Data: 
Mercoledì, 20 Gennaio, 2016
Nome: 
Anna Rossomando

Presidente, direi che l'esordio della relazione sullo stato della giustizia ci porta ad una considerazione: il passato, cos’è stato il passato, e cos’è il presente e cosa sarà il futuro. Se possiamo dire, io credo che il passato si è caratterizzato per una discussione sulla giustizia che era uno scontro sulla giustizia, o nel terreno di battaglia sul quale i primi caduti erano i cittadini e i diritti dei cittadini, ora siamo davvero in una fase nuova; e questa fase nuova, come giustamente ci è stato detto, vede la sfida sulla globalizzazione dei diritti e la globalizzazione delle risorse dell'economia reale, con la quale facciamo i conti. Vorrei dire: discutiamo sempre molto di globalizzazione dell'economia, ma il vero orizzonte ideale, che oggi abbiamo davvero alla nostra portata, è quello della globalizzazione dei diritti. 
Qualcuno ha detto più volte che lo stato dalla civiltà di un Paese si misura visitando le carceri, i luoghi di detenzione di quel Paese. Parafrasando, vorrei dire che lo stato di un Paese si misura leggendo lo stato della giustizia di quel Paese, come quella giustizia è un servizio per i cittadini, come si svolge quella giustizia. Discutiamo molto di economia: potremmo leggere lo stato della nostra economia leggendo lo stato della nostra giustizia, e come sta cambiando la sua amministrazione. Vorrei dire allora che la lettura intanto dei dati, che ci sono stati oggi illustrati, ci dice che sono i migliori dati di questi ultimi vent'anni: abbiamo un cambiamento di fase che è assolutamente misurabile in concreto dai dati che ci sono portati. 
Ma i dati non sono mai neutri, perché questi dati debbono essere letti numericamente su come e su dove sono indirizzati. Guardiamo, ad esempio, i diversi campi in cui leggiamo questi dati. Per quanto riguarda il civile – che è il dato più macroscopico, che ci pone di nuovo, finalmente, all'onor del mondo, innanzitutto nel posto che ci spetta, cioè Paese tra i primi Paesi industrializzati, un Paese che vuole competere, un Paese che vuole avere diritto di parola sulla distribuzione delle risorse, sull'impiego delle risorse e sulle misure economiche che vengono adottate –, c’è un importante questione, che riguarda l'indirizzo. Innanzitutto, della giustizia civile si è tornato a discutere, è tornata all'onor del mondo dopo anni appunto di cui non se ne parlava; e quando parliamo di giustizia civile non soltanto parliamo di economia e sviluppo di un Paese ma anche di quel tipo di giustizia che riguarda anche e soprattutto i diritti soggettivi, i diritti dei singoli cittadini e cittadine. Insomma, mi preme sottolineare che parliamo della giustizia del cittadino normale, e la normalità della vita delle persone è qualcosa che giustamente è tornata nell'agenda politica perché è quello di cui si deve occupare appunto il Parlamento. Quindi, non soltanto una visione sullo sviluppo, sull'economia e sul ruolo che la giustizia in questo campo gioca, ma un'attenzione e una visione a quella che è la vita dei cittadini e non soltanto all'elenco dei diritti. Si discute spesso del fatto che c’è un aggiornamento dell'elenco dei diritti, un aggiornamento della generazione dei diritti, ma il punto vero, quando parliamo di giustizia e di servizio di giustizia, è la questione dell'esigibilità dei diritti. Quindi, da questo punto di vista, sicuramente questa è un'innovazione, che non ci porta soltanto i dati, ma è una visione sotto questo profilo. 
Il penale: in merito dobbiamo sottolineare che abbiamo due aspetti e due profili. Per un verso, l'aspetto di più immediata comprensione, quando parliamo di giustizia penale, è la repressione dei fatti reato, e qui l'impostazione del Governo e del Parlamento è quella non tanto e non soltanto di intervenire con maggiore severità sui fatti di maggiore allarme sociale – la presenza della criminalità organizzata in questo Paese – ma di intervenire innanzitutto per colmare quelle lacune che hanno a che vedere con l'incisività dello strumento penale. Quindi, non soltanto innalzare le pene, che qualche volta è necessario, ma finalmente colmare quelle lacune che avevano a che vedere, per esempio, con l'assenza del reato del falso in bilancio, con la questione dell'autoriciclaggio, la riforma, il cambiamento sul voto di scambio, finalmente il completamento e l'aggiornamento degli ecoreati e una serie di interventi sui reati di corruzione che sono andati a individuare i punti nevralgici e nodali che sono quelli del tipo di profitto che può essere ricavato da questo tipo di reati. Ma la questione rilevante è poi quella del processo, sia penale che civile. Qui, evidentemente, c’è stato – in parte già approvato in parte in via di perfezionamento – un intervento di sistema che individua come deve essere fatto, delle priorità e delle finalità. La prima questione è quella dei tempi del processo. Per quanto riguarda il civile, abbiamo approvato dei provvedimenti che sono intervenuti sull'emergenza e quindi sulla questione dell'arretrato, ma, soprattutto, c’è un aggiornamento di sistema, una completa rivisitazione di sistema che appunto individua nei punti nevralgici, che sono l'economia – con appunto l'individuazione di una serie di strumenti – e i diritti dei singoli, quindi un intervento sull'intero processo civile con un aggiornamento delle procedure e delle risposte che devono essere date. 
Qui c’è un punto – di cui infatti stiamo discutendo ancora molto – di grande innovazione: sicuramente, nel processo civile, più che in altri settori, è necessario un adeguamento ai nuovi strumenti, non soltanto ai tempi della nostra società ma, per esempio, alla questione del processo telematico. Quest'ultimo, che è stato giustamente ricordato come un elemento che ha introdotto una grande accelerazione, sicuramente imprime anche una diversa concezione dello strumento processuale. Quindi, era ed è assolutamente necessario intervenire anche su questo aspetto. Per quanto attiene al penale, invece, per la prima volta, dopo anni, non soltanto si sono utilizzate – finalmente, direi – tutte le elaborazioni ed il patrimonio di esperienze delle commissioni che da anni si sono succedute nello studio e nella proposizione di progetti che spesso non venivano attuati, ma soprattutto si è individuato nelle cause della lunghezza e dell'eccessività dei tempi del processo penale quegli elementi su cui fare interventi strutturali. E una delle prime questioni è quella di mettere al centro il fatto che esiste una diversità di domande di giustizia nel penale, quindi non può esserci la stessa risposta, lo stesso tipo di processo nella differenza di domande. Qual è il punto, che considero non di secondo piano ? Innanzitutto viene messo al centro il fatto che una risposta comunque viene data, e viene effettivamente data, perché, come è stato giustamente ricordato, gli interventi sulla depenalizzazione, sull'archiviazione per tenuità del fatto e sulla messa alla prova non hanno soltanto la finalità, lo scopo, l'effetto di deflazionare, ma hanno l'effetto, ugualmente importante, di dare una risposta di giustizia innanzitutto alle vittime di quei reati che possono rientrare in questa categoria. Da questo punto di vista, il punto politico di innovazione è che lo Stato non rinuncia e non si arrende di fronte alle difficoltà dei numeri e di fronte ai cambiamenti della società, ma giustamente, come deve fare, modifica gli strumenti e si preoccupa comunque di essere presente e di dare delle risposte adeguate, concrete, utili ed effettive, come cominciano a dimostrare i primi dati che cominciano a pervenire. La questione del carcere: in merito, ovviamente, credo che non sia superfluo dire e sottolineare che l'emergenza era quella di intervenire sul numero delle persone detenute nelle nostre carceri, e su questo abbiamo avuto un risultato al di là di ogni aspettativa; ma è molto importante sottolineare il collegamento dei dati tra la diminuzione di questo numero e l'aumento delle persone che usufruiscono di pene alternative. Anche in questo caso, cosa significa questo ? Che c’è una risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini, sotto il profilo del recupero delle persone, quindi in una prospettiva anche di abbassamento della recidiva, seppure ancora con dati che ci pongono ancora non in linea con i dati europei, ed evidentemente c’è un intervento che ha una concezione alle spalle, cioè quella di un pensiero, che viene sicuramente da lontano nel nostro Paese, sulla concezione della pena: una pena certa, efficace, certa anche nei tempi, ma che non può solo essere una pena carceraria ma comunque una presa di responsabilità, perché i dati con cui ci confrontavamo in precedenza, con riferimento all'esecuzione della pena – se vogliamo toccare anche poi il tema su cui arriveremo tra poco, della prescrizione –, è di una pena che spesso non viene eseguita. Quindi, misure alternative che vengono applicate o nel corso del processo o in fase dell'esecuzione della pena, innanzitutto richiamano un principio di responsabilità. 
Un principio di responsabilità perché nel momento in cui si pronuncia una sentenza nel nome del popolo italiano, non soltanto si ribadisce il fatto che quel processo si è svolto secondo le regole e le garanzie che nascono dal codice di procedura e che hanno il loro fondamento nella Costituzione, ma si stabilisce questo tipo di rapporto sul fatto che c’è questo tipo di certezza. 
Resta molto da fare, resta la questione del trattamento, di come viene espiata la pena nelle nostre carceri. Io non credo che sia soltanto una questione di risorse, seppure la questione è molto importante; certamente è una questione di concezione, di elaborazione. Sono molto soddisfatta, e parlo anche ovviamente a nome del gruppo del Partito Democratico, e molto fiduciosa di quello che potrà arrivare da questo lavoro, arrivato ormai al termine dei tavoli sul carcere e sull'esecuzione della pena. Si tratta davvero di riprendere una discussione e una riflessione che per troppo tempo è stata abbandonata con approcci spesso molto ideologici e di scarso valore pratico. 
Bisogna parlare dei tempi del processo e delle questioni ancora, diciamo così, in via di attuazione. Lo dico perché anche oggi sulle pagine dei giornali (con grande soddisfazione per noi dell'apprezzamento che hanno avuto gli ottimi dati che riguardano comunque l'amministrazione della giustizia) si è fatto, per esempio, menzione ai numeri ancora elevati per la prescrizione dei reati. Su questo dovremmo essere in dirittura d'arrivo con la riforma di questo istituto. Però vorrei dire che, ovviamente, questo ha a che vedere con la questione dei tempi e con l'efficienza del processo penale. Quindi, ha a che vedere con una serie di strumenti che noi abbiamo già approvato e di cui si cominciano a vedere i primi risultati. Le cifre ci dicono alcune cose. Penso che avremmo sicuramente dei buoni risultati su questa riduzione dei tempi che influirà sulla prescrizione e penso che la prescrizione non è uno strumento per accelerare i tempi del processo; ed è questo l'approccio che noi abbiamo avuto. Anche da questo punto di vista, c’è un superamento di una visione del passato dove, vuoi che la si volesse abbreviare in modo indiscriminato o allungare in modo indiscriminato, comunque si attribuiva alla prescrizione questo tipo di funzione, il che è un abdicare, ancora una volta, all'importante funzione dello Stato nell'amministrazione della giustizia. Quindi, questo intervento sulla prescrizione è ormai in fase di attuazione e di arrivo, ed è molto collegato con interventi strutturali che abbiamo già approvato e che sicuramente daranno dei frutti sul piano dell'efficienza dello strumento del processo penale. 
Vorrei anch'io parlare, parlando di giustizia, della questione del terrorismo e dell'impegno del nostro Paese sia sul piano nazionale, con una serie di normative che sono state approvate, sia sul piano internazionale. In tutte le fasi della storia, seppure in ogni fase della storia questo odioso fenomeno si atteggi diversamente, c’è un elemento che accomuna il terrorismo di qualsiasi provenienza: l'attacco allo Stato di diritto. Il terrorismo vuole mettere deliberatamente in crisi lo Stato di diritto con le garanzie che esso contiene. Il nostro Paese – ahimè – ha già attraversato fasi storiche di questo tipo e le ha sempre superate senza mai mettere in discussione lo Stato di diritto, ma contemporaneamente mettendo in campo una reazione molto forte dello Stato e della comunità di questo Paese. Giustamente si è fatto menzione al fatto che questo tipo di terrorismo, però, chiama in causa il ruolo degli Stati nazionali e il rapporto tra questi e, in particolar modo, il ruolo dell'Europa, la configurazione dell'Europa. 
Allora, io vorrei ricordare che in quella Costituzione, che non era stata approvata, vi era un capitolo che si intitolava «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» che aveva, seppur non si parlava di terrorismo in questi termini allora, il precipuo scopo di mettere in comune, di avere un patrimonio comune, di norme, di concezioni e di azioni europee, proprio perché già allora si facevano i conti con la globalizzazione dei problemi e con la transnazionalità di questi problemi. Da questo punto di vista, sicuramente noi dobbiamo, e possiamo, insistere affinché ci siano degli accordi e il Ministro ha citato gli accordi bilaterali per quanto riguarda una serie di questioni e di problemi. Sicuramente ancora non possiamo dirci soddisfatti sul livello di collaborazione e di messa in campo di strumenti condivisi per quanto riguarda gli strumenti giuridici di contrasto a questo fenomeno. Penso alla Procura europea, ma non soltanto ovviamente a questo. Da questo punto di vista, è evidente che se parliamo di Stato di diritto discutiamo e portiamo alla nostra mente il fatto che lo Stato di diritto enuncia la difesa della libertà e della sicurezza. Noi pensiamo che la sicurezza dei cittadini sia un diritto e sia, ovviamente, un diritto di libertà. Quindi io arrivo a dire che non è neanche l'altra faccia della medaglia, ma stiamo discutendo della libertà nelle sue diverse configurazioni. 
Si è parlato, ovviamente, anche della professionalità dei vari soggetti della giurisdizione. Vorrei partire, da questo punto di vista, un po’ irritualmente, non dalla magistratura e dal personale, ma dall'Avvocatura. Credo che anche in questo caso c’è un importante cambiamento di passo e di visione: l'Avvocatura come soggetto importantissimo dell'amministrazione della giustizia l'Avvocatura cui viene riconosciuto un ruolo sociale, l'Avvocatura a cui viene chiesto di esercitare questo ruolo sociale, valorizzando la propria professionalità intellettuale. Perché la tratto per prima ? Perché è un po’ il filo delle mie riflessioni sullo Stato di diritto e sull'esercizio del ruolo del Parlamento e del Governo, sul rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Certamente si deve vedere nell'Avvocatura il primo soggetto che il cittadino incontra, riconosce, quando ha un problema da risolvere, sia che si trovi a chiedere il riconoscimento, la soddisfazione di un diritto, sia quando si trovi nella veste di imputato o di persona offesa in un processo penale. Allora quando il cittadino incontra questo professionista intellettuale è il momento in cui, più o meno consciamente, sta riconoscendo il fatto che c’è uno Stato di diritto, che egli ne è parte, che è un cittadino e che non soltanto chiede la soddisfazione di un diritto, ma si riconosce nelle istituzioni. Ecco perché deve essere particolarmente importante per noi come viene amministrata la giustizia e il tipo di risposta che viene data. Da questo punto di vista, tale visione, in questa prima parte legislatura, credo ci sia stata tutta, perché non soltanto nella risoluzione di quelle controversie, di quei conflitti, a seconda che parliamo di civile o di penale, viene attribuito un ruolo molto importante all'Avvocatura, ma essa è protagonista di questa risoluzione alternativa che porta con sé anche l'idea di risoluzioni che vedono nella mediazione un punto strategico, assolutamente importante per il concetto stesso di deflazione. Questo mi consente di aggiungere ancora qualcosa alla riflessione sulla visione dell'amministrazione giustizia, ad esempio, nel settore civile. 
Io rivendico il fatto che tutti questi strumenti e questa visione di differenziazione delle risposte di maggiore efficienza abbiano anche come comune denominatore il fatto che, quando parliamo di giustizia civile, la selezione della domanda non avviene su base economica, ma avviene sul fatto di operare delle scelte. Certo, questa è una scelta di campo, indubbiamente, anche perché noi dobbiamo registrare che in questi ultimi anni qualcosa nel campo è cambiato. 
Infatti, un'amministrazione della giustizia che non funziona è un'amministrazione della giustizia che fa una scelta sicuramente di classe, e questo non può certamente da noi essere accettato, anzi, da noi viene sicuramente contrastato. La magistratura è protagonista di questa stagione, alla quale, appunto, chiediamo di essere a fianco degli altri operatori, accettando la sfida di questa innovazione economica, ma, soprattutto, accettando la sfida di una necessità: fare i conti con una società in cui l'economia è, come dire, una risultante, ma la questione è che cambiano gli equilibri di potere, i luoghi delle decisioni, e quindi la possibilità del controllo democratico, e, però, nell'equilibro tra i poteri, vuoi perché eletti vuoi perché elementi portanti, con rango istituzionale e costituzionale, si gioca, appunto, la misura e il tasso di democrazia liberale di un Paese. 
Noi non possiamo pensare di essere in un sistema fermo, come dire, immobile e statico, in cui bastano delle regole scritte a suo tempo perché tutto questo si svolga, se non facciamo i conti con queste esigenze di ammodernamento, e quindi di continuo adeguamento, affinché quell'equilibrio tra i poteri dello Stato rimanga così come è stato disegnato dalla Costituzione. Questa è una sfida a cui siamo tutti chiamati e credo che, anche da questo punto di vista, con l'interlocuzione e il confronto che c’è stato, anche con la magistratura, in questa parte di legislatura, debba essere riconosciuto un grande cambiamento rispetto al passato, proprio perché quella stagione del terreno di scontro e di contrapposizione, che poi era diventata una contrapposizione forse creata o artificiosa, sicuramente strumentale a una visione politica, è una stagione da considerarsi assolutamente superata. 
Vorrei concludere, dicendo che, in questo percorso, ancora non compiuto, credo che, quando parliamo di giustizia, dobbiamo dire, dobbiamo dirci che sicuramente c’è stato un ruolo molto importante sia del Governo sia del Parlamento, e lo dico in un momento e in una stagione in cui discutiamo di riforma della Costituzione, in cui discutiamo di riforma elettorale. Discutiamo che cosa, in definitiva ? Discutiamo di come possa essere restituita non tanto efficienza – sicuramente efficienza al Parlamento – ma, credo, molto più rilevantemente, un ruolo effettivo al Parlamento. 
Ecco, allora credo che noi dobbiamo e possiamo essere orgogliosi del fatto che, su almeno, credo, una ventina di leggi già approvate in materia di giustizia, almeno la metà siano di iniziativa parlamentare, che su tutti i disegni di legge o i decreti del Governo, che sono stati davvero molti e molto corposi, il Parlamento abbia sempre avuto un ruolo propositivo e un ruolo che si è potuto misurare anche con le modifiche del contenuto di quei provvedimenti, di quei decreti del Governo stesso. 
Credo, però, che su questo abbia avuto sicuramente un peso il taglio che il Governo ha inteso dare al ruolo della giustizia in questo Paese, al ruolo per l'economia di questo Paese, al fatto che sia stata ripresa una discussione e si sia rimessa tra le priorità dell'agenda di questo Paese anche la questione dei diritti, della garanzia dei diritti, della cultura delle garanzie. 
Per questo e soltanto per questo penso che siano stati fatti dei grandi e significativi passi avanti. Ora dobbiamo proseguire: abbiamo da completare l'approvazione del disegno della riforma del processo civile, del processo penale, della prescrizione e, sul piano dei diritti, sono molto ottimista e fiduciosa che presto porteremo a termine e approveremo il disegno di legge sulle unioni civili. Quindi, molto è stato fatto, sicuramente molto c’è da fare: possiamo essere orgogliosi del fatto che, quando parliamo di rapporto tra cittadini e istituzioni, quando parliamo di cittadinanza, sappiamo che in tutte queste situazioni parliamo di giustizia, dello stato della giustizia, e possiamo dire che, se questo Paese ha un qualche elemento di ottimismo e si è rimesso in marcia, certamente un grande merito è quello di aver guardato diversamente e avere operato diversamente sulla giustizia, che riguarda la vita dei cittadini, la concretezza del nostro quotidiano, ma anche sentirci soprattutto parte di questa comunità e parte di una comunità che ha nello Stato di diritto e nella democrazia liberale i suoi segni caratteristici e distintivi.