Discussione sulle linee generali - Relatore
Data: 
Lunedì, 28 Settembre, 2015
Nome: 
Walter Verini

A.C. 2957

 

Grazie, Presidente. Questa proposta di legge viene dal Senato, che l'ha approvata mesi fa, e interviene sulla legge n. 184 del 1983 per ridefinire il rapporto tra procedimento di adozione e istituto dell'affidamento familiare, allo scopo di garantire il diritto alla continuità affettiva dei minori. 
Il Senato l'ha approvato con un largo consenso, dopo un dibattito serio e, del resto, la materia è importante e delicata e dico subito che, a mio giudizio, la sintesi che il Senato ha trovato è soddisfacente. 
Questo progetto di legge riguarda il diritto dei bambini e delle bambine in affido familiare alla continuità degli affetti. 
Non è un provvedimento per trasformare l'affido in adozione, come qualcuno ha detto, ma un punto di civiltà per tutelare le relazioni significative maturate da un minore in un prolungato periodo di affidamento con la famiglia affidataria. 
Qualche dato. Secondo quanto emerge dal rapporto «Affidamenti familiari e collocamenti in comunità al 31 dicembre 2012», redatto nel dicembre 2014 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i bambini e i ragazzi di 0-17 anni fuori dalla famiglia di origine sono stimabili in circa 28.500. Tra questi, i minori accolti in famiglie affidatarie sono leggermente diminuiti e arrivano a 14.200 circa, mentre quelli accolti nelle comunità residenziali sono calati in misura maggiore e si calcolano, a fine 2012, in 14.255. Di questi, 6.750 sono affidati a parenti e 7.444 a terzi, persone singole o famiglie, appunto, che hanno dato la loro disponibilità con grande generosità. 
Un altro dato molto significativo è rappresentato dalla durata degli affidi: il 31,7 per cento dura più di quattro anni e il 25 per cento di questi da due a quattro anni. Quindi, si può affermare che proprio per questa ragione una legge che riconosca il diritto alla continuità degli affetti è di enorme importanza, soprattutto nell'interesse dei minori, che sono sempre il soggetto che va più tutelato. È un interesse che sa riconoscere e coniugare non solo e non tanto un assunto giuridico, ma soprattutto le implicazioni psicologiche e sociologiche legate a una crescita quanto più possibile armonica e integrata per questi bambini o minori che, per motivi diversi, non hanno purtroppo conosciuto o hanno perso la possibilità di vivere nelle famiglie di origine. 
Va comunque ricordato – e lo dico a scanso di equivoci – che i due istituti, affido e adozione, restano distinti per requisiti e motivazioni. I requisiti per l'affido e l'adozione sono infatti diversi. In pratica, però, più della metà degli affidi sono altra cosa rispetto a ciò che la teoria vorrebbe. A volte i problemi delle famiglie di origine dei bambini non si risolvono. Troppo spesso, purtroppo, non si risolvono; a volte si aggravano, si complicano, e un bambino dopo molto tempo che è stato in affido diventa adottabile. 
Anche la motivazione che spinge a richiedere l'affido o l'adozione è spesso molto diversa. Quando si chiede l'accesso all'istituto dell'adozione la motivazione è molto semplice: il desiderio di un figlio o di aggiungere alla propria famiglia un altro figlio rispetto a quelli che già vivono lì, che sono figli di quella famiglia. La motivazione dell'affidamento parte, invece, dalla capacità e volontà generosa di aiutare un bambino in un momento di grande difficoltà. È un atto di grande generosità e responsabilità. 
Anche su questo dico una cosa. Chi dovesse pensare di aggirare le norme sull'adozione utilizzando la via dell'affido compirebbe, con altissima probabilità, un atto volto ad arrecare del male innanzitutto a se stesso e anche al minore e, soprattutto, avrebbe una scarsa – pressoché nulla, direi – probabilità di aggirare il lavoro e la responsabilità dei servizi sociali e dei tribunali. Quindi, se si può comprendere il timore, che da qualche parte è stato manifestato, di un utilizzo dell'affido in modo strumentale da parte di singoli per poi accedere all'adozione, credo si possa dire che si tratti di un timore legittimo ma non motivato. 
Molti minori stanno aspettando questa legge per vedere rispettata l'integrità dei propri affetti e della propria storia. È propria a loro che abbiamo guardato nell'affrontare il provvedimento al Senato, prima, e in Commissione, qui alla Camera, poi. Abbiamo guardato ai tanti altri minori che sono stati allontanati dalle persone che li avevano cresciuti, amati e accompagnati per mancanza di una legge. 
Anche il dibattito in Commissione è stato serio. Tra l'altro, la Camera vanta, come dire, dei precedenti di attenzione al tema, con la presentazione, anche in questo ramo del Parlamento, di provvedimenti di legge. Vedo qui in Aula l'onorevole Elvira Savino che già nel 2010 presentò una proposta di legge in questo senso. 
Questo provvedimento tenta, allora, di sanare alcuni meccanismi che non sono stati in grado fino ad oggi di tutelare pienamente, quale soggetto primario, i minori coinvolti in una situazione di abbandono o di difficoltà. Lo sappiamo bene: ci sono situazioni dolorose che nella vita non si possono evitare, come il dolore di un distacco o di un abbandono. 
Poi, però, ci sono distacchi, altrettanto dolorosi, che possono essere causati da una cattiva legge o da una legge ambigua; una legge che ora stiamo correggendo con le norme che sono in esame. È questo che ci accingiamo a fare, per garantire a tutti i minori in affido familiare il diritto alla continuità dei propri affetti. 
Come accennato, nel caso dell'affido la famiglia o la persona che si rendano disponibili ad accogliere il minore sono ben consapevoli di offrirgli una casa e un ambiente affettivo temporanei, in quanto la responsabilità genitoriale permane in capo alla famiglia di origine o all'autorità che ha provveduto al suo provvisorio allontanamento, e l'obiettivo cui punta l'istituto dell'affido è quello di verificare fino in fondo la possibilità di reintegrare il minore nella sua famiglia di origine. 
Nel caso dell'adozione, invece, la famiglia che accoglie il minore è consapevole di assumere in tutto e per tutto, al termine del periodo di affidamento preadottivo, la responsabilità genitoriale in maniera definitiva e non reversibile. 
Ciononostante, la prassi ha dimostrato che l'affidamento talvolta perde, nel corso del suo svolgimento, il carattere di soluzione provvisoria e temporanea che la legge, invece, gli attribuisce. Come noto, il periodo massimo della legge è pari a due anni, prorogabile da parte del tribunale dei minorenni, laddove se ne riscontri l'esigenza. Questo termine è quindi la soglia di riferimento circa la durata che dovrebbe avere la permanenza in accoglienza del minore. 
Accade che in un numero elevato di casi la situazione critica che aveva giustificato l'allontanamento dalla famiglia originaria si risolva negativamente e che il minore sia quindi dichiarato adottabile. A questo punto è possibile e capita non di rado che bambini o minori comunque già provati da una prima separazione, quella dalla famiglia di origine, e quindi da un distacco, da un dolore, siano sottoposti a una seconda dolorosa separazione e trasferiti a una terza famiglia, perché la famiglia affidataria, che se ne è presa cura, spesso, come abbiamo visto, per diversi anni, consolidando affetti e relazioni, magari non ha la possibilità di procedere all'adozione. 
Durante l'esame in Commissione, e mi avvio a concludere, Presidente, con l'ultima parte di questo intervento, sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati o abbiamo invitato al ritiro, perché abbiamo ritenuto che il testo, così come approvato dal Senato, fosse già frutto di un lavoro complesso, completo e organico, già svolto anche con il contributo di tante associazioni e di tante voci competenti sulla materia. 
Per quanto riguarda due emendamenti, uno dell'onorevole Iori e un altro dell'onorevole Marzano sulla cosiddetta «adozione mite», vi è stato un invito, ma con una disponibilità a trasformare e a votare un ordine del giorno. 
Voglio ripeterlo anche qui in Aula: tutti gli emendamenti – tutti, a mio giudizio, di tutti i parlamentari di ogni gruppo – nascevano, secondo me, da un sincero proposito di migliorare il testo, ciascuno secondo le proprie opinioni ed i propri convincimenti; non ho dubbi su questo. E, tuttavia, per le motivazioni già dette, per l'equilibrio e il valore dei contenuti, per il parere positivo dei tecnici e degli esperti dello stesso Ministero della giustizia, voglio ripetere, anche in sede di relazione, un auspicio: che l'Aula valuti positivamente l'idea di approvare il testo senza modifiche, per evitare un ritorno al Senato, ulteriori letture, allungamento inesorabile dei tempi, forse sine die. 
Sarà possibile, naturalmente, deve essere possibile e giusto prevedere fin d'ora monitoraggi, controlli sull'applicazione e le ricadute delle nuove norme, eventuali, come si dice, «tagliandi», ma questo è l'auspicio che mi sento di ribadire: che il provvedimento non venga, nella sua formulazione attuale, cambiato, per averlo in Gazzetta Ufficiale il più presto possibile, quando l'Aula vorrà, nella sua autonomia, approvarlo e nelle modalità in cui vorrà approvarlo. 
Le ultime cose più di dettaglio: il provvedimento si compone di quattro articoli e intende, in particolare, introdurre un favor, cosiddetto, per la considerazione positiva dei legami costruiti in ragione dell'affidamento, avendo cura di specificare che questi hanno rilievo solo ove il rapporto instauratosi abbia di fatto davvero determinato una relazione profonda, proprio sul piano affettivo, tra minore e famiglia affidataria. 
L'articolo 1, introducendo nuovi commi nell'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, richiamata all'inizio, prevede quindi una «corsia preferenziale» per l'adozione a favore della famiglia affidataria, laddove, dichiarato lo stato di abbandono del minore, risulti impossibile ricostituire il rapporto del minore stesso con la famiglia d'origine. 
L'articolo 2 interviene su un comma dell'articolo 5 di quella legge che riguarda i diritti e i doveri dell'affidatario e garantisce alla famiglia o alla persona cui sia stato affidato il minore la legittimazione ad intervenire nei procedimenti che lo riguardano. 
L'articolo 3 introduce un'ulteriore modifica all'articolo 25 di quella legge originaria. Il nuovo comma 1-bis prevede che le disposizioni di cui all'altro trovino applicazione anche nell'ipotesi di prolungato periodo di affidamento. 
L'articolo 4, infine, riguarda una delle ipotesi di adozione in casi particolari, che prescinde dallo stato di abbandono, ovvero quella riferita all'articolo 44, comma 1, lettera a), della legge n. 184. Si tratta del caso dell'orfano di padre e di madre che può essere adottato da persone legate da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori. In tal caso, l'adozione è consentita anche alle coppie di fatto e alla persona singola; se però l'adottante è coniugato e non separato, l'adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi. L'articolo 4, nel confermare la linea interpretativa favorevole a considerare positivamente i legami costruiti in ragione dell'affidamento, specifica alla citata lettera a)che il rapporto «stabile e duraturo» è considerato ai fini dell'adozione dell'orfano di entrambi i genitori anche ove maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento. 
Presidente, erano queste le mie considerazioni e questi i contenuti, sia pure esposti in sintesi, di norme che, diventate efficaci, potranno – crediamo davvero si possa dire – contribuire a risolvere situazioni nell'interesse di quei soggetti che meritano più attenzione e tutela: i minori.