Data: 
Mercoledì, 1 Aprile, 2015
Nome: 
Francesca Bonomo

A.C. 2617-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretari, oggi penso che si stia svolgendo veramente una rivoluzione epocale per il nostro Paese perché, grazie all'impegno del Governo e del Parlamento, finalmente si attribuisce sostegno e sviluppo ad un settore che, come giustamente il nostro Presidente del Consiglio ha detto, è stato definito come il terzo ma è il primo proprio perché, come ci siamo detti, anche dal punto di vista economico, oramai rappresenta il 10 per cento del PIL del nostro Paese.
La cosa rivoluzionaria, però, è che si tratta di una riforma che parte dal basso, una riforma che, però, cerca di mettere insieme diversi aspetti di questo settore, a partire da una riorganizzazione e da una semplificazione che da tempo si stavano attendendo, passando per un rilancio dell'impresa sociale e incentrandosi anche su una riforma che da tempo era attesa, ossia la riforma, appunto, del Servizio civile nazionale, che passa attraverso questa delega, che non è in bianco ma che fornisce degli indirizzi ben chiari al Governo, indirizzi che sono stati anche enucleati nei diversi aspetti che riguardano la riorganizzazione del cosiddetto «codice del terzo settore», che verrà creato, e anche rispetto agli strumenti di controllo. Ma non si tratta solo di questo, perché anche rispetto al Servizio civile si forniscono degli indirizzi ben chiari al Governo.
Onorevoli colleghi, io penso che quest'oggi veramente si apra una fase fondamentale per il nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda anche il rilancio dello strumento del Servizio civile nazionale, che viene reso uno strumento universale. Uno strumento che potrà dare l'opportunità a 100 mila giovani all'anno, a partire dal 2017, di fare un'esperienza formativa, di difesa della patria, di fare un'esperienza veramente utile per la comunità alla quale i nostri giovani appartengono.
Questa riforma, proprio in ordine al Servizio civile universale, ha associato, da un lato, l'importanza e il voler dare qualcosa alla storia del Servizio civile, che come noi sappiamo – e rispondendo così anche alla sollecitazione del MoVimento 5 Stelle – è diverso da altri strumenti, perché non è un contratto di lavoro, non è lavoro, non è volontariato: il Servizio civile nazionale appunto nasceva nel 2001, come concorrente rispetto alla difesa armata. Quindi, una difesa non armata della nostra patria, che è insita proprio anche nel popolo italiano, che è sempre stato restio nell'intendere la difesa della patria attraverso l'uso delle armi e della violenza. Infatti, sin dal 1861, dopo l'unità d'Italia e l'introduzione, appunto, dell'obbligo della leva, la coscrizione militare incontrò una grandissima resistenza tra la nostra popolazione, che non ne capiva i motivi e che era costretta anche a subirla forzatamente.
Da allora, diciamo, vi fu sempre la risposta dello Stato con una massiccia repressione, anche attuata con la forza. Il malcontento si ampliò e toccò anche il culmine durante la guerra del 1915-1918, quando furono addirittura 470 mila i processi per renitenza alla leva e oltre un milione per altri reati militari, come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento. Nell'agosto del 1917 gli operai di Torino, città dalla quale provengo, si rivoltarono contro l'assurdità della guerra e la repressione fu durissima, con decine di morti. La radice quindi del movimento non violento risale ancora a prima, ai secoli dopo Cristo, e infatti il primo grande obiettore di coscienza sul quale proprio l'istituto del servizio civile si fonda – e noi vogliamo confermarlo, per cui si hanno notizie – è proprio Massimiliano Di Tebessa. Secondo quanto fu stabilito, infatti, nella legge romana nel II secolo, il servizio militare era obbligatorio per tutti i figli dei graduati. Massimiliano, pur essendo figlio del veterano Fabio Vittore, si rifiutò di arruolarsi nell'esercito romano e, per tale ragione, il 12 marzo del 295 d.C. venne condannato dal proconsole Dione e anche giustiziato. Lui aveva venti anni, tre mesi e diciotto giorni. Vi dico questo solo per rappresentarvi quanto sia radicato veramente nella coscienza del nostro popolo il pensiero del movimento non violento e quanto, da allora fino ad oggi, migliaia di uomini e donne nel nostro Paese hanno creduto che, per difendere il proprio popolo e la propria patria, possano essere compiuti anche degli atti che non devono ricorrere alla forza. Ed è qua che ha origine il servizio civile e lo strumento del servizio civile, ed è per questo che si differenzia da una mera esperienza di volontariato o di attitudine alla socialità. Però la concezione di patria che si ha adesso è la concezione di comunità, quindi l'essere vicini alla propria comunità vuol dire prima di tutto stare vicini alle persone più deboli, vuol dire prima di tutto essere attenti alla coesione sociale, vuol dire prima di tutto proteggere i beni comuni, a partire dall'ambiente, ma anche per quanto riguarda i beni culturali.
Noi pensiamo che in questa rivoluzione culturale, alla quale adesso hanno partecipato, dal 2001 al 2014, 335 mila 718 giovani, adesso invece debba essere una rivoluzione culturale alla quale possono partecipare 100 mila giovani all'anno, mettendosi al servizio della propria patria e attraverso dei progetti. E noi sappiamo – e in questo abbiamo innovato lo strumento – che è necessario dare ai giovani l'opportunità di vedere riconosciute delle competenze, ed è questo che noi faremo con un riconoscimento non solo nazionale, ma andando verso un riconoscimento europeo delle competenze che questi giovani acquisiscono. Ma non solo, noi sappiamo che oramai la patria non è più solo la patria Italia, ma è la patria Europa, ed è per questo che daremo l'opportunità a questi giovani di fare anche un'esperienza di scambio a livello europeo ed è per questo che stiamo anche lavorando per un servizio civile europeo. Ed in più, l'altra cosa che ci preme anche, proprio perché al centro deve esserci l'educazione dei nostri giovani, è quello di renderlo flessibile rispetto alle loro esigenze. Ecco, quindi, io penso che questo vivaio, come l'ha definito il sottosegretario Bobba, che è di 100 mila giovani all'anno ci sarà nei diversi anni, sicuramente sarà anche bene impiegato proprio nel terzo settore, che è quello che staremmo rilanciando. Adesso sappiamo che il 40 per cento dei ragazzi che fanno questo tipo di esperienza vengono impiegati solitamente in questo settore; noi pensiamo che da questo possa partire questo nuovo vivaio e questa nuova coscienza civica di appartenenza.