Relatore
Data: 
Venerdì, 26 Settembre, 2014
Nome: 
Paolo Gandolfi

A.C. 731-1588-A

 

Signora Presidente, onorevoli colleghi, il testo che la Commissione trasporti oggi porta in Assemblea risponde all'esigenza di un generale riordino del codice della strada, quella che forse potremmo abituarci a definire una riforma e che spero, con minore clamore e divisioni, si possa inserire nel panorama più ampio di riforme di cui il nostro Paese sembra avere bisogno e a cui questa tormentata e intensa fase politica sembra volere corrispondere. 
Ci siamo. È questa l'occasione per prendere in mano un testo che fin dalla sua approvazione, nel 1992, si è presentato come un corpo normativo ampio e complesso e che successivamente, in particolare negli ultimi anni, è stato oggetto di continui interventi di aggiornamento e di integrazione, che hanno accentuato l'esigenza di revisione. Poca cosa sarebbe la nostra intenzione se ci limitassimo a valutare le necessità in relazione alla qualità del testo. Meglio invece chiarire, sin da subito, quali sono le esigenze che ci inducono ad affrontare un lavoro lungo e complesso come quello che la legge delega innesca. 
Vediamo, quindi, perché riformare il codice della strada. Sono passati 22 anni da quello che erroneamente allora si chiamò «nuovo codice della strada». Sono cambiate tante cose e una fa più impressione delle altre: il parco veicolare è continuato a crescere, in beffa alla crisi e alla stasi demografica. Se ci metteremo più del dovuto in questo iter parlamentare, la riforma potrebbe essere completata nel momento in cui il parco veicolare supererà il numero degli italiani. Se poi pensiamo che gran parte di questi veicoli sono concentrati nelle città, ci potrebbero tremare i polsi. Dovremmo avere, a quel punto, un doppione di ogni città italiana per ospitare i veicoli e farli girare. Siccome così non è, risulta opportuno regolare meglio questa enorme massa di veicoli, a cui si devono aggiungere anche le biciclette e i pedoni. 
Potrei soffermarmi maggiormente nella descrizione di questo scenario, ma basta uscire in strada nell'ora di punta per avere ben chiaro di cosa sto parlando. La popolazione non cresce più; i veicoli, invece, continuano a crescere e, al netto della crisi economica, crescono anche gli spostamenti. Di strade nuove se ne riescono a fare poche e forse è meglio così, perché questa spesso si è rivelata la soluzione sbagliata. Occorrono molte azioni diverse per una migliore mobilità e tra queste, certamente, un nuovo codice della strada. 
La priorità della riforma è la sicurezza stradale, una priorità da porre alla base di qualsiasi politica di mobilità. Ma il codice della strada può avere un ruolo fondamentale, anche in relazione al grave danno sociale ed economico che l'incidentalità rappresenta per il Paese e agli obiettivi di miglioramento posti in sede europea. 
Non vi tormenterò con i numeri, ma alcuni dati ci possono aiutare a capire. Dalla fine della guerra sulle strade italiane sono morti circa mezzo milione di nostri concittadini. Non vi stupirà sapere che sono di più dei caduti italiani, militari e civili, nella Seconda guerra mondiale. Il dato non serve ad allarmare, ma a comprendere l'importanza del tema e l'impegno necessario. Nel 1992 in Italia morivano sulle strade 7.400 persone. Poi, anche grazie al nuovo codice della strada, hanno cominciato a diminuire i decessi per poi assestarsi, dopo qualche anno, intorno ai 6 mila. 
Le modifiche introdotte negli ultimi anni, assieme ad altre azioni del Piano nazionale sicurezza stradale, ci hanno permesso di fare passi decisivi e miglioramenti, in particolare dal 2003 in poi. Oggi siamo a 3.400 morti, un buon risultato in linea con gli obiettivi europei fissati nel 2001.
Non consola, però, il fatto che, tra i cinque grandi Paesi europei (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna), rimaniamo i peggiori per decessi in proporzione agli abitanti; e, purtroppo, sorprende anche la maggiore progressione fatta dalle altre nazioni rispetto a noi nell'arco dello stesso tempo. 
I nostri punti deboli sono il rispetto delle regole e le città. Infatti, il dato dei pedoni morti è drammaticamente il peggiore tra i cinque Paesi, anche in termini assoluti e occorre considerare che statisticamente il numero di spostamenti a piedi in Italia è inferiore che altrove e che il grado di autonomia di bambini e disabili è estremamente limitato; e questo rende il dato vieppiù allarmante. 
Dato decisamente preoccupante è anche quello delle biciclette, dei motorini e delle moto in cui, in alcuni casi, si registra persino un peggioramento della sicurezza. Le grandi malate del traffico italiano sono, quindi, le città, dove questo tipo di utenza si concentra. 
Dite la verità: ve ne eravate accorti da soli. In tal senso, il provvedimento si caratterizza per l'importanza che attribuisce all'utenza vulnerabile e alle situazioni più problematiche, come la circolazione nei centri urbani, e affronta il tema della sicurezza sotto tutti gli aspetti rilevanti, dalla progettazione dello spazio stradale, delle infrastrutture, degli arredi urbani e della segnaletica, alla revisione della disciplina sanzionatoria, all'esigenza di destinare risorse finanziarie adeguate alle attività di controllo. 
Particolare attenzione viene poi rivolta ai controlli sull'uso di alcool e droga. Prima che in Italia, in molti altri Paesi europei l'ubriachezza era un fenomeno già diffuso, ed essendo stato affrontato con decisione ha prodotto miglioramenti sorprendenti. Se vediamo la differenza tra i dati 2000-2013 (da quando in giro per l'Europa si è cominciato a fare sul serio nei controlli sull'uso dell'alcool), vediamo che i morti in Italia sono diminuiti del 49 per cento, in Francia del 61 per cento, in Germania del 57 per cento, in Spagna addirittura del 70 per cento. Quindi, in questi Paesi hanno affrontato con decisione anche questo problema. L'uso di alcool e delle droghe in Italia è un fenomeno in crescita, quindi dovremo affrontarlo con crescente impegno, come dire che su questo terreno, forse, serve uno sforzo doppio. 
La sostenibilità ambientale e sociale dei sistemi di mobilità è il secondo punto fondamentale del provvedimento. Sostenibilità significa riduzione dei livelli d'inquinamento, ma anche efficienza dei sistemi di trasporto e qualità della vita. Anche in questo caso, con particolare riguardo alle aree urbane, il codice della strada può contribuire a modificare la struttura della mobilità in un'ottica di condivisione dello spazio e integrazione dei flussi di traffico con le altre attività della vita economica e sociale. 
Da questa consapevolezza derivano i principi e i criteri introduttivi del testo in esame, che riguardano il trasporto pubblico, la mobilità ciclistica e pedonale, l'individuazione di zone urbane dove la velocità sia ridotta e il transito dei veicoli sia disciplinato in modo da coesistere con le attività residenziali, scolastiche, commerciali e ricreative. 
Un uso più democratico dello spazio, abbinato alla maggiore sicurezza può essere un fattore cruciale di miglioramento del grado di efficienza e competitività delle città. Ci riempiamo molto la bocca del concetto di smart city e ognuno cerca di tirarlo ad una definizione consona ai propri obiettivi, ma una cosa è certa: tutti gli indicatori individuano nella mobilità sostenibile la chiave di successo nella riqualificazione delle città europee. 
In particolare, tra le città che hanno subito la crisi drammatica della deindustrializzazione e cercato una via smart alla terziarizzazione, solo quelle che hanno investito in mobilità sostenibile hanno vinto la sfida. Una mobilità nuova, sostenibile e più efficiente permette di ridurre i costi sociali, le esternalità, i tempi morti della congestione e soprattutto favorisce il moltiplicarsi delle relazioni tra le persone, fisicamente e attraverso la tecnologia. Le città che ancora sprecano gran parte dello spazio pubblico, dedicandolo unicamente agli spostamenti, perderanno certamente la sfida con chi allo spostarsi delle persone e all'uso dello spazio pubblico saprà aggiungere maggiori relazioni. Anche in questo campo il codice della strada non risolve tutto, ma può fare molto. Cos’è in fondo il codice della strada, se non il protocollo di funzionamento della rete stradale ? Saperlo usare in modo nuovo e intelligente, ne converrete, è una sfida molto più interessante di una semplice manutenzione normativa, facciamolo ! 
Il terzo obiettivo che la Commissione ha tenuto presente in modo costante è quello della semplificazione. Al pari della sicurezza e della sostenibilità, anche la semplificazione è stata perseguita in modo coerente e sistematico su diversi piani. In primo luogo, la delega mira a una semplificazione della struttura e dei contenuti del codice, prevedendo espressamente che esso si concentri sulla disciplina dei comportamenti, sulle previsioni sanzionatorie e sulla regolazione dello spazio stradale e del suo utilizzo. L'idea è quella di riscrivere il patto con i cittadini, più rispetto in cambio di regole più giuste e più semplici, perché alla fine siano anche regole certe. Niente rende più complicato nel far rispettare le regole se non la mancanza della piena cognizione del valore che queste presidiano, in particolare la sicurezza. 
L'ideale sarebbe un testo self standing, in grado di essere comprensibile e lineare nel rapporto tra la singola norma, la sua applicazione sulla strada e il beneficio collettivo e personale che il cittadino può trarne nel rispettarla. 
Contestualmente, a livello normativo, la semplificazione e razionalizzazione del codice della strada è stata ricercata ricorrendo allo strumento della delegificazione delle materie che hanno carattere prevalentemente tecnico. Specifici criteri di delega rivolti alla semplificazione sono stati introdotti per quanto concerne la segnaletica, la definizione delle classi sanzionatorie, i ricorsi amministrativi e giurisdizionali, in modo da ridurre, in particolare per quanto concerne quest'ultimo aspetto, gli adempimenti a carico dei cittadini. 
Connesso all'obiettivo della semplificazione è quello di un migliore coordinamento delle attività dei numerosi soggetti pubblici che sono impegnati in questo settore, evitando sovrapposizioni e duplicazioni. A questo riguardo, ritengo particolarmente rilevanti i criteri di delega finalizzati a permettere alle competenti strutture del Governo di recuperare capacità di indirizzo e controllo nei confronti degli enti proprietari e gestori delle strade e, su un altro versante, a riordinare l'esercizio dei compiti di polizia stradale mediante la specializzazione delle funzioni svolte dalle diverse forze e la creazione di un'unica banca dati di infrazioni, da esse condivisa.
In una prospettiva di semplificazione degli adempimenti per gli utenti, di migliore coordinamento delle attività dei soggetti pubblici e, più in generale, di diffusione delle informazioni, si colloca il criterio di delega volto a favorire la più ampia accessibilità e fruibilità attraverso strumenti telematici dei dati relativi alla circolazione, ai veicoli, ai titoli abilitativi, all'incidentalità e all'utilizzo delle risorse derivanti dalle sanzioni. Tali dati dovranno essere resi disponibili in formato aperto e, più in generale, l'uso delle nuove tecnologie dovrà essere diffuso e reso automatico, a fronte di prevedibili aggiornamenti che la gestione della mobilità dovrà accogliere, senza dover ogni volta rimettere mano al codice. 
Oltre agli obiettivi di carattere generale esiste una specifica dimensione di approfondimento che il testo attribuisce alla delega al Governo. Si tratta delle città, non a caso emerse in diversi passaggi. Si tratta della specificità di problemi e soluzioni che riguardano il traffico e la mobilità urbana. Pur rimanendo un testo unitario, il codice che vogliamo riscrivere deve contenere uno spazio specifico e trasversale ai diversi titoli, relativo alle regole da applicarsi nei contesti cittadini, recependo in particolare l'ormai sperimentata esperienza di altri Paesi europei e quella di molte città italiane, una sorta di special branch che si occupi di risolvere i problemi a cui si accennava sopra (la sicurezza sulle strade urbane, la sicurezza dell'utenza vulnerabile, l'efficienza e la sostenibilità della mobilità nelle città italiane) e che magari si estenda, uscendo dal testo normativo, per rafforzare il settore tecnico disciplinare e far nascere un dipartimento di mobilità urbana all'interno del MIT. 
Le città ne trarrebbero molto giovamento e, pur non essendo questa materia del codice e della discussione di oggi, chissà che questo lavoro insieme sul codice della strada non generi le condizioni per un rafforzamento di queste competenze specifiche. 
Si diceva che i problemi principali di sicurezza del traffico sono nelle città. Il 72 per cento dei feriti è nelle città con una paurosa incidenza dell'utenza vulnerabile sui decessi, pari al 70 per cento. Lo stesso vale per l'ambiente, tanto da vedere azzoppato ogni inverno parte del sistema produttivo del nord Italia dai blocchi del traffico imposti dall'emergenza sanitaria dell'inquinamento atmosferico. Ma vogliamo parlare di soldi ? Un recente rapporto dell'ACI stimava in 5 miliardi di euro all'anno il costo della congestione nelle sei più grandi città italiane. Il codice della strada, per quanto di sua competenza, deve occuparsi di queste cose e contribuire a migliorarle. 
Se quelli descritti finora sono i macro-obiettivi, che nel bene o nel male si dovrebbero trovare nel testo in esame, è opportuno in sede di relazione provare a definire un metodo di lavoro e una visione di riferimento per questa riforma. 
Il metodo di lavoro non può che fare riferimento al fatto che una revisione integrale del codice della strada comporta necessariamente il ricorso allo strumento della delega legislativa. La Commissione, a tal fine, ha predisposto un testo di delega, che deriva dall'unificazione della proposta di legge di iniziativa parlamentare Velo ed altri (A.C. 731), la quale, a sua volta, riprendeva i lavori svolti nella scorsa legislatura, e del disegno di legge successivamente presentato dal Governo (A. C.1588). 
Si tratta di un testo che, da un lato, si caratterizza per l'ampiezza e l'articolazione dei principi e criteri direttivi in esso contenuti; dall'altro, risponde ad alcune finalità fondamentali, che la Commissione, nei propri lavori in sede referente, ha individuato e perseguito con chiarezza e che prima ho cercato di tratteggiare. 
Nel discutere il testo la Commissione si è interrogata anche sul rapporto tra Parlamento e Governo in questo lavoro, al di là del percorso che il testo stesso definisce.
La volontà è quella di sviluppare, come si è fatto già sulla bozza del testo unificato, un rapporto forte e proficuo tra il Governo e il Parlamento e di estenderlo il più possibile ai comuni: unire in un lavoro collettivo le competenze del MIT, le diffuse relazioni con la società che questo giovane Parlamento è in grado di esprimere e l'esperienza sul campo, sempre più matura, delle nostre città. Il metodo di lavoro che sapremo instaurare oggi sulla delega è in realtà sostanza, in quanto è prevedibile che parti subordinate del codice, afferenti ai regolamenti, siano in seguito modificate attraverso la collaborazione di più soggetti, in percorsi di sperimentazione, in quel caso lontani dalle aule parlamentari, ma che saranno più vicini alla strada, dove questa poderosa tessitura di norme dovrà infine operare. 
La visione è per sua natura più difficile da tradurre in norma, ma vorrei, in conclusione, provare a definirla, lasciando agli atti il resto della relazione con una più puntuale descrizione del testo di legge. Può essere utile, per cercare di definire la visione, partire dal nome stesso del codice della strada, che certamente continuerà a chiamarsi così, ma che suggerisce l'interrogativo se effettivamente ci stiamo occupando solo della strada. 
Interrogarsi sul senso delle parole può, in effetti, aiutarci a definire una visione nuova, in particolare le parole che definiscono le tre dimensioni entro cui si raccordano tutte le norme del codice: la funzione, lo spazio e il soggetto, ovvero il traffico, la strada e il veicolo. È importante riconoscere, almeno nella discussione, le novità semantiche intervenute nel corso degli anni, dove la funzione è meglio descritta dalla mobilità, che supera e ingloba i concetti di circolazione, traffico e trasporto. La mobilità è, infatti, al tempo stesso fattore di libertà, se riferita alla singola persona, e fattore di progresso, se riferita a comunità, città, regioni, paesi. 
La strada è certamente il riferimento spaziale specifico del codice, ma in realtà quest'ultimo regola la mobilità di persone e cose anche in luoghi che strade non sono e che non necessariamente servono a muoversi. Il codice si applica più generalmente nello spazio collettivo, in cui le funzioni si articolano e diffondono senza che siano più riconducibili alle definizioni di corsia, banchina, stallo, eccetera. Si pensi, per esempio, ai centri cittadini, dove la separazione funzionale dello spazio si sta progressivamente perdendo, con piazze che tornano ad assomigliare a quelle che erano prima dell'arrivo dell'automobile, con il progressivo annullamento anche della segnaletica, come sempre più spesso vediamo realizzare all'estero. 
Infine, il veicolo, il principe del codice del 1992 e oggetto di infinite precisazioni e definizioni, dovrebbe essere progressivamente sostituito dall'utente della strada, che comunque sia esso automobilista, pedone o camionista, rimane sempre e comunque una persona, vero soggetto a cui la norma non deve mai dimenticare di rivolgersi. 
Termini nuovi questi, capaci anche di raccordarsi meglio con i piani e i nuovi strumenti di gestione del settore dei trasporti stradali, riconoscendo al tempo stesso a tale disciplina una maggiore estensione verso il campo sociale. Termini però capaci anche di riqualificare la funzione del codice della strada offrendoci la possibilità di agire più in generale sulla qualità della vita e delle relazioni tra i cittadini italiani. Perché no ? 
Stiamo operando su qualcosa che interessa la quasi totalità degli italiani tutti i giorni per molto tempo della giornata. Abbiamo il dovere di fare uno sforzo perché il nostro lavoro li faccia essere più sicuri quando si muovono, renda il traffico più efficiente, le città e il paesaggio più belli e puliti, forse l'economia più vivace, ma soprattutto i nostri concittadini più felici. Sì, più felici quando si muovono, quando si spostano e incontrano casualmente gli altri. Saranno più felici se riusciranno a rendere questa loro attività quotidiana più semplice e sicura. 
Lo possiamo fare, se un minuto prima di dedicare la nostra attenzione ai segnali stradali, alle patenti, alle cilindrate, alle corsie, alle omologazioni, se un minuto prima di questo lavoro necessario pensiamo a come fare perché i nostri figli tornino ad andare a scuola da soli, come facevamo noi. Provate a pensare come i bambini, persone che si muovono in strada senza essere tenuti a conoscere il codice della strada, che stiamo riscrivendo, possono riscoprire le strade dei quartieri in cui abitano e vivere come proprio lo spazio pubblico, anche se continueremo a chiamarlo strada. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative alla mia relazione.