Relatore di minoranza
Data: 
Martedì, 5 Dicembre, 2023
Nome: 
Arturo Scotto

A.C. 1275-A

Grazie, signor Presidente. Mi lasci iniziare con una domanda molto semplice: cosa significa per noi e per voi, la parola giustizia? Io mi sono dato questa risposta, forse banale: battersi per fare in modo che lavoro e povertà non siano mai più sinonimi. Ci vogliono certamente volontà politica, mobilitazione e dialogo, ma anche e soprattutto la forza della legge. Oggi discutiamo della necessità di una norma che introduca una soglia minima, sotto la quale lavorare equivale a sfruttamento. Abbiamo tratto una lezione in questi mesi: quando l'opposizione si unisce, la destra arranca e insegue.

La delega che oggi assegnate al Governo, affossando il salario minimo, non è figlia di una scelta meditata, ma della vostra paura, la paura di affrontare chi condivide la condanna del precariato, che è diventata la biografia di una generazione a cui avete spiegato che il lavoro è questa cosa qui: merce vile a buon mercato.

Mi appello ai colleghi della destra: ritirate la delega, siamo ancora in tempo per sederci e discutere nel merito! Sediamo qui per legiferare, non per schiacciare bottoni! Nelle democrazie liberali sono i Parlamenti che danno la fiducia ai Governi, non i Governi che concedono la fiducia ai Parlamenti.

Questa è una delega in bianco, una forma di parlamentarismo di rapina: 11 mesi di discussione, 65 audizioni, una sospensione, un report del CNEL, un altro rinvio: dalla destra nemmeno uno straccio di proposta. La domanda è semplice: quanto vale per voi un'ora di lavoro? Quale soglia ritenete dignitosa e accettabile? Questo non è il mercante in fiera! Parliamo della condizione materiale di chi lavora in un call center, nell'organizzazione degli eventi, nella vigilanza privata, nella ristorazione: il loro salario orario è inferiore ai due terzi del salario mediano. Sono quelli che chiamiamo per una pizza, sono quelli che ci ricevono a un convegno, sono quelli che proteggono le nostre case e i nostri ospedali.

Ci siamo mai domandati in che condizioni lavorano o quanto guadagnano i ragazzi e le ragazze che hanno contribuito al boom turistico, che arricchisce spesso la rendita di chi specula sui prezzi? Per loro 9 euro sono davvero troppo? È strano quel Paese, signori del Governo, che promuove 14 condoni per gli evasori e non riconosce un salario dignitoso a chi paga le tasse. Spedite il salario minimo nel cimitero delle leggi mai nate, eliminate la soglia minima, trasformate i contratti comparativamente più rappresentativi in qualcosa che spalanca la porta ai contratti pirata e, siccome per voi la politica e la vita spericolata coincidono, non vi fate scrupoli a introdurre le gabbie salariali. Nel giorno in cui lo SVIMEZ dice che al Sud uno su quattro che lavora è povero riportate l'Italia al 1970. Per fortuna, non vi siete spinti oltre, benché negli anatemi contro il diritto di sciopero, emerga da parte vostra una nostalgia canaglia verso il sindacalismo corporativo.

Infine, avete la faccia tosta di inserire nella delega il principio della partecipazione dei lavoratori. Mi sbaglierò, ma la puzza di incostituzionalità si sente almeno fino a quel ponte sullo Stretto che Matteo Salvini non realizzerà mai. Quando qualcuno andrà a rovistare nelle carte della legislatura di Giorgia Meloni, qualche appassionato di storia minore, si chiederà quale forma di sonnambulismo abbia contagiato chi nel 2023 ha detto “no” al salario minimo. Parlate di Patria, ma considerate la sesta potenza industriale del mondo il laboratorio di un sistema fondato su bassi salari, scarse tutele e nessuna innovazione. Un Parlamento che si ammutina è la negazione della Patria. Toccherà a noi riscattarla, da domani, dove la gente lavora, soffre, produce. Ci troverete ovunque ci sarà un diritto calpestato dalla vostra sconfinata fame di potere.