Discussione sulle linee generali – Relatrice
Data: 
Lunedì, 6 Marzo, 2017
Nome: 
Mariani Raffaella

A.C. 2607-B ed abbinate

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia, oggi, l'esame del testo unificato delle proposte di legge n. 2607 Braga, n. 2972 Segoni e n. 3099 Zaratti, recante la delega al Governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale di protezione civile, già approvato in prima lettura dalla Camera e modificato nel corso dell'esame al Senato. Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per l'approfondimento analitico dei contenuti del provvedimento, do conto, quindi, sinteticamente, delle modifiche apportate al provvedimento dal Senato. Si tratta di modificazioni testuali, introdotte al fine di recepire le condizioni formulate nel parere della Commissione bilancio del Senato, ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ossia relativamente ai profili di copertura finanziaria. Tali modificazioni sono limitate al comma 1 dell'unico articolo della proposta di legge, che elenca gli ambiti oggetto della delega. In particolare, il Senato è intervenuto su due di questi ambiti. Il primo riguarda la disciplina del finanziamento delle funzioni di protezione civile attraverso il Fondo della Protezione civile, il Fondo per le emergenze nazionali e il Fondo regionale di Protezione civile. Nel corso dell'esame al Senato è stata soppressa la parte della disposizione sulla base della quale i decreti delegati avrebbero dovuto rinviare alla legge di stabilità la definizione della dotazione di tali fondi e definire le procedure da seguire per la loro eventuale integrazione, in ragione del numero e dell'entità degli eventi calamitosi verificatisi, garantendo la trasparenza e la tracciabilità dei relativi flussi finanziari.
  Il secondo ambito su cui il Senato è intervenuto riguarda la disciplina delle procedure finanziarie e contabili che devono essere applicate dai commissari delegati titolari di contabilità speciale, nonché le disposizioni riguardanti gli obblighi di rendicontazione, il controllo successivo e il subentro delle amministrazioni competenti in via ordinaria nei rapporti giuridici attivi e passivi sorti durante le gestioni commissariali e nei procedimenti contenziosi e nelle attività precontenziose instaurati durante lo stato di emergenza e in relazione ad esso. Nel corso dell'esame al Senato è stato precisato che la citata delega relativa alla disciplina delle procedure finanziarie e contabili deve essere elaborata in conformità alle previsioni di cui all'articolo 40, comma 2, lettera p) della legge n. 196 del 2009, che prevede la progressiva eliminazione, con alcune eccezioni, delle gestioni contabili che operano a valere sui fondi trasferiti dal bilancio dello Stato. Nel corso dell'esame al Senato è stata, inoltre, soppressa l'ultima parte della disposizione in esame, ove veniva previsto che la nuova disciplina avrebbe dovuto anche prevedere le conseguenti riduzioni degli obiettivi del patto di stabilità interno per le amministrazioni interessate.
  Nel periodo intercorso tra l'approvazione in prima lettura – questa Camera licenziò il provvedimento il 23 settembre 2015 – e l'avvio della seconda – il Senato ha licenziato il testo il 7 febbraio 2017 – ulteriori e di grande portata sono stati i casi in cui si è sentito il bisogno di avere uno strumento legislativo adeguato ai tempi mutati, alle responsabilità distribuite nella filiera istituzionale rivisitata, all'evoluzione normativa inerente grandi comparti della pubblica amministrazione, della codificazione degli appalti pubblici, delle norme anticorruzione, delle regole finanziarie degli enti locali e, più in generale, della finanza pubblica. Insomma, un riordino indispensabile, come sottolineato anche nella gestione delle situazioni di eccezionale emergenza che si sono verificate nel nostro Paese, a partire dal sisma del 24 agosto 2016 nell'Italia centrale fino al gennaio 2017, poi aggravate dalle straordinarie nevicate verificatisi in quelle aree già duramente colpite. Quella coincidenza di eventi distruttivi: la perdita di vite umane in misura così rilevante e la tragica percezione di una popolazione privata oltre che degli affetti più cari di ogni bene concreto costruito con il lavoro e un progetto di vita, uniti alla grandissima mobilitazione dell'intera comunità nazionale richiedono ai legislatori una responsabilità proporzionata ed altrettanto eccezionale.
  Dobbiamo partire dal riconoscimento di un valore, quello che io attribuisco al sistema nazionale di protezione civile, un patrimonio della nazione, ai suoi uomini e donne cui va un ringraziamento infinito. L'entità, la durata e la complessità degli eventi calamitosi verificatisi nell'Italia centrale hanno testato e messo a durissima prova l'efficienza e l'efficacia dell'azione congiunta del dipartimento di Protezione civile, fatto di valorosi tecnici e operatori sul campo, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dei volontari, dei responsabili delle autonomie locali e delle regioni, oltre che dei militari dell'Esercito italiano, dei componenti di tutte le forze dell'ordine e del Soccorso alpino e speleologico italiano che, senza sosta, da mesi, giorno e notte, stanno affrontando prove molto difficili alla ricerca delle soluzioni migliori per il superamento dell'emergenza e l'avvio della ricostruzione, non senza essere sottoposti a critiche, confronti e polemiche, a volte molto strumentali e dolorosi, spesso frutto della disperazione e dello sconforto di chi ha perso tutto e vorrebbe, comprensibilmente, un ritorno alla normalità immediato. Sì, mentre il legislatore, con i tempi e le priorità del Parlamento, indicava la necessità di una rivisitazione più attuale di alcuni strumenti messi in atto dalla legge quadro della Protezione civile, la legge n. 225 nel 1992, la cui bontà e lungimiranza non finiremo mai di sottolineare, e decideva di aggiornare «in tempo di pace» lo strumento normativo fondamentale per chi opera in emergenza a valle delle esperienze relative alle ultime grandi calamità naturali verificatesi – mi riferisco ai precedenti eventi sismici dell'Abruzzo, dell'Emilia Romagna, Lombardia e Veneto e ai grandi disastri idrogeologici della Liguria, della Calabria e della Sardegna –, in quel lasso di tempo, troppo, a nostro giudizio, siamo incorsi nella più devastante emergenza che il nostro Paese abbia vissuto negli ultimi cento anni. Il contesto è fondamentale e deve far riflettere e responsabilizzare molto di più che nell'ordinario lavoro del Parlamento circa la necessità di rendere efficiente ed efficace il riordino e il coordinamento degli interventi di protezione civile. Quello dell'organizzazione degli interventi di protezione e di difesa civile è un sistema policentrico, affidato alla regia del dipartimento di Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in caso di emergenze di portata nazionale che deve potersi coordinare senza soluzione di continuità con comuni e regioni, terminali fondamentali e responsabili dei livelli territoriali. Una macchina dei soccorsi che si trova a fronteggiare esigenze molto differente nelle varie fasi di cui si compone il periodo più acuto e che deve permettere l'avvio delle condizioni adeguate per la ricostruzione. L'obiettivo è quello di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti.
  Dal 1992, anno della pubblicazione della legge n. 225 che ha avuto il grandissimo pregio di costruire il primo quadro organico ed omogeneo di riferimento ancora molto attuale, il nostro Paese è stato soggetto a decine di calamità naturali e causate dall'azione umana, per le quali lo Stato ha attivato procedure di emergenza e misure di sostegno che hanno costituito occasione per un proliferare eccessivo di norme primarie e ordinanze conseguenti, la cui somma oggi appare parcellizzata e disomogenea. L'effetto più eclatante è, infatti, l'inapplicabilità e la non trasferibilità di alcune misure costruite per specifiche situazioni nel contesto generale con giustificabili dubbi sull'efficacia e sull'equità per i cittadini. La discussione politico- istituzionale, nel corso degli anni, si è molto concentrata nel definire le opzioni da privilegiare nel caso di eventi calamitosi che hanno compromesso la vita dei cittadini e i loro beni primari e il sistema economico e sociale di importanti regioni, città storiche, territori minori e disagiati.
 Il confronto si è sviluppato in maniera altalenante sull'opportunità di destinare alla singola peculiarità una legge di riferimento o piuttosto su quella di operare direttamente con schemi più semplici, attraverso l'utilizzo di ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei commissari delegati. Quel dibattito, in maniera ancora più forte, l'abbiamo ascoltato anche in queste settimane. Ci influenzano fattori emotivi conseguenti agli effetti gravissimi di calamità devastanti, ma non mancano forti motivazioni collegate al troppo abusato potere derogatorio tipico della gestione emergenziale e fenomeni corruttivi connessi dei quali le cronache italiane hanno ampiamente reso conto e per i quali cittadini e istituzioni hanno richiesto rigore e controllo più incisivo.
  Appare oggi quanto mai opportuno, quindi, riordinare il quadro di riferimento semplificandolo e rendendolo più chiaro ed efficace, ricercando la maggior coerenza possibile tra gli strumenti nazionali e regionali, garantendo certezza e omogeneità nelle risorse concrete data alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico delle Protezione civile, dei livelli territoriali al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa. Un moderno sistema della Protezione civile costituisce oggi per il nostro Paese, come verificato in occasione anche degli ultimi eventi di grande entità, la garanzia di una presenza insostituibile nella gestione dell'emergenza e nella definizione delle misure utili al rientro nella normalità.
  Il sistema ha acquisito negli anni competenze scientifiche e professionali che hanno arricchito un patrimonio umano e tecnico, rinomato, e riconosciuto come eccellenza, cui le responsabilità politiche e istituzionali hanno fatto riferimento con tempi e normative non sempre adeguati e soprattutto in maniera disorganica. È tuttavia innegabile, riferendoci all'esperienza dei più rilevanti fenomeni che hanno colpito il Paese soprattutto negli ultimi dieci anni, la reale disomogeneità tra una regione e un'altra nelle azioni di aiuto, nella quantificazione di garanzie economica destinate alla ricostruzione, e i tempi di risposta per l'avvio e la ripresa delle normali condizioni. Ricordo a tale proposito che sistema nazionale di protezione civile è stato istituito nel 1992 con la legge n.225, che è stata modificata nel corso della XVI legislatura col decreto-legge n. del 225 del 2010, il cui articolo 2, comma 4-quater, è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n.22 del 2012 e successivamente dal decreto n.59 del 2012, convertito dalla legge n.100 del 2012, il quale operando un riordino della disciplina della materia ha ricondotto l'operatività della Protezione civile al nucleo originario di competenze attribuite dalla legge istitutiva dirette prevalentemente a fronteggiare gli eventi calamitosi e rendere più incisivi gli interventi a gestione delle emergenze.
  Nell'attuale legislatura, inoltre, sono stati effettuati ulteriori interventi correttivi in particolare con l'articolo 10 del decreto-legge n. 93 del 2013 convertito con modificazione della legge n. 119 del 2013. Le modifiche introdotte dalla richiamata esposizione attengono al contenuto del della deliberazione dello stato d'emergenza e delle ordinanze di protezione civile, la durata dello stato di emergenza nonché al finanziamento degli interventi in particolare attraverso l'istituzione di un fondo per le emergenze nazionali.
  Il testo unificato delle proposte di legge all'esame dell'Assemblea è frutto di un lavoro condiviso svolto nelle Commissioni nell'ambito di un'istruttoria approfondita e che si è avvalsa anche del contributo indispensabili delle numerose audizioni svolte che hanno rafforzato e condiviso lo spirito delle proposte, supportando la necessità di rafforzare il valore della prevenzione nel sistema di protezione civile. È di queste settimane il confronto molto costruttivo in merito al decreto del 9 febbraio 2017 n.8 recanti nuovi interventi urgenti in favore della popolazione colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, dal quale abbiamo potuto avere conferma della bontà dell'impianto della legge delega di riordino del sistema di protezione civile. L'esame in prima lettura del testo unificato avvenne infatti al di fuori di contingenze legate a emergenze. Oggi, nel corso ed esperienza descritta, arrivano utilissimi contributi che potranno guidare l'emanazione di decreti attuativi da parte del Governo.
  Un richiamo molto forte, di cui sarà utile tenere conto nel prosieguo, riguarda la definizione del ruolo e della responsabilità del sistema e degli operatori del sistema medesimo e delle relative professionalità, oggetto di discussione in queste settimane. Il tema della responsabilità, colleghi, della responsabilità degli operatori, è particolarmente delicato anche ragione della complessità derivante dalla partecipazione a un sistema policentrico, come definito dalla Corte costituzionale, caratterizzato da un elevato numero di amministrazioni, soggetti ed enti componenti, articolato a livello centrale e territoriale, fortemente imperniato sul principio di sussidiarietà orizzontale e verticale. In tale articolato contesto organizzativo, particolarmente complesse sono, tra l'altro, le azioni volte ad individuare se gli operatori abbiano o meno contribuito in modo diretto ad originare lo specifico rischio.
  In occasione delle audizioni svoltesi davanti alle Commissioni congiunte lavori pubblici del Senato della Repubblica e ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione sulle ipotesi di modifica della nuova disciplina sui contratti pubblici, è emerso che tra le maggiori criticità incontrate nella prima attuazione concreta della nuova disciplina, dedicata agli interventi da porre in essere in caso di emergenza di protezione civile in occasione di eventi sismici, non vi è tanto l'esigenza di nuove procedure, nuove norme, dove sono sufficienti limitati correttivi al nuovo codice, quanto la necessità di creare un ambiente più trasparente e favorevole per il corretto e sereno esercizio degli ambiti di discrezionalità che le norme esistenti già consentono.
  Gli operatori di Protezione civile a tutti i livelli e quelli del diritto, nelle loro diverse articolazioni giurisdizionali, forensi e accademiche, hanno da tempo avviato un serio e approfondito confronto su questi temi, sviluppando riflessioni approfondite e articolate in una serie di incontri pubblici svolti negli ultimi anni riguardo al tema. Le esperienze maturate anche in altri settori della pubblica amministrazione possono costituire un utile indirizzo per l'attuazione del principio di delega contenuto nella lettera n), del comma 1.
  Signor Presidente e colleghi, il nostro intento è stato quello di aggiornare in una visione organica e di insieme l'intero corpus normativo in materia di Protezione civile. Le criticità stratificatisi nel corso degli anni a causa dello numerosissime disorganiche modificazioni, hanno di fatto tolto chiarezza ai concetti chiave della legge originaria. Da un percorso di consapevolezza del Paese, iniziato con la legge n.225 del 1992, rispetto alla condizione di rischio e alle misure più idonee per fronteggiarlo, dobbiamo trarre ancora energia e impulso per continuare con obiettivi altrettanto sfidanti: alimentare la cultura della prevenzione in ogni sua forma, far sì che il ruolo diretto dei cittadini e il senso civico diffuso molto spesso richiamato, ma molto vero nelle grandissime situazioni d'emergenza, possa agire positivamente anche sui livelli istituzionali locali e nazionali. Questo modello è ancora il più potente strumento per il perseguimento di obiettivi di resilienza e sicurezza territoriale. In questo senso, credo che il Parlamento si impegnerà ad approvare velocemente questa legge.