Data: 
Martedì, 19 Marzo, 2019
Nome: 
Massimo Ungaro

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Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, al Consiglio europeo che avrà luogo fra qualche giorno i 27 Paesi membri discuteranno anche della Brexit, il processo di recesso del Regno Unito dall'Unione Europea, previsto, appunto, per il 29 marzo, ovvero tra dieci giorni esatti; oltre due anni e mezzo da quel fatidico referendum del 23 giugno 2016. Si profilano davanti a noi tre scenari diversi: un'uscita senza accordo, il cosiddetto no deal, come dicevano i miei colleghi prima di me, lo scenario con le conseguenze politiche ed economiche peggiori, un'uscita con un accordo o un rinvio di uno o dell'altro scenario. Presidente Conte, come lei saprà, John Bercow il presidente della Camera dei comuni, sembra aver sbarrato la strada a un eventuale terzo voto sull'accordo, e quindi sembrerebbe abbastanza probabile l'ipotesi di una richiesta di proroga da parte del Regno Unito.

Per prorogare la data per la Brexit è necessaria l'unanimità dei 27 Paesi membri dell'Unione europea. Detto questo, l'ipotesi di un'uscita senza accordo non può essere esclusa; sebbene il Parlamento abbia approvato una mozione in senso contrario, è un atto di indirizzo e non ha validità legale.

Un'uscita senza accordo getterebbe nella più grande incertezza quel Paese e con esso i 3 milioni di cittadini europei che ci risiedono, tra i quali oltre 700 mila italiani. Londra è la quinta città italiana, è una città dove arrivano ogni mese oltre 2000 ragazze e ragazzi italiani, al mese, al netto delle partenze. L'Italia deve farsi trovare pronta a questo scenario di un'uscita senza accordo. Sono assolutamente lodevoli le iniziative intraprese in questi mesi, dall'indagine conoscitiva in Commissione esteri sulla Brexit alle riunioni del Comitato interministeriale per la Brexit, al decreto Brexit del MEF che vuole, appunto, garantire la continuità operativa dei mercati finanziari, specie per i derivati finanziari OTC, fino ai documenti informativi preparati dalla Farnesina o alle guide doganali preparate dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Tuttavia, si poteva fare di più, si doveva fare di più, si deve fare di più, sia in termini di preparazione che pubblicizzazione dei lavori, che in termini istituzionali e politici. Come ricordavo qualche giorno fa, per prepararsi a questo scenario dalle conseguenze incerte, il Belgio e altri Paesi hanno già approvato leggi quadro, la Germania ne ha discusso nel Parlamento mesi fa, la Francia ha stanziato un fondo di 50 milioni di euro e istituito una Commissione parlamentare ad hoc. Non risultano, invece, iniziative di questo tipo da parte del suo Governo, sebbene ci siano molti più italiani nel Regno Unito che belgi, francesi o tedeschi. Vorremmo maggiore chiarezza sullo stato dei piani; di quante unità esattamente verranno rinforzati i nostri consolati, che sono già allo stremo, e di quante unità verranno rinforzati i controlli doganali in porti e aeroporti, dato che in caso di uscita senza accordo il nostro Paese tornerà a scambiare merci con il Regno Unito, secondo le regole dell'Organizzazione internazionale del commercio? Quali sono i piani bilaterali nei campi delle patenti di guida, del roaming, dell'assistenza sanitaria, della convertibilità dei fondi pensione privati? Quali sono, per esempio, i piani di modifica del decreto Delrio del 2016, per permettere a Linate di diventare un aeroporto di scalo anche per le rotte non comunitarie? Su tutti questi temi il suo Governo, Presidente Conte, non è ancora pervenuto. Sappiamo che esistono impegni politici da parte dei due Governi per mantenere lo status quo e assicurare la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani nel Regno Unito e dei cittadini britannici in Italia, ma tutto questo richiede una traduzione in atti normativi. Le chiedo, quindi, di fornirci rassicurazioni su questi punti. La Brexit è un evento storico nuovo, sconosciuto che non può essere legato al solo livello amministrativo. Avremmo auspicato un maggiore protagonismo del Governo italiano e un maggior coinvolgimento del Parlamento.

Inoltre, Presidente, che la Brexit sia dura o morbida, hard o soft, ci sono quattro questioni precise sulle quali chiedo al suo Governo di impegnarsi: in primis, di premere a livello bilaterale sul governo britannico, affinché siano sanzionati quei datori di lavoro o proprietari che affittano appartamenti che potrebbero discriminare i nostri concittadini che sono nel processo di ottenere il nuovo permesso di residenza.

La seconda è di vegliare sempre a livello bilaterale, affinché si possa scongiurare una “Windrush” italiana; come lei forse saprà, me lo auguro, negli anni Cinquanta e Sessanta, molti nostri concittadini emigrarono dall'Italia nei distretti industriali delle Midlands, molti di essi ottennero in seguito un permesso di residenza, il cosiddetto indefinite leave to remain, molti di loro lo persero e, in seguito a uno scandalo del 2017, risulta che il Governo britannico non ha mantenuto gli archivi di questi documenti, come appunto è successo alla comunità caraibica, e non possiamo escludere che questo possa accadere anche ai nostri connazionali, il che, appunto - il Regno Unito non avendo gli archivi - getterebbe questi cittadini nella più grande incertezza.

Per quanto riguarda la terza questione, inoltre, non posso non sottolineare quanto la nostra rete consolare sia allo stremo. Non è giusto aspettare mesi e mesi per rinnovare un passaporto, specie quando, appunto, per ottenere il nuovo permesso di residenza sarà necessario un documento valido. Occorre un piano straordinario per la rete consolare.

Infine, data l'incertezza di queste settimane a ridosso delle elezioni europee, le chiediamo di concedere la possibilità ai cittadini italiani residenti del Regno Unito di poter votare alle prossime elezioni europee nei nostri consolati. Con la legislazione vigente, in caso di uscita dal Regno Unito, i nostri connazionali potranno votare solo tornando in Italia, un ostacolo enorme alla partecipazione al voto.

Tuttavia, Presidente Conte, sul tema Brexit, ovviamente, il punto principale che riguarda il suo Governo a questo Consiglio europeo è la questione della proroga, di un'estensione appunto dell'articolo 50 che potrebbe essere richiesta dal Regno Unito nelle prossime ore e nei prossimi giorni.

Qualora il Regno Unito presentasse una richiesta di estensione dell'articolo 50, breve o lunga, di mesi o di anni, sarebbe opportuno che il Governo italiano la concedesse e le chiedo di impegnarsi chiaramente su questo punto. D'altronde lei stesso, stamattina, nella sua relazione ha detto che l'Italia intende applicarsi per un recesso ordinato, per un'uscita senza strappi. Le chiedo di impegnarsi, quindi, chiaramente, per concedere la proroga senza condizioni. Sia chiaro, la richiesta di una proroga da parte del Regno Unito dovrà essere motivata e avere un chiaro limite temporale; una proroga, non solo eviterebbe, per ora, un'uscita senza accordo, ma in questa fase delicata aiuterebbe lo sviluppo di processi politici, già avviati in quel Paese, che potrebbero portare a sviluppi positivi nel medio e lungo termine, come una ratifica dell'accordo, non impossibile nemmeno nei prossimi giorni, un accordo tra Governo e opposizione per una Brexit più morbida, nuove elezioni o perfino una nuova consultazione referendaria che faccia tesoro della disastrosa lezione di questi tre anni, uno scenario che noi ci auspichiamo in quanto cittadini europei.

In questa fase delicata, chiedo che il Governo italiano si impegni in sede europea per evitare un irrigidimento della posizione dell'Unione europea su questo fronte. Un'uscita senza accordo, oltre alle conseguenze negative economiche e allo stato di incertezza costituirebbe un precedente molto pericoloso per i divorzi futuri e la fonte di nuove discordie tra il Regno Unito e i membri dell'Unione europea. Sebbene alcune forze politiche spingano apertamente per questo scenario, sarebbe davvero ingiusto per i cittadini britannici che certamente non hanno mai espresso il desiderio di lasciare l'Unione in questo modo, sbattendo la porta. Ricordiamoci un attimo come avvenne quel referendum, durante una enorme campagna di disinformazione, con menzogne lanciate da parte di comitati promotori, beneficiari di finanziamenti occulti, provenienti da Paesi ostili all'Unione europea, come varie inchieste stanno dimostrando in queste settimane.

Il Regno Unito sta peggio di prima e la Brexit non è ancora cominciata: incertezza, una crescita economica tra le più basse dell'Unione, un esodo di aziende e, quindi, di posti di lavoro; oltre 100 compagnie finanziarie hanno lasciato il Regno Unito e si sono spostate in Paesi membri dell'Unione e negli ultimi due anni abbiamo anche visto aziende, industrie che hanno spostato i loro siti di produzione, come, appunto, il caso più recente della Nissan; uscita dal mercato unico, fine del passaporto per i servizi finanziari, ritorno di visti e permessi per la circolazione delle persone e delle merci. Mi chiedo, quindi, e chiedo al suo Governo, se questo sia il canovaccio che i sovranisti italiani vorrebbero per il nostro Paese.

In queste ore, Arron Banks, un signore che fu tra i maggiori promotori e finanziatori della campagna referendaria per uscire dall'Unione europea nel 2016, ha chiesto alla Lega di Salvini di porre un veto all'eventuale richiesta di proroga, in modo tale da provocare un'uscita senza accordo. Da parte della Lega non risultano prese di posizioni ufficiali, ma invito la Lega a riflettere bene su questo tema. Questo scenario neo protezionista riporterebbe i dazi e le dogane e, sebbene ci siano accordi per tenerli a zero, questo non include del tutto né il settore agricolo né il settore agroalimentare. Ricordiamoci che il Regno Unito, per questi due settori, rappresenta l'8 per cento delle nostre esportazioni. Il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di esportazione per l'Italia per un surplus di oltre 22 miliardi di euro. Insomma, se apporrete il veto, punirete moltissime aziende italiane che esportano i nostri prodotti in quel Paese.

Ma immaginate la responsabilità storica se il divorzio tra Regno Unito e Unione europea avvenisse in maniera brutale per decisione dell'Italia; sarebbe una grave ingiustizia nei confronti di un Paese amico, alleato, in difficoltà, che altro non chiede che un rinvio. Ciò isolerebbe l'Italia ancora di più, da Paese fondatore dell'Unione europea, diventerebbe un Paese che ne promuove la disintegrazione.

Un'uscita disordinata del Regno Unito sarebbe un danno enorme per l'Unione e un danno enorme per l'Italia. I britannici sono liberi di lasciare questa Unione, se lo vogliono veramente, ma questa Europa è e deve rimanere una casa aperta. Per questo motivo diciamo “no” ad un'alleanza dei sovranismi, “no” ad un'alleanza dei nazional populismi che altro non farebbe che rendere l'Europa e l'Italia più deboli. Per questo motivo invitiamo lei e il Governo ad esprimere un voto favorevole per la concessione di una proroga, qualora il Governo britannico ne facesse richiesta.