Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia
Data: 
Mercoledì, 10 Febbraio, 2016
Nome: 
Marilena Fabbri

A.C. 3513-A
Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, devo dire che dispiace in ogni occasione, d'intervento o di dichiarazione di voto, sentire il sunto della giornata delle banalità di carattere politico e invece non riuscire mai a entrare nel merito dei provvedimenti e delle questioni che vengono poste. Forse questo dovrebbe essere principalmente il nostro lavoro di parlamentari: poter entrare nel mezzo delle norme e provare a modificarle. 
Io credo che ciò che questo provvedimento, il decreto-legge n. 210 del 30 dicembre, che è appunto oggetto del voto di fiducia di questa seduta, tenta di fare è intervenire nel merito di alcune questioni, più che nel merito, nella proroga appunto dei termini di alcune questioni, per il fatto che non si è riusciti ancora a metterle nell'agenda della discussione in maniera più appropriata. 
Questo provvedimento si compone di 23 articoli, di cui 13 originari proposti nel decreto, e 10 appunto inseriti a seguito delle modifiche intervenute nelle Commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio e reca disposizioni che, come fisiologicamente accade per i decreti-legge cosiddetti milleproroghe, presentano un contenuto eterogeneo. Dicevo che il decreto presenta un contenuto sicuramente eterogeneo per materia, ma omogeneo per la finalità, che accomuna le norme di cui è composto, ossia di prorogare e differire i termini previsti da disposizioni legislative vigenti, ovvero di introdurre regimi transitori al fine di garantire continuità, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa in ambiti in cui le norme non hanno ancora raggiunto le finalità attese, ovvero necessitano di maggior tempo per un'analisi più puntuale e ponderata per dare luogo a riforme strutturali. Nel lavoro puntuale e meticoloso delle Commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio, che si è svolto nei giorni scorsi, sotto la guida dei presidenti Mazziotti di Celso e Bocci, dei relatori Daniela Gasparini e Francesco Laforgia, nonché dei sottosegretari Paola De Micheli e Sesa Amici, un criterio, un principio importante e determinante nella valutazione di ammissibilità degli emendamenti e di approvazione degli stessi, è stato proprio la ferma attinenza delle proposte emendative con la proroga urgente di termini, scaduti o in scadenza, al fine di dare continuità e certezza del diritto nell'ordinamento, senza ricadere nella tentazione di una legge finanziaria-bis o di un provvedimento omnibus. 
A tal fine, evidenzio, che su 850 emendamenti presentati in Commissione, circa 400 sono stati dichiarati inammissibili, proprio sulla base di questo criterio stringente. Se i primi provvedimenti di proroga risalgono al 1983, è a partire dal 1992 che diventano una consuetudine «annuale», se non addirittura «semestrale», i cosiddetti provvedimenti milleproroghe, arrivando a prevedere fino a 2 mila disposizioni di proroga all'interno dello stesso provvedimento. Dai cosiddetti, giustamente, «milleproroghe» si differenziano i provvedimenti degli ultimi due anni, che hanno continuato, sì, a prevedere delle proroghe temporali, ma con numeri molto, molto più ristretti. 
Così, nel 2015, fu approvato un provvedimento finale con 160 proroghe (80 di iniziativa originaria del Governo, e altrettante come conseguenza del lavoro parlamentare), mentre nel 2016 siamo di fronte ad un provvedimento più contenuto, con 105 previsioni di proroga (45 contenute nel provvedimento originario del Governo e 65 aggiunte nel lavoro di Commissione, su problematiche, in diverse occasioni, poste in modo trasversale da tutte le forze politiche, anche delle opposizioni, compreso il MoVimento 5 Stelle, presenti ai lavori delle Commissioni stesse). 
Questo tipo di provvedimento denota sicuramente una fragilità dell'ordinamento, che questo Parlamento ha ereditato, dato dalla precarietà e temporaneità delle norme, che va superata, e che, come veniva ricordato prima, risalgono addirittura agli anni Ottanta. 
La comune azione di Parlamento e Governo, in questa legislatura, ed in particolar modo negli ultimi due anni, sta cercando di rivedere nel merito l'efficacia e l'opportunità di ripensare e/o portare a regime norme provvisorie reiterate nel tempo, ovvero di meglio accompagnare processi di riforma di sistema, che vengono da troppo tempo differite per problemi nella loro attuazione da parte di soggetti pubblici e privati a cui le stesse sono rivolte, quindi accompagnare i processi rivedendo tempi e strumenti di azione. 
Si veda in tal senso la proroga per la gestione associata delle funzioni e dei servizi a carico dei comuni sotto i 5 mila abitanti, già previsto nel 2010, su cui non c’è una rinuncia a raggiungere l'obiettivo, ma l'interesse a rafforzarlo anche con provvedimenti successivi ad hoc, alla luce delle considerazioni emerse nel corso dell'indagine conoscitiva promossa dalla Commissione affari costituzionali. 
Considerato che l'eventuale trasformazione a regime di normative divenute, a seguito di continui rinvii, ormai stabili nel tempo o, al contrario, l'abrogazione di quelle introdotte da anni nell'ordinamento ma mai attuate, presuppongono delle valutazioni di merito e di sistema, correttamente si sta intervenendo su tre fronti per dare certezza al diritto ma anche piena attuazione alle disposizioni di leggi approvate negli anni dal Parlamento e rimaste inattuate in mancanza dei relativi decreti attuativi. 
Riforme strutturali dell'ordinamento: questo uno dei primi strumenti. Ricordo, a tal fine, la riforma della pubblica amministrazione, che prevede, appunto, modalità di riorganizzazione, semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento, la cosiddetta legge Madia, di cui siamo in attesa dei decreti attuativi e che va ad incidere sulla riorganizzazione di: forze di polizia, camere di commercio, dipendenti pubblici, dirigenti pubblici, segretari generali, società partecipate, servizi pubblici locali, digitalizzazione della pubblica amministrazione, e così via; la «Buona scuola», che va a risolvere il problema dei precari della scuola stessa e di cui uno dei concorsi, in una delle ultime fasi, è in via di definizione; la riforma costituzionale, con l'abolizione delle province da enti di rilievo costituzionale a enti di rilievo amministrativo di area vasta; il Codice degli appalti; la riorganizzazione delle sedi giudiziarie, misure in materia di giustizia, digitalizzazione del processo e della PA, provvedimenti in materia di green economy, solo per citare alcune delle riforme strutturali che sono state fatte o che sono in via di realizzazione.   Secondo punto e secondo obiettivo che si sta portando avanti: l'azzeramento dell'arretrato in relazione all'emanazione di decreti attuativi di competenza governativa a seguito di deleghe parlamentari. In tal senso, si segnala che l'arretrato dei decreti attuativi dei provvedimenti legislativi riferiti ai due precedenti Esecutivi, ereditato a febbraio del 2014, è sceso da 889 a 241, con un tasso di attuazione che è passato dal 38 per cento al 76,7 per cento, mentre sono 119 i decreti legislativi, deliberati dal Consiglio dei ministri, di cui 90 approvati in via definitiva e definiti dal Parlamento negli ultimi due anni. 

Terzo punto: pulizia del sistema attraverso l'abrogazione di norme di delega non più attuali, aggiornamento o modifica di quelle che richiedono un aggiornamento. La Commissione affari costituzionali ha proprio di recente dato parere favorevole allo schema di decreto legislativo, conseguente alla legge delega Madia, che prevede modifiche e soppressioni, su disposizioni contenute in 11 atti legislativi, e l'abrogazione di 46 disposizioni relative ad adempimenti di varia natura, che sono allegati allo schema di decreto stesso. 
Inoltre, se la previsione di regimi temporanei o transitori non è in sé una pratica da stigmatizzare, in quanto ci possono essere cambiamenti di disciplina che richiedono una sperimentazione necessaria a verificarne la bontà e l'adeguatezza, ciò che difetta spesso al legislatore italiano è, invece, sicuramente la capacità di verificare a posteriori l'efficacia dei nuovi regimi e di consolidare, conseguentemente, i regimi giuridici temporanei, allo scopo di renderli stabili nel tempo. A tal fine vorrei ricordare che, nella riforma costituzionale appena approvata alla Camera e che è in attesa, poi, di approvazione definitiva, è stato previsto che il nuovo Senato valuti l'efficacia delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, e che concorra alla verifica dello stato di attuazione delle disposizioni legislative. 
Per i motivi poc'anzi evidenziati, signora Presidente, sono a confermare, da parte del Partito Democratico, la fiducia al Governo, al fine di proseguire nel lavoro di riforma profonda del nostro ordinamento, volto a rafforzare i principi di efficienza, razionalizzazione e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione e a ridurre al minimo la necessità di ricorrere in futuro a decreti di proroga termini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).