La via italiana al rientro dei capitali

23/07/2014

 di Marco Causi - capogruppo in commissione Finanze

 

La Commissione Finanze di Montecitorio ha approvato il testo di una legge che introduce una procedura per regolarizzare i capitali detenuti da cittadini e imprese italiani all’estero, senza anonimato e pagando quanto dovuto al fisco. Il progetto di legge ripropone i contenuti di un decreto emanato dal governo Letta, ma non convertito dal Parlamento, e li arricchisce sotto molti aspetti.

Da un lato, la regolarizzazione spontanea permette di abbattere sanzioni e interessi, e riduce anche il rischio di conseguenze penali per eventuali reati di tipo tributario; dall’altro lato, è stato introdotto nel testo il nuovo reato di riciclaggio, che punisce anche l’autoriciclaggio, e cioè il trasferimento o l’impiego di fondi derivanti da un reato non colposo da parte di chi ha commesso il reato, e non solo – come oggi prevede il codice penale – da parte di intermediari.

La via italiana all’emersione dei capitali esportati punta così sulla carota degli sconti - chi riemerge entro il 15 settembre 2015 ha forti facilitazioni monetarie e non rischia di essere imputato per riciclaggio - e sul bastone del nuovo reato - chi non dovesse riemergere e decidesse invece di spostare i soldi dalla Svizzera, o dal Lussemburgo o da San Marino, ovvero da altri paesi che si stanno adeguando ai nuovi standard internazionali di trasparenza finanziaria, verso paradisi fiscali che mantengono il segreto bancario, deve sapere che non rischia solo per gli eventuali reati tributari che stanno all’origine dell’esportazione dei capitali ma anche per il reato, ben più pesante, di riciclaggio.

In questa nota si forniscono le informazioni di contesto e l’analisi dei contenuti del testo approvato in Commissione.

 

Verso la fine del segreto bancario

Lo scambio automatico di informazioni finanziarie – e quindi la fine del segreto bancario – sta diventando il nuovo standard globale a livello internazionale, per effetto dell’azione esercitata dopo la crisi del 2008-2009 da G20, OCSE e Unione Europea – in Europa in particolare con la nuova Direttiva sul risparmio.

A partire dal 2017-2018, sulla base di regole e trattati ormai in vigore, cadrà il segreto bancario in Svizzera e in tanti altri paesi (Singapore, Lussemburgo, San Marino, ecc.). I correntisti italiani di banche svizzere hanno già ricevuto lettere in cui si chiede di dichiarare la “pulizia” fiscale delle somme detenute, e in assenza di questa dichiarazione si annuncia la chiusura del conto corrente o del conto titoli.

Dentro questo quadro di riferimento all’Italia conviene anticipare la scadenza del 2017-2018, prevedendo una voluntary disclosure che consenta agli italiani che non hanno dichiarato capitali detenuti all’estero di regolarizzare la loro posizione con il fisco italiano, pagando l’imposta dovuta con sconti sulle sanzioni amministrative e su eventuali reati fiscali.

Conviene anche, in particolare, concludere con la Svizzera un accordo bilaterale – in fase di avanzata negoziazione – che consenta la “riemersione”delle ingenti somme depositate da residenti italiani nelle banche di quel paese. In questo senso si è espresso anche il Presidente Napolitano durante la sua visita ufficiale a Berna il 20 maggio scorso.

C’è un interesse anche da parte della Svizzera, così come di altri paesi, che possono preferire l’opzione di uscire dalla black list – e cioè dalla lista di paesi che non riconoscono l’interscambio informativo - per non perdere la clientela italiana.

 

Le regole OCSE e il decreto Letta-Saccomanni

I paletti politici dell’operazione sono stati disegnati in un decreto emanato dal Governo Letta, ma poi non convertito dal Parlamento in conseguenza della crisi che ha portato al passaggio di testimone da Letta a Renzi: la “riemersione” deve avvenire applicando le regole OCSE, e cioè con una voluntary disclosure (VD) nominativa e trasparente da parte dei contribuenti.

Questo elemento si contrappone nettamente ai condoni varati in passato dai governi italiani di centrodestra, che garantivano anonimato e bassissimo costo. Si contrappone anche agli accordi del tipo “Rubik”, come quello siglato con la Svizzera dal Governo federale tedesco ma poi non ratificato dal Parlamento per l’opposizione della SPD, che facevano pagare di più ma garantivano comunque l’anonimato.

Oltre al fatto che la VD deve passare per una dichiarazione nominativa, il procedimento prevede il pagamento integrale delle imposte eventualmente evase sulle somme esportate e di quelle sui flussi di reddito (interessi, dividendi, ecc.) guadagnati durante gli anni di esportazione.

Per rendere l’operazione efficace, l’OCSE consiglia di inserire un mix opportuno di elementi di incentivo. In particolare:

a. incentivi “in positivo”, con sconti – anche consistenti – su sanzioni e interessi di carattere amministrativo;

b. altri incentivi “in positivo”, con sconti sulle sanzioni penali eventualmente comminabili se all’origine dell’esportazione dei capitali è stato commesso un reato di tipo tributario (una problematica, questa, che non esisteva con i condoni Tremonti, poiché l’anonimato faceva da scudo alle eventuali responsabilità penali);

c. incentivi “in negativo”, con il rafforzamento delle norme relative al reato di riciclaggio – punto, questo, molto rilevante per l’Italia, a cui tutti gli organismi internazionali chiedono da anni di riformare la norma del codice penale relativa al riciclaggio, prevedendo l’autoriciclaggio. Infatti, nel nostro paese viene escluso dalla fattispecie del riciclaggio il soggetto che ha commesso il reato presupposto da cui sono derivate le somme di denaro che vengono trasferite o utilizzate in altre modalità.

 

Il testo approvato dalla Commissione Finanze di Montecitorio

Le norme contenute nel decreto Letta-Saccomanni sono state trasformate in progetto di legge parlamentare e incardinate nella Commissione Finanze di Montecitorio, la quale ha concluso i  lavori approvando un testo pronto per essere trasmesso all’aula.

Il testo originario è stato significativamente innovato, con tre principali novità:

a. accanto al procedimento di VD per chi ha esportato i capitali all’estero, è stata introdotta una parallela VD per chi ha nascosto i capitali in Italia, in tutto e per tutto analoga, e cioè senza anonimato, con pagamento integrale, con modello di dichiarazione dettagliato e sottoposto al vaglio dell’Agenzia delle entrate;

b. il sistema degli sconti – amministrativi e penali – è stato rafforzato;

c. è stata introdotta, con un emendamento presentato dal PD, la riforma del reato di riciclaggio, prevedendo l’autoriciclaggio, nella formulazione proposta dalla Commissione istituita dal Ministro Severino e presieduta da Francesco Greco.

La VD italiana, in questo modo, punta sulla carota degli sconti - chi riemerge entro il 15 settembre 2015 ha gli sconti e non rischia di essere imputato per riciclaggio - e sul bastone del nuovo reato - chi non dovesse riemergere e decidesse invece di spostare i soldi dalla Svizzera, o dal Lussemburgo o da San Marino, ovvero da altri paesi che si stanno adeguando ai nuovi standard internazionali di trasparenza finanziaria, verso paradisi fiscali che mantengono il segreto bancario, deve sapere che non rischia solo per gli eventuali reati tributari che stanno all’origine dell’esportazione dei capitali ma anche per il reato, ben più pesante, di riciclaggio.

 

La trattativa con la Svizzera per un accordo bilaterale

Un’altra modifica apportata dalla Camera introduce un forte incentivo alla Svizzera per firmare l’accordo bilaterale: l’adesione all’accordo di scambio di informazioni con l’Italia comporterà l’applicazione, agli italiani che faranno la VD, delle sanzioni – più morbide - che si pagano provenendo da paesi white list. In questo modo le banche svizzere avrebbero convenienza a fare aderire i loro clienti alla VD, anche per non perderli.

 

La VD italiana e il “pacchetto giustizia”

La Commissione Finanze aspetta i pareri delle altre Commissioni per votare il mandato al relatore e rendere disponibile il testo per l’aula. Sarà di grande importanza il parere della Commissione Giustizia: sulla riforma del reato di riciclaggio la discussione giuridica è intensa, ed esistono formulazioni diverse da quelle proposte dalla Commissione Greco. La Commissione Giustizia sta lavorando sul tema – occorre in particolare evitare che venga punito il reimpiego di fondi derivanti da reati tributari minori, come l’omessa o infedele dichiarazione, quando il comportamento non tenda all’occultamento, e cioè al riciclaggio, dei fondi stessi.

Anche il Governo sta lavorando sulla stessa questione, nell’ambito del “pacchetto giustizia” in discussione al Senato. Il testo della “VD italiana” – che potrà andare avanti solo se sarà collegato con il nuovo reato di autoriciclaggio – verrà coordinato con quello del “pacchetto giustizia”. Un coordinamento che potrà maturare già durante la prima lettura del testo alla Camera, oppure durante la seconda lettura prevista al Senato.

L’obiettivo è di firmare accordi con i paesi che ancora non garantiscono lo scambio di informazioni, ma sono ormai sulla strada per farlo, come la Svizzera, per fare riemergere alcune decine di miliardi di capitali nascosti senza fare un condono e per portare all’erario un gruzzolo non indifferente di entrate straordinarie da utilizzare per investimenti o per l’abbattimento del debito pubblico.