11/01/2023
Mauro Laus
GRIBAUDO, FOSSI, SARRACINO, SCOTTO, CASU e FORNARO.
3-00085

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il tema del potere di acquisto dei salari, sotto la spinta inflazionistica che nel dicembre 2021 è arrivata all'11,6 per cento, sta diventando un'emergenza sempre più impellente per milioni di lavoratori e le misure contenute nella recente legge di bilancio hanno rappresentato, ad avviso degli interroganti, solo una prima, parzialissima e, a volte, contraddittoria risposta;

   come evidenziato anche nel rapporto Inapp 2022, l'Italia è l'unico Paese dell'area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9 per cento), contro il 33,7 per cento della Germania e il 31,1 per cento della Francia. Un dato che si è accompagnato ad un andamento della produttività del lavoro che, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell'area, è comunque cresciuta più dei salari;

   uno dei fattori che maggiormente incide su tale condizione del lavoro è determinato dal patologico ritardo che si riscontra nella maggior parte dei rinnovi dei contratti nazionali di settore;

   degli oltre 13 milioni di lavoratori dipendenti privati, circa la metà lavorano con contratti collettivi nazionali scaduti da diverso tempo. Il tempo medio di attesa per il rinnovo dei contratti calcolato dall'Istat è passato dai 28,7 mesi del settembre 2021 ai 33,9 mesi del settembre 2022, con record negativo del contratto della vigilanza privata che è scaduto addirittura da oltre 7 anni;

   lo stesso meccanismo Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato) dei salari, ovvero al netto della componente più pesante negli ultimi mesi quale quella energetica, determina in ogni caso una perdita secca per il potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti;

   l'ulteriore impoverimento del fattore lavoro, oltre ad accentuare il divario sociale, rischia di spingere le imprese verso settori a basso valore aggiunto, progressivamente degradando la competitività complessiva dell'economia italiana nella divisione internazionale del lavoro;

   rifiutata la proposta di introdurre il salario minimo legale e mancando ogni riferimento programmatico al tema della misurazione della rappresentatività e della validità erga omnes dei contratti sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, appaiono sempre più urgenti almeno nuove e specifiche iniziative per favorire il tempestivo rinnovo dei contratti nazionali, anche attraverso appositi meccanismi di incentivazione e penalizzazione –:

   quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare al fine di scongiurare il patologico fenomeno dei ritardi nei rinnovi dei contratti nazionali di lavoro.

Seduta dell'11 gennaio 2023

Illustrazione di Mauro Antonio Donato Laus, risposta della Ministra del lavoro e delle politiche sociali, replica di Mauro Antonio Donato Laus

MAURO ANTONIO DONATO LAUS Grazie, Presidente. Ministra, Governo, aumentano sempre di più le difficoltà delle famiglie italiane, chiamate a fronteggiare non solo il caro carburante, perché ormai è aumentato tutto. Non c'è un solo bene, che non sia aumentato, oltre ai servizi chiaramente, con un'inflazione che ormai corre a due cifre, l'11,6 per cento a dicembre. In questo contesto esplode anche il dramma del mancato rinnovo dei contratti collettivi: dei 13 milioni dei lavoratori privati, circa la metà lavora con contratti scaduti; il tempo medio di attesa è passato dai 28,7 mesi del settembre 2021 ai 33,9 mesi del 2022. Il record lo detengono i vigilanti (da sette anni non rinnovano). Noi crediamo sia indispensabile attivare forme di incentivazione e penalizzazione per affrontare questo tema e, comunque, chiedo a lei, Ministra, al Governo, come pensa di risolvere tempestivamente questo drammatico tema sociale.

MARINA ELVIRA CALDERONE Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, signor Presidente. Onorevoli deputati, ringrazio gli onorevoli interroganti, perché il tema della contrattazione collettiva che sollevano rappresenta una questione di rilevante interesse in materia di tutela delle condizioni di lavoro. In Italia la contrattazione collettiva di qualità ha garantito nel tempo una serie di misure che negli anni sono state introdotte a tutela dei lavoratori. È evidente poi che il primo obiettivo di una efficace contrattazione collettiva sia quello di assicurare livelli salariali adeguati, rispetto alla prestazione lavorativa e al contesto socioeconomico in cui viene svolta. Certamente, sul tema, un campo di azione sarà rappresentato nel prossimo futuro dal recepimento della direttiva europea sul salario minimo, alla quale gli Stati membri si dovranno adeguare entro il 15 novembre 2024, anche se la direttiva è finalizzata a garantire ai lavoratori dell'Unione europea condizioni dignitose, ma non fissa una soglia europea di salario, rinviando alla contrattazione collettiva, quale strumento per l'individuazione dell'importo minimo.

Nel nostro ordinamento la determinazione… perdonate, mali di stagione. Nel nostro ordinamento la determinazione di una adeguata retribuzione non è oggi rimessa alla legge, ma è demandata alla libera negoziazione delle parti sociali attraverso lo strumento della contrattazione collettiva. Sono dunque i singoli contratti di settore a definire, in base al livello di inquadramento dei lavoratori, le condizioni normative e economiche agli stessi applicabili. Tuttavia, a causa della mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione, le clausole retributive dei contratti sono in linea di principio prive di efficacia erga omnes. La giurisprudenza ha ovviato a questo vuoto di tutela, utilizzando l'articolo 36 della Costituzione, con il principio della retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Il richiamo a questo principio ha consentito ai giudici di fare riferimento, come parametro per l'individuazione della retribuzione sufficiente, alle clausole retributive dei contratti collettivi, estendendole a tutti i lavoratori. Questa premessa è solo per evidenziare che la complessità dell'ordinamento italiano fa sì che debba essere approfondito con estrema attenzione e cautela il tema sollevato dagli onorevoli interroganti.

Quello dei ritardi nei rinnovi contrattuali, anche di diversi anni, è purtroppo un tema noto, come riconosciuto dagli stessi interroganti. Su questa materia si sono cimentati, anche in recente passato, i Governi che ci hanno preceduto senza particolari esiti. La direttrice per l'aumento dei salari è la contrattazione collettiva, che nello sviluppo delle dinamiche retributive deve mantenere la sua centralità. Per questo motivo il Governo e il mio Ministero in particolare si attiveranno per fornire ogni utile forma di assistenza e supporto, per agevolare la celere definizione dei rinnovi contrattuali, ove sia necessario e opportuno, pur non potendo sostituirsi alle parti contrattuali medesime. Assicuro in questo senso la prossima convocazione al Ministero delle parti sociali interessate al rinnovo dei contratti scaduti da maggior tempo, al fine di stimolare, supportare e sollecitare la loro attività. Con gli uffici del Ministero stiamo valutando le modalità con cui adottare strumenti normativi che facilitino l'efficace soluzione di una questione come quella del rinnovo, che in alcuni casi si protrae da anni. Mi riferisco, in particolare, alla riaffermazione dell'impegno a ridurre il cuneo contributivo e fiscale di 5 punti percentuali nel corso della legislatura - percorso già iniziato con gli interventi nella manovra di bilancio -, ma anche al sostegno alla contrattazione decentrata e al welfare aziendale, oltre che all'estensione ai rinnovi contrattuali e alle relative clausole in materia di aumenti reddituali di forme di tassazione sulla scia e a implementazione di quanto già fatto recentemente con la citata legge di bilancio.

MAURO ANTONIO DONATO LAUS Grazie, Presidente. Ministra, io sono molto dispiaciuto, perché lei, in rappresentanza del Governo, scappa dalla domanda e dal quesito. È un tema sociale veramente drammatico! E non posso nemmeno dire che lei non ha le competenze. perché lei è un Ministro competente. Infatti, abbiamo avuto ministri competenti e ministri che hanno avuto difficoltà nell'assolvere alle loro funzioni. Quindi, lei ha la competenza e non mi ha dato e non dà delle risposte. Lei non è un notaio, non è possibile! La direttiva europea non risolve il problema nel nostro Paese. Lei sa benissimo che due sono le strade per affrontare il tema: una è il salario minimo e l'altra è la legge sulla rappresentanza. Lei, come Governo, ha escluso il salario minimo e l'unica via maestra è la legge sulla rappresentanza, di modo che i contratti possano esplicare una efficacia erga omnes. Io le ho chiesto cosa può fare e cosa vorrà fare il Governo tempestivamente, oggi, e lei mi parla della direttiva europea, perché lei sa benissimo che la direttiva europea non risolve nessun problema! In aggiunta, oltre a quanto le ho detto prima, ricordo a lei - ma tanto già lo sa – che l'Italia è l'unico Paese dell'OCSE nel quale dal 1990 al 2020 il salario annuale è diminuito, meno 2 per cento, contro il 33,7 per cento in più in Germania e il 31,1 per cento della Francia. Se non volete introdurre il salario minimo, dobbiamo tassativamente licenziare da questo Parlamento – e il Governo si deve fare parte attiva - una legge sulla rappresentanza. Oltre al drammatico problema del rinnovo dei contratti! Non si può non rinnovare un contratto da sette anni, il contratto dei vigilanti! Le ho detto prima che il 50 per cento di 13 milioni di lavoratori vedono il loro contratto collettivo in scadenza. Lei non è un notaio: deve intervenire. Ma deve intervenire soprattutto perché ha le competenze e lei sa, quando parlo e quando diciamo queste cose, quali sono le vie per affrontare definitivamente il tema. Un'inflazione all'11,6 per cento, a doppia cifra...crea ancora più disagi alle famiglie, che si impoveriscono giorno dopo giorno. Ministra, le chiedo veramente con le mani giunte: intervenga sulla legge della rappresentanza.