Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 30 Luglio, 2015
Nome: 
Giorgio Zanin

A.C. 3249
Il decreto-legge che stiamo discutendo e sul quale il Partito Democratico voterà a favore autorizza la partecipazione italiana ad una missione aeronavale nel Mediterraneo centro-meridionale e penso che su questo e di questo dobbiamo discutere: lo dico ai colleghi che poc'anzi sono intervenuti. Questa missione ha assunto la denominazione EUNAVFOR MED, che è un acronimo difficile da ricordare ma che rappresenta ovviamente un complesso percorso politico che si è reso necessario per realizzarla e prima ancora di esaminare gli aspetti tecnici della missione vale a dire le regole di ingaggio, lo stato giuridico di chi vi partecipa, la catena di comando e l'adeguatezza dei mezzi rispetto ai fini, mi sento in dovere di richiamare l'attenzione sul significato politico di uno schieramento aeronavale al quale partecipano, oltre all'Italia, 13 Paesi membri dell'Unione europea attraverso l'invio di mezzi e la partecipazione ai costi della missione in termini finanziari. L'Europa è stata chiamata in causa da tutte le forze politiche del nostro Paese e non solo. Noi per primi non abbiamo mai perso l'occasione per richiamare i suoi organismi alle responsabilità di fronte ad un fenomeno che non può avere risposte da un solo Paese, che non può essere classificato come transitorio o emergenziale, che non si può e non si deve nascondere alle opinioni pubbliche per quello che significa sia in termini di valori in gioco che di conseguenze concrete e che perciò deve essere affrontato dall'Europa nella sua dimensione continentale e non spezzettato in responsabilità dei singoli Stati o addirittura negato nella sua dimensione epocale pensando di poterlo esorcizzare erigendo muri o proponendo risposte che derivano da sentimenti e pregiudizi razzisti trasformati in propaganda politica. Ebbene questa Europa ha dato con la decisione di autorizzare EUNAVFOR MED una prima, parziale, limitata, migliorabile ma politicamente importantissima risposta. E mi sia concesso dire che ogni lunga marcia ha il suo primo passo. Il Consiglio Europeo del 22 giugno scorso, in cui questa decisione è stata assunta, può dunque considerarsi un passaggio di grande valore politico, raggiunto grazie soprattutto al paziente e fermo lavoro diplomatico del nostro Governo e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune, Federica Mogherini. 
Questa decisione esprime una prima concreta attuazione al principio di una responsabilità comune dell'Europa di fronte ad una tragedia epocale qual è l'emigrazione dal continente africano verso quello europeo e tutte le forze politiche rappresentate in questo Parlamento che con insistenza hanno chiesto una risposta europea, finalmente europea, dovrebbero prendere atto che questa prima risposta c’è stata e andrebbe sostenuta da un largo consenso parlamentare, non fosse altro che per aiutarla a crescere e ad andare oltre. 
Questa missione navale, al di là dei suoi limiti e degli obiettivi che potrà raggiungere, deve essere considerata, infatti, un punto di partenza per una diversa politica europea che sviluppi sempre di più un impegno comune. Sono perfettamente consapevole, lo ribadisco, che si tratta di una risposta parziale, che deve essere sostenuta da altrettanti impegni comuni da sviluppare in molte altre direzioni tutt'altro che secondarie, a partire dalle politiche di accoglienza. 
La missione navale opera nel tratto di mare che separa le coste libiche e quelle degli altri Stati che si affacciano sul Mediterraneo dalle coste italiane: su quel tratto di mare si concentrano le immagini che quotidianamente ci trasmettono i mezzi di informazione. Eppure, quel tratto di mare costituisce soltanto l'ultima parte di un viaggio tormentato durante il quale troppi migranti – non sappiamo neppure quanti – perdono la vita cercando disperatamente di raggiungere il nostro Paese, per affermare il loro diritto all'esistenza in vita. 
In quel tratto di mare, operano tre missioni aeronavali, con un complessivo spiegamento di uomini e mezzi militari sicuramente adeguato – forse, per alcuni aspetti, anche ridondante – rispetto ai compiti che fino a questo momento la comunità internazionale gli ha affidato. La sola missione EUNAVFOR MED può contare su unità navali italiane, tedesche, su una nave inglese e su mezzi aerei messi a disposizione dalla nostra Aeronautica e dalle aeronautiche della Francia, del Lussemburgo e dell'Inghilterra. 
Il comando della missione, affidato all'ammiraglio di divisione Enrico Credendino, assistito dal contrammiraglio Herve Blejean, ha la sua sede operativa in Roma, presso il comando operativo interforze a Centocelle, mentre il comando in mare è affidato al contrammiraglio Andrea Gueglio. Anche questo aspetto di un comando a trazione italiana va letto non solo come il riconoscimento di una giurisdizione territoriale, quanto, invece, come il risultato di un forte impegno del nostro Governo, sviluppato nelle settimane che hanno preceduto la nascita di EUNAVFOR MED. 
La missione, come è noto, non è attiva in tutte le sue fasi. Infatti, il mandato, ovviamente, del Consiglio dell'Unione europea prevede tre fasi successive operative e mentre alcune misure sono attuabili nel rispetto del diritto internazionale, prescindendo da una risoluzione del Consiglio di sicurezza e dal consenso dello Stato costiero interessato, altre misure sono subordinate all'adozione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza o all'ottenimento del consenso dello Stato interessato. 
Al momento, non sappiamo, dunque, quale sarà il punto di equilibrio che potrà essere raggiunto in sede ONU, e quindi quali saranno, conseguentemente, i limiti operativi della missione aeronavale. È chiaro, però, che, senza una prospettiva di pacificazione della situazione in Libia, quello che potrebbe ritenersi un successo pieno di un'operazione militare, e cioè lo smantellamento della rete dei trafficanti, rappresenterebbe il paradosso del venir meno di quella che al momento rappresenta per moltissimi profughi l'unica via di fuga dalle guerre e dalla miseria. 
In questo senso, perciò, ritengo che sia giunto il momento per la politica di trovare una risposta più adeguata alla straordinaria gravità e complessità del problema. Non possiamo limitarci a gestire una sorta di «Schindler list umanitaria», che si prenda cura solamente di chi riesce a sopravvivere alle mille insidie del deserto e del mare e ritiene che non si possa fare di più. 
Così come abbiamo insistito affinché l'Unione europea dimostrasse una natura politica più matura, evitando di delegare gli interventi ai singoli Stati membri, altrettanto ora premiamo perché chi ha le responsabilità la eserciti per trasformare la nostra casa comune politica in un soggetto capace di giocare una strategia adeguata ai problemi, non solo di tamponarli. EUNAVFOR MED anche se riuscisse ad essere applicata in tutte le sue parti rappresenterebbe una risposta e un successo tattico. C’è bisogno di ragionare in un orizzonte politico più alto. Pensare di poter bloccare questa massa di persone sulle coste della Libia, non risolverebbe il problema. Infatti, varrebbe esclusivamente ad impedire gli imbarchi, con le immaginabili conseguenze che ne deriverebbero. L'Europa dei diritti, l'Italia dei Mazzini e dei Garibaldi e dei padri costituenti di ogni colore, pena la sua negazione, non può permettersi di ragionare con la politica dell’«occhio non vede, cuore non duole». Una risposta più adeguata alla straordinaria gravità e complessità del problema, potrebbe sostanziarsi nella organizzazione, sotto l'egida dell'ONU e in collaborazione con l'UNHCR, di campi di accoglienza dei profughi in cammino dai rispettivi Paesi. I campi di accoglienza, per ragioni del tutto scontate, è opportuno che vengano ubicati preferibilmente in zone vicine alle aree di guerra, ma non in zone immediatamente adiacenti e sempre in condizioni di assoluta sicurezza. 
La presenza di forze militari dell'ONU, oltre a garantire la necessaria sicurezza, permetterebbe lo svolgimento di tutti gli accertamenti utili alla concessione del diritto di asilo. La supervisione dell'ONU sull'organizzazione di questi centri garantirebbe la possibilità di sottoporli periodicamente a verifiche da parte della comunità internazionale, tenendo presente che in passato, a volte, sono stati osservati anche diversi abusi. Soltanto successivamente queste persone potrebbero essere inviate negli Stati presso i quali aspirano ad essere accolti. Meglio ancora se immaginando, per una parte di loro, anche un percorso di studi in Europa, così da assicurarsi che siano l'istruzione e la cultura del dialogo e non le armi a dare la forza al futuro di tante fragili democrazie africane. È evidente che per raggiungere questo obiettivo sarebbe indispensabile il giusto consenso internazionale.Ed è in questa direzione che intendiamo sollecitare sin da ora l'azione del nostro Governo e di tutto l'importante apparato diplomatico italiano. Più politica globale significa più diplomazia, perciò dobbiamo ribadire il suo pieno e qualificato coinvolgimento nel lungo processo entro cui anche questa missione si inserisce. 

Il costo della permanenza nei centri di accoglienza, così come schematicamente descritta in questa nota, risulterebbe sicuramente inferiore a quello di qualunque operazione militare. 
In sintesi, noi approviamo questa importante missione e chiediamo contestualmente che essa rappresenti un primo passo verso una strategia di più lungo periodo, più profonda, più solidale e perciò anche più seria. A pochi giorni dal ricordo appassionato che, in più occasioni, dentro questa Camera abbiamo voluto riservare alla memoria di Alex Langer, penso che in questa prospettiva anche la missione EUNAVFOR MED possa leggersi come il mattone del ponte e non del muro che l'Europa vuole costruire verso l'Africa. Lo crediamo e lo vogliamo, perciò voteremo pensando di accendere la speranza insieme al colore verde della nostra approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Congratulazioni).