Relatrice di minoranza per la XII Commissione
Data: 
Lunedì, 18 Marzo, 2019
Nome: 
Elena Carnevali

A.C.1637-A

 

Presidente, Governo, onorevoli colleghe e colleghi, abbiamo già detto del lavoro molto serio, puntuale, senza nessun atteggiamento di natura ostruzionistica, insieme a tutti i colleghi della Commissione Lavoro e della Commissione Affari sociali, che abbiamo fatto, spesso anche inceppato da titubanze e da grandi fatiche che abbiamo potuto constatare e che si sono palesate durante l'esame di questo provvedimento. Forse l'amarezza più grande sta nell'indisponibilità di fatto da parte della maggioranza di fare loro molti dei emendamenti, che abbiamo costruito, tra l'altro, non da soli ma innanzitutto prendendo atto delle audizioni svolte in Commissione e dei suggerimenti che sono venuti da molti settori della società, dalla società civile e dalla società produttiva di questo Paese. Devo dire che, nella maggior parte dei casi, queste proposte sono state quasi totalmente ignorate da parte di questa maggioranza.

Abbiamo già detto, lo diceva la collega Serracchiani, come questo provvedimento si occupa dei due pilastri che stanno all'interno del contratto di Governo, e che hanno, quindi, condizionato e subordinato la legge di bilancio 2019. Tratterò solo la questione del reddito di cittadinanza, essendo ampiamente già stata trattata la questione della cosiddetta finta quota 100 da parte della collega Serracchiani. Sgombriamo il campo, e lo dico doppiamente con forza, e lo dico anche con un certo disappunto, da chi, per difendersi o, in qualche modo, giustificare la scelta di un provvedimento il cui obiettivo è condiviso, sostiene qui che fino ad oggi eravamo all'interno del deserto dei Tartari, cioè non c'è stata alcuna volontà politica di preoccuparci della povertà.

E allora, siccome ci sono delle cose che sono incontrovertibili, perché mi sembra di capire che forse la dimensione economica è quella che più, in qualche modo, rende evidente l'investimento fatto di una misura strutturale, e ricordo qui un livello essenziale delle prestazioni che è stato introdotto dai precedenti Governi Renzi e Gentiloni, e lo è in particolare dalla parte, e lo si vede, soprattutto, per le risorse economiche che erano state messe in campo, 3 miliardi di euro, considerando anche i 2,2 miliardi più il fondo PON proprio sull'inclusione sociale, e il 20 per cento del Fondo della povertà dedicato in particolare ai servizi. Si può utilizzare, in qualche modo, e piegare la verità, però bisogna anche dire la verità sempre come è, e come è nella sua interezza, perché una cosa che viene omessa - ed è stata omessa, e mi dispiace, nella relazione che ho sentito precedentemente - è che la copertura di cui parlerò, invece, per il reddito di cittadinanza e di quota 100, in particolare, dipende per un miliardo e mezzo da soldi che voi prendete dal gioco d'azzardo.

Questa è la verità, queste sono le cose che voi omettete, e che, invece, vanno dette e che saranno quelle che servono per finanziare in particolare il reddito di cittadinanza. Prova ne è che, quindi, di questi 17 miliardi di euro ne prevedete, e quindi utilizzate, 2,2 miliardi, che vi sono stati lasciati, al quale vengono aggiunti 4,9 miliardi per il 2019, 5,9 per il 2020, 6,2 miliardi per il 2021. Un lascito importante, quindi, quello che vi abbiamo consegnato anche per quest'anno, che è pari alla metà degli investimenti che sono stati messi in conto; mentre per i futuri anni un'altra cosa che non viene detta è che sono lì, messe in modo nominale, le risorse che serviranno per finanziare, perché queste sono subordinate all'aumento della pressione fiscale, a una futura manovra di bilancio che non avrà uguali.

Parliamo di 38 miliardi in tre anni per sostenere il reddito di cittadinanza e quota 100, che sono ipotecati dalla necessità, da un lato, di sbloccare le clausole di salvaguardia, dalla perdita del 25 per cento della base produttiva e dalla condizione di recessione tecnica in cui avete portato questo Paese. Ci differenzia non solo una visione di carattere culturale, ma anche il modo con cui si costruiscono i provvedimenti che vengono poi portati qui all'esame del Parlamento. Noi non abbiamo fatto una scelta individuale, abbiamo voluto costruire una misura di contrasto alla povertà fatta, in particolare, in condivisione con le parti sociali e con quel network dell'Alleanza contro la povertà che è stato un partner fondamentale per costruire il reddito di inclusione.

È una diversità rilevante sia di metodo che di merito, e, seppure di fronte a un investimento di risorse dedicate alla povertà che non ignoriamo di certo, l'equivoco di fondo è credere che la povertà e la disoccupazione siano la stessa cosa, o forse, ancora peggio, pensare che la povertà abbia un solo volto, che non esista la condizione di poveri e che dovremmo, forse, in particolare dedicarci a questo, perché chiunque abbia impattato con i poveri conosce quanto sia dura la china per uscirne, e quindi quanto sia difficile e faticoso il percorso. Ignorate che si può essere poveri, si può diventare poveri per molte cause, tra cui, sì, anche quella della perdita o dell'assenza di lavoro, oppure un reddito insufficiente per sostenere una vita dignitosa per sé e per il proprio nucleo familiare.

La formula che avevamo individuato del reddito di cittadinanza, che prevedeva un beneficio di natura economica alla sottoscrizione di un patto sociale e l'invio ai centri per l'impiego nel momento in cui chi si affacciava ai servizi comunali non aveva alcun problema di carattere e di natura problematica, aveva il vantaggio, e poi lo vedremo, di non far confluire tutta la stima delle persone e dei nuclei familiari che sono inclusi in questo provvedimento del reddito di cittadinanza a tutti i centri per l'impiego. Il rafforzamento dei centri per l'impiego - lo dico ai colleghi - era sicuramente necessario - del resto, abbiamo anche qui lasciato 600 milioni per sostenere, in particolare, il rafforzamento dell'Anpal -, ma credo che l'errore culturale nel fondo di pensare che la condizione di povertà sia esclusivamente legata a una dimensione lavoristica, che è tra, l'altro, non detta solo dal Partito Democratico, ma da tutti quelli che sono stati auditi, sia il vizio culturale di fondo e, a nostro giudizio, anche sbagliato di questa misura.

Vi ho già detto di come possono essere molti i fattori che portano le persone in condizioni di povertà, condizioni multifattoriali, dalla dipendenza alle condizioni di salute, all'età, alle condizioni di disabilità grave, alle condizioni personali di disagio, spesso, purtroppo, anche correlate tra loro. È vero che l'evoluzione tecnologica sta modificando profondamente l'organizzazione del lavoro in tutti i Paesi e il suo impatto sociale produce effetti sulla vita dei cittadini e sull'organizzazione delle imprese nella governance dei processi connessi, rendendo, quindi, necessario trovare nuove risposte. Voi avete fatto una scelta, legittima per chi governa, da noi e da molti auditi non apprezzata, frutto di quell'errore di fondo di questa misura ibrida messa in campo, che mette insieme strumenti assicurativi e tralascia, invece, misure di sostegno alla disoccupazione di lungo periodo, che sono escluse, mentre è possibile un sostegno reddituale fortemente generoso fino a 780 euro per soglie di reddito zero, tale da disincentivare, e tutti hanno questa preoccupazione, l'accettazione di una delle tre offerte.

E c'è la bizzarria di questo rifiuto a un'offerta congrua di 878 euro mensili, che è pari allo stipendio di molti lavoratori di bassa qualifica - mi scuso, magari, per questa affermazione - o per i lavori part-time. Due volte assurda perché vi hanno detto tutti che questo favorirà il lavoro sommerso e il lavoro nero. In più ho provato a chiedere alle persone che lavorano nei centri per l'impiego - perché non partiamo dalla presunzione di pensare che conosciamo tutti -, sono andata a chiedere a chi li gestisce in un territorio come il Nord, dove i disservizi dei centri per l'impiego, alcuni sono molto più strutturati, dove sicuramente c'è anche una possibilità di avere, quindi, una disponibilità di lavoro forse maggiore di tanti territori come nel Sud, perché su questo convengo con le affermazioni del lavoro della collega Nesci, quando diceva che la povertà porta non solo a una deprivazione personale, a una condizione di non vita più dignitosa, a uno spopolamento di molti territori. Però temo che, proprio per il fatto che in questa legge di bilancio non solo avete infierito sul fatto di aver mortificato gli investimenti, di non aver messo niente in particolare sull'asse della crescita, sull'asse dell'occupazione, che questo problema della migrazione non si risolva di sicuro con questa misura del reddito di cittadinanza. Tra l'altro, ho il sospetto e la preoccupazione, che mi auguro non sia vera, che l'offerta congrua sia poi palesemente una foglia di fico, perché il rischio è che, per accedere al centro per l'impiego, tutte le statistiche ci dicono che attualmente solo il 4 per cento del totale annuo delle determinazioni avvengono lì, il 4 per cento.

E noi presumiamo che questi siano in grado di offrire fino a tre offerte di lavoro per qualche milione di possessori di reddito di cittadinanza. La risposta è ovviamente no, e, anche se i centri per l'impiego conoscessero al 100 per cento dei posti vacanti e li offrissero a tutti i 3 milioni di disoccupati, come ci dicono le statistiche ufficiali, non si capisce perché le aziende dovrebbero rinunciare alla selezione che fanno in base alle loro competenze.

Per come è organizzato il sistema produttivo, non siamo più nel dopoguerra, dove la ricostruzione, in particolare esigeva che la forza di lavoro fosse assegnata in base a una graduatoria di bisogni. Oggi sono le aziende che scelgono i loro collaboratori e non sono neanche obbligate a dichiarare l'offerta economica che fanno ai disoccupati in sede di colloquio. Non solo: le aziende quando chiedono del personale vogliono avere una rosa di nomi possibili da candidare per selezionare i soggetti che saranno poi assegnati. Quindi, la preoccupazione che si possa, come dire, rischiare di vivere di sussidio oppure di qualche lavoretto per cercare di arrotondare le entrate - e poi vedremo - è un rischio oggettivamente che lascia ancora molte perplessità.

A noi sembra anche molto velleitaria quest'architettura organizzativa bizantina di un percorso che il nostro cittadino utente deve fare del suo nucleo familiare. Infatti, basta leggere il testo dell'articolato per capire quanto sia disordinato, caotico, complicato, tarato sulle situazioni di povertà che molto probabilmente avete visto sui libri oppure sono totalmente ignorate. Pensate che le persone siano da smartphone, dinamiche, interattive e digitali, con una formazione adeguata al sistema produttivo, capaci di consultazioni quotidiane della piattaforma e capaci di passare dai CAF, ai post, all'INPS, ai centri dell'impiego più volte e forse poi arrivare ai servizi assistenziali. Io credo che voi avete la consapevolezza che alla povertà bisogna dare delle risposte complesse. Credo che in questo decreto - anzi devo dirvi purtroppo siamo quasi certi - che la complessità del percorso che avete individuato rischia di essere per molto tempo un esclusivo beneficio economico di cui poi vedremo in fasi successive se ci saranno tutte le condizionalità che avete incluso.

Ce l'hanno detto l'ISTAT e l'INPS e ce l'ha ricordato la collega Nesci: 5 milioni di poveri assoluti potenziali; sono 1,3 milioni nuclei familiari pari a 2,7 milioni di persone e già questo dice molto, cioè stiamo parlando della metà delle persone in condizioni di povertà che non verranno incluse in questo provvedimento. Questo ve l'hanno detto e ve l'hanno consegnato 900 mila persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni. Sono soggetti che sono attivabili, obbligati a scrivere il patto di lavoro, di cui 600 mila con licenza media o nessun titolo. Ecco, io credo che anche qui l'errore più grande sia stato quello di non investire in particolare sui servizi dedicati alla formazione, alla riqualificazione professionale, a mettere in campo le figure che sono adeguate al sistema produttivo perché si possano realmente emancipare dalla condizione di povertà. Avete cancellato e avete non voluto l'assegno di ricollocazione, che è uno strumento più utile soprattutto per poter ricollocare le persone che hanno più di un componente fragile.

Dopo averci raccontato che il reddito di cittadinanza era accompagnato dai lavoratori minacciati dalla globalizzazione e dalla transizione ecologica, scopriamo che per avere accesso al reddito di cittadinanza i robot non devono averci solo rubato il lavoro ma devono anche averci rubato la casa. Si sceglie di non intervenire sui disoccupati, si sceglie di non intervenire prima che i disoccupati diventino realmente poveri e le risorse ci sarebbero state distribuendole in modo diverso. Ve l'abbiamo detto con un emendamento che abbiamo discusso - approvato da tutte le minoranze - e che avete naturalmente respinto al mittente.

È evidente che la fretta è stata una cattiva maestra e che per molto tempo il reddito di cittadinanza, di sicuro fino alle europee e anche oltre, diventerà solo un mero beneficio economico. Non c'è altra spiegazione che la richiesta del consenso rispetto a questa scelta. Serve un lavoro, serve crescita occupazionale che deriva innanzitutto dall'aumento della produttività e dagli incentivi alle imprese, servono risorse economiche quelle che solo ora, “a babbo morto”, pensate di introdurre dopo aver fatto tabula rasa di ciò che avevate ricevuto in eredità. Di contro, vi ho già detto lo sblocco degli investimenti e la richiesta che abbiamo sentito in questi giorni in particolare da parte dall'altro partner di introdurre già da subito, nel 2019, 60 miliardi, la flat tax per le famiglie. C'è qualcosa che alla fine non funziona e la propaganda a un certo punto si misurerà e anzi sbatterà contro le condizioni economiche vere e reali di questo Paese.

E, quindi, usciti dal kit della propaganda noi vedremo che per i requisiti e i criteri di accesso e per solo quei margini complessivi che sono stati messi in campo, alla fine - e questo lo vediamo, in particolare, per quel che riguarda le famiglie in condizioni di povertà, soprattutto per quel che riguarda le famiglie con minori e, in particolare, le famiglie con persone con disabilità - avete miseramente aggiunto 12,8 milioni di euro a fronte di oltre 7 miliardi per il reddito e la pensione di cittadinanza.

Ma veniamo poi al punto. Sono state introdotte alcune modifiche in particolare all'articolo 1 con l'inserimento alla pensione di cittadinanza sempre per i nuclei con la presenza di persone con 67 anni e qui non si capisce l'incongruità per cui la speranza di vita l'avete mantenuta qui e invece l'avete esclusa per i quotati e avete detto che possono anche essere incluse nel nucleo familiare persone con gravi disabilità. Ecco, è talmente esiguo ed è una foglia di fico che anche qui - e meno male che ogni tanto la Ragioneria fa un po' giustizia rispetto alle affermazioni che vi diciamo - alla fine questo incremento di 7.500 euro ai fini patrimoniali produce - “cuba”, come si dice in un linguaggio e in un gergo magari poco fine - qualcosa come 6,4 milioni di euro. Ma io non so se questo non produce una sorta di brivido nella schiena anche alla maggioranza e lo dico soprattutto anche con una certa amarezza e anche insoddisfazione oltre che fatica soprattutto dopo il fatto, in particolare, di aver istituito un Ministero della famiglia, dopo aver istituito un Ministero per la famiglia con disabilità in particolare chi pagherà prezzo e pagheranno prezzo in particolare sono una serie di persone (non mi piace parlare di categorie).

Allora, cominciamo a capire chi pagherà prezzo. Chi paga pegno? Pagano pegno, in particolare, le famiglie con i figli e in particolare le famiglie numerose, perché come dice la relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio - e anche qui ogni tanto c'è un po' di giustizia, a parte, del resto, che l'Ufficio parlamentare di bilancio fa il suo mestiere, anche se ogni tanto non è particolarmente apprezzato da questa maggioranza - la volontà di assicurare 780 euro mensili e di aumentare i sussidi ai pensionati - e si parla, appunto, di sussidi e non di pensione, come avete enfaticamente chiamato la pensione di cittadinanza - ha portato a definire una scala di equivalenza per cui il 47 per cento dei beneficiari saranno single. Sul vessillo dei 780 euro la subordinata provoca, quindi, una ridistribuzione delle risorse, penalizzando le famiglie numerose e, in particolare, quell'1,2 milioni di bambini e di persone che vivono in condizioni di povertà, cioè i più esposti, non interrompendo, invece, quella povertà generazionale che avrebbe dovuto essere una responsabilità morale ed etica da parte di tutto il Parlamento.

Chi paga ancora di più? A questo avete aggiunto - e lo si ricordava prima - questa bizzarria di inserire peraltro anche questa colf tax di cui poi parlerò quando arriveremo invece a chi paga pegno, cioè le famiglie con disabilità.  Poi, sulle persone straniere io l'ho interpretata così politicamente. Sono stati appagati due obiettivi: da un lato, quella di in particolare selezionare e rendere più selettiva la platea delle persone straniere e, dall'altra, quella in qualche modo di garantire 780 euro. Per queste ragioni e per tante altre che lascerò nella relazione il nostro giudizio rimane critico. L'obiettivo è condiviso ma purtroppo, come spesso si dice, la ricetta è stata sbagliata