Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 14 Ottobre, 2019
Nome: 
Elena Carnevali

Signora Presidente, Governo, onorevoli colleghe e colleghi, vorrei iniziare il mio intervento innanzitutto ringraziando la collega Noja, perché, con questa mozione, pone al Parlamento non solo il tema della doppia discriminazione che subiscono le donne con disabilità nella nostra società, ma perché offre al nostro Paese la possibilità di recepire i contenuti presenti nella risoluzione del Parlamento europeo, che è stata approvata circa un anno fa, per essere e per fare di questo Paese e dei suoi cittadini, cittadini europei a pieno titolo.

Una risoluzione che invita la Commissione a presentare una strategia europea globale, una proposta normativa, che ha molti obiettivi: prevenire e combattere la violenza di genere, prestando particolare attenzione alle donne e alle ragazze con disabilità, anche attraverso l'istituzione di un Osservatorio europeo sulla violenza di genere; sostenere la ricerca, l'innovazione per quanto riguarda lo sviluppo di prodotti e di servizi a sostegno delle persone con disabilità nelle loro attività, di tutte le attività delle persone, per l'integralità delle persone; attuare politiche che promuovono l'accessibilità. Inoltre, la risoluzione degli Stati membri invita i Paesi ad attuare politiche di prevenzione, riabilitazione, integrazione per quanto riguarda le persone con disabilità e di sostegno alle loro famiglie, anche attraverso lo sviluppo di una pedagogia sociale volta a contrastare la discriminazione di cui sono oggetto. Politiche che promuovono l'accessibilità, ma non solo l'accessibilità, la fruibilità dei servizi, dalla sanità, all'istruzione, allo sport, ai trasporti, all'edilizia abitativa. Misure legislative a tutela dell'integralità: integralità fisica, della libertà di scelta, dell'autodeterminazione per quanto riguarda la vita sessuale e riproduttiva delle donne e delle ragazze con disabilità, adottando tutte le misure necessarie per combattere la sterilizzazione forzata.

Il Parlamento europeo ha, infine, invitato l'Unione europea e i suoi Stati membri ad inserire le norme della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nei rispettivi quadri giuridici e politici.

Questa mozione ha un altro grande valore: quello di aver alzato il velo su un argomento considerato tabù nel nostro Paese. Diamo voce a molte donne che, da tempo, pongono l'attenzione sul tema della discriminazione doppia, anzi multipla, che colpisce le donne con disabilità nella condizione in cui si trovano di essere simultaneamente donne e persone con disabilità. È come se la disabilità sovrastasse e colpisse tutte le caratteristiche della persona. Gli stessi movimenti femminili e femministi, per anni, raramente hanno incrociato la variabile del genere con quella della disabilità, e giustamente si parla di discriminazione multipla perché ha a che vedere sia con la condizione dell'essere donna, sia con la condizione di essere disabile: una discriminazione particolarmente difficile da contrastare, perché non dipende solo da una condizione di pregiudizio e di stereotipo, ma spesso dall'inadeguatezza dei servizi, delle strutture troppo volte inaccessibili o abituate ad affrontare i fattori di discriminazione come una questione di compartimenti stagni, mentre la vita e l'identità delle persone sono complesse e vanno considerate nella propria unitarietà.

Le discriminazioni sono, infatti, visibili e gravi anche nella sfera della salute, del lavoro, degli esami diagnostici, che sono pensati per le persone normodotate, che, per esempio, possono solo muoversi in piedi oppure possono muoversi in autonomia. Nel mondo del lavoro basta guardare l'elenco delle persone che sono iscritte alle liste di collocamento: anche qui le donne sono meno degli uomini, eppure le donne disabili sono di più degli uomini. Le donne con disabilità, che subiscono violenza, sono cinque volte più numerose delle donne che non hanno alcun fattore di vulnerabilità aggiuntivo.

La discriminazione che le donne con disabilità si trovano ad affrontare quotidianamente è, tra l'altro, oggetto di studio da tempo, anche da parte del mondo accademico, ma nel nostro Paese ancora fatica ad essere presa in considerazione sia dall'attività legislativa che amministrativa e politica, per quanto la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità riconosca che le donne e le ragazze sono soggette a discriminazione multipla (lo ricorda nell'articolo 6).

Un riferimento normativo esistente e rinvenibile nel Regolamento recante le norme per il funzionamento del Fondo nazionale per il diritto al lavoro delle persone con disabilità, di cui all'articolo 6, sancisce che sono ammessi gli incentivi di programmi che soddisfano le condizioni richieste all'articolo 11 della legge n. 68 del 1999, con particolare attenzione ai programmi che favoriscono l'inserimento lavorativo delle persone e delle donne con disabilità.

Del resto, non è che noi siamo stati fermi: nella scorsa legislatura, voglio ricordare, il decreto del 24 novembre 2017, nelle linee guida che richiamano le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie in tema di soccorso per le donne vittime di violenza, fa riferimento specifico alla questione delle donne con disabilità, e lo stesso viene richiamato nel Piano di azione.

Oltre a quella risoluzione e oltre alle soluzioni di cui dicevo sopra, anche in sede europea molte associazioni, tra cui la Federazione italiana per il superamento dell'handicap (FISH), e anche altri accademici hanno da tempo approfondito questo tema e hanno lavorato affinché la discriminazione di genere non fosse oscurata dal dibattito pubblico, esattamente come è accaduto quando abbiamo voluto fare in modo che la condizione della violenza di genere, la violenza sulle donne, diventasse non più una questione da fatto privato, ma una questione sociale.

In occasione della Giornata internazionale della donna, la FISH ha diramato una serie di dati, che peraltro la mozione ricorda con puntualità, e ricorda come alle donne con disabilità sia dovuta quell'attenzione. Violenza, salute e lavoro sono le aree maggiormente interessate.

Il binomio donne-disabilità e la sua specificità non è evidente solo quando ci riferiamo alle limitazioni o, peggio, all'impossibilità di accesso alle cure, al mercato del lavoro, ma anche se guardiamo i dati drammatici della cosa più orribile che accade, ossia la violenza sulle donne con disabilità, dati che riguardano la violenza psicologica, quelli di stalking, che sono stati richiamati già: percentuali in tutti i casi più alti rispetto all'intera popolazione femminile. Questo è un fenomeno tragico, ancora davvero molto oscuro, perché molti di questi fatti accadono nella sfera familiare e, quindi, non vengono denunciati.

Il valore di questa mozione, che è stata sottoscritta dal PD, ha anche un'altra opportunità: dal Parlamento a tutte le realtà che sono coinvolte nella pubblica amministrazione, bisogna fare in modo che questa problematica venga riconosciuta nella società. Noi abbiamo bisogno, a mio giudizio, di far crescere una coscienza critica, di togliere quel velo dell'indifferenza, se posso dire, di togliere quel velo dell'omogeneità delle politiche, che fa in modo che le politiche vengano attuate in modo neutro e non riconoscano la specificità, in particolare quella della discriminazione multipla.

Oggi, a mio avviso, il nostro Paese, grazie a questa riflessione e a questa mozione, farà un salto in avanti dal punto di vista culturale nella promozione dei diritti. È doveroso che il Governo prenda una serie di impegni, perché questo tema rientri in tutte le politiche che hanno a che vedere con le pari opportunità e quelle politiche di promozione dell'uguaglianza di genere.

Nella scorsa legislatura, nel piano anti-violenza, ricordavo prima, avevamo messo delle specifiche misure che riguardavano indirizzi per le violenze subite dalle donne con disabilità. L'auspicio è che il Governo continui a lavorare nel solco di quelle misure, implementando e portando avanti il lavoro fatto e, soprattutto, mettendoci risorse necessarie.

C'è un dato culturale ancora difficile da sconfiggere in questo Paese, se si pensa che la donna con disabilità, soprattutto quando la disabilità è cognitiva, intellettiva, relazionale e sensoriale, è una persona che noi consideriamo una persona da accudire per sempre, una sorta di condizione di eterna fanciullezza, è una persona che si pensa di dover custodire, una persona che si pensa che sia semplicemente da proteggere: è un atteggiamento che spesso viene adottato in buona fede anche dalle famiglie, a volte anche nei servizi. Ma questo atteggiamento disconosce le passioni, i desideri, le pulsioni, l'affettività e il desiderio di autonomia che sono parte integrante dell'essere umano. Mentre nelle difficoltà di conquista di spazi di libertà e di autodeterminazione, le persone che non dipendono dagli altri nel far sentire la loro voce sono più in grado di affrontare, anche se spesso sono soli e sole, in queste fasi di bisogno dell'esistenza umana, per queste persone, con queste disabilità, questo spesso viene semplicemente negato, non visto o, ancora peggio, ignorato. Sono considerate persone asessuate, senza desideri, senza innamoramenti.

Abbiamo il dovere di sostenere, innanzitutto, le persone con disabilità, le loro famiglie ed investire nella formazione delle professionalità che agiscono nei servizi e nelle realtà di convivenza abitativa, accompagnandola, con la supervisione dei lavori in équipe - perché così si deve operare -, con figure che ci sono, esperte, mentre oggi, spesso, è lasciata alla sola responsabilità del mondo associativo o alla lungimiranza di alcuni operatori dei servizi. Il Premier Conte, nel suo insediamento in questo Governo, ha annunciato che la delega alla disabilità sarebbe rimasta in capo alla Presidenza del Consiglio, su richiesta delle associazioni. Noi, nel Governo scorso, non abbiamo creduto all'opportunità di un Ministero della disabilità e, ahimè, peraltro, questo non ha portato successo.

Affrontare i temi posti in questa mozione, la specificità delle donne con disabilità e tutte le politiche trasversali riguardanti la disabilità, a partire dal piano di azione biennale, deve trovare una cabina di regia, un luogo di coordinamento, un luogo di azione reale, perché risulta sempre più urgente agire sulle cause strutturali delle disuguaglianze e delle discriminazioni, creando le condizioni per cui le persone disabili abbiano la possibilità di esercitare i propri diritti di cittadini. Il nostro impegno, davvero mi auguro, anzi, vorrei non avere dubbi, sarà corale in quest'Aula, è finalizzato ad affrontare in modo concreto il tema di genere e disabilità, ma è anche occuparci, quindi, di tutti i temi che abbiamo affrontato e degli impegni che sono stati esposti, anche il contrasto alla discriminazione multipla, e di autodeterminazione delle donne.

È, dunque, fondamentale che il Governo si impegni con forza, affinché le sollecitazioni che sono promosse da questa mozione abbiano l'attenzione che meritano. Serve un'azione di politica trasversale: la politica di genere deve essere integrata nelle politiche per la disabilità, come pure la condizione di disabilità deve esserlo nelle politiche di genere, per riportare al centro un tema ancora troppo oscurato dal nostro lavoro politico. Da qui gli impegni, da qui inizieremo a rimuovere quegli ostacoli a cui, all'articolo 3, la Costituzione ci richiama, perché le donne, e le donne con disabilità, siano pienamente cittadini italiani, cittadine europee e, soprattutto, cittadini riconosciuti in tutti i loro diritti