Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 26 Aprile, 2016
Nome: 
Giorgio Zanin

A.C. 2039-A

Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, il tema del consumo di suolo vede anche nel nostro Paese da tempo in atto un'azione che muove non soltanto dallo sguardo attento e dalle statistiche ma anche dall'indignazione. Per fortuna – possiamo dirlo – la lotta solitaria di alcuni intellettuali è divenuta da tempo anzitutto fenomeno di lotta e di resistenza locale contro la cementificazione e, in generale, contro la violenza al paesaggio. Non è un dato marginale e solo locale però, se si pensa alle implicazioni che questo porta con sé e il mio sarà, come dire, un intervento che guarda soprattutto a questo aspetto di carattere culturale. Il tema del paesaggio è in sé un tema che evidenzia il crocevia tra individuo e società. La bontà di un paesaggio costituisce indubbiamente una prova visibile della qualità con cui gli individui si relazionano tra loro e con l'ambiente circostante. Ciò porta con sé anche la prova di una gerarchia indelebile tra interesse collettivo e interesse privato, uno snodo questo che il tempo ci ha consegnato con angolature nuove: ad esempio, leggendo sotto il profilo dell'interesse privato anche quello del singolo ente locale a far cassa e degli amministratori locali a favorire investimenti oppure ancora quello di una generazione che qui ed ora consuma ciò che utilmente appartiene in modo indivisibile alle generazioni. L'effetto di questo sentimento ampio dell'interesse privato ha generato con numeri che chi mi ha preceduto ha già ricordato, che conosciamo e che non ripeto una modificazione strutturale del paesaggio. Abbiamo superato un punto di rottura, be’ può darsi ma l'effetto principale, al di là dei danni in termini strettamente ambientali ed economici, è anzitutto quello di uno spaesamento. Il consumo di suolo spesso indiscriminato ha creato infatti un anonimato dell'ambiente, delle periferie e delle arterie di movimento che ha destrutturato i luoghi dell'identità. Estendendo la definizione dell'antropologo Marc Augé possiamo perciò parlare di un consumo del suolo che ha creato una sorta di vasto «non luogo» dove appunto le identità culturali faticano a identificarsi e a produrre vitalità. Il vasto processo di occupazione degli spazi extraurbani, quella sorta di disneyficazione del territorio legato ad ipermercati per andare a shopping e ricreazione, ha svuotato i fragili centri storici e ha pervertito la lettura interiore di quell'equilibrio tra uomo e territorio, lasciando gli individui in parte soli e bulimici nel consumo, a tutto danno di una tradizione come quella italiana la cui eredità ambientale è talmente vasta e profonda da meritare un dovere di tutela che ha trovato ampio riscontro di consapevolezza nei secoli. Questo sguardo globale, anzitutto culturale, è necessario per ricostruire in modo adeguato le trame di questa iniziativa legislativa, un'iniziativa meritoria che in qualche misura punta a fare punto e a capo di una questione epocale come quella descritta. Fare punto a capo per riaffermare in primo luogo il valore dell'interesse comune sui beni che non sono disponibili anzitutto per l'interesse privato ma per l'utilità pubblica, così come definito anche dalla stessa Costituzione. È necessario uno sguardo globale che serve anche ad uscire dalle sole meritorie lotte locali per aprirsi ad un generale concetto di pubblica utilità del suolo che ha fondamentali ricadute lungo la via del rilancio economico, sociale e culturale del Paese. Si tratta di un tema che potrebbe trovare importanti applicazioni anche a partire dai beni demaniali come, ad esempio, il processo di valorizzazione del patrimonio militare in dismissione su cui meritoriamente il Ministero della difesa ha già avviato azioni qualificate e significative e attorno a cui anche gli enti locali devono essere chiamati a trovare forza e progetti coerenti. 

Dunque questo provvedimento segna evidentemente un passaggio nodale di questa evoluzione, trasformando la richiesta popolare in ethos pubblico, una lotta che ha trovato i suoi riflessi anche qui in Parlamento, come testimoniato implicitamente anche dal lungo itinerario dello stesso disegno di legge che per fortuna sta finalmente trovando uno sbocco. Siamo qui dunque anche per celebrare una vittoria che nasce dal basso, dai movimenti locali. La conoscenza locale, l'interazione dei cittadini con i luoghi, la loro visione locale con questo testo ha finito per unirsi in una visione puntiforme che permette di vedere la figura di insieme che la consapevolezza del mondo agricolo ha avvertito prima degli altri, riconoscendo nell'inquinamento antropico una delle derive della qualità della vita e della negazione del cibo di qualità. Una vicenda, quella dello squilibrio da inquinamento antropico, che possiamo richiamare per analogia contraria anche nella trascuratezza con cui il patrimonio forestale, in primis nelle zone montane, continua ad aumentare senza che adeguate risorse e proposte tengano nel dovuto conto la necessità che anche in quello prevalga la regola dell'equilibrio senza la quale, alla fine, i conti si pagano salati. Siamo perciò di fronte alla necessità di far valere il pubblico interesse lungimirante contro il diritto individuale legato al profitto, esattamente come recita l'articolo 41 della Costituzione, che certamente riconosce la libertà di iniziativa economica ma non in contrasto con l'utilità sociale e in ogni caso indirizzata e coordinata a fini sociali. In buona sostanza ci troviamo di fronte ad un provvedimento che opera una opzione chiara di fronte a due diversi modelli di sviluppo del territorio, uno predatorio, tipico in natura dei parassiti e dei predatori, e l'altro di equilibrio, teso alla stabilizzazione degli ecosistemi, tipico dei mammiferi, consapevoli probabilmente che il degrado ambientale costituisce una forma di lento masochismo, di cui peraltro quasi sempre per primi a pagare le conseguenze sono i più deboli. La figura che ne emerge quindi in conclusione è quella di un'azione popolare che trova casa nel Parlamento, una buona sintesi di percorso democratico che non a caso mi ha spinto sin dall'inizio del percorso a definire questa come una delle leggi bandiera della legislatura, una legge alle quali ora mi auguro, con spirito ecumenico, si voglia guardare più per ciò che unisce piuttosto che per ciò che divide, potendo almeno qualche volta segnare un passaggio culturale, prima ancora che concreto, su cui è necessario lavorare ancora molto in diversi settori. Il benaltrismo consuma la pazienza oltre che il suolo e ho la sensazione dai primi interventi di questa discussione che qualcuno qui, in quest'Aula, non voglia la legge, assumendosi con ciò una grave responsabilità che noi ci auguriamo si riesca a modificare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).