Data: 
Mercoledì, 28 Maggio, 2014
Nome: 
Miriam Cominelli

Signor Presidente, quarant'anni fa, alle 10,12, in piazza della Loggia a Brescia si consumava un atto che avrebbe segnato per sempre la storia e la coscienza della nostra città e dell'Italia intera. Da quando quella bomba scoppiò, durante una manifestazione indetta da partiti e sindacati contro gli episodi di violenza fascista attuati nei mesi precedenti nel territorio bresciano, da quando lo scoppio, il fumo, le urla e il terrore si sono impadroniti di quella piazza, non siamo stati più gli stessi, tutti noi, accanto ai familiari di Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi e Vittorio Zambarda.
  La storia del «dopo» è stata da subito collettiva ed è cominciata con i funerali delle vittime, autogestiti dalla cittadinanza e prosegue ancora oggi con la volontà, mai venuta meno nel corso di questi quarant'anni, con cui si è sempre chiesta la verità giudiziaria su quanto accaduto, perché la verità storica, quella, è già stata raggiunta da tempo: parla di una strage politica, di stampo neofascista, coperta anche da apparati statali deviati vicini a quei mondi. Ed è proprio questo obbiettivo di verità che oggi possiamo perseguire con una speranza in più: da un lato la sentenza della Cassazione che ha confermato la responsabilità della destra e dei depistaggi e annullato assoluzioni e ricorsi degli imputati, dall'altro l'importante atto della desecretazione dei fascicoli che riguardano la strage.
  Arrivare al fondo di questa missione di verità è il passaggio necessario per permetterci di far entrare momenti come questo nella nostra memoria collettiva, attribuendo il giusto valore agli ideali per cui otto persone hanno perso la vita e oltre cento sono state ferite, perché una ferita alla nostra democrazia, come è stata la strage di Piazza della Loggia, non si rimargina con la rimozione o l'oblio, ma anzi, è doveroso che essa diventi parte riconosciuta della nostra storia democratica.Il rischio per un Paese senza memoria è quello di essere un Paese che non impara dai propri errori, di un Paese che dà per scontate le istituzioni democratiche raggiunte con enormi sacrifici. Fare che momenti come quello di oggi diventino non dei riti stanchi ma passaggi fondamentali di riflessione collettiva è una delle strade per diventare un Paese migliore e più coeso. Questo dipende da noi oggi e per questo Brescia non dimenticherà e continuerà a chiedere con forza giustizia.