Data: 
Mercoledì, 1 Aprile, 2015
Nome: 
Ileana Argentin

A.C. 2617-A

 

Signor Presidente, chiedo scusa al collega se mi sono fatta anticipare, ma effettivamente avevo un problema logistico. Vorrei ringraziare il sottosegretario e la relatrice per la maggioranza per il lavoro fatto rispetto al Terzo settore, che mi sembra essere un argomento assai importante per questo Parlamento e per questo Paese. Il Terzo settore, come io lo intendo e come credo debba essere inteso, è il mondo nel quale in qualche modo vengono garantite pari opportunità in situazioni di difficoltà e la possibilità di emergere in un contesto così concorrenziale e così legato a patrimoni che hanno ben poco a che vedere con gli ultimi. Ma il Terzo settore non è necessariamente rappresentato dagli «ultimi», lo voglio gridare a voce alta, e mi rivolgo anche alla collega del MoVimento 5 Stelle, che giustamente diceva: no finanze legate al Terzo settore. Ma lei mi insegna che se, tuttavia, non vogliamo fare un distacco netto e non vogliamo considerare come lavoratori di serie B i lavoratori sociali, dobbiamo cominciare a immaginare che anche per loro i contratti nazionali del lavoro e il business del commercio debbano essere considerati. Che cosa intendo con questo ? Io credo che questa riforma abbia il grande valore di poter fornire risposte concrete ad un mondo del no profit che, quasi sempre, si trova a combattere con un sistema organizzato e gestito da imprenditori che la fanno e la dicono più lunga degli altri soltanto per la forza contrattuale che hanno sul resto del mondo. 
Per cui, sì sociale, sì welfare, ma incominciamo a immaginare, anche culturalmente, per fare un passo avanti, un sociale ed un welfare che abbiano l'attenzione e la voglia di cambiare le cose senza necessariamente essere supportati da decisioni legislative in cui i controlli, i regolamenti e le cause in essere non vengono considerati. È giusto che ci siano, invece, i controlli, così come è giusto che ci sia la possibilità di vedere se c’è produttività. Io non sono una che conta la produttività, però la qualità del prodotto va considerata ed io mi auguro che, con questo provvedimento e soprattutto con i regolamenti che seguiranno, si potrà sempre di più immaginare ed arrivare anche ad un aspetto qualitativo e ad una risposta concreta del prodotto che viene, volente o nolente, per quanto ci possa piacere, inserito all'interno del mercato. Sì il mercato, perché il disagio non è fuori dal mercato, anzi è elemento di mercato fondamentale. Il 7 per cento del PIL italiano trova risposta nella disabilità. Vi faccio un esempio ed immaginiamo quanto sia tutto il resto. Quindi noi, oltre ad essere consumatori, è giusto che siamo anche artefici di un mercato in cui la nostra qualità di venditori assuma un livello di importanza analogo. 
La collega Lenzi ha fatto, a mio avviso, un ottimo lavoro, non solo cercando di tenere insieme tutto in modo difficoltoso; vi assicuro, perché quando si parla di sociale si ha sempre paura di dire dei «no» o dei «sì» eccessivi. 
Eppure, è riuscita a trovare un grande equilibrio in questo testo, che, ripeto, a mio avviso, aveva ancora bisogno di regolamenti attuativi conseguenti rispetto a certe situazioni che lo avrebbero sostenuto un po’ di più. Ma rimane un vero supporto rispetto ad un mondo che, altrimenti, dovrebbe gareggiare con un altro che, invece, proprio perché è omologato o proprio perché è più forte, va avanti con maggiore intensità. 
Una cosa che ci tenevo a precisare, importante, a mio avviso, è anche il fatto che, quando parliamo di Terzo settore, non è che parliamo di purezza e di bontà. Vi è questa falsa illusione e aspettativa che tutto ciò che è debole e sfigato sia, in qualche modo, perfetto. Non è così ! Nel welfare vi è il bene e vi è il male, e questo va controllato e gestito, perché credo che, se il sottosegretario Bobba non avesse pensato ad un controllo reale, avrebbe facilitato tutto ciò a cui in questi giorni siamo andati incontro. 
Quanto a Mafia Capitale non vi è stato l'uso di gente debole, ma la scelta di personaggi principi (chiamiamoli principi: non meritano certo questo appello, ma non saprei come dire), da Buzzi a company: questa gentaccia ha utilizzato non il sociale, ma i mezzi che queste persone rappresentavano per fare il buono e cattivo tempo. 
Ma in quel caso non parliamo di cooperazione, non parliamo di realtà vere: parliamo di realtà che sono andate oltre, che non esistono. Ma tutto il resto non è così ! Io, personalmente, sono anni che vedo lavorare il mondo della cooperazione sociale e, sì, vi sono casi tremendi, per carità, e ben venga la giustizia, ma ve ne sono tanti altri che nascono dal basso e che lavorano ogni giorno per dare risposte vere e concrete. 
È vero che si sono sostituiti – voi dicevate di no – alla sanità e si sono sostituiti, tante volte, ad altre realtà, ma ricordatevi che, senza la cooperazione sociale, migliaia di persone con disabilità o, comunque, che vivono in uno stato di disagio la mattina non si potrebbero alzare dal letto. Cominciamo, quindi, a regolamentare, magari, i costi e le cifre che si devono a questi lavoratori, ma non diamo responsabilità e colpe a chi va a sollecitare e a rispondere ai bisogni di chi non è che se la canta e se la suona, ma ha realmente una grande concretezza di diritto.