Discussione sulle linee generali - Relatrice
Data: 
Lunedì, 23 Maggio, 2016
Nome: 
Donata Lenzi

A.C. 2617-B

 

Arriva oggi all'attenzione dell'Aula, in seconda lettura, il disegno di legge recante «delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (C. 2617-B)», approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 9 aprile 2015. Il Senato ne ha concluso l’iter il 30 marzo scorso. Nel corso dell'esame presso la Commissione Affari costituzionali del Senato e, successivamente, in Assemblea, sono state introdotte diverse modifiche al testo. Mi concentrerò sulle principali lasciando alla lettura integrale della relazione agli atti un più completo esame delle modifiche apportate dal Senato. In sostanza il parlamento ha discusso due anni sulla legge delega proposta del governo ampliando e approfondendo. Ritengo sia ora necessario una rapida approvazione per dare tempo all'esecutivo di emanare nei dodici mesi previsti i molti e complessi decreti legislativi previsti per semplicità e per contenere i tempi indicherò i punti principali modificati lasciano alla lettura integrale della relazione un esame puntuale. 
Partendo, quindi, dall'articolo 1, recante la definizione di Terzo settore, rilevo che tale definizione è stata ampliata. La riporto «si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi». Alle finalità civiche e solidaristiche, già previste, sono state aggiunte quelle di utilità sociale. Si accentua così una visione più utilitaristica di terzo settore e si restringe ulteriormente il campo rispetto al complesso degli enti rientranti nel titolo II del libro I del codice civile. In pratica a fronte di più di 300.000 soggetti censiti dall'Istat in grande maggioranza associazioni o associazioni riconosciute e quindi regolate dal libro I del codice civile solo una parte di essa, quella che risponde non solo al requisito dell'essere no profit ma a tutti quelli indicati dalla definizione, potrà essere considerata terzo settore ed è quindi oggetto degli articoli dal 4 in avanti della presente legge. Sento la necessità di chiarire che con il termine di utilità sociale non può intendersi la sola produzione di beni o di servizi ma che in senso più vasto ciò che fa bene alla comunità, crea solidarietà, costruisce comunità. 
Si aggiunge poi «mediante forme di azione volontaria e gratuita» rispondendo alle preoccupazioni del mondo volontariato timoroso di rimanere schiacciato in un mondo troppo attento all'impresa e già in cerca di un «quarto settore». La dizione citata invece chiarisce definitivamente la piena appartenenza del volontariato al mondo del terzo settore. D'altronde chi da tempo lo frequenta sa che in realtà il volontariato è la radice, la madre di quasi tutte le associazioni o le imprese solidali. 
Alla precisazione, già presente nel testo approvato dalla Camera, per cui non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche, è stata aggiunto dal Senato che le fondazioni bancarie, pur perseguendo le finalità degli altri enti del Terzo settore, sono escluse dall'applicazione delle disposizioni in esame e da quelle contenute nei decreti attuativi da queste discendenti (articolo 1, comma 1). Se ne conferma così implicitamente la natura «ibrida» a cavallo tra beneficenza e impresa che le caratterizza dall'origine. Spiace però che la scelta fatta le sottragga alle norme generali contenute nella presente legge dirette a immettere trasparenza e chiarezza nel sistema. 
Sottolineo l'importanza dell'articolo 3 che prevede la revisione delle procedure per acquisire la personalità giuridica regole valide per tutti i soggetti appartenenti al libro 1 e non solo per il terzo settore. L'articolo riconosce l'evoluzione giurisprudenziale che ha già concretamente applicato ai soggetti esercenti una attività d'impresa ma aventi forma giuridica di fondazione o associazione riconosciuta parte delle normativa del libro V in quanto compatibili (si pensi ad esempio alle fondazioni che gestiscono ospedali) mentre il Senato ha chiarito che si debba tener conto di parametri oggettivi, di grandezza. È stata inoltre introdotta la lettera e), che prevede la disciplina del procedimento delle trasformazioni omogenee, ossia della possibilità per gli enti non lucrativi di modificare la loro struttura giuridico-organizzativa pur rimanendo nell'ambito delle figure giuridiche contemplate dal libro I del codice civile. In particolare, la procedura per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni dovrà avvenire nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario di cui al decreto legislativo n. 6 del 2003. 
La terza novità di rilievo riguarda all'articolo 5 la revisione dei centri di servizio per il volontariato (lettere e) ed f)). Nella nuova formulazione della lettera e), in particolare: i centri di servizio per il volontariato possono essere promossi e gestiti da tutte le realtà del Terzo settore, con esclusione degli enti gestiti in forma societaria ma deve comunque essere garantita la maggioranza alle associazioni di volontariato e garantito il libero ingresso nella compagine associativa di nuove associazioni (principio della porta aperta) a garanzia di un necessario continuo ricambio; la costituzione dei centri di servizio per il volontariato è finalizzata a fornire supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore; deve provvedersi all'accreditamento dei predetti centri e al loro finanziamento stabile attraverso un programma triennale, con le risorse provenienti dalle fondazioni, come previsto dall'articolo 15 della legge n. 266 del 1991; si prevedono, poi, l'introduzione di forme di incompatibilità per i soggetti titolari di ruoli di direzione o di rappresentanza esterna e il divieto per i suddetti centri di procedere ad erogazioni dirette in denaro o a cessioni a titolo gratuito di beni mobili o immobili a beneficio degli enti del Terzo settore. 
La lettera f), relativa al controllo delle attività e della gestione dei centri di servizio per il volontariato, nel corso dell'esame al Senato è stata ampliata prevedendo, accanto al controllo delle attività e della gestione, la revisione dell'attività di programmazione dei centri, svolta mediante organismi regionali o sovraregionali, coordinati tra loro sul piano nazionale. 
Nel testo licenziato dal Senato è altresì prevista l'istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, un organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore, la cui composizione dovrà fra l'altro valorizzare le reti associative di secondo livello e al quale non sono indirizzate risorse umane e finanziarie dedicate (articolo 5, comma 1, lettera g)). Viene superato conseguentemente, rispetto al testo approvato dalla Camera, il riferimento agli Osservatori nazionali e regionali. 
Rilevanti anche le modifiche introdotte all'articolo 6, nel testo in esame sono state modificate la definizione di impresa sociale e la lettera d), sul riparto degli utili: le due modifiche vanno viste insieme. 
Impresa sociale diventa quindi: «organizzazione privata che svolge attività di impresa per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell'oggetto sociale nei limiti di cui alla lettera d)» (...) « e quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo settore». 
Rispetto alla definizione precedente, sparisce il riferimento all'impatto sociale e viene con più nettezza affermato l'inserimento nel Terzo settore. Al comma 1, lettera d), l'analogia con «le cooperative a mutualità prevalente viene sostituita da «comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente». La previsione del divieto di riparto degli utili per gli enti del libro I del codice civile è invece una miglior specificazione della precedente dizione «differenziabili anche in base alla forma giuridica adottata dall'impresa». 
In sostanza, l'inserimento ope legis dell'impresa sociale nel Terzo settore è compensata da una definizione più stringente e da maggiori vincoli nell'utilizzo degli utili. 
Per quanto concerne l'articolo 8, avente per oggetto la delega al Governo per il riordino e la revisione della disciplina del Servizio civile universale, faccio presente che nel corso dell'esame al Senato è stato reintrodotto il concetto di difesa non armata della patria, contenuto nel testo originario nel disegno di legge delega e poi soppresso alla Camera ed è invece scomparso il richiamo esplicito alla realizzazione di esperienze di solidarietà sociale ed inclusione, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva (articolo 8, comma 1, lettera a)). Nel corso dell'esame al Senato, inoltre, il Servizio civile universale è stato aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia (articolo 8, comma 1, lettera b)) e sono state precisate le funzioni dei diversi livelli di governo (articolo 8, comma 1, lettera d)). 
Rilevo, poi, all'articolo 9 viene istituito un Fondo destinato alle attività di interesse generale promosse dalle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni (Fondo progetti a favore delle associazioni) presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 17,3 milioni di euro nel 2016 e di 20 milioni a decorrere dal 2017 (articolo 9, comma 1, lettera g)). Viene stabilito, inoltre, che le misure agevolative per l'economia sociale tengano conto delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca (articolo 9, comma 2). 
La novità di maggior rilievo è l'inserimento di un articolo 10, inserito al Senato, che istituisce la Fondazione Italia Sociale, una fondazione di diritto privato con finalità pubbliche che, mediante l'apporto di risorse finanziarie e competenze gestionali, avrà il compito di sostenere, attrarre e organizzare iniziative filantropiche e gli strumenti innovativi di finanza sociale. Non si tratta di un primo caso, il modello può essere rintracciato nell'IIT istituto italiano di tecnologia di Genova. 
Per il 2016, per lo svolgimento delle attività istituzionali, alla Fondazione è stata assegnata una dotazione iniziale di un milione di euro, al cui finanziamento si è provveduto con corrispondente riduzione delle risorse che la legge di stabilità per il 2015 ha destinato alla riforma del Terzo settore (comma 7). Per quanto riguarda l'impiego di risorse provenienti da soggetti privati, la Fondazione dovrà rispettare il principio di prevalenza, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento pubblico (comma 1). La Fondazione, soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, non ha obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori. Tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale (comma 6). 
Gli interventi innovativi, che la Fondazione è chiamata a sostenere, sono definiti dal comma 1, come interventi caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti più svantaggiati. 
La Fondazione, per il raggiungimento dei propri scopi, potrà instaurare rapporti con omologhi enti o organismi in Italia e all'estero (comma 2). Lo statuto della Fondazione, disciplinato dai commi 3 e 4, dovrà essere approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze. Lo schema di decreto dovrà essere trasmesso alle Camere perché su di esso siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia (comma 4).
Sono previste, inoltre, disposizioni relative all'organizzazione, al funzionamento e alla gestione della Fondazione (comma 5) e all'obbligo di trasmissione alle Camere di una relazione annuale sulle attività svolte per il perseguimento degli scopi istituzionali, sui risultati conseguiti, sull'entità e articolazione del patrimonio, nonché sull'utilizzo della dotazione iniziale di un milione di euro (comma 8). 
Novità a mio parere significative ma di minor rilievo sono per quanto attiene all'articolo 1 nell'ambito della procedura di emanazione dei decreti legislativi attuativi, poi, è venuta meno la previsione della decadenza dall'esercizio della delega nel caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione alle Camere da parte del Governo degli schemi dei decreti legislativi delegati per l'espressione del parere parlamentare (articolo 1, comma 5). 
Inoltre, la correttezza della copertura del disegno di legge di riforma in esame e dei decreti da questa discendenti è stata garantita attraverso il meccanismo della compensazione interna (articolo 1, comma 6). 
Per quanto riguarda l'articolo 2, recante i principi e i criteri direttivi generali cui devono uniformarsi i decreti legislativi, non si registrano novità sostanziali. 
Nel corso dell'esame al Senato, l'articolo 4, che disciplina i principi e i criteri direttivi ai quali dovranno uniformarsi i decreti cui sarà affidato il riordino e la revisione della disciplina del Terzo settore mediante la redazione di un codice, è stato modificato in più parti. 
L'individuazione delle attività di interesse generale è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti (articolo 4, comma 1, lettera b)); le attività di interesse generale sono inoltre collegate alla definizione di Terzo settore contenuta nell'articolo 1 e fanno riferimento comunque alle attività già ora elencate nel decreto legislativo n. 460 del 1997 e nella legge n. 155 del 2006; importante e condivisibile risulta anche la nuova letterac), che permette di differenziare i settori nei quali potranno agire le diverse tipologie di enti del Terzo settore: in pratica, non tutti possono fare di tutto; è prevista l'introduzione di criteri che consentano di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti degli enti del Terzo settore, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale (articolo 4, comma 1, lettera f)), punto questo che merita un approfondimento in sede di discussione, in quanto il riferimento sembrerebbe propedeutico a modifiche del regime fiscale che, come è noto, diversifica ad oggi le attività istituzionali da quelle accessorie e non prevalenti (decreto legislativo n. 460 del 1997); è operato il rafforzamento della lotta al dumping contrattuale a danno del settore attraverso l'introduzione del principio per cui occorre garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (articolo 4, comma 1, lettera h)); al fine di garantire l'assenza degli scopi lucrativi, deve essere promosso un principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici dei dipendenti e devono essere disciplinati, nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati (articolo 4, comma 1, lettera l)); viene richiamata la normativa europea per quanto attiene all'affidamento dei servizi di interesse generale e alla verifica dei risultati in termini di qualità ed efficacia delle prestazioni (articolo 4, comma 1, lettera o)); viene rafforzato il riconoscimento delle aggregazioni di Terzo settore attraverso la valorizzazione delle reti associative di secondo livello, intese quali organizzazioni che associano enti del Terzo settore, anche allo scopo di accrescere la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali (articolo 4, comma 1, lettera p)). L'articolo 5, poi, contiene i principi e i criteri direttivi cui devono attenersi i decreti legislativi con i quali si provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Tra le maggiori novità segnalo: al comma 1, lettera a), una accentuazione del riconoscimento della specificità delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991 e di quelle della protezione civile. 
Questa specificazione crea a mio parere qualche problema: non si comprende infatti perché analoga attenzione non venga rivolta alle associazioni di promozione sociale né perché il solo settore della protezione civile, che pure certo presenta aspetti peculiari, meriti una particolare salvaguardia mentre nulla si dice ad esempio delle associazioni operanti nel campo dell'emergenza-urgenza sanitaria o, sempre per fare degli esempi, delle «banche del tempo»; l'introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità ed estraneità alla prestazione lavorativa (articolo 5, comma 1, lettera b)). 
Si dispone altresì l'allargamento dei settori di attività per le imprese sociali (articolo 6, comma 1, lettera b)) anche se in realtà la disposizione va coordinata con quella di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b)). 
La lettera e), inserita al Senato, stabilisce l'obbligo per l'organizzazione che esercita l'impresa sociale di redigere il bilancio ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del codice civile, in quanto compatibili (si tratta delle disposizioni sul bilancio delle società per azioni). La lettera g) prevede la ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati sulla base delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione; il Senato ha aggiunto la previsione relativa alla graduazione dei benefici finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate: ne traggono vantaggio soprattutto le persone con disabilità. 
L'articolo 7 imputa le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sul Terzo settore (incluse le imprese sociali) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salvo il coordinamento del Presidente del Consiglio, e con il coinvolgimento del suddetto Consiglio nazionale del Terzo settore (nel testo approvato dalla Camera era previsto il coinvolgimento dell'Osservatorio nazionale per il volontariato e dell'Osservatorio nazionale per l'associazionismo di promozione sociale) nonché, come previsto al Senato, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il comma 4, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede l'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi delegati, per definire i termini e le modalità per il concreto esercizio della vigilanza, del monitoraggio e controllo sugli enti del Terzo settore. 
Per quanto concerne le principali novità relative all'articolo 9, recante i principi e i criteri direttivi cui deve uniformarsi il legislatore delegato al fine di introdurre misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore e di riordino e armonizzazione della relativa disciplina tributaria e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio, segnalo innanzitutto che al comma 1, lettera a), viene prevista la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale. Ricordo che gli enti del terzo settore rientrano in gran parte nella categoria fiscale dell'ente non commerciale. Gli enti non commerciali sono quelli (pubblici o privati) diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali. La qualifica dell'ente va verificata in relazione all'attività essenziale che viene svolta per il raggiungimento degli scopi dell'ente, facendo riferimento sia all'oggetto determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o alla statuto, sia, in mancanza di questi, all'attività effettivamente esercitata. La delega alla revisione è quindi assai ampia e di non facile applicazione, e va collegata all'articolo 4, lettera f), del disegno di legge in oggetto. 

L'articolo 11, dopo aver posto la clausola di invarianza finanziaria, autorizza, al comma 2, l'impiego delle risorse necessarie per l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, letterag), del provvedimento in esame, concernente, come evidenziato, l'istituzione Fondo destinato alle attività di interesse generale promosse dalle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni. 
Segnalo, infine, che l'articolo 12, concernente l'obbligo per il Ministero del lavoro e della politiche sociali di trasmettere annualmente alle Camere una relazione sull'attività di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del Terzo settore, è l'unico non modificato. 
La riforma si pone il grande obiettivo di riordinare un settore in grande espansione, regolate da moltissime norme di favore sparse nei più disparati provvedimenti in modo disorganico che non ha certo impedito la crescita ma ha anche favorito disuguaglianze non giustificate nei trattamenti. Il riordino comporta anche l'introduzione di una maggior selettività in modo che attività rispettabili m sostanzialmente egoistiche siano pienamente legittime ma fuori del campo della solidarietà e dell'impegno civico delineate dalla presente legge. Nella lotta ai fenomeni distorsivi lo strumento principe che la riforma individua è quello della trasparenza delle informazioni, perché sia efficace sarà necessario che i dati resi pubblici siano oggetto di lettura e di verifica della cittadinanza, sarà quindi responsabilità di ciascuno di noi oltre che delle associazioni stesse. Ma il lato più positivo è il riconoscimento e la valorizzazione di uno straordinario patrimonio di energie, di generosità e di idee, di risorse personali e di milioni di ore donate agli altri che meritano tutto il nostro rispetto il nostro impegno e il nostro grazie.