Data: 
Venerdì, 21 Novembre, 2014
Nome: 
Titti Di Salvo

A.C. 2660- A

 

Presidente. Ascoltando alcuni degli interventi questa mattina e questo pomeriggio di commento alla legge delega di cui stiamo parlando, ho fatto fatica a rintracciare non solo il senso delle legittime opinioni differenti dalla mia rispetto a quella legge, ma l'impressione molto marcata di un giudizio su un provvedimento che, per scelta, ignora completamente il contesto nel quale il provvedimento viene preso, le sue finalità e non si capisce il metro di misura con il quale quel giudizio viene dato. 
Ora, naturalmente questa considerazione è d'obbligo, non tanto perché non sia comprensibile che esista un'opposizione e persone che hanno valutazioni diverse, ma è d'obbligo perché il Parlamento è chiamato non solo e non tanto a commentare la realtà del Paese, ma è chiamato ad agire per cambiare quella realtà in un senso positivo, modificando una realtà che è oggettivamente – quella economica, quella delle persone, della condizione marginale delle persone – fra le più dure degli ultimi anni. 
Ora quindi, io ripropongo per me e sicuramente per i colleghi che mi stanno ascoltando questo: la necessità di stabilire un metro di misura con il quale valutare la legge delega di cui stiamo parlando e il contesto nel quale quella legge delega è collocata, perché altrimenti non veniamo fuori da affermazioni tanto apodittiche, quanto fuori da qualunque contesto, cioè alcuni interventi potrebbero essere collocati in qualsiasi tempo, perché non si coglie il legame – almeno questa è la mia opinione – con la realtà di oggi. 
Allora, un metro di misura e un contesto: è un contesto sicuramente economico di grandissima fragilità, ma è un contesto politico che non può essere dimenticato. La legge delega nasce da un Governo, sostenuto da una maggioranza, che ha al suo interno opinioni differenti. Non lo dico semplicemente come dato di commento, ma lo dico perché qui questa mattina abbiamo sentito le parole dell'onorevole Pizzolante e le parole del relatore del provvedimento ed evidentemente la legge delega nasce da un punto di vista concorde, di compromesso che si è trovato rispetto ad opinioni differenti.
Ma chi ignora questo punto deve dire però, se lo ignora e se lo ritiene irrilevante, qual è, allora, un'altra maggioranza possibile oppure se l'Italia deve andare al voto, perché sennò le cose non si tengono, non hanno un senso. 
Ma è un contesto anche economico, dicevo, di grande fragilità, e penso che il metro di misura per valutare questo provvedimento vada, come dire, enunciato, vada proposto. Cioè, io penso che noi dovremmo capire se la proposta che viene avanzata dal Governo risolva i problemi che il mercato del lavoro ha, non perché cambiando le regole del mercato del lavoro si crea occupazione, perché io sono convinta che non siano le regole a creare il mercato del lavoro e non sia il Ministro del lavoro e delle politiche sociali a creare occupazione, ma gli investimenti. Ma questa considerazione, ovviamente, non può fare ignorare che esistono, qui e ora nel mercato del lavoro, elementi di straordinaria difficoltà che determinano per le persone una vita precaria, essendo che la precarietà è stato l'esito scelto di politiche del lavoro che in questi venti anni sono state fatte e che la precarietà è stato l'unico elemento di competizione che è stato messo a disposizione delle imprese in questi venti anni, attraverso le leggi. 
Se noi consideriamo, se noi condividiamo che questo è vero e che, quindi, la precarietà è l'elemento su cui agire per cambiare il senso di questa scelta di politica economica e di cultura politica e di visione, cioè che la precarietà non è né un destino né una condanna, che non serve al sistema, che, come dice l'OCSE, peggiora la produttività, che non serve alle persone, allora io credo che il metro di misura sia valutare se e come la precarietà viene intaccata dal disegno di legge delega che noi oggi discutiamo. Ma anche questo è un concetto molto vago – la precarietà –, molto generico. 
Allora, che cosa vuol dire ? Nell'ingresso al lavoro, nell'esercizio della prestazione di lavoro, nell'uscita dal lavoro, sapendo che, quando dicevo prima, quando prima parlavo dell'uso della precarietà come strumento di competizione, parlavo di una scelta di politica che ha accompagnato la frammentazione dei processi produttivi, legati alla globalizzazione, esito della globalizzazione, che li ha accompagnati. Questi venti anni hanno accompagnato la frammentazione dei processi produttivi, frammentando i contratti, fino a individualizzare i contratti, a renderli individuali, e aggirando, per questa via, lo Statuto dei lavoratori, aggirandolo per questa via, senza toccarlo, ma facendolo concretamente. Le dimissioni in bianco sono questo: l'aggiramento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Quante delle 46 tipologie contrattuali di accesso al lavoro sono questo ? Sono esattamente questo. Allora, precarietà nell'accesso al lavoro è il primo dei tre elementi che io penso vadano visti da vicino per capire se con la delega facciamo un passo in avanti o no rispetto a questo. Io penso di sì. Nell'accesso al lavoro il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è un passo in avanti in questa direzione. È sostenuto da un incentivo forte ed è aiutato da quella scelta, che la Commissione lavoro della Camera ha reso più esplicita, di superamento delle tipologie peggiori e di quelle più frequenti. 
Nella prestazione di lavoro, dicevo, che è il secondo argomento. Ci sono lavori che vengono fatti, come sanno i colleghi e le colleghe qui presenti, con tipologie di contratto differenti e per queste ragioni, a quelle stesse persone, che fanno quello stesso lavoro, viene riconosciuto un salario differente e condizioni e diritti diversi. Allora, estendere in senso universale i diritti alle persone rende l'uso di quelle tipologie meno conveniente e fa compiere un passo in avanti. 
Non nomino gli argomenti – li hanno nominati altri colleghi – di traduzione di questa estensione in senso universale, che rende meno conveniente l'uscita dal lavoro: a seconda delle tipologie contrattuali, le persone non hanno la stessa rete di protezione sociale. L'estensione in senso universale degli ammortizzatori sociali è un passo in questa direzione. 
Poi, certo, sia nelle cose che ho detto prima che in queste ultime sono decisivi non soltanto i decreti attuativi, i loro contenuti e l'impegno che il Governo ha assunto con la Commissione lavoro della Camera, di parlarci, di poterne parlare, ma sugli ammortizzatori, per rendere credibile questa scelta, è decisiva la quantità di risorse che verranno messe nella legge di stabilità. 
Infine, due ultimi punti. L'hanno ricordato molte colleghe e molti colleghi e lo ha ricordato prima di tutti il presidente della Commissione lavoro della Camera: la Commissione lavoro della Camera non ha rinunciato a svolgere il ruolo che i cittadini italiani assegnano al Parlamento.
Sì Presidente, mi avvio alla conclusione. Noi non abbiamo rinunciato – testardamente vorrei dire – a ragionare su ogni emendamento, su ogni virgola e su ogni parola per rendere, ciò che secondo le nostre opinioni era necessario, il testo migliore rispetto a quello che noi pensavamo fosse giusto fare. 
Non abbiamo rinunciato, e abbiamo svolto un ruolo molto importante, che vede questo testo, secondo noi, migliorato rispetto alla legge delega, ma vi è un'ultima considerazione e vado velocissimamente alla conclusione, Presidente. 
Io penso che questo sia il senso della politica, ho molta considerazione, stima e rispetto non solo per la mia vita precedente, ma per quello che penso della democrazia e della funzione del sindacato. Penso che sia legittimo scioperare per farsi ascoltare e dire le proprie opinioni, penso che la piattaforma del sindacato vada ascoltata; penso che la funzione della politica sia un'altra, sia quella di provare a spostare la realtà e a cambiarla, offrendo quindi anche al soggetto sindacale e al sindacato una più avanzata possibilità. Questo è quello che abbiamo fatto anche sulle dimissioni in bianco. Si trattava di sbloccare una situazione, con la legge delega si è sbloccata e ci sarà un decreto attuativo che finalmente ci ridarà una normativa efficace contro le dimissioni in bianco.