Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 28 Settembre, 2015
Nome: 
Tamara Blazina

A.C. 1990-A

 

Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, colleghi, la proposta di legge del MoVimento 5 Stelle, sul superamento del finanziamento pubblico all'editoria, è approdata in Aula, come è già stato riferito dal relatore, dopo un ampio dibattito nella Commissione competente e, in particolare, dopo una serie di interessanti testimonianze e proposte rese dai rappresentanti più significativi del settore in occasione delle audizioni. 
Fin da subito desidero sottolineare che quasi tutti i soggetti auditi si sono espressi a favore di interventi legislativi che vadano a razionalizzare, riformare e innovare l'intero settore, per superare anche la grave crisi in cui da anni versa l'editoria; ma, nello stesso tempo, si sono espressi anche contro la soppressione tout court del finanziamento pubblico. 
La discussione di oggi è, a mio modo di vedere, un'occasione persa. L'insistenza da parte del gruppo del MoVimento 5 Stelle per calendarizzare la loro proposta, sapendo, di fatto, che si arriverà o ad una bocciatura o a un rinvio in Commissione, era e rimane pretestuosa e denota la loro volontà di continuare a scagliarsi contro il settore della carta stampata con superficialità e pressappochismo. Non è stata, infatti, presa in considerazione la possibilità di un confronto serio di merito, che ci avrebbe permesso di arrivare ad un risultato consono alle esigenze di riformare il settore, garantendo, nello stesso tempo, il pluralismo dell'informazione. 
Non nascondo che da parte nostra c’è stato un ritardo nella predisposizione di una nostra proposta di legge in materia. Però, finalmente è stata depositata e poteva essere tranquillamente abbinata all'atto di cui stiamo discutendo oggi. Ma evidentemente, come è già successo in altre occasioni, ricercare un risultato condiviso non rientra nel loro modo di affrontare le questioni. Ai rappresentanti del gruppo del MoVimento 5 Stelle interessa, evidentemente, proseguire con la campagna contro il mondo dell'editoria indistintamente e, ovviamente, dalla giornata di oggi, in seguito alla bocciatura o al rinvio, scagliarsi anche contro i partiti e, in particolare, contro il PD, reo di non avere voluto condividere il suo progetto. 
Ma il Partito Democratico, come già è stato detto, non ha niente da nascondere, anzi; la sua volontà di intervenire seriamente in questo settore l'ha dimostrata in diverse occasioni, visto che in questi anni sono stati approvati molti provvedimenti, e lo stiamo dimostrando anche con la proposta di questi giorni. C’è, però, una differenza di fondo: voi volete cancellare un settore fondamentale per la nostra democrazia, uno strumento insostituibile per la crescita e lo sviluppo della società civile; noi vogliamo riformarlo ed innovarlo, adeguandolo alle nuove esigenze e aspettative, nella consapevolezza che va salvaguardato il pluralismo dell'informazione, tutelato dalla Costituzione. Il testo che abbiamo presentato affronta a 360 gradi questo argomento ed ha già avuto riscontri positivi. 
Voglio, inoltre, ricordare all'Aula che questo argomento è già da parecchio tempo nell'agenda del dibattito politico, e non solo, e non a caso è stato oggetto di numerose modifiche legislative. Ciò ha portato ad una sovrapposizione e frammentazione delle norme, determinando una situazione poco chiara, per non dire caotica e molto incerta. Non possiamo non rilevare, però, che alcuni interventi hanno prodotto anche maggiore trasparenza e pulizia nel campo dei finanziamenti diretti ed indiretti ai giornali, prevedendo requisiti rigidi ed una forte selezione nell'accesso ai contributi. Voglio citare, innanzitutto, il decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, che ha, tra l'altro, inserito tra i requisiti per l'accesso una quota di stabilizzazione occupazionale, nonché il decreto-legge n. 63 del 2012, che ha messo a punto una disciplina transitoria in attesa di una più compiuta rivisitazione normativa.
Per essere chiari di cosa stiamo parlando, citerò un po’ di dati: le testate che hanno un contributo diretto sono 215 su oltre 7 mila testate esistenti; di quelle certificate ADS, che si trovano, cioè, in vendita nelle edicole, ricevono il contributo diretto solo 10 su 63. Di fatto, l'editoria cosiddetta assistita riguarda solamente l'8 per cento dell'intero settore. Non vengono finanziati i grandi giornali nazionali, ma le piccole imprese, le cooperative dei giornalisti e alcune specifiche categorie di giornali, come, ad esempio, i giornali editi e diffusi all'estero oppure i giornali editi nelle lingue minoritarie. E poi dobbiamo sapere che il finanziamento pubblico si è fortemente contratto in questi anni: tra il 2009 ed il 2013 è diminuito del 54,7 per cento. 
Ma oggi qualsiasi intervento deve partire dalla consapevolezza della profonda crisi che ha investito il settore: i dati sulla diminuzione delle vendite, sulla diminuzione degli investimenti pubblicitari, anche in seguito alla crisi economica, e sullo stato di crisi delle imprese editrici sono preoccupanti e hanno già prodotto l'espulsione dal mondo del lavoro di migliaia di giornalisti. Molte aziende si stanno comunque ristrutturando e innovando, in particolare con una forte presenza online. 
Nonostante la crisi, è in atto anche un processo di evoluzione, che viene sostenuto dal Governo e dalla maggioranza; a tal fine, è stato istituito, con la legge di stabilità 2014, il Fondo per l'innovazione, di durata triennale, che finanzia le start up, l'innovazione tecnologica e digitale, l'ingresso dei giovani e le ristrutturazioni aziendali. La scelta drastica proposta dal MoVimento 5 Stelle porterebbe, di fatto, alla chiusura di molte testate, soprattutto locali, che non hanno la possibilità di sopravvivere senza l'aiuto dello Stato. 
Voglio anche io ricordare che in quasi tutti i Paesi europei esiste un meccanismo di sostegno diretto o indiretto all'editoria; le forme, ovviamente, possono essere diverse, ma certamente non si può pensare che possa essere del tutto soppresso. E ancora un breve cenno ad un tema specifico che mi sta particolarmente a cuore, e cioè il finanziamento dei quotidiani e dei periodici editi nelle lingue francese, tedesca, ladina e slovena relativi alle rispettive minoranze presenti nelle regioni a statuto speciale Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. 
Si tratta, ovviamente, di un sostegno fondamentale, visto che questi giornali si rivolgono ad un limitato target di parlanti la lingua, e quindi non possono competere liberamente sul mercato; ne ha dato atto anche la Commissione europea, ufficialmente investita del problema due volte. Sappiamo che per le minoranze i media sono anche uno strumento per la diffusione e la tutela della loro lingua: il diritto all'informazione nella propria lingua materna è uno dei diritti riconosciuti e tutelati dalle nostre leggi nazionali, ma anche da diverse disposizioni europee e convenzioni internazionali. 
In Europa sono una quarantina i quotidiani in lingua minoritaria; essi sono sovvenzionati in base alla legislazione vigente dei singoli Paesi. Proprio una settimana fa, si è svolto a Trieste, in occasione del 70o anniversario del quotidiano in lingua slovena Primorski dnevnik, un interessante convegno, dove si è discusso di questo tema. Abbiamo avuto modo di ascoltare le testimonianze della minoranza catalana in Spagna, di quella danese in Germania, di quella italiana in Croazia e, naturalmente, di quella slovena in Italia. 
Dal convegno è emerso un forte richiamo ai Governi dei singoli Paesi affinché anche nel futuro garantiscano l'esistenza della stampa delle minoranze attraverso un forte finanziamento pubblico. Per tornare a noi, ricordo che la proposta a prima firma Brescia vuole salvare i giornali delle minoranze, ma, cancellando, nello stesso tempo, alcune norme vigenti che concernono le modalità per la presentazione delle domande e l'erogazione dei contributi, di fatto crea una situazione di totale ingovernabilità del sistema. 
In conclusione, ribadisco che come Partito Democratico auspichiamo che, dopo questo brutto pasticcio, si passi in tempi brevi ad una seria e responsabile disamina del progetto di legge da noi depositato, attraverso un confronto aperto con tutti i gruppi parlamentari, compreso il MoVimento 5 Stelle, che ha comunque iniziato questo percorso, con il Governo ed i principali attori del sistema.