Lavoro

Dieci proposte alternative al decreto Di Maio

24/07/2018

Il decreto Di Maio presentato dal governo è lontano dai problemi del mondo del lavoro, introdiuce vincoli, balzelli e complicazioni. Rischia di spingere molti lavoratori, a partire da quelli più deboli, verso la perdita del posto di lavoro o il sommerso. Un decreto che, al di là dei nomi e degli hastag accattivanti, rischia di generare nuova disoccupazione e precarietà.
 

Salvaguardiamo subito i nuovi esodati creati da Di Maio

Noi chiediamo che le nuove norme non si applichino ai rinnovo dei contratti in corso. È chiaro però, che se il governo accetterà questa posizione di buonsenso si porrà una questione di legittimità costituzionale: sarebbe illegittimo l’utilizzo dello strumento del decreto legge, che presuppone l’urgenza di intervenire.
 
Per noi l’urgenza è salvaguardare i posti di lavoro messi a rischio dal Ministro Di Maio, che sta facendo grande confusione, montando soltanto altra propaganda.
 
Il Partito democratico presenterà le sue proposte, radicalmente alternative.
 

Ecco le nostre priorità:

  1. Vogliamo ridurre il cuneo contributivo sul tempo indeterminato: il lavoro stabile vale di più, deve costare meno. Il Pd continua a chiedere l’unica vera misura per favorire il lavoro stabile: l’abbassamento dei contributi a carico dei lavoratori di 4 punti in 4 anni sui contratti a tempo indeterminato.

 

  1. Vogliamo salvaguardare chi oggi ha un contratto a termine con un incentivo alla trasformazione: i nuovi esodati creati da Di Maio devono avere l’opportunità di essere stabilizzati, con un incentivo per la trasformazione a tempo indeterminato dei loro contratti.

 

  1. Vogliamo introdurre una buonuscita per i lavoratori temporanei non stabilizzati dalle imprese. Per favorire la trasformazione dei contratti a termine in contratti stabili, il Pd propone il pagamento ai lavoratori temporanei di una buonuscita compensatoria in caso di mancata stabilizzazione, proporzionata alla durata del contratto, e aggiuntiva rispetto al Tfr.

 

  1. Vogliamo che sia la contrattazione collettiva a definire le causali sul tempo determinato. Solo la contrattazione è in grado, settore per settore, di interpretare meglio le esigenze di lavoratori e aziende rispetto alla frettolosa formulazione del governo. L’inserimento di causali scritte male e inapplicabili, oltre all’aumento dei costi sui rinnovi, produrrà nella realtà una riduzione dei quei contratti a 12 mesi.

 

  1. Vogliamo avviare una sperimentazione sul salario minimo: un lavoro onesto richiede una paga onesta, per tutti. Il decreto non affronta in alcun modo il tema dei salari e di coloro che vengono pagati con salari fuori da ogni dignità retributiva. Il Pd chiede l’avvio di un percorso sperimentale di introduzione del salario minimo legale, incaricando un’apposita commissione formata da esperti e parti sociali.

 

  1. Tutele crescenti: vogliamo mantenere l’impianto del Jobs act per favorire il lavoro stabile. Il Pd è favorevole a mantenere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, che anche il decreto disoccupazione di fatto non snatura, apportandovi modifiche del tutto marginali. È importante adeguare l’offerta di conciliazione all’aumento delle indennità di licenziamento e riflettere su come aumentarle evitando allo stesso tempo il rischio di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato.

 

  1. Somministrazione: come chiedono tutte le parti sociali, ci opponiamo a norme inutilmente punitive. Concordiamo con le parti sociali, che su questo punto si sono espresse con chiarezza: la somministrazione rappresenta oggi la forma di lavoro flessibile che dà più tutele al lavoratore, anche in termini economici e formativi, per questo è quella più cara per le aziende.

 

  1. Colf e badanti: ci opponiamo ad aumenti di costo per le famiglie. Le famiglie italiane, a causa dell’aumento del costo dei rinnovi, rischiano di spendere centinaia di euro in più all’anno per l’assunzione di colf e badanti. L’effetto reale di questo aumento sarà quello di spostare molti di questi lavoratori nel lavoro nero. Il Pd chiede l’esclusione dei contratti di lavoro domestico da questa disciplina, con la volontà di proporre l’intera deducibilità dei costi per le famiglie italiane.

 

  1. Voucher: ci opponiamo a ritorni al passato. Il Pd è contrario a un’estensione di tetti monetari, settori e imprese che riconducano le prestazioni occasionali al rischio di abusi, in particolare nel settore dell’agricoltura, e alla sostituzione di contratti subordinati a chiamata o a termine con lo strumento dei vecchi voucher.

 

  1. Investimenti per sostenere l’occupazione stabile e lo sviluppo del Paese: cambiare le regole del mercato del lavoro non basta per creare lavoro. Il PD propone emendamenti per sostenere gli investimenti pubblici, nonché per favorire gli investimenti esteri in Italia: il sostegno allo sviluppo integra e sostiene la creazione di posti di lavoro stabili, a sostegno e a integrazione del taglio del cuneo fiscale.