Pax et Bonum di Papa Francesco e il recente incontro voluto dal Vaticano, conclusosi con un importante gesto simbolico e l'abbraccio tra i due leader, tra l'israeliano Peres e il palestinese Abbas, non sembra aver sortito effetti immediati in favore della ripresa di un dialogo e del processo di pacificazione in Medio Oriente; lo Stato ebraico e i territori palestinesi occupati sono in costante e permanente conflitto;
    la tensione tra Israele e la Striscia di Gaza si acuisce di ora in ora. Il premier israeliano Netanyahu, come risposta ai lanci di razzi da parte di Hamas dalla Striscia di Gaza, dopo un iniziale atteggiamento di prudenza e moderazione – che lasciava sperare in uno sbocco utile dell'azione di Egitto e Giordania volta a spingere Hamas a un cessate il fuoco e a ripristinare la tregua siglata nel 2012 – ha deciso di rispondere con un'azione militare, bombardando Gaza, dando istruzioni all'esercito di prepararsi per una «una campagna forte, continua e lunga», lanciando l'operazione «Protective Edge», con più di cento raid aerei al giorno, aprendo i rifugi di sicurezza nel Sud e aumentando le batterie antimissile «Iron Dome»;
    l’escalation militare sembrerebbe tornare utile a molti degli attori nello scacchiere Mediorientale, in particolare alle frange più estremiste di Hamas e alle forze jihadiste, la cui azione da sempre è volta a far fallire il processo di pace con Israele e a compromettere il processo di riconciliazione, recentemente timidamente avviato anche tra le forze palestinesi, in particolare fra Hamas e Fatah e l'Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen;
    la radicalizzazione del conflitto armato fra Israele e Hamas sembra aiutare anche le crescenti spinte all'interno della coalizione di governo d'Israele, dove il leader del partito ultranazionalista Yisrael Beitenu e Ministro degli Esteri del governo Avigdor Lieberman, annunciando la rottura della sua alleanza con il Likud, mira a sfidare Netanyahu per la premiership di una destra più radicale per il governo del paese; il leader ultranazionalista coglie l'occasione per esigere una decisa controffensiva nei confronti della popolazione palestinese, anche degli arabi israeliani e in favore dell'invasione della Striscia, con annessioni di fatto o di diritto;
    pesa sull'aggravarsi della situazione in Medioriente anche l'attuale debolezza degli Usa nell'incidere in favore di una svolta per il processo di pace nella regione;
    d'altra parte, pesa anche l'assenza, ormai da alcuni anni, di una strategia politica europea, che vada oltre il sostegno, seppure importante, economico e finanziario all'ANP e alla cooperazione euro-mediterranea, nel quadro del processo di Barcellona e della Politica europea di vicinato per la promozione della sicurezza e della stabilità tra i paesi confinanti. Occorre che l'Europa riprenda a svolgere anche un ruolo politico nella regione,

impegna il Governo:

   a esercitare una decisa azione sia a livello bilaterale che multilaterale, anche nell'ambito della Presidenza di turno dell'Unione europea, atta a scongiurare un aggravarsi della crisi, l'innescarsi di una spirale di violenze da entrambe le parti e a favorire, nonostante le difficoltà per la ripresa degli scontri armati, la sospensione di ogni azione militare e di ogni atto di violenza o rappresaglia, una ripresa del processo di pace che rispetti il diritto alla sicurezza di Israele e il diritto palestinese all'autodeterminazione, assicuri la protezione della popolazione civile, garantisca il congelamento di nuovi insediamenti di coloni sui territori palestinesi e prevenga cambiamenti unilaterali dello status di Gerusalemme;
   a rilanciare l'azione dell'Unione europea nel conflitto israelo-palestinese affinché si ricostituisca un deciso ruolo politico dell'Unione nell'area mediorientale e nel Mediterraneo, anche alla luce degli effetti nefasti dell'acuirsi dei conflitti sui crescenti flussi migratori nel Mediterraneo che – unitamente ad altre aree di crisi come Eritrea, Iraq e Siria – finiscono per pesare particolarmente sull'Italia e su tutti gli altri Paesi del sud dell'Europa.