Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 13 Giugno, 2016
Nome: 
Vanna Iori

A.C. 2656-3247-A

Grazie, Presidente. L'obiettivo principale di questo provvedimento è la valorizzazione delle competenze scientifiche e professionali di educatori e pedagogisti, per fare uscire dall'ombra il lavoro prezioso, spesso non riconosciuto o non sufficientemente valorizzato o apprezzato, da essi svolto. Educatori non ci si improvvisa. È un obiettivo mportante, perché la scarsa preparazione produce, a volte, comportamenti inadeguati e persino deleteri in tutti gli ambiti, educativi, sociali e sanitari, dove, invece, è sempre più necessario un alto profilo professionale. 
Finalmente diventa possibile mettere ordine nella profonda incertezza identitaria delle figure professionali degli educatori e dei pedagogisti. Stiamo parlando di una galassia variegata e professionalmente fragile di circa 200 mila persone, alcune con titolo, altre senza, di una giungla di titoli e ambiti lavorativi che comprende, al suo interno, anche ingiustizie e disparità, di una normativa in materia complessa e, a volte, contraddittoria, che attende da oltre vent'anni di essere rivista e che risulta anche inadeguata, oggi, ai tempi e alle modifiche necessarie alla riorganizzazione dei servizi. Oggi, nelle professioni educative, ci sono laureati che provengono da due diverse facoltà (scienze dell'educazione e della formazione o medicina). Ci sono non laureati o senza titolo che lavorano da decenni perché non era richiesto un titolo specifico al momento del loro ingresso lavorativo. Molti di loro hanno certamente acquisito esperienza e competenza, spesso attraverso una formazione in servizio di buon livello, e hanno contribuito in tutti questi anni allo sviluppo dei servizi territoriali. 
Per questa eterogeneità, le professioni educative sono, quindi, ancora indefinite nella loro fisionomia, sono incerte e sfuggono a una configurazione precisa, perché non sono chiaramente definiti né i titoli di studio né gli sbocchi occupazionali. Le ragioni di questa confusione vengono da lontano e trovano origine in un'attività educativa multiforme e complessa, che si estende su più livelli, intersecandosi con lo sviluppo del pensiero pedagogico. 
La storia del sapere educativo si è sviluppata in modo tortuoso, conoscendo ambivalenze nei percorsi di studio, differenze semantiche, incertezze epistemologiche, poiché le pratiche educative contengono sempre una dimensione di riflessione teorica, così come la teoria pedagogica non ha mai una pura finalità speculativa astratta, ma è sempre volta alla prassi. Ecco perché queste figure sono tra loro intrinsecamente collegate. 
A ciò si aggiungano i cambiamenti che caratterizzano l'era della cosiddetta «post-modernità», che rendono sempre più complessa l'azione educativa, perché alla rapida evoluzione dei bisogni e delle domande dovranno corrispondere risposte efficaci, che richiedono intelligenza emotiva, capacità empatica, forte motivazione, capacità di mantenersi aperti all'imprevisto, sempre presente nei rapporti interpersonali. Stiamo, infatti, parlando di professioni in prima linea nel trovare risposte idonee ai macro-scenari dei mutamenti sociali in atto e politiche di welfare educativo adeguate. Nel groviglio normativo che dopo tanti anni di vuoto legislativo attende un riordino improcrastinabile è giunto il momento di fissare, dunque, alcuni requisiti basilari, prendendo come riferimento gli standard europei, il livello delle conoscenze richieste dal QEQ, quadro europeo delle qualificazioni professionali, e indicando i percorsi di studio, le competenze, i titoli e gli ambiti occupazionali. Tutto questo è contenuto nel testo finale ora in esame. 
Tengo a sottolineare, come già la relatrice Santerini, che il testo è il risultato di progressive modifiche e che si è arricchito del contributo di associazioni di educatori e pedagogisti, ma anche dell'esperienza di molti soggetti che a vario titolo – pubblici e privati impegnati nei vari settori – hanno conferito alla figura dell'educatore e del pedagogista, per arrivare a configurare un quadro di ordine ed equità nel riconoscimento di queste figure professionali che operano negli ambiti dell'infanzia ma anche in tutto l'arco della vita, nella prospettiva del lifelong learning e nei settori dell'educazione formale, informale e non formale nei luoghi molteplici della famiglia, della disabilità, dell'immigrazione, del carcere, della tossicodipendenza, delle case famiglia, delle comunità territoriali, della formazione aziendale, dell'inclusione e della tutela dei soggetti fragili e svantaggiati, della promozione del benessere.  Quali sono, dunque, i cambiamenti proposti ? Nel breve tempo disponibile mi limito ad elencare solo i principali. Innanzitutto, dopo l'approvazione della legge entrerà in vigore l'obbligatorietà della laurea triennale per accedere alle professioni educative e il titolo di laurea avrà valore europeo; si definiranno, inoltre, tre figure professionali di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e di pedagogista, con le rispettive competenze e i rispettivi ambiti. Ovviamente, sono previste anche norme transitorie per il passaggio dalla situazione attuale a quella che sarà a regime con l'obbligo del titolo, prevedendo, ad esempio, un tempo e un percorso formativo privilegiato per non penalizzare chi già lavora senza laurea e riconoscendo il lavoro svolto come competenza formativa. Si invitano, infine, le università a favorire le istituzioni di corsi interfacoltà o interdipartimentali tra medicina e scienze della formazione, per avvicinare i due profili professionali e, in prospettiva, auspicabilmente giungere ad un profilo unico. 

Ma ciò che conta è, in conclusione, il senso profondo di questo provvedimento: si fa un passo in avanti importante per valorizzare il lavoro educativo e pedagogico, che è indispensabile veicolo di civiltà per lo sviluppo del nostro Paese; si creano le condizioni per produrre un decisivo miglioramento nella qualità dei servizi; si potenzia un'affermazione dei diritti dell'infanzia e una diffusione della qualità della cura educativa per tutte le persone in situazioni di fragilità e per coloro che sono in cammino nei sentieri educativi. Dunque, riconoscere un profilo professionale alle figure di educatore e di pedagogista significa conferire un valore fondamentale alle relazioni educative come patrimonio che un Paese civile deve sapere e volere preservare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).