13/03/2015
Maria Iacono
ROBERTA AGOSTINI, LENZI, POLLASTRINI, ALBANELLA, AMODDIO, CULOTTA, PICCIONE, VILLECCO CALIPARI, ZAPPULLA, CAPODICASA, GRECO, GULLO, CARDINALE e FABBRI.
3-01361

Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: 
dalla stampa e in particolare da un'inchiesta a firma di Antonello Mangano pubblicata dal settimanale l'Espresso si apprende la gravissima e inquietante situazione che riguarda delle donne, in questo caso prevalentemente rumene, che lavorano nelle campagne della zona di Ragusa, vittime di spaventose violenze e sfruttamento sessuale e lavorativo; 
le campagne iblee rappresentano uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia, il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa grazie al clima e alla composizione del terreno durante tutto l'anno; 
un tipo di coltivazione così «intensa» richiede moltissima manodopera; 
sono migliaia dunque le donne dell'est che lavorano nelle campagne, vivono segregate in casali isolati, spesso con i figli piccoli; 
dall'inchiesta dell’Espresso risulta che, in questo totale isolamento, esse si trovino costrette a subire ogni genere di violenza sessuale: si racconta, nell'omertà e nell'acquiescenza di tutti, di una realtà fatta di «festini» forzati nei casali sperduti nella campagna, di segregazione, di sfruttamento e di aborti; 
viene rimandata un'immagine delle campagne del nostro Paese come luogo sempre più «borderline», dove la ricerca del lavoro rischia di unirsi sempre più a fenomeni criminali e di sfruttamento; 
le donne rumene che lavorano delle campagne del ragusano sono come molte altre donne con la medesima storia: arrivano in Italia con la speranza di un futuro migliore, non solo dal punto di vista economico, poiché spesso fuggono da contesti familiari difficili e matrimoni deludenti, convinte che qui le prospettive siano più allettanti e gli uomini meno maschilisti; 
l'emigrazione rumena, come quella che segna molti altri paesi dell'Est Europa, ha subito negli ultimi anni una fortissima femminilizzazione, dovuta in gran parte all'offerta di lavoro domestico e di cura nelle società di arrivo, che richiedono per questo tipo di occupazione soprattutto donne ma anche al fatto che le madri, le figlie, le mogli rumene, sembrano essere quelle cui sono maggiormente delegate, più in generale, la fatica del lavoro e la responsabilità di sostenere la famiglia in tutte le sue dimensioni; 
come un rapporto elaborato dall'Associazione per i diritti umani di Vittoria sull'immigrazione femminile nella fascia trasformata del ragusano illustra nel dettaglio, le donne rumene trovano nel lavoro e nell'indipendenza la fondamentale ragione della loro migrazione: la loro principale occupazione è proprio quella di operaie agricole e quasi tutte sono occupate per 10, 11 mesi l'anno; 
in Romania, del resto, moltissime sono le donne ancora impiegate nel settore agricolo e per alcune di loro, quindi, partire dal loro Paese per lavorare altrove, ancora una volta da contadine, sembra una scelta assolutamente percorribile; 
a denunciare per primo questo vergognoso fenomeno, particolarmente diffuso nelle piccole aziende di Vittoria a conduzione familiare, ma non solo, Don Beniamino Sacco, della parrocchia di Santo Spirito, a Vittoria grazie al quale anni fa è stato incarcerato uno degli sfruttatori, secondo il quale «l'arrivo di donne dell'Est ha scombussolato il panorama agricolo siciliano, in cui la moglie del proprietario sta a casa e difficilmente lavora nelle campagne. Questa presenza femminile ha destato inizialmente curiosità e in seguito un vero e proprio scompenso sociale. Si cominciava a dire che i proprietari avessero “riscoperto il piacere della campagna” poiché alla sera tornavano a casa sempre più tardi. Molte famiglie sono entrate in crisi»; in realtà, si faceva strada la tentazione della violenza legata allo sfruttamento e al degrado: una ricerca condotta dall’«Associazione per i diritti umani» di Vittoria rivela di abitazioni nelle quali «I buchi nel soffitto fanno passare l'acqua piovana. Le mura sono erose dall'umidità. Proliferano i miceti, con conseguenti patologie come l'asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario»; 
di fronte a certi orrori lo sfruttamento sul lavoro passa quasi in secondo piano, anche se significa salari da dieci euro al giorno, temperature di fuoco sotto i teloni, veleno che può rovinare i polmoni, la pelle, gli occhi, per tacere delle «fumarole»: quando di notte bruciano piante secche e fili di nylon, di mattina si soffoca; 
nella zona in passato sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere; 
Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti: spesso le rumene che abortiscono sono giovanissime, e arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, che spesso sono i proprietari delle serre in cui lavorano; 
nelle campagne isolate della provincia ragusana sembra essere tutto lecito, come testimoniato da molte delle vittime: ad approfittare di loro pare siano un po’ tutti, senza distinzione, dai capi ai loro familiari fino ad arrivare ad amici e conoscenti, nella più totale omertà, anche della comunità d'origine: i mariti delle vittime, quando ci sono, spesso nascondono la testa sotto la sabbia, per paura, per necessità; 
«Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe», dice all’Espresso Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria «C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione. Così si produce l'ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. Abbiamo circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione, è la più grossa espressione dell'ortofrutta meridionale, oltre che il mercato è il più importante d'Italia di prodotto con confezionati»; 
nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11.845 migranti, una stima di quelli che lavorano nelle serre oscilla tra 15 mila e 20 mila: Giuseppe Scifo della Flai Cgil spiega che allo sfruttamento lavorativo si aggiunge la segregazione. Per questo è stato avviato il progetto «Solidal Transfert», un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni; 
quello che emerge dall'articolo di Antonello Mangano è un quadro desolante: si scopre di rumene costrette a prostituirsi (a volte con la consapevolezza dei mariti, spaventati dalla possibilità di perdere il lavoro) per dell'acqua o per non perdere la possibilità di recarsi in paese con i figli; si scopre di donne minacciate con le pistole per prestazioni sessuali da «padroni» con la compiacenza delle mogli –: 
quali iniziative urgenti i Ministri competenti intendano adottare al fine di fare luce su tale inquietante situazione e quali misure, immediate e di lungo periodo, ritengano di dover predisporre al fine di proteggere queste donne e i loro figli da tali indicibili violenze e dallo sfruttamento nonché al fine di ripristinare la legalità. 

Seduta del 17 marzo 2015

Risposta del governo di Domenico Manzione, sottosegretario all'Interno, replica di Maria Iacono

Risposta del governo

Signor Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Nicchi, unitamente ad altri deputati, si richiama l'attenzione del Governo sulle condizioni di sfruttamento delle lavoratrici, principalmente di nazionalità rumena, impiegate in attività agricole a Vittoria, in provincia di Ragusa, costrette, secondo alcune fonti giornalistiche, a subire anche abituali violenze sessuali dietro il ricatto del licenziamento o la minaccia di violenza nei confronti dei loro familiari. 
  L'argomento, come rilevava lei, Presidente, è analogo a quello delle interrogazioni degli onorevoli Iacono, Quartapelle Procopio, Piazzoni e Sorial e, quindi, la risposta è da considerare unitaria. 
  Premetto che i lavoratori stranieri occupati nel comparto agricolo della provincia di Ragusa sono circa 13 mila, di cui 4.350 di nazionalità rumena con una presenza di manodopera femminile di 1.800 unità; quest'ultima – il film, ovviamente, è già visto – è preferita a quella maschile per la maggiore disponibilità delle donne ad accettare livelli retributivi più bassi, oltre che turni di lavoro prolungati. In genere, i lavoratori vivono in abitazioni affollate e dalle condizioni igienico-sanitarie precarie, che sono talvolta messe a disposizione dagli stessi datori di lavoro. 
  Mi preme sottolineare immediatamente che le criticità legate all'impiego di manodopera straniera nel comparto agricolo ragusano sono da tempo all'attenzione delle forze di polizia e, più in generale, degli apparati pubblici preposti al controllo del lavoro agricolo. Da diversi anni, infatti, viene svolta una costante attività ispettiva e di indagine che ha evidenziato, in effetti, la presenza del «caporalato» in quella zona, risultato a volte contiguo alla criminalità organizzata, unitamente allo sfruttamento dell'immigrazione irregolare e a casi di tratta degli esseri umani. Sono stati accertati, altresì, degli episodi di violenza sessuale e situazioni di assoggettamento psicologico nei riguardi di cittadine straniere. L'attività di prevenzione e contrasto di tali fenomeni è risultata particolarmente incisiva nel 2014. In particolar modo, l'Arma dei carabinieri ha condotto varie operazioni conclusesi – a seconda dei casi – con il deferimento in stato di libertà di alcuni «caporali» ed imprenditori agricoli, con l'irrogazione nei loro confronti di sanzioni amministrative pecuniarie e il recupero dei contributi previdenziali non versati, con la sospensione dell'attività di aziende agricole. Nell'ottobre dello scorso anno, la problematica è stata approfondita presso la prefettura di Ragusa, prima in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia e successivamente in seno al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, allargato alla partecipazione dei rappresentanti dell'autorità giudiziaria, dei comuni maggiormente interessati, della direzione territoriale del lavoro, dell'Azienda sanitaria provinciale, nonché degli esponenti delle organizzazioni sindacali provinciali e delle associazioni del terzo settore attive nell'assistenza degli stranieri. Nel corso della riunione del Comitato provinciale è emerso come i fenomeni in questione presentino profili di complessità tali da richiedere, accanto all'esercizio dell'azione penale e di quella sanzionatoria amministrativa, anche specifiche misure finalizzate alla socializzazione e integrazione dei lavoratori stranieri. Tuttavia, gli amministratori locali presenti all'incontro hanno inteso rilevare l'esigenza di evitare enfatizzazioni della questione che, nel diffondere una percezione non del tutto veritiera della realtà fattuale, potrebbero determinare ripercussioni negative su quella parte dell'economia locale che si fonda sul commercio dei prodotti coltivati nella fascia agricola trasformata del ragusano. 
  A seguito delle risultanze degli incontri di cui ho appena parlato, la prefettura ha ritenuto di assumere il ruolo di cabina di regia dell'azione di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel settore, in modo da garantire una maggiore efficacia degli interventi di rispettiva competenza. Innanzitutto, essa ha disposto la costituzione di un Gruppo interforze che, nel primo incontro tenutosi lo scorso 19 dicembre, ha pianificato le fasi esecutive degli accertamenti ispettivi nelle realtà rurali della provincia iblea. 
  In tale ambito, il Comando provinciale dell'Arma dei carabinieri ha avviato con immediatezza periodici servizi di controllo di aziende agricole, magazzini e serre con maggiore presenza di lavoratori stranieri, in modo da garantirne i diritti, far emergere il lavoro sommerso e assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L'attività ispettiva dei carabinieri proseguirà con cadenza programmata in tutto il territorio della provincia. Parallelamente, la prefettura ha attivato un tavolo di lavoro con la partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni comunali di Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina e Comiso e delle organizzazioni del privato sociale, avente il compito di monitorare le situazioni di particolare vulnerabilità dei lavoratori stranieri e di sviluppare le necessarie iniziative di assistenza in loro favore, anche al fine di mitigare le criticità legate alle problematiche alloggiative cui ho fatto prima riferimento. 
  Rilevo, in proposito, che sul territorio sono già attive diverse iniziative di carattere sociale volte ad assicurare servizi di accoglienza e di sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori stranieri. Per esempio, è presente il progetto denominato «Solidal Transfert» – menzionato in quasi tutti gli atti di sindacato ispettivo all'ordine del giorno –, portato avanti dalla cooperativa Sociale «Proxima» in partenariato con la CGIL e la Camera del lavoro di Vittoria, con cui vengono assicurati servizi di trasporto gratuito ai lavoratori verso e dai luoghi di lavoro, in modo da emanciparli dall'isolamento in cui vivono nelle campagne di Vittoria ed Acate. Tale progetto è operativo dal 2012 in forza dei finanziamenti erogati dal dipartimento delle pari opportunità e proseguirà fino al prossimo 31 dicembre. Anche la Caritas diocesana di Ragusa è impegnata sul tema, avendo avviato, in particolare a Marina di Acate, un'iniziativa nota come Progetto Presidio, con l'obiettivo di garantire una presenza costante di suoi operatori nel fornire ai lavoratori agricoli stranieri sostegno per i bisogni più immediati nonché assistenza legale e sanitaria. 
  Rispondendo alla specifica sollecitazione contenuta negli atti di sindacato ispettivo, relativa agli episodi di violenza sessuale nei confronti delle lavoratrici rumene, informo che, stando ai dati ufficiali del quadriennio 2011- 2014, il fenomeno sembrerebbe non significativamente esteso in ambito lavorativo e sostanzialmente stabile. In particolare, sono stati denunciati due casi di violenze negli anni 2012 e 2013, uno nel 2014. Comunque l'attenzione delle forze dell'ordine su tale fattispecie delittuosa è costante, tant’è che in ordine alla presenza di eventuali vittime di violenze sessuali sono in corso mirate indagini delegate dall'autorità giudiziaria, anche sulla scorta dei dati relativi agli aborti, volontari e non, di donne rumene, che sono stati forniti dall'Azienda sanitaria provinciale; dati che effettivamente registrano delle anomalie. 
  Voglio anche ricordare un'apprezzabile iniziativa di natura preventiva del commissariato di pubblica sicurezza di Vittoria che, al fine di instaurare una proficua collaborazione tra le Forze dell'ordine e le presunte vittime di ricatti sessuali, ha iniziato un'attività di informazione indirizzata alle lavoratrici, sia attraverso la diffusione di stampati informativi in lingua rumena distribuiti sui mezzi di trasporto utilizzati per i viaggi da e verso il paese d'origine, sia mediante mirate interviste effettuate ancor prima del loro insediamento sul territorio provinciale. 
  Quanto alla lamentata impossibilità di accesso delle cittadine straniere alla prestazione di interruzione volontaria della gravidanza, il direttore generale dell'Azienda sanitaria locale ha comunicato che il relativo servizio è erogato mediante tre sedute settimanali, una per ciascuno dei reparti di ostetricia operanti rispettivamente a Ragusa, Modica e Vittoria, con un'attività media di 4-6 interventi per seduta. Riprendendo il discorso sull'anomalia dei dati che citavo prima, nel triennio 2012-2014, le interruzioni di gravidanza praticate a cittadine straniere sono state complessivamente 309, di cui 132, cioè il 42,7 per cento, hanno riguardato cittadine rumene. 
  In conclusione, assicuro che i problemi del lavoro agricolo nel ragusano sono oggetto di vigile attenzione da parte delle istituzioni pubbliche che se ne stanno facendo carico responsabilmente, sia attraverso singole iniziative sia attraverso sinergie operative tra i vari attori del settore pubblico e del privato sociale, finalizzate all'obiettivo comune di garantire ai tanti lavoratori stranieri presenti nel ragusano un'esistenza dignitosa e il rispetto dei diritti fondamentali. 

Replic​a

Signor Presidente, signor sottosegretario, io mi dichiaro parzialmente soddisfatta della risposta del sottosegretario e degli sforzi che, in questa fase, si stanno facendo. Dico questo perché ritengo che le drammatiche condizioni in cui sono costrette a lavorare molte donne di origine prevalentemente rumena nelle campagne iblee, sono una realtà che ci è stata fatta conoscere, certamente, dall'azione che i sindacati, la Chiesa, in parte le istituzioni e le forze di polizia hanno saputo portare avanti sul territorio, ma un'indagine, come quella giornalistica, ha fatto esplodere e, in qualche modo, ha fatto conoscere una realtà che, per molti aspetti, era nascosta e sottaciuta. Lo dico anche alla luce delle risposte che il sottosegretario ci ha dato: vedo che molte delle attività che si stanno portando avanti in questo momento sono attività delle forze di Polizia, delle istituzioni, coinvolgendo ovviamente tutti i soggetti e tutti gli attori sociali. 
  Questo da un lato mi fa piacere, perché capisco che rispetto alla drammaticità del fenomeno c’è una presa di coscienza; dall'altro lato, credo che rispondere in maniera più forte a un fenomeno di questo tipo richiede, e richiederà in futuro, un'attenzione davvero straordinaria. 
  Dico ciò perché riguardo a questi fenomeni, che sono fenomeni moderni di schiavitù di lavoratori e lavoratrici nelle campagne del ragusano ma non solo – penso anche ad altre realtà della Sicilia dove fenomeni di questo tipo stanno emergendo con una certa consistenza –, se non si agirà, se il Governo non agirà per attivare, anche a livello normativo, tutto quello che necessita per far emergere il lavoro nero, fenomeni brutali come quelli che stiamo conoscendo non riusciranno a trovare le giuste risposte. 
  Del resto queste sono le risposte che ci chiede anche l'Europa, che si sta accorgendo con dati e statistiche – anche queste degli ultimi mesi – che ci dicono quanto sia impressionante il fenomeno del lavoro nero; fenomeno che va attenzionato in una misura davvero forte se vogliamo che fenomeni, come quelli che stanno emergendo in queste realtà, possano essere sconfitti. Fenomeni come il caporalato, che si ripresentano in forme, ripeto, moderne di schiavitù e che non conoscevamo da almeno cento anni. 
  Da quando il caporalato cominciò ad essere una realtà nel nostro Paese si sono fatti diversi passi avanti, anche nell'emersione del lavoro nero, che hanno portato alla sconfitta di alcuni fenomeni. Il fatto che riemergano con le contraddizioni più bieche e atroci, presentandosi nei modi che abbiamo tutti sotto gli occhi, denota quanto sia complicato davvero dare le giuste risposte. 
  Mi auguro che il Governo metta in campo tutte quelle azioni che permettano a una realtà importante, dal punto di vista dell'economia siciliana nel campo agricolo, di far conoscere bene nel mondo quelle eccellenze che devono essere conosciute, anche perché quello che le produce è un lavoro rispettoso della dignità delle persone.