Data: 
Lunedì, 13 Luglio, 2015
Nome: 
Alan Ferrari

A.C. 3098-A

 

Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, anch'io voglio portare un contributo a questa discussione, perché ritengo, come ebbi modo di dire già nel corso del dibattito che c’è stato in quest'Aula, esattamente un anno fa, sui primi intereventi urgenti previsti per la pubblica amministrazione dal decreto-legge n. 90, che questo sia un tema fondamentale. Se provo a visualizzare la matrice delle riforme che questo Governo è intenzionato promuovere, e, più in generale, la classe dirigente che siede in questo Parlamento deve promuovere, mi viene da pensare che da una parte ci sia la pubblica amministrazione e dall'altra ci siano tutte le altre riforme. Lo dico perché ritengo che per riuscire ad avere una pubblica amministrazione recettiva, molto più intraprendente, molto più proiettata al servizio dei cittadini e verso i risultati più convincenti, sia per il popolo, che per l'individuo, è assolutamente necessario che questa riforma, che questo tema, che è tutto il tema della pubblica amministrazione, risulti come il tema che interconnette tutti gli altri ambiti. Ed è proprio per questo che forse, addirittura di più che per il dibattito che ha riguardato la riforma della Costituzione, credo serva un clima costituente. Intanto perché si tratta di una legge delega e poi perché senza una macchina dello Stato che funzioni meglio di quanto abbiamo ereditato, e di quanto ha ereditato anche questo Parlamento in questa legislatura, è molto difficile rendere sostanziali i diritti che nella Costituzione sono scritti. 
Io penso che nessun atteggiamento politico o strumentale volto a portare a casa un posizionamento originale – lo dico ai gruppi di minoranza – sia realmente un beneficio. L'unico beneficio è di riuscire a fare ciò che gli italiani vorrebbero fare da molto tempo senza riuscirci e cioè avere una macchina pubblica che funzioni diversamente.  Io esprimo un giudizio decisamente positivo di questa delega, e lo dico perché mi pare che la combinazione dei due grossi temi che affronta, quello della semplificazione, con gli articoli sulla cittadinanza digitale, sulla conferenza dei servizi, sul silenzio assenso, o gli ultimi, sui testi unici del personale, dei servizi pubblici locali, delle partecipate, come dall'altra parte quello della riorganizzazione dello Stato (sia dell'amministrazione centrale, che di quella periferica), queste due grandi operazioni di semplificazione e di riorganizzazione, vadano nella direzione di raggiungere l'obiettivo che dicevo prima. 
Ovviamente, ho molto rispetto delle singole questioni, ma essendo il mio non un contributo da relatore, mi voglio soffermare su quello che io ritengo essere il principio che muove questa riforma più che andare a vedere nel dettaglio i singoli aspetti che saranno affrontati nel dibattito parlamento. Ovviamente, lo ripeto, non si tratta di elementi di dettaglio, si tratta di elementi estremamente importanti, in particolare quelli che riguardano l'articolo 7, che va a riorganizzare alcuni centri dello Stato estremamente fondamentali, come le forze di polizia. Ma il mio intervento vuole essere un intervento che ragiona sullo spirito di questa delega e per farlo mi faccio due domande. 
La prima è: qual è il mandato politico, qual è il contesto a cui ha dovuto far fronte questa delega e dall'altra parte se la delega risponde esattamente al mandato che ne deriva. Ebbene qual è il mandato politico ? Io penso che ci sia un tema di contesto che va visualizzato, ancora una volta, molto bene: metà PIL è pubblico e, quindi, è impensabile immaginare che il nostro Paese riesca a promuovere uno slancio anche della propria competitività, della propria produttività, e far crescere il proprio PIL senza occuparci della metà di esso. Peraltro, va aggiunto che l'altra metà di PIL, ovviamente, per essere innescata al meglio ha strettamente bisogno di quella parte pubblica e, ovviamente, mi riferisco al privato. 
Ci sono alcuni altri elementi di contesto che credo vadano considerati, perché se da un lato ci troviamo in una fase di grande ristrettezze economiche, lo abbiamo visto, per i conti dello Stato, ormai da molto tempo, non possiamo nemmeno dimenticare quali erano le condizioni che abbiamo ereditato alla fine del 2011, dall'altro, bisogna considerare che questa crisi ha avuto degli effetti estremamente significativi, rendendo i bisogni dei cittadini molto più complessi.
Quindi, a fronte a di una ristrettezza economica, noi ci troviamo di fronte ad una macchina pubblica che dovrebbe garantire servizi diversi – e, peraltro, aggiuntivi – rispetto a prima. 
A questo aggiungerei un ulteriore elemento di contesto, che è dato dal fatto che in Italia, forse forzando, noi associamo due elementi: da un lato, il fatto che un cittadino paghi le tasse e dall'altro, che, in cambio del pagare le tasse, abbia i servizi pubblici. Ebbene, avere di fronte a noi una dinamica demografica che fa sì che il nostro Paese invecchierà sempre di più non è certo un elemento di poca complessità, di cui va proprio tenuto conto in questa grande riorganizzazione della pubblica amministrazione. 
Sempre riguardo al contesto e al mandato politico, che veniva per così dire destinato a questo progetto di legge delega e di riforma della PA, si aggiunge il rapporto tra questo Governo e il Paese, il rapporto tra questo Governo e i cittadini. Tralasciando le espressioni più dure che sono state usate anche dal Presidente del Consiglio, a mio avviso appropriate, – per esempio, che occorrerebbe davvero qui la ruspa –, in realtà c’è un'espressione, sempre del Presidente del Consiglio, che mi ha colpito molto. È stato quando il Presidente del Consiglio ha detto: se il PIL non crescerà, noi non potremo, non dovremo pagare il premio ai dirigenti dello Stato. È del tutto ovvio che si tratta di una provocazione, ma è anche del tutto ovvio che si tratta di una provocazione che però coglie un tema e cioè il fatto che, a fronte di un'evidente difficoltà nell'attuazione delle politiche, è impensabile che un cittadino capisca per quale motivo debbano essere pagati – peraltro in molti casi al massimo – i premi ai dirigenti, cioè a quelle figure che dovrebbero avere la responsabilità massima dell'attuazione delle politiche al fianco dei politici. 
Credo che questi elementi servano per definire il mandato. La delega risponde a questo contesto, risponde a questo mandato ? Io credo di sì e credo di sì proprio perché c’è un combino disposto tra l'articolo 7 e l'articolo 9, che in qualche modo lascia intendere il disegno di un nuovo piano industriale. Cosa vuol dire fare un piano industriale della pubblica amministrazione ? Lo dico con molto rispetto verso chi ha una certa riluttanza a introdurre temi e argomenti aziendalistici, ma vuol dire sostanzialmente definire una strategia, ovvero andare a definire il perimetro del pubblico in ogni ambito, vuol dire farne derivare un'organizzazione e vuol dire, evidentemente, occuparsi delle persone che lavorano in quell'organizzazione. 
Questi tre passaggi logici sono a mio avviso ben contemperati nell'articolo 7, in cui soprattutto all'inizio si parla di riorganizzazione dello Stato centrale e di quello periferico, nella logica di andare ad individuare quali siano gli uffici che hanno più stretta correlazione con i bisogni della collettività, anche lasciando intendere – ed io mi auguro che vada esattamente in questa direzione – che, a seguito di questa valutazione e di questa riorganizzazione, si vada ad individuare dove ci saranno delle sovrapposizioni e dove investire anche più soldi e di mettere in moto meccanismi, di rafforzamento di alcuni settori e di indebolimento di altri che si ritengano meno rilevanti. 
Con questo, come dicevo, fa il paio l'articolo 9, perché lo spirito e il vero punto di fondo di questa riforma è quella parte che riguarda l'articolo 9, dove noi andiamo a rivoluzionare il sistema della dirigenza pubblica, partendo da un assunto e cioè che, investendo sulle persone, coloro che hanno maggiore responsabilità dentro la macchina pubblica, inevitabilmente si possa innescare un processo anche di riorganizzazione degli staff, delle organizzazioni e dei comparti che questi dirigenti dirigono. Io penso che sia stato coraggioso l'intervento del Ministro Madia, che c’è in questa delega, e cioè quello di arrivare a tre albi unici. 
Credo che sia stato coraggioso lavorare come si è lavorato sul testo per rafforzare il rango istituzionale e, per così dire, il valore anche etico e morale e in termini di capacità di funzionamento delle tre commissioni che avranno il compito di andare ad individuare, luogo per luogo, qual sia il migliore profilo possibile e qual sia il migliore dirigente possibile per assumere quel profilo che viene richiesto da qualsiasi amministrazione. 
Come anche credo sarà importante rivedere le funzioni di tutta la catena. Mi riferisco a reclutamento, formazione e valutazione. In questo trovo importante, altrettanto importante, capire meglio su cosa voglia dire rivedere le funzioni e il compito della scuola nazionale dell'amministrazione, che credo debba essere fortemente rifondata e meglio rispondere a due esigenze. 
La prima è che l'Italia non è solo il centro, l'Italia è non solo un insieme di differenti livelli istituzionali e di amministrazione, ma anche un luogo fatto di tante diversità. Le competenze che ha il managment pubblico in Lombardia, nella mia regione, sono diverse da quelle che ci sono in un'altra regione d'Italia, ovviamente così vale, viceversa, in altri settori. Questo è un elemento che la SNA dovrà tenere in considerazione, come dovrà tenere in considerazione il fatto che la politica formativa non può essere predisposta con arroganza dal centro, ma può essere predisposta in stretta correlazione con le migliori università che sanno insegnare managment pubblico in diverse parti d'Italia. 
Infine, vi è la questione della valutazione. Io trovo fondamentale che, sia per accedere all'albo unico della dirigenza sia per decadere dall'albo unico, il tema della valutazione assuma un'importanza rilevante. Infatti, non si può pensare di aver individuato la persona giusta e di innescare un processo che ci consenti di individuare la persona giusta, senza immaginare che questa persona non tenga conto della valutazione che ha ottenuto. 
Detto questo, io concludo, Presidente. Si sono usate molte espressioni, molte metafore per raccontare la pubblica amministrazione italiana e si sono usate anche molte immagini, io ne ho trovata una particolarmente curiosa e appropriata, che è quella secondo la quale la pubblica amministrazione italiana assomiglierebbe ad un ippogrifo, cioè a quell'animale mitologico che avrebbe voglia di volare, ma deve fare i conti con la sua natura cavallina. Io credo che in questo caso il punto curioso e interessante, anche un grande ingaggio per tutti noi che stiamo promuovendo questa delega, non sia solo quello di valutare se le ali sono sufficienti per far volare un corpo così pesante come quello di un cavallo, ma anche quello di valutare se questo cavallo ha davvero voglia di volare. 
Io credo che la voglia di volare la dobbiamo mettere noi, sapendo che non basta il Governo, che promuove questa riforma, non basta questo Parlamento, che l'approva, ma serve una grande azione corale. Io sono convinto che la disponibilità mostrata dal Ministro Madia ci sarà altrettanto sia nella fase di stesura sia nella fase di esecuzione e di accompagnamento dei decreti attuativi, perché è lì che possiamo raccontare un cambio di paradigma. Infatti, abbiamo due strade: o dire quali sono i luoghi e i modi che raccontano di una PA arretrata, oppure dire che è proprio laddove si annida l'arretratezza e un ritardo che c’è la più grande opportunità di sviluppo.