Data: 
Lunedì, 20 Ottobre, 2014
Nome: 
Luigi Taranto

 Signor Presidente, i colleghi che mi hanno preceduto hanno manifestato preoccupazioni largamente fondate sulle caratteristiche di riservatezza del negoziato. Mi consentiranno, quindi, anzitutto i colleghi di ricordare che, giusto lo scorso 9 ottobre, il Consiglio dell'Unione europea ha proceduto alla declassificazione delle direttive di negoziato sul Partenariato transatlantico per gli scambi e gli investimenti tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, cioè del mandato sulla cui base lo stesso Consiglio aveva autorizzato la Commissione europea, il 14 giugno 2013, ad avviare e sviluppare il negoziato bilaterale con gli Stati Uniti d'America. 
La desecretazione del mandato negoziale, a più di un anno dall'inizio delle trattative, era del resto una priorità della Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea. È stata una scelta importante, perché l'analisi delle direttive conferma, anzitutto, che l'obiettivo dello sviluppo del partenariato transatlantico sugli scambi e sugli investimenti – ovvero di una reciproca liberalizzazione degli scambi di beni e servizi, attraverso un accordo concernente accesso al mercato, ostacoli non tariffari e questioni normative, che si traduca in un risultato equilibrato tra la soppressione dei dazi, l'eliminazione di inutili ostacoli normativi agli scambi e il miglioramento normativo – assume, anzitutto a suo fondamento – cito testualmente dalle direttive di mandato – «principi e valori comuni coerenti con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione». 
Così le direttive prevedono che il preambolo dell'accordo contenga richiami a valori condivisi – cito ancora testualmente – «in aree come i diritti umani, le libertà fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto; l'impegno delle Parti a favore dello sviluppo sostenibile e il contributo del commercio internazionale allo sviluppo sostenibile per quanto riguarda i suoi aspetti economici, sociali e ambientali, inclusi lo sviluppo economico, l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti, nonché la tutela e la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali; l'impegno delle Parti per la conclusione di un accordo coerente con i diritti e gli obblighi derivanti dall'Organizzazione mondiale del commercio e favorevole al sistema di scambi multilaterali; il diritto delle Parti di prendere le misure necessarie per realizzare obiettivi legittimi di politica pubblica in base al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei lavoratori, dei consumatori, dell'ambiente e della promozione della diversità culturale sancita dalla Convenzione dell'UNESCO (...); l'obiettivo» – si legge ancora nel testo – «che le Parti condividono, di tenere conto dei problemi specifici che le piccole e medie imprese devono affrontare quando partecipano allo sviluppo degli scambi commerciali e degli investimenti; l'impegno delle Parti di comunicare con tutte le altre parti interessate, compresi il settore privato e le organizzazioni della società civile». 
Coerentemente con un simile preambolo, si prevede che l'accordo, dunque, riconosca che lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo essenziale delle parti, le quali intendono anche garantire e facilitare il rispetto degli accordi e delle norme internazionali in materia ambientale e del lavoro, promuovendo, nel contempo, elevati livelli di tutela dell'ambiente, del lavoro e dei consumatori, coerenti con l’acquis dell'Unione europea e la legislazione degli Stati membri. 
Per quel che riguarda gli scambi di merci le direttive segnalano che l'obiettivo è sopprimere tutti i dazi sugli scambi bilaterali, con lo scopo di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell'entrata in vigore dell'accordo e una graduale abolizione di tutte le tariffe, salvo quelle più sensibili, in un breve arco di tempo. 
Quanto alle norme di origine, i negoziati mireranno a conciliare l'approccio dell'Unione europea e degli Stati Uniti in materia di norme di origine, in modo da facilitare il commercio tra le parti e tenere conto delle norme di origine dell'Unione europea e degli interessi dei produttori dell'Unione. Si punta al contrasto del dumping, ma resta possibile l'adozione di una clausola di salvaguardia bilaterale che consenta ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l'aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall'altra parte arrechi o minacci di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale. Sul versante dei servizi, le direttive annotano che i negoziati sugli scambi devono tendere a vincolare il livello di liberalizzazione al più alto livello raggiunto dagli attuali accordi di libero scambio. Resta però fermo che la Commissione deve provvedere affinché nessuna disposizione dell'accordo vieti alle parti, cito testualmente, «di applicare le loro disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni concernenti l'ingresso e il soggiorno purché queste ultime non annullino o compromettano i vantaggi derivanti dall'accordo». Si confermano applicabili le disposizioni legislative e regolamentari e le condizioni dell'Unione europea e degli Stati membri in materia di lavoro e l'elevata qualità dei servizi pubblici dell'Unione deve essere preservata conformemente al Trattato di funzionamento dell'Unione europea. 
Sul versante della tutela degli investimenti si assume, quale obiettivo del negoziato, la definizione di disposizioni sulla liberalizzazione e sulla tutela degli investimenti, precisando che soltanto previa consultazione con gli Stati membri e conformemente ai trattati europei, l'inclusione della tutela degli investimenti e della risoluzione delle controversie tra investitore e Stato dipenderà dall'eventuale raggiungimento di una soluzione soddisfacente rispondente agli interessi dell'Unione e ciò anche in riferimento al non pregiudizio del diritto dell'Unione e degli Stati membri di adottare e applicare, conformemente alle loro rispettive competenze, le misure necessarie al perseguimento non discriminatorio di legittimi interessi di politica pubblica. 
In materia di appalti pubblici l'accordo deve essere volto a rafforzare l'accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo e tuttavia il perseguimento della compatibilità normativa non pregiudica il diritto di legiferare conformemente al livello di tutela della salute, della sicurezza, dei consumatori, del lavoro, dell'ambiente e della diversità culturale che ogni parte ritiene appropriato o di realizzare in altro modo obiettivi normativi legittimi. I negoziati mireranno, ancora, a prevedere una protezione rafforzata e il riconoscimento mediante l'accordo delle indicazioni geografiche dell'Unione europea, affrontando inoltre il rapporto con la loro precedente utilizzazione sul mercato statunitense al fine di risolvere in modo soddisfacente i conflitti esistenti e considereranno misure per facilitare e promuovere lo scambio di merci rispettose dell'ambiente e a basse emissioni di carbonio, beni, servizi e tecnologie caratterizzati da un uso efficiente dell'energia e delle risorse, anche tramite appalti pubblici verdi e un sostegno alle scelte di acquisto informate da parte dei consumatori. 
L'accordo infine prevedrà disposizioni a sostegno delle norme riconosciute a livello internazionale in materia di responsabilità sociale delle imprese. La scelta di procedere alla declassificazione delle direttive che ho cercato di sintetizzare rapidamente può, dunque, certamente contribuire a chiarire interrogativi, dubbi e preoccupazioni da più parti avanzati circa l'impatto economico, sociale ed ambientale dell'accordo, poiché ne emerge un mandato negoziale di fondo per cui il perseguimento del maggiore coordinamento normativo e regolamentare transatlantico – ai fini della riduzione di barriere, duplicazioni e costi superflui – non implica riduzione della qualità della regolazione posta a tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza, così come, su altro ed essenziale versante, la tutela degli investimenti dalla discriminazione, dall'espropriazione e dal trattamento ingiusto ed iniquo, può anche chiamare in causa meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, ma senza che ciò mini la possibilità della salvaguardia di legittimi interessi di politica pubblica. 
Del resto, il capo negoziatore dell'Unione europea, Garcia Bercero, facendo il punto, lo scorso 3 ottobre 2041, sull'andamento del negoziato a conclusione del settimo round, ha sottolineato la chiarezza e la fermezza del mandato ricevuto circa la necessità che non sia fatto nulla che possa indebolire o danneggiare la protezione dell'ambiente, della salute, della sicurezza dei consumatori o qualsiasi altro obiettivo delle politiche pubbliche perseguito dai regolatori dell'Unione europea o degli Stati Uniti d'America e che, quanto ai servizi, i Governi restano liberi di decidere in qualsiasi momento che certi servizi siano forniti dal settore pubblico. 
Il Commissario europeo designato, Malmström, ha per parte sua sottolineato, in sede di sua audizione da parte del Parlamento europeo, che i processi decisionali sulle nuove regolazioni rimarranno soggetti agli esistenti controlli democratici. È poi fin d'ora chiaro il potenziale del processo di liberalizzazione di un'area il cui interscambio di beni e servizi vale già oggi circa 2 miliardi di euro al giorno ed è parimenti evidente il più ampio significato geopolitico dell'accordo di partenariato transatlantico, poiché, rappresentando le parti interessate circa la metà della produzione mondiale, l'Accordo potrebbe assumere il rilievo di uno standard globale e concorrere al rafforzamento di modelli di governo democratico della globalizzazione oggi più che mai necessari. 
Ciò non toglie che meritino comunque ogni più attenta verifica le principali stime fin qui effettuate in ordine all'impatto economico dell'Accordo, cifrate in uno scenario di piena attuazione in 120 miliardi di euro l'anno aggiuntivi a beneficio dell'economia europea, in 90 miliardi aggiuntivi a beneficio dell'economia statunitense, in 100 miliardi aggiuntivi a beneficio delle altre aree economiche mondiali. 
Per quel che specificamente riguarda l'Italia, la stima degli impatti sull'economia italiana derivanti dall'Accordo di libero scambio effettuata a giugno del 2013 da Prometeia ha, come è noto, evidenziato che un ampio accordo di liberalizzazione potrebbe incidere in misura apprezzabile sulla crescita italiana e degli altri Paesi coinvolti, arrivando a sfiorare il mezzo punto percentuale per la nostra economia. 
Quanto ai saldi, a tre anni dall'applicazione dell'Accordo, il PIL aumenterebbe, al netto dell'inflazione, di 5,6 miliardi di euro, e l'occupazione totale di circa 30 mila unità. L'ICE, osservando che i benefici dell'Accordo per le imprese europee discenderebbero da una barriera protezionistica differenziale, che equivarrebbe ad un dazio differenziale sulle merci degli esportatori dei Paesi esclusi dall'Accordo, ha sottolineato che, in ragione del considerevole peso relativo sull’export verso gli Stati Uniti di meccanica, moda, alimentari e bevande con produzioni sensibili al prezzo ed esposti alla concorrenza asiatica, il dazio differenziale aiuterebbe la produzione italiana più di quanto favorirebbe quella di un Paese con produzione più differenziata e a maggiore valore aggiunto o che esporta beni a domanda più rigida. 
Tuttavia, l'analisi di impatto potrebbe essere utilmente approfondita – valgano in questo senso anche le osservazioni di Confindustria – con la valutazione delle implicazioni dell'Accordo sui sistemi produttivi, traendone al più presto le necessarie conseguenze in termini di politiche industriali e di rafforzamento del settore manifatturiero. 
Certo, la portata potenziale dell'Accordo e la sua effettiva traduzione in occasione di costruzione di occupazione e crescita aggiuntive chiamano in causa la capacità di coordinamento delle politiche economiche nell'area transatlantica nonché, in particolare, il coordinamento, pur nella consapevolezza della loro diversità di missione, delle scelte di politica monetaria operate dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve, allo scopo di contrastare sfasature negli interventi e rischi di conflitti valutari. 
Alla luce di queste considerazioni, e per queste ragioni, la mozione da me presentata insieme ai colleghi del gruppo del Partito Democratico, impegna allora il Governo, in particolare nella fase del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, ad agire affinché siano concretamente valorizzate le previsioni delle direttive di negoziato, tanto circa l'impegno della Commissione europea a sviluppare un dialogo regolare con tutte le parti interessate della società civile, quanto circa l'esame delle conseguenze economiche e sociali ed ambientali dell'Accordo mediante – come si prevede nel testo di mandato – una valutazione di impatto per la sostenibilità indipendente cui partecipi la società civile, che sarà condotta in parallelo ai negoziati e sarà conclusa prima della sigla dell'accordo. 
Si richiede ancora che le stime sugli effetti economici dell'accordo siano integrate con un approfondimento delle sue refluenze sulla struttura dei sistemi produttivi coinvolti nel partenariato, ipotizzando che possa essere proprio il Consiglio dell'Unione ad indicare come procedere, sia ai fini dell'individuazione delle risorse per effettuare tale valutazione, che per la scelta del soggetto che la condurrà. 
Si sottolineano poi, sempre in sede di impegni richiesti al Governo, l'esigenza di vigilare su un approccio equilibrato ai meccanismi arbitrali Investor State dispute settlement (ISDS) che tenga presenti le ragioni della tutela della qualità dei servizi pubblici essenziali, dei diritti sociali e del lavoro e delle norme ambientali; nonché la necessità di ribadire la necessità per il settore alimentare, ai fini dell'avanzamento del negoziato, del riconoscimento delle indicazioni di origine e del contrasto dell’Italian sounding, la rilevanza delle barriere non tariffarie di natura tecnico-regolamentare e l'importanza di un approccio alla trattativa particolarmente attento alla valorizzazione delle sue opportunità per le piccole e medie imprese e, dunque, la messa in opera di ogni utile strumento di supporto all'accrescimento della loro partecipazione all'interscambio commerciale a partire dagli appositihelp desk già discussi in sede di trattativa. 
Ecco, prendendo le mosse dalla scelta di desecretazione del mandato negoziale, ci sembra in definitiva che si possa ora procedere alla definizione di una realistica tabella di marcia per il conseguimento di obiettivi effettivamente raggiungibili, cercando di cogliere, con il coinvolgimento delle opinioni pubbliche, del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, la finestra di opportunità per la conclusione di un accordo che si protrarrà fino ai primi mesi del 2016 a ridosso delle primarie americane.