03/05/2017
Gianluca Benamati
Bargero, Basso, Becattini, Camani, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Tentori, Vico, Martella, Cinzia Maria Fontana e Bini
3-02996

Per sapere – premesso che:
negli ultimi anni si è registrato un allarmante aumento delle acquisizioni di imprese italiane dall'estero, anche con natura ostile, e un forte calo dell'acquisizione di imprese straniere da parte di azionisti italiani;
secondo il rapporto 2016 Kpmg Mergers and acquisitions, nel 2015 le transazioni estero su Italia sono state 201 (per 32,1 miliardi di dollari, che equivalgono a più 21 per cento rispetto al 2014), a fronte di 97 acquisizioni realizzate da aziende italiane all'estero (10 miliardi di euro, che equivalgono a meno 22 per cento rispetto al 2014); sempre secondo i dati Kpmg corporate finance, nel 2016 il saldo ha continuato a essere negativo, pur registrando un miglioramento sia del dato relativo alle operazioni Italia su estero (142 acquisizioni oltreconfine per un controvalore di 13,5 miliardi di euro) sia degli investimenti esteri verso gli asset italiani (240 operazioni realizzate per un controvalore complessivo di 18,9 miliardi di euro);
la capacità di attrarre investimenti esteri rappresenta un importante fattore di sviluppo della competitività delle imprese nei mercati internazionali, ma deve necessariamente conciliarsi con la tutela delle dinamiche di mercato e con la protezione degli assetti strategici, non a difesa dell'italianità fine a sé stessa della proprietà delle imprese, ma piuttosto a salvaguardia della permanenza strategica sul suolo nazionale di asset, tecnologie e conoscenze essenziali per la competitività dell'Italia;
al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori ritenuti strategici e di interesse nazionale, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, è stata disciplinata la materia concernente i poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;
la relazione al Parlamento in materia di esercizio dei poteri speciali del dicembre 2016 segnala, tuttavia, che il meccanismo stabilito dal citato decreto-legge n. 21 del 2012 spesso entra in gioco in maniera tardiva e solo a seguito di decisioni già programmate o assunte dalle aziende –:
quale siano le valutazioni del Ministro interrogato rispetto alla problematica esposta in premessa e quali iniziative intenda intraprendere allo scopo di rendere più incisiva l'azione di salvaguardia degli assetti strategici nazionali. 

 

Seduta del 3 maggio 2017

Illustra Daniele Montroni, risponde Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo economico, replica Gianluca Benamati

Illustrazione

Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, abbiamo presentato questa interrogazione perché negli ultimi anni si è registrato un allarmante aumento delle acquisizioni di imprese italiane dall'estero e un forte calo delle acquisizioni di imprese straniere da parte di azionisti italiani.

Nel 2015 le transazioni estero su Italia sono state 201, per un valore di 32 miliardi di dollari, a fronte di 97 acquisizioni realizzate da aziende italiane all'estero, per un valore di 10 miliardi di euro. Nel 2016 il saldo ha continuato ad essere negativo, pur registrando un miglioramento. Siamo tutti d'accordo che la capacità di dettare investimenti rappresenti un importante fattore di sviluppo della competitività delle imprese nei mercati internazionali, ma deve necessariamente conciliarsi con gli interessi della competitività del nostro Paese.

Con questa interrogazione chiediamo al Governo e al Ministro il giudizio rispetto alla problematica che abbiamo esposto e quali iniziative intenda intraprendere allo scopo di rendere più incisiva l'azione di salvaguardia degli assetti strategici italiani.

Risposta del governo

Grazie Presidente, grazie onorevole. In premessa dirò che la battaglia per la difesa dell'italianità della proprietà delle aziende è una battaglia che non mi appassiona e credo che sia una battaglia perdente. Tre anni fa ho fatto misurare cosa è successo alle imprese nel comparto della moda acquisite da grandi brand stranieri, per cercare di capire come si erano comportate rispetto alle equivalenti italiane: hanno investito di più, hanno assunto di più, hanno avuto margini più elevati e sono rimaste in Italia, perché vengono per il made in Italy, non vengono per altre ragioni. Dunque, attrarre investimenti è positivo, le multinazionali contribuiscono per il 24 per cento alle spese di ricerca e sviluppo del settore privato, che noi consideriamo già insufficienti.

Allora, qual è il tema e dov'è il discrimine? Il discrimine è quando le operazioni diventano operazioni che rischiano di essere di natura predatoria. Un esempio, secondo me, è quello che sta succedendo su alcuni settori ad alta tecnologia in tutta Europa, e non solo in Italia. Ci sono acquisizioni dirette da Paesi esterni all'Europa che non consentono la reciprocità: comprano, svuotano i brevetti, svuotano l'azienda dei brevetti, e dunque lì si verifica un pericoloso danno per il sistema di competitività del Paese. Per questo ho scritto insieme ai ministri francesi e tedeschi alla Commissione europea, chiedendo di poter intervenire regolando con una normativa parallela a quella della golden power, che oggi riguarda altri settori, questa fattispecie. La risposta è stata positiva, nel senso di aprire a eventuali proposte.

La proposta l'abbiamo fatta studiare, è pronta, la invieremo rapidamente in Europa. Aggiungo a questo un'altra fattispecie, che è quella che è comunemente conosciuta come norma anti scorrerie, che disciplina un'altra questione, che è quella degli obblighi di trasparenza quando un investitore viene a fare un investimento in Italia. Lì ancora non è in gioco tanto la proprietà dell'azienda quanto il modo in cui ci si approccia a un'azienda. Tutti i sistemi, quasi tutti i sistemi dei Paesi occidentali hanno una norma che obbliga l'investitore a dire cosa vuole fare dell'azienda, qual è la sua posizione nei confronti, per esempio, della governance, a cosa aspira. Questa norma è pronta, deve trovare il veicolo giusto. Lo dico, perché è stato oggetto di discussioni: non è retroattiva in alcun modo. È mutuata dall'ordinamento francese, ha provato di essere efficace su questi due temi, trasparenza ed equilibrio. È nei rapporti internazionali, economici internazionali, che noi dobbiamo giocare la partita, piuttosto che sulla pura difesa dell'italianità della proprietà.

Replica

Presidente, voglio rassicurare il Ministro che da parte nostra, come già è stato detto, non vi è alcun dubbio che gli investimenti e la capacità di attrarre investimenti esteri siano molto positivi e siano una forza per lo sviluppo del nostro Paese, e giustamente il Ministro faceva notare, perché questo è il nostro intendimento, che noi non siamo preoccupati di questi investimenti, ma siamo preoccupati degli interventi impropri, di quegli interventi che si verificano e possono verificarsi in settori cruciali o strategici della vita nazionale economica e industriale con effetti negativi o che distorcono, anche in modalità pesante, il libero mercato e la concorrenza nel Paese.

Si tratta, invero, signor Ministro, lei lo ha detto, anche di mettere in campo azioni forti per tutelare l'importanza di settori strategici nella nostra industria, la difesa del nostro patrimonio tecnologico, i brevetti. Lei diceva che le capacità produttive e la localizzazione in Italia delle attività devono essere elementi essenziali; e in questo richiediamo anche che i Paesi e le economie che svolgono investimenti in Italia applichino una perfetta reciprocità alle aziende e agli investitori italiani.

In questo, signor Ministro, non posso non notare che vi è la cruciale necessità di evitare alterazioni delle condizioni di concorrenza e di libero mercato o per la presenza di investitori che intervengono in multiple aziende di un medesimo settore - il caso delle telecomunicazioni è evidente in questi giorni - o per la presenza di aziende sul mercato libero che, però, sono investitori esteri e, magari, sono di proprietà pubblica.

I casi recenti, tipo l'acquisizione di Pioneer, i temi di Mediaset e Telecom, oggi abbiamo il problema anche di Alitalia, che, una volta traghettata fuori da questa fase, dovrà essere rimessa sul mercato, ci devono indurre a riflettere. Noi prendiamo atto positivamente delle sue dichiarazioni, seguiremo con attenzione il lavoro del suo Ministero. Ci impegniamo anche a un'azione parlamentare di indirizzo, nelle prossime settimane, per operare su questo settore, che riteniamo cruciale in questo momento per lo sviluppo del Paese.