23/09/2014
Lia Quartapelle Procopio
Fiano, Roberta Agostini, Cuperlo, D'Attorre, Marco Di Maio, Fabbri, Famiglietti, Ferrari, Gasparini, Giorgis, Gullo, Lattuca Lauricella, Marco Meloni, Naccarato, Piccione, Pollastrini, Richetti, Rosato, Francesco Sanna, Beni, Martella, e De Maria.
3-01045

Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i consistenti flussi migratori di questi ultimi mesi, in parte non irrilevante quali conseguenza della sempre più accentuata disgregazione della Libia e della perdurante guerra in Siria, hanno aperto un acceso dibattito relativo alla necessità di una gestione più marcatamente europea della frontiera a sud dell'Europa, e più in generale del tema dei flussi migratori, anche alla luce delle innumerevoli vite salvate nel Mediterraneo a partire dall'avvio dell'operazione Mare nostrum;
   tuttavia, accanto ad un dibattito più generale sul come gestire i flussi migratori, in generale e nel Mediterraneo, e su quali siano i nodi principali che l'Europa dovrà sciogliere al fine di provare almeno a contenere una parte delle stragi silenziose che ogni anno avvengono sulle coste italiane, si sta ponendo con sempre maggior urgenza il problema di ottenere un quadro il più possibile aggiornato delle persone che risultano morte o disperse in mare, o delle quali semplicemente non si hanno più notizie;
   secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno il 15 agosto 2014, dal 1o agosto 2013 al 31 luglio 2014 sono sbarcati 116.944 migranti, dei quali ben l'83 per cento sulla costa della sola Sicilia. Con l'operazione Mare nostrum sarebbero, poi, stati tratti in salvo nello stesso periodo di tempo 62.982 migranti;
   tali numeri diventano, però, inevitabilmente assai più oscuri o incerti, laddove si tenti di calcolare il numero dei dispersi o dei morti accertati in mare; ai dati ufficiali in possesso del Ministero dell'interno vanno allora aggiunti i dati non ufficiali raccolti da alcune organizzazioni non governative, che hanno tentato di colmare le lacune delle statistiche ufficiali e dei rapporti governativi, basandosi, ad esempio, su fonti giornalistiche internazionali, nazionali e locali, e talvolta sulle dichiarazioni rese dalle persone soccorse e sopravvissute;
   dai dati non ufficiali raccolti da alcune organizzazioni non governative, usati anche incrociando diverse metodologie di indagine, risulterebbe che in 14 anni sarebbero morte più di 23.000 persone tra uomini, donne e bambini nel tentativo di raggiungere il Vecchio Continente, per una media di circa 1.600 persone l'anno;
   accanto, dunque, al dramma quotidiano delle numerose vite perse in mare, si aggiunge quello dei familiari e dei parenti che spesso cercano per mesi di avere notizie sui propri congiunti dei quali non hanno più notizie, che talvolta risultano dispersi, o altre volte morti e seppelliti, ma in un comune diverso da quello dello sbarco, senza che esista un'autorità o almeno un database al quale i congiunti possano avere accesso per avere informazioni o almeno denunciare la scomparsa di un proprio congiunto che a loro risultava imbarcato;
   la possibile costituzione di un database ufficiale, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative già da tempo impegnate nella raccolta di questi dati, in grado di raccogliere i nominativi, l'età, la provenienza e l'eventuale luogo di sepoltura delle persone che risultano morte o disperse sembra essere, dunque, un doveroso atto di civiltà nei confronti di quanti sono morti nel tentativo di fuggire ad una guerra o semplicemente per avere una speranza di vita migliore –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuna la costituzione in tempi brevi di un database ufficiale, gestito dal Governo, anche avvalendosi della collaborazione delle organizzazioni non governative da tempo impegnate sulla raccolta di questi dati, per avere informazioni il più possibile aggiornate ed esaustive non solo sul numero ma anche sull'identità delle persone morte nel Mediterraneo o che risultino disperse, anche per facilitare la dolorosa ricerca dei propri congiunti.

Seduta del 24 settembre 2014

Illustra Paolo Beni, risponde Angelino Alfano, Ministro dell'Interno, replica Lia Quartapelle Procopio

Illustrazione

Signor Presidente, signor Ministro, il tema è il flusso di migranti attraverso il Mediterraneo verso le nostre coste. In particolare, il quesito che oggi le poniamo riguarda il dramma di chi non ce la fa, dei morti in mare, dei dispersi. Si stima siano quasi duemila ogni anno, ma non abbiamo dati ufficiali, spesso neppure testimonianze di soccorritori e superstiti bastano a ricostruire l'accaduto. Assistiamo impotenti alla disperazione di chi cerca notizie dei propri cari, talvolta li rintraccia, magari in un porto diverso da quello dove è arrivato, altre volte già morti e sepolti. Ecco perché noi chiediamo al Ministero di allestire un database con i nomi, le provenienze, l'età di quanti vengono segnalati dispersi, un archivio a cui accedere per denunciare la scomparsa di qualcuno e per avere informazioni. Crediamo che sarebbe – concludo, Presidente – un atto doveroso verso chi vive questo dramma ma anche uno strumento utile a fornirci un quadro più esauriente di ciò che avviene nel Mediterraneo.

Risposta

Ministro dell'interno. Signor Presidente, con l'interrogazione appena esposta mi viene chiesta la costituzione di questo database ufficiale gestito dal Governo e gli onorevoli interroganti mi fanno presente in proposito che già alcune organizzazioni non governative raccolgono dati di questa natura basati tuttavia su fonti giornalistiche o sulle dichiarazioni rese dalle persone soccorse e quindi prive del requisito dell'ufficialità.
  Il tema sollevato è ispirato da condivisibili e profonde motivazioni di carattere umanitario, legate alla necessità di facilitare la restituzione delle salme alle famiglie, ovviamente alle famiglie delle vittime, e di garantire una sepoltura dignitosa a coloro che hanno perso la vita in condizioni disperate.
  Attualmente non risulta attiva alcuna banca dati governativa, dedicata specificamente alla raccolta di questo genere di informazioni. Per esigenze investigative, le forze di Polizia dispongono di una banca dati interforze, Sdi, nella quale sono anche inserite le notizie relative a persone scomparse, nonché le segnalazioni di rinvenimento di cadaveri non identificati.
  Tali informazioni, corredate da una serie di dettagli, dati antropologici e quant'altro sia possibile inserire, vengono riversate nella correlata banca dati «ricerca scomparsi»; tutto questo ai fini, ovviamente, dell'accertamento, di ulteriori trattamenti che possano agevolare l'attività di identificazione e di ricerca. Se il cadavere non identificato è considerato una possibile vittima di un reato, le informazioni sono poi inserite nuovamente nella banca dati e ciò avviene anche quando si tratta di uno straniero che sia ritenuto possibile vittima di tratta di esseri umani o di immigrazione clandestina.
  Avuto riguardo alla natura delle informazioni e al loro mirato utilizzo, è da ritenersi tuttavia difficile ipotizzarne la condivisione con organismi di volontariato sociale, sebbene noi riconosciamo quanto sia stato fondamentale l'apporto della Croce rossa italiana nell'identificazione di più di sessanta persone decedute in seguito al naufragio di Lampedusa avvenuto nell'ottobre 2013.
  Dopo quell'evento, il commissario del Governo per le persone scomparse, competente alla tenuta del registro nazionale dei cadaveri non identificati, ha avviato una complessa iniziativa finalizzata alla promozione e allo sviluppo di azioni in materia di riconoscimento dei corpi senza identità appartenenti a cittadini stranieri recuperati in mare a seguito della sciagura.
  Aggiungo che può essere un'idea molto interessante quella proposta dagli interroganti, cioè che alla luce di tutto questo si possa istituire una banca dati governativa che, con tutti i sistemi di cautele e di protezione nella trattazione e nel trattamento di informazioni così delicate, possa comunque avere una devoluzione specifica a questa finalità.

Replica

Signor Presidente, signor Ministro, in quest'ultimo anno dalla tragedia del 3 ottobre di Lampedusa il nostro si è dimostrato un Paese estremamente accogliente ed è nell'accoglienza che, tante volte, tanti nostri membri delle forze dell'ordine, tanti volontari, tante persone che lavorano nell'associazionismo, si sono incontrate e scontrate con la disperazione di tante persone che cercano dei dispersi.
  Siamo consapevoli dello sforzo che viene fatto dal Ministero, per quanto riguarda l'identificazione dei corpi ritrovati – anche se poi, per esempio, per la tragedia di Lampedusa il processo di identificazione non è ancora stato completato e ci sono ancora 266 salme che aspettano di essere tutte quante riportate o comunque comunicate alle famiglie e, quindi, anche quello che lei ci ha esposto è un processo non ancora completamente funzionante – ma le segnaliamo, ancora una volta, che c’è il problema della segnalazione dei dispersi. Questa estate ci sono state delle notizie in questo senso rispetto al naufragio del 3 agosto, soprattutto relative ai minori, che ci dicono che non è solo un problema delle persone che vengono ritrovate, ma è anche un problema delle persone che vengono segnalate come disperse.
  Apprendiamo con grande interesse della disponibilità del Ministro a pensare che, anche in occasione della tragedia del 3 ottobre di Lampedusa, si possa completare quanto già il Ministero sta facendo, integrandolo anche con il tema della segnalazione dei dispersi.